CAP 20 - veleno di luna: l'assedio del Falco e della
Fenice
“
Veloce come il vento, lento come
una foresta, assali e devasta come il fuoco, sii immobile come una
montagna,
misterioso come lo yin, rapido come il tuono.”
(
Sun
Tzu)
§
Città
di Calleos
*** Sacro
Ordine dei
Cervi Bianchi***
- Sezione Archivi
Riservati -
Confessionis
vitae antinqua
n.XV
1 settembre 1985
Mi chiamo
Nikita Sokolov. Sono nato a San Pietroburgo, il due
gennaio del millenovecentosessantaquattro.
Non ho mai bevuto un goccio di vodka in vita mia.
È ridicolo, lo so ma…non sopporto quella
trasparenza apparentemente
inoffensiva e priva di colore… assomiglia
all’acqua e in realtà è un idrocarburo
aromatico che, da
cristallo fatato
esplode e tritura.
Come
faccio a conoscere l’orripilante gustosità della
Vodka?
Primo: mia
madre andò in coma etilico.
Secondo : un giorno, me la versarono addosso e provarono a darmi
fuoco… E il fuoco è il lezzo scarlatto di cui
sono pregni i miei incubi. ”
-
Phalanges
ocean borealis!
Una palizzata di
geyser , quasi fosse la
groppa venata di uno stegosauro , spumeggiò verso il cielo
abbrunato.
Nikita aveva mozzato in due spirali di
fiamme l’ assalto del misterioso cavaliere che aveva evocato
una tempesta di
meriggio …Una fenice
dal volo d’incenso,
mirra e nardo che sciolse la neve scavando canali
che slacciarono tendini di terra
bruciata.
Miriadi di nuvoli impestarono la notte
lasciando dondolare vapori e cenere eruttiva.
“
Da quando mio padre morì durante una corsa di rally, gli incendi presero a
ustionarmi le meningi nei
momenti di angoscia.
Avevo nove anni e
assistetti
in diretta all’incidente del mio eroe e le vampe che
disintegrarono lui e la
macchina parvero carbonizzarmi tutto l’ossigeno nei polmoni.
Ebbi sempre timore delle auto che correvano veloci ma soprattutto
delle fiamme grosse che emettono i rantoli
di una belva che
può scannare
da un minuto all’altro.”
-
Maestra
Artemis ! – esclamò il russo – voi e gli
altri dirigetevi a Calleos! Penserò io
a…
Non ebbe il tempo
di terminare le parole
che Ikki lo colpì rapidissimo divenendo quasi uno spettro di
miscela gassosa.
Lo ferì all’addome con la potenza di un
masso lanciato da una catapulta.
- Nikita!
Artemis, Roald e Toma
rimasero
scombussolati dall’abilità
di quel
guerriero…Doveva appartenere ai paladini di bronzo eppure
era riuscito a
muoversi alla velocità della luce. Talento che raggiungevano
solo l’ordine
d’oro e alcuni potentissimi maestri.
“
Ci volle tempo per imparare nuovamente a restare vicino ad un
camino o ad una stufa senza innervosirmi sudando o piangendo freddo.
Detestavo anche i fuochi d’artificio delle feste di natale o
capodanno. Perché potevano essere l’esplosione
fantasma di quel giorno nero e, mentre
guardavo il cielo, temevo
che mi investissero i carcami della
renault maledetta e
le briciole
irriconoscibili del
corpo di papà “
-
Orbit
of the monsoon
fury!
Per difendere l’amico, Toma
trascinò
impetuosamente un flusso d’aria che si coagulò in
un ribollito e gigantesco
ululo bluastro.
Formò un cuneo vorticante che si andò a
schiantare sull’ antagonista ma costui si schermò
, dipanando l’ondata
terremotante in lingue incandescenti.
Tra il pulviscolo cauterizzato di bolle acquatiche,
la sacerdotessa guerriero e Roald si precipitarono su Nikita ,
aiutandolo a
rialzarsi : la corazza grigio-verde che gli proteggeva il ventre era
completamente frantumata e la pesante pelliccia di sotto bruciata.
“
Avevo spesso dolore allo stomaco e anche quando le interiora vendicavano la fame , la
testa si chiudeva
inappetente, stanca…Mia madre si angosciava ma stava in
silenzio senza buttarmi
il panico addosso…per non
farsi vedere crollare da me ,
prese a bere più del consueto. Anche con la coscienza
stordita mi amava…”
- Come
mai un
traditore veste l’invincibile luce di Phoenix? –
esclamò Artemis districando le
vibrazioni fumogene
dell'’assalto.
Chiarore muto.
Persino Eryx , il suo cane , fiutava
l’aria incapace di abbaiare.
Il ragazzo-fenice restò eretto ,
fasciato nell’ansito compatto di un agonista in
vantaggio…
- Traditore?
– ridacchiò alla fine come un radiatore rotto - maschera di
latta…ho portato un po’ di calore
vitale su questo pezzo di inverno galleggiante e anemico.
- Ricacciati
in bocca le metafore poetiche e di’ perché un
cavaliere di bronzo si diverte a
dimenticare Atena.
- È
facile dare
del bugiardo quando non hai come unico cibo la
cenere…è facile credere nella
fede divina quando un prato diventa lava e tra le dita ti resta solo
un’erbetta…l’unica
cosa che vive in un
deserto.
“
non potevo lasciare che mia madre si sbriciolasse in quel
modo…e
così innumerevoli volte provai a trascinarla in ospedale ma
lei non voleva e
non voleva finché esagerò e si ritrovò
il cuore stroncato dall’alcol….Avevo
dodici anni ed ero già giunto alla fine e quella notte
pensai veramente che
sarebbe stato meglio sparire dalla scena…in qualunque
oltretomba, dimensione o
nulla…la cosa più importante era sparire
…”
- Qual
è il
tuo nome? – continuava ad appellare autoritaria la Maestra
Driade.
Eryx ringhiò
piano, come fosse immerso
in acqua…Era strano che il suo mugolio increspato non avesse
intenzioni
refrattarie, bensì appariva intimidito…
Ikki,
intanto, sorrideva…quasi
che un uncino gli
sollevasse l’angolo destro della bocca.
- Non
sono
qui per perdere
tempo.
-
E
noi non
siamo qui per lasciarci pestare da te! – intervenne Toma con
le gote rosseggiate da
ira adrenalinica.
- Bene
–
sbuffò la Fenice - Ti
farò evaporare
adesso, pidocchio.
Uscito dall’ospedale , vagai nei dintorni con gli occhi
aperti che
in realtà non vedevano nulla…Una nebbia
invisibile e di piombo si
attaccava alle palpebre e spingeva giù
tutta la mia testa affinché potessi fissare solo il selciato
scuro e
orrendamente monotono. Non mi stavo accorgendo che cinque ragazzi
ubriachi,
probabilmente delinquenti vagabondi, mi avevano preso di mira per
divertirsi e
derubarmi. Non ricordo in che modo mi furono addosso
ma mi ritrovai immediatamente
con la faccia per terra e le braccia
bloccate.
- No!
– si
riaccese Nikita
staccandosi da Roald e
Artemis - È con me che hai iniziato questo scontro! sarò io ad
estinguere il tuo volo!
- Nikita…-
lo afferrò Roald per un braccio –
la
Fenice è un uccello infinitamente ardente. E questo
guerriero…può perdere e
riacquistare sangue senza affogare nell’Acheronte.
Nonostante
praticassi fin da bambino le arti marziali , nessuna di
quelle abilità mi fu d’aiuto …mai mi
ero sognato di sperperarle fuori dalla
palestra. Non facevo a botte e…in
quel
momento…non mi sentivo neppure convinto di vivere.
C’impiegarono poco a rompermi due costole, ridurmi la milza
in
poltiglia e versarmi
addosso un liquido
dolciastro, urticante , dall’odore ferroso…capii
che era vodka e che alcuni
accendini stavano mettendo in moto le loro scintille…
Ikki s’inumidì vorticosamente
d’incendio
e aguzze penne scarlatte si sfagliarono
dalla
sua armatura.
- Il
tuo
compare è ragionevole – disse al russo –
non riesco a dormire col muso per
terra a lungo. Mi risveglio presto, sai?
Nikita ricambiò
inaspettatamente il
motteggio:
- Tranquillo,
cavaliere. Soffro d’insonnia. Da tempo non aspetto il
più il gallo che canta.
- La
Fenice
canta sempre prima di tutti e tutto! Fumetstu
no raibi !
Una mitragliata di
penne-gocce
focose traforò
il suolo avventandosi verso il rivale.
Mentre
avvertivo le fiammelle sfiorarmi la pelle accadde una cosa
stranissima: gli acciarini non fecero nulla. Restavo fradicio
d’alcol ,
ghiacciato, quasi che una patina sottile e durissima mi
proteggesse…ero
rannicchiato sul marciapiede impedito nei movimenti , le ossa coi
tendini
-ingranaggi di orologeria ammaccata e
poi…un’incandescenza immensa dal mio
corpo. Una scarica d’energia non elettrica
ma…lunare. Sì….Il riflesso accecante
della luna che da arancione diventa bianca e poi azzurra
perché sferzata dal
sole.
- Sun
Cobalt midnight!
Un’ immane ruota cobalto , che scalpitava
fulmini bianchi, mulinò velocissima ingerendo le piume della
coda della fenice.
Si diresse verso Ikki e
sfilò una scia granulata di sfere di
ghiaccio centrandolo in pieno.
Era un formidabile incantesimo di sole
gelato, una mossa che congiungeva attacco e difesa.
Una potenza
di calore polare. Un abbaglio violento che fece
esplodere i lampioni e urlare i miei aggressori.
Io svenni e mi ritrovai nell’ospedale di mia madre, vegliato
dal
mio istruttore di arti marziali…Era uno di famiglia. Lo
conoscevo da prima
che frequentassi la scuola.
Lui mi aveva soccorso.
Lui aveva compreso quei raggi che si erano espansi dalle mie membra
bruciando le nuvole della notte. Io…io…sempre
terrorizzato dal fuoco…
- Maestra
Artemis! – affermò Nikita – voi e gli
altri affrettatevi verso Calleos!
- Ma…
Artemis
fermò Toma e annuì gravemente al
guerriero:
- D’accordo,
Nikita. Questa è la tua battaglia. Ognuno di noi
è torre di un’unica muraglia.
Siamo la cintura di
Selene. Andiamo!
Il Maestro
mi mostrò un tatuaggio nascosto sotto i capelli che
aveva sulla nuca…
Una luna piena sorvegliata a nord e sud da due speculari falci di
luna…erano marchiate
sull’epidermide…delle scanalature geometriche,
dalle
inchiostrazioni blu e argento.
Mi disse che anche io l’avrei dovute far incidere sulla
colonna
vertebrale , tre la mente e i polmoni…
La Maestra si allontanò seguita da Roald
e Toma che augurarono con sguardo complice al compagno buona fortuna.
- Presto
,
Eryx ! – ordinò la giovane –
va’a radunare il tuo branco! Ti aspettiamo in
città!
Il cane abbaiò
obbedendo e corse
rapidissimo sulle dune sembrando un aerolite di neve.
All’orizzonte s’intravide una caligine
galoppante di soldati che proveniva dal porto della città,
pronta per eseguire
gli ordini della Regina.
“
e fu così che mi condusse qui in Groenlandia…a
Calleos. Una città
che mi apparve magica ma allucinatoria quasi appartenesse alle visioni
malaticce di un dormiveglia…dispersiva nelle sue piccole
dimensioni. Calorosa
in quell’immensità che si ammira quando si vede
l’interno dei suoi strani
templi. All’inizio era come analizzare attraverso un
microscopio tanti
ectoplasmi che componevano un piccolo
tessuto…Uno si sente estraneo e non sa attribuire nomi a
quelle minuscole
realtà….”
- Credete
di
filarvela così?!
Ikki si era già
alzato pronto a
sprigionare un’altra devastante linguata ignifera quando
Nikita gli fu addosso
con
un guizzo da falco.
Lo buttò a terra imprigionandogli la
gola in una morsa da pitone.
- Non
hai
capito, Fenice? – sibilò pungente – devi
prima polverizzare me, se ne sei
davvero in grado!
Uno sciame di
lucciole perlacee si posò
sulle gambe di Ikki formando presto un pesante fluido dorato che prese
a
solidificarsi simile a topazio luminescente.
“ …
alla fine lo sguardo scivola dentro il microscopio e uno si ritrova
intinto
nelle molecole di quel tessuto all’inizio oggettivato.
C’è bisogno
di una nuova casa. Una fede che faccia
di nuovo crescere e dimenticare l’odore
grigio della neve sfracellata, quella neve su cui sono sbattuto parecchie volte
quand’abitavo in Russia. Ora è diverso grazie alla
divina Artemis che mi ha dato
un’armatura, poteri giusti e un orizzonte altissimo.
Ho giurato fedeltà eterna, insostituibile e inviolabile alle
sorelle vergini Atena e Selene.
Mi
sono votato al perfezionamento assoluto, alla temperanza
dell'’intelletto, alla castità liberatrice.
Mi sono votato alla luce estrema degli angeli castigatori.
Nikita Sokolov
***§***
Le
lacrime ormai si rimescolavano simili a
scie di sale nei
freddi calici degli occhi.
Il
giovane sedeva sabbioso e triste, vestito da una giubba di pelliccia e
da
pantaloni bianchi.
Aveva
finito di stendere il
documento su uno
dei tanti tavoli della Camera delle
Confessioni Remote, una
sala ottagonale situata
nei
sotterranei del
Tempio della Neve
Dorata.
Depose
la penna, si
alzò e arrotolò
la pergamena sigillandola col timbro di cera lacca
di Calleos.
Si
diresse verso un’ enorme sfera acquamarina che dominava il
centro della
pavimentazione che imitava il suolo scarno e silenziosamente lavico dei
viali
pompeiani.
Inserì
in un’apertura orizzontale la sua biografia e la
lasciò cadere nelle profondità
di una gola che terminava in una grotta che
nessuno aveva mai visto.
In
quel modo l’elite dei Cervi Bianchi
gettava i
ricordi senza udire
le proprie reliquie che si schiantavano
in un innominabile fondale.
Le onde facevano smorfie di corrugato
dolore al cospetto di quell’acuminata prua che attorcigliava
la loro superficie
di congelato alluminio.
Una barchetta nera scivolava silenziosa
e sicura sulle acque che vibravano lungo le coste di Calleos. Nessun
remo o
motore la sospingeva verso la meta, ma un afono vento.
Su essa due figure sedevano
immobili una
di fronte l’altra , leggermente chine, simili ad apatici
giocatori di carte o
bevitori d’assenzio.
La prima, vestita di nero, lasciava
intravedere , da sotto un rigonfio cappuccio, due
lunghe ciocche di capelli chiari che
fluttuavano similari a nastri spettrali di una culla vuota.
Erano l’unica leggiadria brillante che
contrastava con quelle fattezze tetre e asessuate di Morte.
Il secondo individuo si
stentava a capire se fosse un uomocorazzato
o un automa senza carne, sangue e anima.
Portava un elmo rotondo e serrato che si
acuminava con una visiera a forma di becco
mentre un pennacchio rosso scuro galleggiava in aria
simile ad una
biscia acquatica.
Era armato alla maniera medioevale con
una piastra grigio piombo che gli copriva il torace, una gorgiera
decorata di
venature geometriche, spalliere lucenti e borchiate , guanti in maglia
di
ferro, paracosce e parastinchi sfregiati.
- Amico…senti
i suoni della festa? – domandò con tono
stregonesco e dolce l’incappucciato
– guarda sopra, dove c’è la
città.
L’essere blindato
mosse il capo emettendo un
cigolio di ingranaggi saldati in malo
modo: sopra
il litorale massiccio spruzzavano
e rombavano le esplosioni della
battaglia facendo ruggire i ghiacciai.
- Sì
–
continuò suadente l’altro – tra poco
potrai tornare a camminare sull’onorevole
palcoscenico di una battaglia…non respiri un primo barbaglio
di contentezza?
L’armigero
lo fissava incalcolabile come
un soldatino di stagno abbandonato su
una mensola.
- Forse
ti è
ancora impossibile assaporare sentimenti lieti dato che non sarai il
protagonista di questi scontri. Ahimè si tratta di un
prologo dove rivesti un
ruolo quasi secondario ma…abbi pazienza e confida in me.
A causa di una
detonazione più violenta
alcuni iceberg franarono in acqua emettendo urli da balene ferite .
Enormi
spruzzi crestati e taglienti tormentarono la superficie delle onde.
La barca coi due misteriosi figuri
rimaneva imperturbabile e vellutata simile alla piuma di un uccello
nero .
- Non proferisci
verbo, amico?
Capisco…è arduo
riprendere a parlare dopo un lungo letargo: da dove può
scaturirne la voglia se
ti hanno nascosto e fatto ammalare? Merita i tuoi discorsi un mondo che
ha
desiderato cancellarti? All’inizio sembrerà di no
ma in seguito dovrai riaprire
le labbra…ora non è necessario… Pensa
soltanto a debuttare e a far suonare la
tua bufera.
Fuori dalle mura interne di Calleos,
imperversavano disperati atti d’attacco.
I
guardiani della fortezza, dalle
armature grigio azzurre, respingevano le scimitarre e le alabarde dei
Cavalieri
Neri facendo rimbalzare nell’aria, simili a sfere di titanio,
le sferzate delle
lame.
C’era,
però, un
guerriero demoniaco, dal talento impressionante: si scansava disinvolto
con una
poderosa corazza ed evitava ogni affondo lasciando sfumare la sua
massiccia
sagoma contro il cielo buio.
La sua armatura, color terra bruciata
dalle rifrazioni bordò, possedeva un intarsio pettorale
dalle lamelle sbalzate con
i contorni di
filigrana che somigliavano
a monili visigotici. Le spalliere arcuate e rigonfie, i parastinchi e i
paracosce sinuosi assumevano l’eleganza di una muscolatura
equina. Un elmo gargoyle,
che proteggeva fronte, zigomi e mascelle, era sormontato da corna
istoriate di
linee circolari che
trafiggevano ogni
rigurgito di fumo.
I capelli verdastri , che
sgusciavano selvatici
, facevano
immaginare la testa di un
uomo-rapace dalle lunghe piume. Metà diavolo…e
soprattutto metà falco.
Takashi meritava l’essenza
dissolutrice e predatrice del
proprio nome.
- Davvero,
non comprendo la vostra animosità, radiosi cittadini di
Calleos!
Era lui a capitanare
l’esercito dei Cavalieri
Neri della Kamikaze, sconvolgendo il terreno gelato: muoveva sicuro le
braccia
proiettando sulla neve segni che poi tagliavano il suolo.
Le dune si disgregavano in cubi
geometrici rivoltandosi e spostandosi.
Molti uomini cercavano di balzare il più
in alto possibile per evitare di venir masticati da quelle dentature
fameliche.
- Io
e i
miei amici siamo giunti soltanto per uno scalo , una toccata e fuga per
sbrigare una bagatella – esclamava con bonarietà
frizzante e intimidatoria- Ci
avete costretto a mettere a soqquadro il vostro reame fiabesco!
Un gruppo
di sei uomini spandé un’ondata
di grandine affilatissima che lui sciolse
sprigionando una mugghiante aureola cremisi.
Sbuffando con broncio mogio, beffeggiò:
- Insomma!
Nessuno che ha voglia di confrontarsi da persone
intelligenti…
I caparbi assalitori non demorsero e
corsero verso di lui.
-
Questa
sfiducia nel dialogo è triste…
Gli si avventarono saltando e
disponendosi a mo’ di rete umana.
- Per
un
tipo socievole non è bello essere bistrattato!
Takashi
alzò veementemente i bracci scalpitando
vento e rompendo la
morsa degli
sventurati che si trovarono a parabolare dall’alto verso il
suolo.
- Twilight
crying rose!
Il signore falco non ebbe tempo di
formulare un’altra battuta perché fu accecato dal
bagliore di un’artigliata
azzurrissima che parve sdrucire la volta nera del cielo.
Una rigonfia mareggiata di rose blu
cascò velocissima graffiando l’aria e inondando i
nemici.
Takashi
venne sbalestrato via da quei fiori dalla
durezza di selce ma non osò capitombolare
con la faccia a terra. Completò l’acrobatica
capriola , tornando a marchiare la
neve diritto e in piedi.
- Accidenti!
Questa sì che era una sinfonia da maestro! – rise
stentoreo e divertito – ho
toccato letteralmente il cielo!
- Il
tuo
modo di tessere rapporti sociali è poco ortodosso
– richiamò tra i guizzi
nebbiosi di neve una voce asciutta e femminile - Non ci si autoinvita
nelle
dimore altrui senza preavviso.
Mefistofele scrutò attentamente davanti
a lui individuando un folto schieramento di guerrieri e un una sottile
sagoma
rivestita da un’armatura che sembrava costituita da petali
ghiacciati.
Una luminescente e lunga coda di capelli
rosso sangue si fletteva alle invisibili carezze del vento. Una
maschera
cerulea e candida copriva il volto di quella giovane
d’indubbia e straordinaria
bellezza.
- Perdonatemi
o graziosa Regina Artemis! – esclamò
l’uomo elettrizzato di avere avversaria
una venere guerriera - Sono un uomo scriteriato che a volte si lascia
prendere
troppo dalla verve ! – reclinò con giocoso e
malizioso garbo il busto - Lasciate
che Takashi di Mefistofele s’inchini
a
voi.
La sacerdotessa avanzò
a testa alta , lasciando riflettere
sull’armatura
i bagliori
falciformi della battaglia .
- Esatto,
demonio dei cavalieri neri. Abbassa la testa assieme al tuo sudicio branco di
sciacalli.
- Vostra Altezza!
Vi scongiuro ,
abbiate la clemenza
di non metterci su un’umiliante ruota di tortura.
Artemis si mise
con ironica minacciosità
a braccia conserte:
- Tranquillizzati….Visto
che, tu e la tua brigata, siete stati
così cortesi da irrompere qui
all’improvviso…vi invitiamo direttamente ad un
lieto convivio nelle mura della
nostra città.
Tra le grosse
risate degli invasori, i
difensori di Calleos emisero un piovasco di allibite polemiche.
Quando, però la regina alluse gelida:
- Valorosi
guerrieri di Selene, mostriamo ai
nostri ospiti le meraviglie
architettoniche del foro e del
Tempio
della Neve Dorata.
Immediatamente i soldati,
capendo il
codice di quella strategia, si accinsero a fare gli onori di casa
spingendo i
nemici dentro la fortezza e creando uno sferragliante turbine
centripeto.
Takashi , sagace
e rallegrato ancora più di prima , elogiò:
-
Questa
cooperazione rende felici - sorrise formando due cupe rughe agli angoli
della
bocca – ottima decisione: ci consentite di portarvi via un
impolverato
scheletro che custodite in un armadio tanto buio e dimenticato.
La giovane parve mantenersi
imperturbabile ma quelle parole lasciarono
sulla pelle uno sgradevole bruciore e il
nemico sembrava leggerle negli occhi velati dalla
maschera.
- Coraggio….-
incitò lui dolciastro - Chi non ha scheletri?
Un frastuono
vetroso lo fece voltare
alla propria destra: un ragazzo dai folti capelli rossi lanciò una
sventagliata di saette violacee che
scansò tempestivamente.
- Comincia
a
pensare all’incolumità del
tuo
scheletro! – esclamò Toma saltando affianco alla
Maestra.
- Ehilà!
–
lo sbeffeggiò il cavaliere nero - Ti
pare la maniera di rivolgerti ad un ragguardevole gentiluomo?
Una folata di
vento poco rassicurante lo
costrinse sta volta a guardare a sinistra. Un altro giovane armigero di
Artemis
, dagli spinosi
capelli mogano, stava
concentrando nella sua mano energia
bluastra a forma di prisma.
- Di
gentile
stai combinando ben poco – adoperò Roald un
sardonico eufemismo.
Takashi era
indispettito: la presenza di
quei filiformi damerini rovinava la sua galante
schermaglia!
- Cara
la
mia reginella! – si lamentò - Non hai insegnato la
buona educazione ai tuoi
baldi valletti!
In lontananza si udirono dei
imperiosi
latrati che si stavano per avvicinare alle mura.
Eryx e gli altri cani lupo stavano
correndo furiosamente per dar manforte agli assediati.
- La
permanenza dei visitatori di Calleos è rapida ma lascia un’orma eterna–
ribadì Artemis sollevando orizzontalmente il
braccio affusolato e forte come un’asta di
titanio.
- I
tuoi
giochi di parole sono stuzzicanti –
rise
l’avversario roboante- credete che i fiori siano
la vostra solida
salvezza? Ammetto che è
sconcertante il capolavoro naturalistico creato dal tuo adorato
papà….Pericles
, giusto?
La giovane si sentì
risucchiare la stabilità delle gambe
dai granelli nevosi.
- Lo
conoscevi?!
-
La
sua
fama è giunta fino a me – rispose schioccando la
lingua sarcasticamente nostalgico
-
Uomo di
grande sapienza e nobile
animo…Stento ancora a credere che sia riuscito a gestire il
potenziale di
questo terreno gelido e sterile…Mi domando in che modo abbia
captato l’energia
proibita che si nasconde sotto il Tempio della Neve D’Oro,
- Di
quale
energia proibita stai parlando?! – strinse le nocche la
ragazza - Mio padre era
un mago alchimista!
- Poveretto!
Neppure lui conosceva veramente il flusso di potere che ha manipolato
per
creare da un deserto gelido un eden terrestre!
- Ma
cosa….
-
Ognuno
segrega i propri scheletri e ne avete uno bello grosso senza esserne
consapevoli!
Provo compassione per voi, abitanti di un regno che abbandonerete come i vostri progenitori!
- Sarete
voi
a finire nelle bolge dell’inferno! Roald! Toma! Aprite le
porte del Nord e dell’Ovest!
Le dune nevose formavano la pelle
escoriata di una mummia primitiva. Scie di ditate appuntite e buche
slabbrate erano
sparpagliate vomitando
epilettici rivi di fumo.
Nikita e Ikki si stavano
affrontando
senza concedersi il tempo di drenare ossigeno a sufficienza.
Malgrado i respiri gonfi tra il palato e
la gola, balzavano in alto e ripiombavano a terra
lanciandosi colpi di ogni tipo.
La Fenice pareva slacciarsi da morse
letali mentre il guerriero di Selene possedeva la padronanza di virare
nel gelo
gli assalti di lava.
Entrambi cercavano di mantenere i nervi
ben saldi , ma una stanchezza feroce si appigliava ai grappoli della
mente del
cavaliere di bronzo facendo pulsare
dolorosa adrenalina.
Mentre Nikita manteneva
l’azzurro dello sguardo sfolgorante
e massiccio , lui slanciava la
mandibola
in avanti tenendo a freno una strana agitazione.
Fissava insistentemente la parte
orientale delle mura di Calleos, il limite estremo che ergeva la sagoma
aquilina sopra un
grande strapiombo.
Si udivano cartacee eco
scroscianti di due misteriose
cascate….Flussi d’acqua che provenivano dai canali
sotterranei del Tempio della
Neve d’Oro.
Il russo aveva notato da parecchi minuti
quel lampo nel nemico, quella scintilla priva di curiosità
ma trasbordante di panico.
Percepiva un conto alla rovescia che
minacciava dall’alto simile ad un cubo di marmo che oscillava
su un pendio.
- Allora,
fenice? – chiese aspramente – vedo che stai
planando raso terra! Che fine ha
fatto la tua faccia tosta?
Ikki
scansò a pelo un calcio siluro e
controbatté :
- Sei
più
rompiscatole di quanto immaginassi! Ma vedrai come finirà la
tua bella ginnastica!
Cercò
d’indirizzare un pugno in faccia a
Nikita, ma quest’ultimo lo bloccò strizzandolo tra
le dita della mano destra.
- Hai
un
talento eccezionale – constatò serio e calmo .
peccato…che la tua rabbia è
quella di un moccioso e ciò ti danneggia.
Con inaspettata violenza,
concentrò
tutto il potere nel
braccio, facendo
barrire tuoni azzurri e dorati che
formarono un turbine
di vento.
La Fenice venne scagliata a più di
duecento metri di distanza, sbattendo sul terreno scosceso che segnava
il
vertiginoso confine con un dirupo.
Dopo una folata d’aria che parve aprire
una fessura tra le persiane della notte antartica , ricadde una nenia
di
piombo.
Nikita camminò col petto che gli si sollevava
affannosamente per lo sforzo compiuto
ma che non vacillava tale
e quale ad una boa
tra le maree mosse.
Restò in silenzio a fissare le code
arancioni dell'’armatura della Fenice diramate sulla neve a
mò’ di collane
ammaccate.
Il vento fischiò
in modo terribilmente acuto,
uguagliando il trillo di un uccello serale.
Ikki
fece cigolare le braccia intorpidite….
Tese le orecchie catturando quei rivoli
d’aria….
Tra le nubi si convinse di sentire una
voce fatta di polline e seta…
Lo chiamava…
Iiiiiiikkiiiiiiiiiiiiiiiiiii-----iiiiiiiiiiiiiiiiiiikkkkiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii……..
Incredibile. Forse era lei….
Quella musica triste che sbiadiva a
tratti, simile alla scia di una penna esangue
d’inchiostro…Sì. doveva
essere per forza lei.
Sarebbe apparsa mostrandogli verdi occhi
di piante e alberi, togliendogli l’odore di sangue e neve che
gli incrostava le
narici e le labbra.
- Esm…Esmeralda….-
salivò acre e dolce tra i denti – Esmeral-lda
….
Due mani forti e per nulla
femminili lo rialzarono
facendogli sentire il gelo del nord sfiatargli sul viso e il ventre.
Quando schiuse gli occhi, non c’era il
ghiaccio a insudiciargli i capelli
ma
l’oscurità aggrottata del cielo.
Nikita lo stava sollevando per la
schiena e le gambe tenendosi sul ciglio del burrone che affondava i
lunghi
tendini nell’oceano.
- Mi
dispiace , Fenice – ammise con sincera amarezza –
questo vento
è
il canto funebre che ti dedica il mare.
Lo
lasciò franare dalle rocce verso le
onde che si tormentavano, infernali anime di furibondi.
- Quale
dolorosa tristezza….- sospirò un’
anfrattuosa voce maschile – adoro i tragici
duelli tra fieri guerrieri.
Il giovane si
voltò e
restò terrorizzato dal figuro che gli aveva
parlato.
- Avanti
,
prode paladino . Sii cortese da accompagnare me e il mio fido scudiero
alla
corte della tua signora.
La vittima non
ebbe il tempo di gridare
che si trovò soffocata in una teca di ossa umane.
§
Città
di Calleos
*** Sacro
Ordine dei
Cervi Bianchi***
- Sezione Archivi
Riservati
–
Confessionis
vitae antinqua
n. VII
5 settembre 1985
“
Il mio nome : Roald Damgaard.
La mia data di nascita : tredici giugno millenovecentosessantadue.
La mia città: Esbjerg , Danimarca.
Non
ricordo granché di quelle parti.
Sono stato
sulla terra ferma fino a quattro anni giusto il tempo
per consentire a mia madre di allattarmi, svezzarmi e farmi crescere i
primi
denti.
Mio padre ci portò immediatamente sul suo peschereccio
rendendoci
membri di un esercito
di uomini dalle
giacche gialle e bagnate e dai Jeans rattoppati e scrostati.
Era più un’ascia
che un
ragazzo.
Fendeva , con lo sguardo, i
suoi nemici giusto il tempo che gli serviva per valutare attentamente
dove
colpire e poi sorvolava al di là delle ferite.
Saltavano impietose come
stelle ninja le iridi di Roald. Osservava, sfrecciava e assestava
l’attacco.
Abbatteva e scavalcava i
nemici delle sue dee. Eseguiva gli ordini di Artemis .
A sei anni
già conoscevo più di venti tipi di pesce.
Davo loro
dei nomi senza affezionarmi.
Tanto
sarebbero morti nei secchi e o nelle ceste
con le branchie strappate.
La
loro pazza agonia all’inizio mi spaventava ma presto la
considerai come il normale rituale del sacrificio che ci donava
profitto.
Più pesci prendevamo, meglio stavamo. Il nostro
stipendio non era
mai matematicamente mensile. Tutto fluttuava alla maniera dei cavalloni
tempestosi. Il cielo poteva essere turchese o sporco
d’inchiostro quasi
che una seppia fosse strisciata sul suo
volto.
Da più di
mezz’ora i suoi
compagni lo seguivano con sentimenti frammisti d’incoraggiamento
e timore. Certo erano
abituati a vederlo in azione ma ogni volta si rivelava una sorpresa
l’aspra
danza della sua lotta.
Si contavano una ventina di
avversari piuttosto tenaci ma i cavalieri di Selene premevano aggressivamente contando sul
supporto anche
dei cani lupo. Il
piano era spingerli
nel piazzale che precedeva il Tempio della Neve Dorata che aveva assunto l’aspetto di
un’arena da
Colosseo.
Roald coordinava le
operazioni con l’agile durezza di una fionda che sapeva bene
in quale modo
rompere la testa di un gigante.
Gli alfieri avevano
compattezza e al contempo libertà di attaccare
individualmente rompendo uno
schieramento per tornare nelle file.
Mi
piacevano molto i salmoni. Il loro sapore tenero, cosparso
delicatamente di sale e succoso limone.
Lo
mangiavamo tutti assieme e soprattutto era il premio che condividevo
con mio padre dopo un addestramento rudimentale d'autodifesa.
Lui
da ragazzo aveva assorbito un pò di judo e pugilato...Era
magro ma fortissimo. Somigliava ad un pino marittimo abbrustolito e
aguzzo. Nonostante non fosse divenuto campione, le basi
ammaccate
di quegli insegnamenti sorreggono le più raffinate
conoscenze
che ho appreso da grande.
Bisognava
farsi una scorza bella spessa, perché il mare non
ascoltava le preghiere e neanche tutti
gli uomini che
stavano nelle
città perdevano tempo ad assorbire i piagnistei altrui.
Ora non mangio più salmoni.
Mangio carne di balena, di foca o altri mammiferi…ma no, i
salmoni
no.
Se un pittore si fosse trovato su quel
campo, si sarebbe dannato l’anima per immortalare la luce
giusta e i tratteggi
delle pennellate.
La nitidezza era impossibile da rendere
giacché i Cavalieri Neri e i Soldati di Selene formavano i
riflessi concavi e convessi
di un mare nero, blu, grigio con florescenze di bianco.
Mentre lottava , tuttavia, il danese udì
un grido che
traversò tutti i lapilli infiammati
della battaglia….Un boato che fumeggiava spaventato e
lontano….al di fuori
delle mura….
Apparteneva ad
una persona molto famigliare.
Avevo nove
anni e , dopo uno scalo e una sosta in Islanda,
c’eravamo spinti nella Groenlandia.
La pesca non era andata bene in quei giorni.
E noi non potevamo commerciare senza pesce.
Alla fine rimanemmo intrappolati nel
Mar Artico, col carburante a
secco, le radio rotte e la temperatura a sessanta gradi sotto lo zero.
Per alcuni istanti Roald
s’immobilizzò, limitando la capacità
dei suoi timpani affinché riuscisse ad
individuare la provenienza di quel messaggio d’aiuto.
Era navigare nella pianura
mortalmente silenziosa dell'oceano polare…Volò
col pensiero seguendo un fruscio
di passi che sgualcivano la neve con cadenze diversamente
ritmate…Distinse una
retta che arpeggiava regolarmente e un’altra rugginosa simile
ad una slitta
sgangherata…c’era un qualcosa che veniva
trascinato con loro…
Qualcuno fatto
prigioniero.
Noi non
eravamo diversi dai pesci sudati che annaspavano tra le
reti tirate dalle acque.
L’equipaggio divenne azzurro, liscio e secco uguale a quarzo
o
marmo.
Tutti morirono d’assideramento.
I miei cercarono inutilmente di scaldarmi coi loro corpi.
Io
chiusi gli occhi pronto a dormire per sempre.
Il guerriero guardò in
alto,
oltre il perimetro del piazzale: doveva avere l’assoluta
certezza della fonte
di quell’eco angosciante perché altri pericoli
stavano per incombere.
Gli unici elementi statici, impassibili,
analoghi a secolari montagne erano le statue
dei Quattro Fiumi , personificazioni
dei più
grandi corsi d’acqua del
mito. Disposte armoniosamente secondo i punti cardinali
reggevano enormi bacili d’argento: il Danubio
era rappresentato da un nerboruto guerriero celtico in armatura ed elmo
a
calotta, il Nilo dalla divinità egizia Hapi dal corpo
androgino e da una lunga
acconciatura sormontata da un copricapo piumato, il Gange dalla dea
indù Devi
vestita di sari e il Rio della Plata da un sovrano inca dal viso
spigoloso e
con una fascia ornamentale che cingeva
la fronte.
Solitamente nei giorni di tenebra
fungevano da tripodi antropomorfi espandendo alle sommità
pennacchi di fiamme
ma sta volta avevano ogni scintilla misteriosamente assopita…
Dopo
quindici giorni mi ritrovai in una specie di clinica…non una
clinica normale…un palazzo bianco dai soffitti dipinti in
modo tridimensionale
che riproducevano un cielo sofficemente rosa e arancione. Le alte
colonne erano
avvolte da un’edera verde rame sottile e profumata. Il letto
era comodo e
caldo.
A vegliare su di me alcuni infermieri e un uomo e una
bambina dai
magnifici capelli rosso sangue.
Erano molto gentili e quelle chiome non mi trasmettevano nulla di
violento.
L’uomo mi disse che stavo in un posto sicuro.
Lui era il basileus di Calleos. Pericle.
La bimba era sua figlia Artemis.
Roald lasciò correre lo
sguardo oltre le quattro statue, verso ovest dove,
all’incrocio di due palazzi dove
si trovava un altare commemorativo protetto da un’edicola di
pietra. Era un
piccolo monumento che proteggeva un busto apotropaico di Pericle.
Più di una volta il
guerriero l’aveva osservato per trovare conforto, esattamente
nello stesso modo
con cui si
rivolgeva da bambino, sempre
serio, riservato ma con sguardo di dignitosa implorazione.
E infatti trovò una sorta di
vago sollievo.
Non era stato l’unico a
captare il misterioso urlo d’aiuto.
Toma, seguito dal suo gruppo
di militi, stava
correndo dal portale
occidentale della città .
Mi
rivelarono che ero sopravvissuto per un processo inspiegabile: dentro
di me il cuore aveva smesso di battere senza tuttavia far degenerare le
cellule
e i tessuti…successivamente aveva ripreso
l’attività ricreando un’omeostasi
lenta e salvifica. La mia temperatura interna si era alzata
contrastando il
clima rigidissimo esterno.
Pericle spiegò che ero diverso dagli altri
ragazzini e che sarei
stato destinato a compiere azioni speciali.
Io non capii nulla all’inizio e lo trovai ingiusto.
I
miei genitori non si erano salvati.
A lungo andare però…mi scrollarono i loro stessi
vecchi discorsi:
combattere, continuare ad inspessire la mia scorza.
Sì…continuare.
I pesci nuotavano e potevano morire sui fondali oppure divorati dai
predatori o dagli umani.
La vita rimaneva quella con la differenza che ora affrontavo
davvero qualcosa d’immenso.
-
Roald! Roald! –
gridò il giapponese dopo averlo raggiunto ansimante
– dì’! Hai percepito anche tu
quell’urlo? Quell’urlo che proveniva da fuori
Calleos?!
Il danese
aggrottò la fronte
e assottigliò le ombre dei suoi burberi zigomi:
- Sì, Toma. Abbiamo compreso
entrambi la stessa chiamata.
- Sbaglio o avverto la presenza di altri
due cosmi dirigersi qui?
- Non sbagli nulla….Altri
nemici stanno per attaccarci….e della
specie più strana.
- Apparterranno ai Cavalieri Neri?
- Dubito. Credo siano ben
altro….
Il
tuonante lamento di prima
assordò le orecchie dei due guerrieri.
- Dannazione , Roald! –
esclamò Toma – se pensi anche tu quello che
penso anche io…
- Nikita è stato fatto
prigioniero! Presto! Avvertiamo Artemis!
La mia
casa, la mia patria è Calleos.
Non mi
sognerei di abbandonarla mai.
I miei sovrani, la mia famiglia sono Pericle e Artemis.
Nessuna nave mi porterà via dal sacro, purissimo e celeste
porto di
Atena e Selene.
Mi
sono votato al perfezionamento assoluto, alla temperanza
dell'’intelletto, alla castità liberatrice.
Mi sono votato alla luce estrema degli angeli castigatori.
Roald Damgaard
***§***
Il
danese finì tranquillamente di redigere il documento, neutro
in perfetta
simbiosi con l’asettica solennità della Camera
delle Confessioni Remote.
Anche
se il marchio delle tre lune aveva ramificato il suo inchiostro cobalto
nelle
vertebre, non esisteva il brulichio lacrimoso della sofferenza.
Quando
si era sottoposto al rituale del tatuaggio non un rivolo di lamento era
colato
dalle sue labbra.
Sapeva
che il tributo da pagare per l’ascesa al Regno di Artemide
era assai caro..
ma il Cielo non
sarebbe più stato il colore
illusorio che s’appoggiava sul mare e che aveva
un’infida consistenza
impossibile da catturare.
Mai
più sulle mani sarebbero restate solo tremule
molliche d’acqua.
Artemis si stava scontrando con Takashi
, senza sconfinare oltre i ciottoli che disegnavano un fiore geometrico
al
centro del piazzale.
Apparentemente calibrata in realtà era
davvero inquietata dalle abilità dell'’avversario.
Oltre che difendersi alla perfezione da
ogni assalto corporeo , lui riusciva a scongiurare l’effetto
venefico dei suoi
fiori. A contatto con quella corazza ciascun bocciolo si scioglieva ,
prima
deformandosi in un lamento di cera e poi sbriciolandosi. Il veleno
delle rose
mutava in vapore rossastro e neppure la rosa bianca osava penetrare nel
pettorale per succhiare sangue dal cuore.
- Vostra
Altezza Artemis ! Io sono per il detto che le donne non si debbano
toccare
neanche con un fiore – rise alla
stregua
di un divo consumato – vi prego, lasciatemi compiere la mia
missione evitando
che la situazione precipiti ancora di più!
- Voi
diavoli danzate bene – replicò seccamente la
ragazza – ma con troppe piroette
finite per farvi venire il sangue alla testa!
- Beh,
a
dire il vero sono io che sto ammirando le vostre leggiadre movenze
e…francamente mi sto scocciando di saltellare nella stessa
postazione.
La sacerdotessa
guerriero strinse
tacitamente i denti: si augurò con tutta l’anima
che quel guerriero non avesse
intuito il motivo di quella lotta che restava circoscritta al centro
del
ring….Sì, proprio nel centro in perfetta
simmetria con la luna nascosta tra le
nubi.
Indugiare a lungo era estenuante e
troppo rischioso.
Doveva stritolare le forze della psiche
senza abbandonare quelle esterne del corpo: stava pregando che
l’astro notturno
ricevesse una breve ma potente irrorazione dal Sole affinché
si bruciasse
divenendo arancio.
- Vedo
che
taci , reginella….hai la gola secca?
Artemis prese a
pregare mentalmente:
“
Vergine Selene, padrona della notte e dei meandri di luce e ombra della
natura…Lascia che il tuo
splendente fratello
Apollo scagli dalla biga dorata uno
dei suoi dardi infuocati….”
- Il
tuo animo romantico
è magnetizzato dal
cielo? Vuoi la luna? Chiedi troppo!
“
Afferra la punta della sua freccia, Selene! Lascia che la tua immacolata pelle s’infiammi
di bufera solare! Odi la mia
implorazione, in nome della sorella casta Atena! Dirama la coltre dei
nembi! “
- Adesso,
sarà meglio richiamarti alla base Terra!
Prima che Takashi espandesse
l’energia
di un altro attacco, la guerriera balzò in aria come
sollevata da un nastro
celeste:
- O
grandi
fiumi della terra -
esclamò – che le
vostre acque siano il fertile nettare per la punizione della luna! O
Selene
scaglia il tuo fulmine di gelido oro sui profanatori di Calleos!
Le nuvole del cielo si strapparono
violentemente al pari di ciuffi di capelli che venissero recisi da
coltelli.
I soldati di Calleos indietreggiarono con
spaventata riverenza; in quel momento giunsero Roald e Toma che
inarcarono le
sopracciglia shockati.
Cadde un bagliore diurno giallo e
arroventato che mostrò il volto arrotato e tondo della luna.
Un rombo
dissonante e tellurico si propagò dai suoi crateri.
Le Statue dei Fiumi reclinarono
leggermente i piatti d’argento rispecchiando i lampi che
gorgogliavano dal
cielo. Le scaglie luminescenti dei loro specchi si allungarono formando
quattro
segmenti acquosi che s’incrociarono.
Selene propagò un
fulmine che infilzò il
centro di essi.
Una moltitudine di linee accecanti
attraversò il terreno e , rialzandosi in tornado urlanti,
travolsero i
cavalieri neri che finirono a brandelli.
I resti delle loro membra si
trasfigurarono in aloni di foglie
rosse
e violacee che si
raggrupparono a forma
nebulosa galattica nel
nucleo
dell'arena.
Dopo che l’ultimo
vortice defluì in
serpi di nebbia , gli specchi delle statue
tornarono nella loro posizione consueta.
Nessun invasore era a conoscenza che la
piazza centrale di Calleos fungesse da altare sacrificale nelle
evocazioni
d’incantesimi apocalittici.
Artemis, che aveva creato e perfezionato
quella terribile modalità magica, mise i piedi al suolo
esausta.
Roald e Toma accorsero per sostenerla.
Gli altri guerrieri di Calleos si
occuparono di fare prigionieri i Cavalieri Neri superstiti ma un
applauso sarcastico
e roboante lasciò tutti sgomenti.
- I
miei
complimenti, divina Artemis! Ora dovrò spendere fior fiore
di quattrini per
fare più di cento esequie ai miei sciagurati combattenti! Ah!
La
sacerdotessa
guerriero inorridì di rabbia quando la foschia si sciolse
completamente.
Takashi era vivo
e vegeto. Aveva soltanto alcuni graffi e lividi e la sua armatura si
mostrava
spudoratamente intatta.
Roald e Toma non
riuscivano a spiegarsi la forza di quell’uomo: sebbene fosse
un più che valente
comandante, restava pur sempre un Cavaliere Nero! Per quale dannato
prodigio era
sopravvissuto?
- Sei
talmente ripugnante che anche i Giudici del Tartaro non ti vogliono
accogliere
nel loro regno!
- Hai
indovinato, regina! Non ho mai intrapreso liete relazioni con i
bravacci di
Ade!
Eryx diluviò
improvvisamente una serie
di abbai allarmati.
Rivolgeva il muso all’aria quasi avesse
individuato degli uccelli funerei piombare dal cielo.
I soldati non capirono a cosa si stesse
rivolgendo il suo istinto ma dopo alcuni secondi prese forma una
vaporosa
pioggia di fiori.
-
Ma…ma sono asfodeli! –
mormorò Artemis
– com’è possibile?
-
Maestra – svelò Toma- Nikita
è stato
catturato da esseri che non abbiamo capito chi siano!
Takashi non parve turbato da
quei
volteggiamenti di petali d’oltretomba. Guardò in
alto e togliendosi l’elmo per
aggiustarsi i capelli pressati sbuffò infastidito:
- Ecco…Nomina
un becchino di Ade e ti troverai ad inspirare l’aria
balsamica di una cripta! Da
morire di gioia!
Era sicuro che le nocche sarebbero
esplose in spruzzate di sangue sudicio e ossa spaccate.
Nonostante Nikita lo avesse gettato dal
dirupo, Ikki aveva nuotato nelle onde stringendosi ad un durissimo
scoglio.
Le narici del naso e la gola gli
dolevano in modo così acuto che pareva che tremila insetti
velenosi lo stessero
massacrando di morsi in ogni capillare. L’acqua salata e
ruvida, piena di
granelli di ghiaccio, irritava di bianco bruciore la pelle lesa.
I muscoli lividi delle braccia tentavano
di reggere il corpo frustato dalle zampate dei cavalloni . Gli argini
delle ferite
si dilatavano identici a spicchi di un frutto molle sformati da dita
brutali.
Il ragazzo
contrasse i denti e le tempie tirandosi sopra
la roccia.
I capelli bagnati gli scivolavano sulle
guance e sugli occhi continuando a grondare fiumane ghiacciate.
Le gambe erano rigidissime e colme di
formicolii. Le mandibole sbattevano secche, emettendo la musica vuota
di chi
non ha nulla da masticare per ammansire i tremolii.
Sollevò il volto verso la Cascata
Orientale di Calleos…due mantelli di cobalto stormente che
biforcavano per via
del muso di uno scoglio sporgente. Distanziavano da lui almeno un
centinaio di
metri, non molto giacché avvertiva miriadi di
gocce che lo pungevano lievemente sulle mani e sulla testa.
Non poteva indugiare anche se il demone
dell'’ipotermia lo stava tirando giù per le
caviglie.
Takashi , a dire il vero, non
necessitava di lui per portare a compimento quell’onerosa
missione…Quel….rituale.
Eppure aveva insistito che
prendesse una parte estremamente fondamentale in tutto quello.
Si trattava di una “ firma” ( così aveva
definito allegramente ) “ una firma da sottoscrivere in un
patto di vitale
importanza” …. Ikki ormai era avvezzo a sentire il
puzzo marcio dei patti
paterni ma quel maledetto rituale
non
lo tranquillizzava affatto.
L’incarico che dovevano svolgere per Don
Avido non prevedeva la sottrazione di un tesoro fatto di gioielli e
oro. La pirateria
c’entrava relativamente poiché si celava qualcosa
di più grosso e anomalo.
Cosa fosse lo avrebbe scoperto
continuando a camminare in quella boscaglia di tane infernali.
Bisognava elevare la
temperatura
corporea, lasciare che la Fenice si scrollasse i cristalli brinati
dalle ali
per tornare a circolare nel sangue e sulle labbra cineree.
Il ragazzo si staccò dal masso per
spostarsi
verso la
rapida…
Si augurò che il vento non lo prendesse
più in giro disperdendo richiami che mai sarebbero potuti
materializzarsi
dall’Occidente.
Calleos era cosparsa da un
manto di asfodeli
dalle corolle tenere e appuntite.
Un odore impolverato , dolciastro e
pruriginoso s’espandeva
dai boccioli che
parevano essere stati annaffiati da bicarbonato e latte cagliato.
Nessun guerriero riusciva a parlare
talmente quegli aromi si erano depositati nelle corde vocali simili ad
un
piovasco di pietruzze calcaree. L’aria aveva assunto una
consistenza pesante
che gettava un alone di nebbia sul terreno.
Per la prima volta gli abitanti di
Selene avvertirono un gelo lontano dalla secchezza casta della
Groenlandia. Non
era il fiato di crudele benevolenza dei loro inverni che comunque si
denudava
mostrando azzurrità. Era un freddo che derideva lane e
pellicce perché
non penetrava solo attraverso la pelle
ma nel cervello colmandolo di stalattiti. I nervi ottici
s’intirizzivano
assieme ai bronchi trasformandosi quasi in grumi di corallo ingessati.
Artemis e gli altri videro incedere una
losca figura dai contorni di smerlata tenebra…Si stagliava
allungata contro lo
sfondo bianco : non si capiva se fossero le nubi pallide a ritirarsi
formando
due profili sul fondo scuro, o fosse una macchia scura ad essere stata
versata
sulla superficie di un banco.
All’inizio l’inquietante essere restò in
un’ambiguità asessuata fino a che
le sue
fattezze non si fecero nitide quasi qualcuno avesse tolto
all’improvviso uno
schermo di carta velina.
Era un uomo
stranissimo corazzato da una panoplia dai riflessi bluastri che
eguagliava la
sinistra leggiadria di una campanula.
Avanzò con sardonica religiosità
evitando di produrre qualche suono villano. Voleva fingere la timidezza
di un
invitato che bussa alla porta prima di entrare.
A mano a mano che s’avvicinava i cavalieri
ne scrutarono l’aspetto : era di una raffinatezza
spettacolare eppure…possedeva
una dissonanza interna che sprizzava perversione. Una criniera color
zolfo,
liscissima e molto lunga, scaturiva ipnotica spalmando riflessi
metallici e
candidi. Il viso era veramente bello e scabro da impurità ,
tuttavia emanava un
orrendo lindore viscido. Il derma luccicava identico ai cadaveri
imbalsamati
preservati dalla decomposizione attraverso strati di cera. Le guance
spianate,
il naso ben edificato, le sopracciglia quasi fatte di olio giallo,
componevano
una maschera di funerea serenità. Un diadema corvino , da
cui altalenavano due
catenelle d’ossidiana, gli dava la tintinnante tetraggine di
una bambola
orientale.
- Sudditi
di
Calleos – elevò con un tono di cenere che si
solleva dal suolo – spero
che l’omaggio floreale che vi ho portato
sia di vostro apprezzamento. Le vostre meste e scombussolate facce mi mortificano. Se sono stato scortese,
credetemi, non l’ho fatto con cattive intenzioni.
Artemis,
riuscì indolenzita a scandire:
- A…a
quale
dannata armata appart-tieni?
- Non
crucciarti, Maestra Artemis. Non faccio parte dell'’infimo
ordine dei Cavalieri
Neri, bensì offro i miei servigi ad entità
impareggiabilmente superiori. Ahimè assieme
ad altri valenti giustizieri siamo stati costretti ad accogliere
pezzenti sulla
nostra soglia….
Takashi rise
inviperito e contraccambiò:
- Ah!
Noi
saremmo i pezzenti venuti a mendicare davanti al vostro portone putrido
di muffa?
Avete aliti che puzzano peggio delle carie di Caronte! Senza i nostri
contributi non avreste neppure la forza di camminare come zombi!
- Restringi
le tue iperboli, Takashi. Il tuo becco di falco non fa che espellere
idiozie e
poi… mi sto presentando dinanzi gli spettatori.
Artemis si accorse
meglio dei suoi occhi
che affogavano l’audacia di chiunque: ellissoidali, dalle
cornee di lubrificato
nero su cui fiammeggiano
dorate i chicchi
delle iridi.
- Tu…-
domandò agghiacciata lei – che razza di guerriero
sei?
L’essere
stese le labbra
grigie esibendo denti violentemente
bianchi e diritti. Un bisturi pareva aprire un sorriso che faceva
sgusciare
sangue leucemico.
- Il
mio
nome è Biak , sono uno specter e il vessillo che servo porta
il marchio di Ade.
Le mie stelle sono
figlie del Negromante.
Tra Morte e Vita il confine è fragile e sottile e io
riconduco alla luce ciò che le
tenebre imprigionano nell’eternità. Faccio
sì che per i defunti ci sia
resurrezione e un respiro che continui a viaggiare anche nel mondo
superno. I
miei precetti donano opportunità a chi parlar non
può più.
Toma, estenuato
dalla soggezione della
paura, eruppe
fumando fiato ardente
dalla bocca:
- Dov’è
il
nostro compagno Nikita?! Cosa gli hai fatto?!
Artemis lo
fiancheggiò ammonendolo
sottovoce:
- Non
peggioriamo la situazione! Non sappiamo quali siano i poteri di questo
spettro!
- E’
uno
sporco servo dei sepolcri, Maestra! Non possiamo aver paura della
tenebra noi
che la vediamo qui a Nord per sei mesi all’anno ventiquattro
ore su
ventiquattro!
- Sciocco!
Hai
avvertito il suo cosmo? Ti sembra quello di un comune umano?
È diverso dagli
specter stessi!
- Può
viaggiare tra il mondo dei vivi e quello dei morti! E’ una
cosa comune ai
cavalieri di Ade!
- Certo
ma
gli specter è gente viva
in carne e
ossa, lui….è….
Biak interruppe la
discussione con garbo
arsenicato :
- Caro
ragazzo, la tua
sovrana sta parlando
ragionevolmente….Non è facile comprendere con
chiarezza la mia essenza. E’ un
onore che qualcuno vada oltre le apparenze. Però non
guastiamo il piacere della
sorpresa.
Lo specter aprì
la mano con scatto
elastico alla stregua di una pianta carnivora che spalancasse le fauci.
Il terreno prese a tremare e dalla neve
s’elevarono lunghe spire d’aliti bianchi che
virarono ad una tonalità cianotica
e ondulata.
Un ruglio aggrinzito, di superfici aspre
che s’intrecciano a vicenda, dilaniò
l’aria dando forma a quello che pareva un
enorme albero dai rami annodati verso l’alto simili a capelli
imbizzarriti.
- Ecco
,
Toma – spiegò con calma plumbea il Negromante
– ora mostro a te agli altri la
premura che ho riservato al vostro prode Nikita.
Ciò che
, con la foschia aggrumata,
figurava tronco si rivelò essere ben altro: una scultura che
fece sobbalzare il
cuore in gola e
collassare i polmoni
sullo stomaco a tutti.
Nikita era avvolto in una sorta di
vortice bianco, fangoso e nero. Dentellati flutti di colonne vertebrali
, appiccicate
tra di esse con liane marroni e melma, costituivano
il cervice vorticoso di un calice
che s’apriva a ventaglio all’estremità.
Un gruppo circolare di casse toraciche
e teschi portava una frattura al centro dove, stritolato da omeri, ulne
e
falangi, sporgeva lo sventurato guerriero. Gli occhi erano semiaperti e
di un
bianco pantanoso, privi di pupille e iridi. Le labbra socchiuse avevano
preso
una sgretolata sfumatura
nerastra mentre
la pelle ,solitamente rilucente d’abbronzatura, era
così marrone e acuita da
rendere il viso una maschera triangolare e spettrale. C’era
poca differenza tra
una falena bruciacchiata e il corpo di Nikita.
Takashi, con un ghigno di
compatimento e
disgusto, commentò
ironicamente :
- Beh,
non
c’è freno agli osceni mezzi compositivi dell'arte
contemporanea….molto meglio
il neoclassicismo, lo dico sempre.
Incapace di frenare l'
ansia, Toma schizzò
rapidissimo e urlò:
- Harunokori
no hi!
L” incendio della primavera
ghiacciata”
, due colonne avvoltolate da anelli arroventati che schiumavano fiori e
foglie
cristallizzati , venne estinta in un’enorme nube roboante di
lapilli e stracci
di petali.
- Amico
mio
– ridacchiò Biak con affabilità
genitoriale – non occorreva il tuo intervento!
Sono in grado di dissolvere da solo i fuochi pirotecnici degli
adolescenti.
Toma , Artemis e
Roald furono i primi ad
accorgersi che un'altra figura era
comparsa affianco dello specter. Un uomo ( se tale si poteva definire)
coperto
da una corazza medievale e che si muoveva a scatti , quasi possedesse
dietro la
schiena una chiave meccanica da giocattolo che azionava molle
ferruginose .
Eryx, stranamente non abbaiava e la
padrona si preoccupò: vide quei profondi occhi neri
lumeggiare timorosi e attratti
da quei nemici. Il muso umido si protendeva teso e quasi pericolante e
le zambe
si erano irrigidite calamitate dalla neve.
- Perdonatemi,
signori! – profuse il Negromante -
Il
mio compare è talmente timido da apparire maleducatamente
taciturno…è una
persona particolare e non è abituata da tempo a
familiarizzare. Mostratevi
comprensivi con… Vesperus.
- Tu,
il tuo
golem meccanico e quell’altro rapace :
liberate Nikita e andatevene da qui!
Artemis stava per emanare un
attacco
quando Roald la fermò:
- Maestra,
no! Siete molto indebolita! Mettetevi al sicuro!
- Non
darmi
ordini! Porto la maschera della Luna e…
Non ebbe il tempo di concludere la frase
che Toma si avventò con tre lunghi salti contro lo specter.
- Razza
di
stupido! – gridò la sacerdotessa – che
fai?!
- Signora!
–
la scosse il danese – guardate! Takashi è sparito!
Eryx aveva ripreso ad guaire
intanto che
gli altri soldati correvano verso il Tempio della Neve Dorata. Il Falco
si
spostava ad una velocità così assurda da apparire
e scomparire uguale ad una
scarica pulsante di energia :
-
Maledizione!
– si esasperò la giovane – se tocca il giardino
di mio padre lo riduco a pezzi! Roald, dobbiamo dividerci o
saremo
spacciati!
- Contate
su
di me.
Mentre Artemis
raggiungeva febbrilmente l’esercito,
Roald cercò di saldare ancora più
forte i
bulloni del suo spirito d’acciaio.
Vesperus e Biak emettevano un tanfo di
putrida fluorescenza.
I fiotti e i fracassi della Cascata Est
sbattevano e rimbalzavano sulle ferite rosse.
Ikki si stava inerpicando sulle grosse e
scivolose scaglie sassose fissando la sommità nasuta e
soffocante del
traguardo.
Aveva recuperato parecchio tempo
elevando le pulsazioni del cuore che si nutriva di scaglie di fenice.
Continuava a incidersi nella testa una
sequela di insulti e maledizioni al padre
, come fosse un tagliapietre che deturpasse una roccia .
“
Devo raggiungere il canale orientale che esce dal Tempio della Neve
Dorata”
rifletteva intorpidito “ e
poi…attendere il suo segnale! Neanche fosse la chiamata di
un dio….fanculo.
“
Stendeva e fletteva i muscoli delle
gambe evitando di notare gli squarci delle abrasioni che si dilatavano
e si
restringevano simili a sottili bocche asmatiche.
“
Che diamine avrà in mente quell’uomo?!
perché gli occorrono le Ali della
Fenicie?! Bah…lamentarsi è inutile…una
volta in pista si balla e punto. Se solo
si potesse cadere sarebbe meglio ma non posso”.
Un’ ondata pesta e rigonfia si
stroncò
sugli scogli inferiori in modo così forte che i suoi cocci
seghettarono il
dorso del ragazzo che era a più di trenta metri di altezza.
“
chi è che mi vuole far cadere? Tu Maestro Guilty , che vuoi
vendicarti , oppure
tu Esmeralda?Non so mai sei tuoi occhi sono
nel nulla o sono dappertutto. “
Il giovane voltò cautamente lo
sguardo
verso il mare Artico che sussurrava, urlava, fischiava e si zittiva con
ritmo
isterico , maestoso e triste.
“
Almeno Shun ti
verrò a prendere. Puoi
starne certo. E ti metterò al sicuro .
ma….chissà se riuscirò mai a dirti
ogni
cosa….”
Note
personali:
finalmente stiamo venendo a conoscenza
delle storie di Nikita e Roald! Per me è stata
un’occasione per sperimentare
questa scrittura della memoria ( soggettiva),
frammentarla ai combattimenti presenti e creare
così un confronto tra
ciò che sono stati i nostri guerrieri e ciò che
sono…
è stata una parte parecchio
impicciosa così
come queste scene di
combattimento :S mi auguro di star rendendo bene tutti i protagonisti
della
scena….
L’ultima parte del 20 sarà massimo tra
15 giorni perché l’ho conclusa ma le devo
revisionare…
Un grazie immenso per la pazienza e alla
prossima puntata…
Una crudele prova attende il giovane
Toma.
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