Tutta colpa del destino

di Arwen297
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Note dell'autrice: Ecco a voi il secondo capitolo, ringrazio chi ha già messo la mia storia nelle seguite/ricordate/preferite. Vi auguro buona lettura e vi Ricordo per chi non avesse letto il primo capitolo,che per via dei regolalmenti del sito alcune scene di questa storia verranno pubblicate sulla mia pagina autore su FB, Arwen297 EFP

 

 

2^Capitolo: Sorpresa

 

La sera precedente lei e Haruka avevano fatto tardi. Sebbene si fossero preparate per andare a dormire con i rispettivi pigiami, infatti, in realtà erano successivamente rimaste alzate almeno fino alle due a parlare, recuperando tutto il tempo che erano state separate proprio come facevano da bambine, insieme al fratello. Il gemello dell'altra.

Nonostante l'ora tarda però, non aveva dormito benissimo. In quel periodo era troppo emozionata e agitata per l'attesa dell'email che le comunicava con chi avrebbe dovuto duettare al concerto di fine anno. Il concerto, nonostante la laurea imminente, era per lei un pensiero fisso.

Così decise di alzarsi che erano da poco passate le otto, ben decisa a portare avanti una piccola parte di tesi per poi dedicarsi alla musica e controllare a quel punto la posta elettronica.

Aveva deciso di farlo dopo pranzo per non essere ulteriormente distratta ed arrivare a concludere la parte che aveva concordato con il relatore con qualche giorno di anticipo sulla tabella di marcia in modo da consegnare anche lo schema relativo al capitolo successivo e portare il tutto a revisione.

In quel momento fissava lo schermo dopo aver riletto tutta la parte scritta per portare avanti il discorso nel migliore modo possibile. La sua mente però non voleva collaborare: il pensiero la conduceva ovunque tranne che sullo scritto.

Ed era perfettamente consapevole che, quando sua sorella si fosse alzata, non avrebbe più avuto modo di continuarla. La voglia di passare insieme del tempo era tanta da parte di entrambe.

Tanto vale che controllo ora la posta, forse così dopo mi tranquillizzo e riesco a concentrarmi a dovere sulla tesi. Pensò. Portandosi la matita con cui sottolineava i testi alle labbra. Ridusse la schermata di Word alla barra, cliccando successivamente sul programma di posta elettronica.

I suoi occhi azzurri notarono subito l'email risalente alla sera precedente ricevuta da un indirizzo a lei sconosciuto proprio mentre rientravano dalla serata al ristorante.

Forza Usagi, è il momento di scoprire con cui avrai il piacere di duettare.

Cliccò sulla riga dell'elenco corrispondente al messaggio. Ai suoi occhi si aprì una pagina con un simbolo che conosceva fin troppo bene: custodiva gelosamente il biglietto dell'unico concerto che era andata a vedere di lei, e su quel pezzo di carta così prezioso il simbolo era il medesimo.

Il suo sguardo si spostò più giù per leggere la mail, che dissipò qualsiasi altro dubbio rimanente. Dentro di lei sentiva nascere sentimenti contrastanti, se da una parte si stava realizzando uno dei sogni che forse aveva incosciamente da bambina, dall'altro sarebbe stata a stretto contatto con la causa scatenante dell'allontamento della sorella dal Giappone. Colei che aveva scatenato la sofferenza in tutta la sua famiglia; il tempo che la divideva dal concerto era irrisorio e quindi le prove sarebbero state tante e dai ritmi serrati. Sicuramente, poi, sua sorella sarebbe andata qualche volta a prenderla. E loro due si sarebbero incontrate nuovamente.

Non voglio che soffri di nuovo a causa sua Haru. Non voglio vederti nuovamente nelle condizioni in cui eri in quel periodo.

Ultimo, e non da sottovalutare, aveva una paura tremenda: se i genitori della violinista scoprivano con chi duettava come avrebbero reagito? L'ultima volta la loro reazione non era stata dei migliori a sapere che la figlia aveva preso una cotta per un'altra donna, ora entrambe erano donne e dubitava fortemente che sarebbe stata solamente una cotta passeggera.

«Che stai combinando?». La voce della bionda le solleticò le orecchie, facendola sobbalzare. Non si era proprio accorta della sua presenza.

«Oh... niente stavo leggendo la mail, finalmente hanno comunicato con chi duettiamo». Spiegò in breve lei, sperando che l'altra non ponesse domande più specifiche.

«Con chi duetti?». Si sentì chiedere.

«Oh...non è importante, ti ho preparato già la colazione devi solo far scaldare la brioche e il capuccino... io intanto finisco questa parte della tesi». Cercò di sviare il discorso.

«Sei a buon punto?». Accese nel frattempo il fuoco sotto al latte e il piccolo fornetto con dentro le brioche colme di marmellata. Sarebbe stata una lunga giornata, alla sera probabilmente avrebbe incontrato Setsuna e Hotaru. Le altre si erano fatte ormai una vita fuori dalla nazione, e i rapporti si erano ridotti a una telefonata su Skype di gruppo una volta alla settimana con tutte. Nonostante fossero fisicamente lontane, il loro gruppo era rimasto ugualmente molto unito negli anni e lentamente erano entrati a far parte della brigata anche Usagi e Mamoru. Probabilmente sarebbe rimasta a casa della madre ancora per qualche giorno, contro ogni pronostico non aveva proprio desiderio di rientrare nella sua, dove erano custoditi ricordi belli e brutti.

«Mi mancano ancora cinque capitoli e infine le conclusioni, se mi va bene la revisione che ho tra qualche giorno i capitoli diventeranno quattro». Rispose orgogliosa. L'altra sorrise mentre si sedeva per assaporare in tutta tranquillità la sua colazione.

«Oggi devi studiare? Così mi organizzo ed eventualmente vedo Sets e Hota dopo pranzo». Le chiese.

«Guarda oggi in realtà mi hanno già convocata per la prima prova, credo che mi diano i brani che suonerò al concerto per iniziare a suonarli, quindi si sono impegnata e devo concludere questo capitolo il prima possibile. Però stasera non devo uscire con Mamo quindi se vuoi possiamo passare del tempo insieme come ai vecchi tempi». Fu la risposta della biondina coi codini. «Non ti preoccupare comunque, la scuola è abbastanza vicina posso andarci con i mezzi». La anticipò prevedendo la successiva domanda di lei.

«Sicura? Altrimenti posso accompagnarti prima di vedere le altre senza alcun problema». Deglutì il boccone, se ci fosse stata sua madre l'avrebbe sicuramente ripresa: lo aveva fatto una miriade di volte prima di rassegnarsi al fatto che sua figlia all'occorrenza avrebbe sempre parlato con la bocca piena. Ad ogni modo, per fortuna, la donna in quel momento era fuori per lavoro.

«Sicurissima!». Esclamò lei, prima di riaprire Word e iniziare a digitare il proseguimento del discorso lasciato in sospeso il giorno prima.

 

***

 

Si mosse leggermente sotto le lenzuola, il morbido tessuto abbracciava la sua pelle liscia come seta custodita al di sotto, come ogni mattina verso quell'ora la luce in camera era davvero insopportabile. Quel giorno però la stanchezza si faceva sentire, la notte prima avevano approfittato dell'essere soli in casa, e si erano amati e posseduti più volte. Aveva dato così modo alla passione di portarsi via tutta l'ansia e l'agitazione per l'evento che stava organizzando. In compenso però il dolore muscolare per il troppo movimento fatto appariva nitido nelle membra al minimo movimento. Si girò sul suo fianco destro, i suoi occhi blu si posarono sull'uomo che amava, quasi totalmente scoperto dalle lenzuola, percorrendo il suo fisico longilineo e prestante.

«Non sei ancora abbastanza sazia?». Un sorriso malizioso si dipinse sul volto di lui prima che aprisse gli occhi. Lo osservò stupita, come si era accorto che stava ammirando il suo corpo perfetto?

«Monsieur, mi dispiace deluderla, ma sono sufficientemente appagata così ». Stette al gioco lei.

«Quindi se ti bacio ancora non otterrò nessun risultato?». La sfidò lui, alzandosi leggermente, usando il gomito come appoggio per guardarla negli occhi.

«Molto probabile..». Lo guardò avvicinarsi alle sue labbra, e attese..attese fino all'ultimo secondo disponibile per spostarsi e lasciarlo a bocca asciutta. «Vado a farmi la doccia, devo andare in studio da Lisa prima di iniziare le prove con lo studente che mi hanno assegnato. Credo che le prove del pezzo le rimandiamo a più tardi perché altrimenti arrivo in ritardo da lei». Si alzò dal loro nido, evitando appositamente di portarsi dietro il lenzuolo, consapevole di quanto lui nonostante fossero passati molti anni la bramasse ancora come fosse la prima volta. Anni addietro non sarebbe mai stata così audace, era diventata così anche grazie a lui che l'aveva fatta affacciare a un modo di amarsi tra le lenzuola non comune.

Una volta in bagno si infilò direttamente dentro la vasca e aprì il rubinetto impostando una temperatura tiepida. Prese poi i suoi sali preferiti alla rosa e ne verso una generosa quantità nell'acqua.

Tutta la tensione della sera prima era ormai scomparsa, e un bagno caldo avrebbe tolto quegli ultimi residui aiutandola anche a sciogliere un pò di preoccupazione: non aveva per niente idea di come comportarsi con Usagi. Solitamente lei scindeva molto la vità privata da quella lavorativa, ma visto tutti i retroscena a cui quella ragazza era legata non era sicura di riuscire a fare lo stesso anche questa volta. Senza contare che da lì a un mese e mezzo sicuramente si sarebbe creata l'occasione per vedere la sorella, e a quel punto come avrebbe reagito? Era stata troppo male per quella storia, e non era sicura che sarebbe riuscita a rimanere impassibile se un giorno si fossero incontrate nuovamente.

Sospirò presa dallo sconforto.

Con tutti gli alunni che c'erano a scuola proprio lei dovevano decidere di far duettare con me. Speriamo che vada tutto bene senza complicazioni, ne ho già tante di cose a cui pensare.

Aveva preso anche in considerazione la possibilità di farsi assegnare un altro studente, ma ciò voleva dire che avrebbero perso ancora più tempo per fare tutti gli scambi, e per quell'evento il tempo si era rivelato tiranno fin dal primo momento. Non poteva permettersi di sprecarne ulteriormente, anche perché era consapevole che il suo brano non era di immediata esecuzione, serviva studiare alcuni passaggi. Dovevano perciò mettersi all'opera il prima possibile.

Prese la doccia e risciacquò dal suo corpo la grossa quantità di schiuma nella quale si era avvolta, poi sollevò il tappo per far defluire l'acqua che si era raccolta. Una volta uscita si avvolse nell'asciugamano e si diresse in camera per vestirsi, trovò la stanza vuota, ma in compenso dalla cucina provenì un profumo niente male che le fece brontolare lo stomaco.

Scelse di indossare un vestitino bianco tempestato di piccoli fiori rosa, accompagnato da sandali e borsa dello stesso colore. Si diede una veloce spazzolata ai capelli e un leggero trucco con matita e mascara e fu finalmente pronta per affrontare la giornata.

Prima però avrebbe affrontato la colazione che il marito aveva preparato per entrambi.

 

 

Quando mancava un quarto alle undici chiuse lo sportello della sua Audi A3 bianca e schiacciò il tasto sul portachiavi per inserire la sicura e l'allarme. Si diresse dunque verso il palazzo dove Lisa, la sua manager, aveva lo studio. Oltre a lei seguiva anche il gruppo di suo marito e visto che negli con loro aveva avuto lavoro a sufficienza, aveva abbandonato tutti gli altri clienti ed era diventata esclusiva della famiglia Kou e Kaioh. A loro era andato bene così, era a loro totale disposizione a qualsiasi ora e, vista l'intensa attività artistica di tutti e quattro, era un grosso vantaggio. Si era dimostrata più volte molto seria e professionale nel suo lavoro, anche quando la situazione era critica e non di certo delle più semplici.

Era qualche anno più grande di lei, aveva circa una trentina danni e aveva i capelli lisci e lunghi alla spalla di un intenso color corvino, come gli occhi. Corporatura minuta ma snella, alta come lei.

Suonò al citofono che provocò l'apertura immediata del portone della palazzina del centro cittadino, decise di non prendere l'ascensore ma di salire le scale immediatamente al suo fianco così da fare un pò di movimento, l'appartamento in cui la Manager aveva lo studio era il medesimo in cui viveva.

Una volta raggiunto il piano preciso suonò al campanello dell'abitazione, e la trovò che era davanti la porta a giudicare dal tempo che aveva impiegato ad aprirle.

«Ciao Michiru, buongiorno!». Le disse non appena entrò nel suo campo visivo. Strappandole un sincero sorriso.

«Ciao Lisa». Rispose di rimando, mentre la proprietaria le fece segno di accomodarsi nella stanza dove sapeva ci fosse la scrivania con relativo computer e i vari archivi con tutti i documenti necessari per i concerti che lei e i Three Lights avevano fatto in quegli anni.

«Bene Michi dimmi tutto, cosa ti porta a farmi questa visita stamattina». Esclamò cordialmente, sedendosi dalla parte della scrivania opposta alla sua.

«Un semplice aggiornamento sull'organizzazione dell'evento della scuola di musica, chi offre la location ha già confermato? I fioristi che abbiamo chiamato cosa hanno detto? Chi si occupa del catering per il buffet finale invece? Abbiamo dei preventivi tra i quali scegliere?». Disse immediatamente, senza aspettare che l'altra rispondesse alla prima domanda.

«Chi offre la location al momento non ha ancora confermato, nessuno dei due. Ho già sollecitato entrambi stamattina sul presto perché non è possibile che dopo un mese ancora non sanno se darci lo spazio oppure no». Rispose.

«Se entro due giorni non ti danno risposte minacciali che se continuano così perdono la possibilità di vedere assegnato l'incarico e quindi la possibilità di guadagnare la cifra che abbiamo messo a disposizione per l'affitto insieme alla scuola». Ordinò rigidamente.

«Sarà fatto, se non mi danno risposte». Confermò la donna. « Per quanto riguarda il fiorista lui ha confermato ed è disponibile come al solito, mi ha detto di chiamarlo non appena sappiamo qual'è la location così va a vederla e cerca di organizzare qualcosa di bello e che rispetti le nostre esigenze economiche ed estetiche senza problemi. Per quanto riguarda il catering invece, abbiamo già dei preventivi che se hai tempo ti faccio vedere altrimenti te le invio via email e stasera li guardi con calma e scegli tu in base a ciò che ritieni più opportuno così confermiamo all'interessato l'impegno».

«Mandameli via email, così magari li vede anche Seiya e può dare un parere anche lui grazie».

«Poi è arrivata stamattina una partecipazione a un concerto di beneficenza a Luglio, esattamente il giorno dopo quello che già sto organizzando io. Ho risposto che te ne avrei parlato e che avremmo dato una risposta più avanti poichè avevi altre date già fissate e che non potevi più spostare».

«Hai fatto bene, evento di beneficenza per cosa?». Chiese incuriosita.

«Se non ho capito male il ricavato verrà utilizzato per il rinnovo del reparto di pediatria dell'ospedale, è un evento di alta classe a cui parteciperà buona parte dell'alta società cittadina». Spiegò in breve.

Ci risiamo con gli eventi aristocratici, pensavo di esserne uscita già da un bel po', a quanto pare non è così anche se ho tentato di uscire dal giro senza che il mio cognome influenzasse chi mi sta intorno.

«Confermo che daremo più avanti la risposta per la mia partecipazione anche se, ora come ora, è più un no che un sì un concerto dopo l'altro per le prove è molto impegnativo e non so se riesco a seguirle entrambe. Ho anche una famiglia a cui pensare». Una famiglia che già trascuro abbastanza ultimamente.

«Certo Michi, non preoccuparti». La rassicurò lei, capendo alla perfezione la posizione dell'amica. Si perché sebbene lei fosse una sua dipendente il rapporto che avevano era molto simile all'amicizia, dopo tanti anni era inevitabile entrare in confidenza come lo avevano fatto loro. Senza incrinare il rapporto lavorativo nonostante le discussioni su ambo i fronti.

La violinista si limitò ad annuire.

« Vuoi fermarti da me a mangiare? Sempre che Seiya non ti reclami per se stesso». Le fece l'occhiolino.

«No lavora tutto il giorno lui quindi accetto molto volentieri il tuo invito». E nonostante fosse ancora relativamente presto, il suo stomaco già iniziava a sentire il morsi della fame.

«Bene, andiamo in cucina allora così chiacchieriamo un pò senza tutto questo lavoro di mezzo». Si alzò e le fece segno di seguirla, era stata una miriade di volte in quella casa nel corso degli anni, ma grazie all'estrosità della sua proprietaria ogni volta che ne varcava la soglia c'era qualcosa di diverso. Un mobile, un quadro, un lampadario. Niente era mai uguale alla sua visita precedente.

 

 

***

 

«Si va bene ti chiamo appena ho finito così mi passi a prendere, vado che sono già in ritardo quasi, a dopo Mamo-chan». Salutò il bruno prima di avviarsi verso l'edificio che le avevano comunicato via email, raggiunse l'ingresso della scuola già aperto e si fermò appena varcato per controllare se si ricordava bene l'aula sullo smartphone.

Bene ricordavo giusto. Pensò, aveva controllato almeno un milione di volte, ma come sempre quando era in ansia la memoria vaccillava, un pò come agli esami che aveva dovuto sostenere negli ultimi anni universitari.

Raggiunse l'ascensore e schiacciò il pulsante della chiamata rimanendo a fissare le porte in acciaio che aveva davanti, dopo pochi instanti il suono di arrivo le giunse alle orecchie mentre le porte si aprivano per permetterle di entrare.

Secondo piano.

Schiacciò il tasto corrispondente, respirò profondamente più volte per cercare di tranquilizzare se stessa sull'incontro che sarebbe avvenuto di li a breve. Non sapeva cosa aspettarsi da Michiru Kaioh, la violinista che da sempre aveva seguito grazie al padre che l'aveva iniziata all'amore per la musica classica in generale. Era in vece di questo amore che le era stato strasmesso che nove anni prima aveva deciso di intraprendere gli studi di pianoforte. L'anno dopo avrebbe conseguito il diploma di primo livello, e così poteva sfruttare entrambi per il lavoro.

Arrivata al piano seguì le indicazioni che si ritrovò davanti con le direzioni per le le aule, trovo subitò quella per raggiungere la sua e si incamminò lungo la strada. Scoprendo in tal modo che non era troppo lontana, quando la raggiunse scoprì che era ancora vuota, Michiru ancora non c'era ma faceva fieramente mostra di se al suo interno un bellissimo pianoforte a coda di colore nero. Accanto a lui un leggio da utilizzare in piedi e lungo la parete ve ne erano diversi sia chiusi che aperti.

Forza Usagi! Andrà tutto bene, se ti hanno scelta e perché sei in grado di affrontare e portare a termine questo impegno nel migliore dei modi.

Pensò, mentre si avvicinava allo strumento, accarezzandolo dolcemente. La superficie liscia e fredda le donò una piacevole sensazione, che contribuì a calmarla leggermente.

Appoggiò la borsa a una delle sedie poco lontane e si sedette in quella affianco in attesa. Fisso l'orologio appeso al muro, mancavano pochi minuti all'appuntamento: tutto sommato era arrivata abbastanza puntuale, nonostante tutto. Aveva pregato Mamoru di non rivelare l'identità dell'artista a sua sorella, per non destabilizzarla nuovamente a quella notizia. L'ambiente era molto semplice e le ricordava vagamente la stanza di un ospedale se non fosse stato per l'ampiezza necessaria a contenere le sedie per le lezioni e il pianoforte.

Ne aveva seguite parecchie in quella classe durante i suoi anni di corso, e certamente ne avrebbe seguite ancora durante l'ultimo anno che avrebbe iniziato a settembre.

«Usagi?». Una voce la sorprese tra i suoi pensieri, le era familiare. L'aveva sentita più volte in televisione in tutti quegli anni, era simile a quella che aveva percepito negli unici due incontri con lei molti anni prima, solamente più matura e non più da ragazzina.

Si alzò in piedi leggermente imbarazzata per non averla vista prima che le arrivasse così vicino, e la trovò in piedi a metà del corridoio tra le sedie.

«Buona sera, Miss Kaioh ». Esclamò guardandola negli occhi, azzurro cielo contro il blu delle profondità marine.

«Suvvia Usagi, credo sia abbastanza insensato darci del lei tra noi». La riprese la violinista.

Ecco Usagi hai già fatto la tua prima brutta figura, avanti così!

«Scusami, ecco io...pensavo fosse educato darti del lei in fondo non ci conosciamo poi così bene». Mormorò visibilmente imbarazzata.

«Non fa niente, mettiamoci al lavoro piuttosto, che come certamente saprai le cose da fare sono davvero tante e il tempo è pochissimo». Rispose sbrigativa la giovane donna. Lei si limitò annuire, per poi farle spazio e farla passare per raggiungere il pianoforte.

«Si certamente sono pronta per lavorare sui brani fin quando lo riterrai opportuno». Esclamò lei entusiasta, non aveva la più pallida idea di come fosse Michiru come insegnante, severa? buona? Impaziente?

Beh, dopo tutto lo scoprirò molto presto.

«Sono contenta di sentirti parlare in questo modo; non so se la mia agente ti ha già accennato via email che uno dei due brani è un inedito scritto appositamente per l'occasione dalla sottoscritta, si tratta di un incrocio tra l'Inverno di Vivaldi e Let it go di Frozen il cartone della Disney. Per questo motivo sarà eseguito alla fine del concerto come ultimo brano, l'altro è solo una cover di una canzone già esistente e la eseguiremo all'inizio. Ora ti farò sentire io la parte di pianoforte dell'inedito, perché è quello su cui mi preme lavorare maggiormente poiché alcuni passaggi sono molto complessi». Le spiegò, sedendosi al pianoforte.

 

Circa cinque minuti più tardi l'ultima nota lasciò le corde del pianoforte riportandola con la mente nella stanza, era onorata di essere la prima a suonarla al di fuori della violinista, ma dopo aver ascoltato il brano la consapevolezza che non era banale, la investì in pieno: avrebbe dovuto esercitarsi parecchio per rendere fluida l'intera esecuzione. E questa nuova incombenza le avrebbe tolto tempo prezioso alla tesi.

«Bene, ecco tutto come ti è sembrato?». Si sentì chiedere dall'altra. Riflettè un secondo sulla domanda, cosa le poteva dire per non sembrare banale o sfacciata?

« Credo sia un bellissimo brano, però ho già percepito alcuni passaggi su cui dovrò lavorare molto, ma non mi spaventa assolutamente il lavoro che dovrò farci sopra. L'altro brano qual'è?». Chiese a sua volta.

«Molto bene». Le sorrise «L'altro brano - come ti dicevo - è una cover; si tratta di Titanium di David Guetta, è un brano moderno che probabilmente conoscerai già».

Eccome se lo conosco! Ma non avevo mai pensato a una cover per violino e pianoforte.

«Certo la conosco, mi è capitato di ascoltarla spesso». La fissò nuovamente negli occhi, e non potè far a meno di notare di quanto fossero diversi da quelli che ricordava di molti anni prima. Se prima erano dolci e quasi timidi, ora erano più freddi e malinconici. Erano gli occhi di una persona che sicuramente doveva aver sofferto molto e che soffriva ancora.

Chissà cosa la tormenta..

«Se la conosci evito di suonarla, ora ti lascio una decina di minuti per leggerti la prima facciata degli spartiti poi iniziamo a provare la prima pagina». Le disse la violinista alzandosi dal piano. «Preferisci che ti vada a prendere un metronomo per il tempo? Ti può aiutare?».

«Si se è possibile forse è meglio, almeno per le prime volte poi posso benissimo farne a meno, se non è disponibile va bene così. So suonare anche senza ormai». Le rispose osservandola sparire nel corridoio.

 

***

 

« Buon pomeriggio ragazze». La voce di Hotaru interruppe Setsuna che parlava animatamente con Haruka. La brunetta si chinò ad abbracciare Haruka, le era mancata tantissimo. Gli anni in cui era stata fuori per lavoro erano sembrati non passare mai, nonostante il loro gruppo fosse rimasto unito, mancava quella marcia in più che permetteva di spingerlo al massimo. Con l'ingresso nell'età adulta, poi, si era inerosabilmente sgretolato e al di la di una chiamata al computer settimanale con le altre sentiva di non condividere più nulla. « Mi sei mancata Ruka». Mormorò stringendo ancor di più la stretta.

« Lo so, in questa città sono proprio indispensabile, come avete fatto tutto questo tempo senza di me, senza la stella sublime delle strade di Kyoto». Rispose la bionda ponendo particolarmente enfasi nel discorso che aveva appena fatto. Setsuna si limitò a volgere gli occhi al cielo: inutile Ten'o non sarebbe mai cambiata, ogni piccola occasione era buona per gonfiare il proprio ego.

«Non ti gonfiare troppo, che poi rischi di scoppiare». La riprese con un sorriso stampato in volto. «Beh...raccontaci un pò, sei riuscita a fare conquiste oltre oceano? Non vediamo l'ora di conoscere la tua fidanzata».

«Sets.. lo sai che non mi interessa nessuna, non mi interessano proprio le storie serie ora come ora. Basta che io vada in un locale, faccio due moine e la ragazza di turno manda a puttane la propria sessualità e viene a letto con me anche se sono una donna. Chi me lo fa fare di impegnarmi in qualcosa di serio...». Spiegò lei, la verità è che ancora non le era andata giù la non storia avuta anni e anni prima con Michiru. Il non essersi chiarite, il soffrire così tanto nel primo periodo negli Stati Uniti, solo per salvare la carriera di sua madre messa a rischio dalle reazioni della famiglia di lei.

« Sei sicura che ci sia solo questo sotto, amica mia?». Disse Setsuna, senza nascondere uno sguardo tra il preoccupato e l'apprensivo. Aveva il sentore che la causa del suo comportamento non era esclusivamente il non volersi impegnare.

Glielo leggeva negli occhi, la conosceva troppo bene.

« Si ragazze, davvero la motivazione è quella non ci sono altri motivi.. davvero. Piuttosto voi cosa mi raccontate?». Sapeva che Hotaru si era finalmente fidanzata, mentre Sets ormai lo era da anni.

«Oh.. a me va davvero bene, sto benissimo con lui davvero molto dolce». Esclamò Hotaru, dopo aver bevuto un sorso dal suo bicchiere. « Con il lavoro anche va tutto bene sono molto soddisfatta, alla fine sto lavorando nel campo per cui ho studiato anni e anni quindi non potrei essere più felice di così».

« Potrei dire la stessa cosa anche io, forse andiamo a convivere se tutto va bene».

La bionda spalancò gli occhi, Setsuna era sempre stata quella single del loro gruppo, tanto che lei sospettava che li sotto avesse le ragnatele. Spesso quando erano più piccole l'aveva presa in giro perché non trovava nessuno che la sopportasse; ora finalmente anche lei aveva trovato la sua strada e le sembrava così talmente strano.

« Addirittura andrai a convivere? Sono felice per te, certo che deve essere proprio un santo, lui, per essere in grado di sopportarti». La prese in giro.

«Tzè, senti chi parla, anche sopportare te non deve essere affatto semplice, chissà se troverai mai una che ti sopporta a trecentosessanta gradi». Rispose piccata. «Nel caso sarebbe un vero miracolo».

Una che mi sopporta io l'avrei già trovata, ma purtruppo il destino per noi ha voluto diversamente, e non penso che riuscirò a trovarne una al pari della sua altezza. Non quando ogni tre per due me la ritrovo in televisione, ascoltando i successi della sua carriera musicale. Pensò, rabbuiandosi leggermente. Sperò con tutta se stessa che le altre non se ne accorgessero.

«Buona sera cosa ci fate qui?». Una voce maschile e ben conosciuta dal trio irruppe nel discorso. Haruka si voltò a guardarne la fonte e trovò davanti ai suoi occhi proprio lui, Mamoru, lo guardò incuriosita: sapeva che avrebbe dovuto passare a prendere la sorella alla fine delle prove.

«Niente una reunion con la nostra latitante fancazzista preferita». Rispose la brunetta più piccola sorridendo.

«Senti Haruka, mi sono fermato a bere qualcosina, purtroppo ho avuto un emergenza al lavoro per un caso della massima importanza e non posso passare a prendere Usagi, puoi andarla a prendere te? Magari l'aspetti nel giardino, e le mandi un messaggio così sa che deve cercare te e non me quando esce». Si premurò di chiedere e spiegare, nella paura che l'altra incontrasse anche solo per sbaglio, Michiru.

Accidenti a te Usagi, che vuoi sempre fare le cose di nascosto senza dire la verità alle persone interessate. Speriamo che non mangi la foglia. Altrimeni si arrabbierà moltissimo, e io come al solito mi beccherò la ramanzina a causa tua.

«Si certo, per me nessun problema, doveva finire praticamente tra cinque minuti, sarà il caso che io mi dia una mossa o non ci arriverò mai. Magari Mamoru mandale un messaggio per avvisarla». Si alzò dal tavolo che aveva condiviso con le altre, decisa a pagare per tutti. Dopo essersi diretta alla cassa, uscì diretta alla moto.

 

***

 

I suoi occhi le caddero sull'orologio che era attaccato alla parete, e si accorse solo in quel momento di quanto fosse tardi. Avevano sforato di quasi quaranta minuti sulle due ore concordate via email. Avrebbe dovuto avvisare Yaten del ritardo mostruoso che avrebbe fatto nel recarsi a casa sua, per fortuna il cognato era un musicista quanto lei ed era perfettamente a conoscenza di quanto a volte il tempo sfugga di mano durante le prove. Usagi poi era davvero brava, aveva dovuto correggerla pochissime volte nell'arco di tempo, eseguiva le prime righe della melodia già in modo piuttosto accettabile, ed era contenta che le avessero affidato lei: se fosse stato qualcuno di meno dotato ci sarebbero stati sicuramente dei problemi.

«Usagi, direi che per oggi possa andare bene così. Io direi di vederci tutti i giorni sempre a questa ora, cerca comunque di esercitarti e studiare anche a casa, ti lascio la domenica libera così stacchi la spina; ovviamente se per te va bene e non lavori a tua volta».

Portare avanti la tesi sara un grosso problema con questi ritmi, ma devo farcela non ho altra scelta. Piuttosto sto sveglia la notte per studiare e scriverla.

«Certo per me va più che bene, capisco che i tempi siano molto ristretti». Rispose alzandosi dal pianoforte, prese poi gli spartiti e glieli porse mentre la violinista era girata di schiena. «Tieni, questi sono tuoi credo».

«No tienili pure, devi esercitarti e ti servono me li ridarai alla fine del concerto. Mi fido, non credo che tu possa spacciarli per tuoi». Le disse senza voltarsi, intuendo che le aveva porso i fogli.

La sua attenzione fu catturata dai passi che risuonavano in corridoio, cosa al quanto strana, la struttura sapeva per certo essere deserta perché lei stessa aveva un paio delle chiavi per chiudere al termine delle prove.

Anche Usagi sentì i passi che rimbombavano nel silenzio dell'edificio, passi che per lei erano familiari.

Sarà sicuramente Mamoru che mi viene a cercare perché ho fatto così tardi e nemmeno gli ho risposto al cellulare. Sorrise dolcemente al pensiero di quanto lui si fosse preoccupato.

«Usagi». Si sentì chiamare da una voce che effettivamente conosceva, ma che non era certamente quella del bruno di cui era perdutamente innamorata. A sentire quella voce sentì l'agitazione invaderle le membra, che cosa avrebbe potuto inventarsi ora?

Michiru a sentire il nome si immobilizzò con alcuni fogli a mezz'aria, sospesi tra la superficie del pianoforte e la cartellina in cui li stava riponendo con cura. Quella voce.. le suonava nuova e allo stesso tempo familiare. Sopratutto le aveva dato la sensazione di appartenere a un passato che con difficoltà aveva cercato di dimenticare e lasciarsi alle spalle, sentì improvvisamente il cuore in gola. Avrebbe voluto non girarsi, perché la consapevolezza di chi poteva trovarsi davanti la spaventava.

Sapevo che sarebbe dovuto capitare, prima o poi, ma non pensavo così presto. Non il primo giorno di prove.

Respirò a fondo, e poi spinse il suo corpo a voltarsi in direzione delle due ragazze, forse con più foga di quanto avrebbe voluto, causando così la caduta dei fogli che aveva appena finito di riporre sul pavimento.

«Accidenti». Mormorò a se stessa.

«Vuoi che ti aiuti Michiru?». Si sentì chiedere da Usagi, nel tentativo di rompere la tensione che si era venuta a creare.

«Faccio da sola, grazie». Rispose bruscamente «Forse è il caso che tu vada, visto che ti sono venuti a prendere». Disse gelida. Si sentì in colpa per come le aveva risposto, ma non poteva farsi vedere amichevole in presenza di lei.

«Hai ragione, beh io vado allora ci vediamo domani». Disse la biondina coi codini prima di avviarsi verso l'uscita della stanza. Il silenzio piombò nuovamente al suo posto, e si sbrigò a raccogliere tutti i fogli, non avrebbe sopportato rimanere li un minuto di più: avvertiva gli occhi dell'altra su di se. E odiava essere fissata.

Dopo pochi minuti si diresse verso la porta, dove la bionda ancora era ferma immobile, a bloccarle il passaggio.

«Mi puoi far passare per favore?». Le chiese cercando di avere la voce più ferma possibile, guardando al di sopra delle spalle dell'altra, ma non negli occhi.

«Michiru..aspetta, potremmo parlare. Davvero io non avevo idea che mia sorella duettasse con te..». Provò a spiegarle l'altra. Cercando di ignorare la freddezza con cui si era rivolta, era ancora più bella di quanto in realtà ricordasse. Aveva tutte le forme al punto giusto.

«Non ho tempo da perdere, tua sorella ti sta aspettando fuori e credo che tu debba raggiungerla. Non abbiamo nulla da dirci». Rispose. «Adesso se non ti dispiace lasciami passare». Chiese una seconda volta, senza ottenere risultati, fu così costretta a farsi strada dando uno spintone contro l'altra e passare tra il suo corpo e lo stipite della porta. «Ti conviene uscire, ti lascio giusto il tempo che mi serve per riporre alcuni documenti in sala insegnanti, poi ti chiudo dentro sei avvisata». Disse a voce sufficientemente alta in modo da essere sentita. Accelerò poi il passo per scendere giù dalle scale prima che l'altra la raggiunsesse.

 

***

 

Suonò al campanello dell'abitazione del fratello del marito con un'ora piena di ritardo come aveva immaginato nel momento in cui aveva acceso il motore della macchina nel parcheggio della scuola. Si era presa un pò di tempo prima di ritornare lucida a seguito dell'incontro fatto tra le mura dell'edificio, complice la stanchezza per la notte passata insonne tra le lenzuola. Alle sue orecchie giunse la voce di Seiya, che informava gli altri che molto probabilmente lei aveva fatto il suo arrivo presso l'abitazione. Fu proprio lui ad andare ad aprirle, e lo vide comparire dopo pochi istanti sulla soglia della porta.

Non gli disse nulla, si limitò solamente ad alzarsi sulle punte per unire le proprie labbra con le sue.

«Buona sera». La salutò prima di farsi di lato per farla passare.

«Scusate il ritardo, le prove sono andate talmente bene che il tempo è volato davvero, lo studente che mi hanno assegnato è davvero bravo». Esordì una volta entrata. In fin dei conti era la verità, tolto il fatto che era una studentessa.

«Mammaaaaaaa». Una voce di molto sopra i decibel della normalità le spaccò i timpani, prima che una stretta si facesse sentire alla gamba. Costringedola a dare le attenzioni che le erano state richieste.

«Ciao amore». Si chinò quel tanto che bastava per prenderla in braccio, la bambina si limitò ad abbracciarla più forte che potè mentre la fissava con i suoi occhi blu, una fotocopia dei suoi circondati da una cascata di capelli neri e mossi. Molto più mossi dei suoi. «Hai fatto la brava dagli zii?». Le chiese rivolgendosi più che altro agli adulti nella stanza. Domanda a cui la bimba rispose muovendo la testa in senso affermativo, prima di agiratarsi costringendola a farla scendere per permetterle di tornare a giocare.

«Tutto a posto Michiru, vostra figlia è davvero una bimba d'oro siete davvero dei genitori fortunati, apparte tutto». Le rispose Alyssa, la compagna di Yaten, nonché l'unica amica che si era riuscita a creare in quegli anni tolta Lisa.

«Aly, vedrai che anche il vostro bambino sarà meraviglioso». La rincuorò lei facendo cadere lo sguardo sull'addome leggermente più rotondo dell'altra. «Avete avuto problemi con la terapia?». Chiese apprensiva.

«No, qualche storia, ma è normale è piccola Michiru. E affronta tutto questo con un'allegria disarmante». Si intromise Yaten.

«Mio fratello mi stava giusto dicendo se vogliamo fermarci a cena, visto che ormai sono quasi le sette, Alyssa stava giusto iniziando a preparare la cena». Le disse suo marito.

«Siiiii, per favore mamma». Urlò di nuovo sua figlia, e come poteva dirle di no?

«Se non è troppo disturbo volentieri, però Alyssa lascia che ti dia una mano a preparare, meglio se non ti sforzi troppo nelle tue condizioni». Non aspettò una risposta dall'amica, ma si diresse direttamente in cucina, per lavarsi le mani e legarsi il grembiule che loro stessi avevano regalato qualche anno prima a Yaten per spingerlo a migliorarsi in cucina. Dovette passare due volte la cintura alla vita per stringerlo a dovere.

 

***

 

Arrivò dalla moto che era totalmente furente con la sorella, al pensiero che quella stessa mattina le aveva detto che non era importante il nome dell'artista con cui duettava, ben sapendo che era la Kaioh. Quandp era entrata nell'aula era rimasta a dir poco basita nel riconoscere la sagoma che più volte aveva visto alla televisione.

«Haruka..». Mormorò sua sorella non appena la vide comparire, intuendo dall'andatura utilizzata per raggiungerla la sua arrabbiatura nei suoi confronti.

«Stai zitta Usagi». Rispose aggressiva, mentre apriva la sella della moto per porgerle il suo casco.

«Scusami, io te lo avrei detto ma non oggi, più avanti». Continuò ignorando la richiesta dell'altra.

«Oh si, e io ci credo». Il tono ironico che non faceva presagire nulla di buono. «Mamoru suppongo che era a conoscenza di tutto visto che mi ha intimato di aspettarti fuori nel caso tu facessi tardi. E per fortuna ho fatto di testa mia come al solito! Altrimenti quanto lo avrei scoperto? Al concerto forse, probabilmente.» Era amaraggiata dal comportamento di lei, e turbata per il modo in cui Michiru l'aveva trattata. Ben diverso da quello che ricordava. Indossò bruscamente il casco senza aspettare che sua sorella le rispondesse, e montò in sella immediatamente seguita dall'altra. Aprì il gas non appena la sentì cingerle la vita per non cadere e si avviarono verso casa.

 





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