Come se questo tempo
non fosse passato mai…
dove siamo stati, cosa siamo poi?" (Cose della vita – Eros Ramazzotti
feat. Tina Turner)
Era passato tempo, troppo tempo.
Eppure era come se non
fosse passato affatto.
Aveva dormito a lungo, Inuyasha, in
uno stato che più
assomigliava all’oblio che al sonno. Perché mai sogni, ricordi o
sensazioni lo
avevano sfiorato, mai aveva percepito il calore del sole o il gelo
della neve,
la carezza del vento o lo schiaffo della pioggia.
Cinquant’anni gli erano passati
accanto e lui, svegliato, li
aveva misurati nelle rughe di una donna che aveva conosciuto bambina.
La rabbia per il tradimento della
sacerdotessa che aveva amato
e il dolore per la sua perdita non furono che due attimi: separati da
un
respiro nella sua mente, da mezzo secolo nella realtà.
***
Si era data a Inuyasha senza remore,
la sacerdotessa: aveva
sentito il mezzo demone a sè affine sin dal primo momento, dalla prima
volta
che lo aveva visto. Entrambi cacciavano demoni, entrambi cacciavano
soli.
E, semplicemente, si trovarono.
Con la consapevolezza di potersi
uccidere a vicenda,
rinfoderarono artigli e frecce.
Sapevano bene che la vita era una
lotta in cui solo i forti
sopravvivevano.
Loro tentarono di vivere insieme.
Avevano cominciato con cautela,
studiandosi da lontano, guardinghi,
e poi Kikyo aveva trovato il coraggio di voltargli le spalle, decisa a
porre
fine a quella situazione di stallo: meglio conoscere se aveva fatto la
scelta
giusta a riporre la sua fiducia nel mezzo demone. Perché sarebbe stato preferibile uno squarcio
nella schiena piuttosto
del dubbio che imprigionava un sentimento a cui non sapeva ancora dare
un nome.
Ma l’attacco non giunse e
la sacerdotessa venne posta di
fronte alla possibilità di vivere i suoi sentimenti. Si sentì fragile,
vulnerabile,
ma sapeva di non poter tornare indietro. Alzò il capo e camminò verso
il
villaggio con lo sguardo fermo, il portamento altero e il passo lento.
Si erano avvicinati, passo dopo
passo, da quel giorno: la
tregua era diventata alleanza e poi si era trasformata in una strenua
lotta per
la pace. Per la loro pace: talmente importante da decidere di cambiare
se
stessi pur di ottenerla, di tradire la propria natura.
Di utilizzare un potere proibito per
lasciarsi alle spalle
ciò che erano stati fino a quel momento, senza rendersi conto che loro
si erano
innamorati proprio di ciò che stavano per lasciare e che quel mutamento
li
avrebbe posti davanti a nuovi dubbi, a persone diverse da quelle che
avevano
conosciuto. A nuovi se stessi.
A volte neanche l’amore potrebbe resistere a tanto, ma in
questo caso fu il
tradimento di un brigante corrotto e lascivo, e non loro stessi, a
porre fine
alla loro storia.
***
Si era risvegliata in un corpo che
non era suo, con un’anima
che ormai apparteneva a un’altra fanciulla. Era tornata da dove non
avrebbe
dovuto.
Aveva passato mezzo secolo in un
mondo che non poteva ricordare,
di cui non poteva raccontare
nulla. Era morta da mezzo secolo ed era rinata con lo stesso sentimento
nel
cuore: l’odio.
E la rabbia per colui che l’aveva
tradita, per colui che
aveva causato la sua morte, prese il sopravvento sulla sua stessa
natura: la
sua prima vittima fu la strega che si era divertita una volta di troppo
a
giocare con la terracotta e le anime altrui.
La seconda sarebbe dovuta essere
Inuyasha.
Perché sul mezzo demone aveva già
riversato il suo amore
tramutato in odio sulla punta di una freccia, ma non era stato
abbastanza.
Perché lui era lì,
davanti a lei, e la guardava
come allora. Come nell’attimo in cui gli aveva scagliato il dardo
maledetto.
Incredulo.
***
Non potevano stare insieme, ora,
combattere insieme.
I vivi e i morti non dovevano
percorrere gli stessi
sentieri.
Si erano ripromessi di vivere assieme
per il resto dei loro
giorni, dopo un bacio a fior di labbra, al tramonto. Aveva inciampato,
Kikyo,
nel scendere da una barca e Inuyasha l’aveva accolta tra le proprie
braccia,
unico al mondo – assieme a Kaede – a conoscere la donna, la sua forza e
la sua
fragilità.
E poi Inuyasha aveva accettato di
scendere con lei nel mondo
dei morti, di seguirla ovunque ella avesse voluto. Sempre con un bacio
a fior
di labbra, rubato in una notte di luna e di spiriti.
Con quell’amore nel cuore, che una
volta era stato in grado
di acuire i suoi sensi e di rinvigorire la sua mente, ora
si stava lasciando andare a ricordi e
speranze di un tempo remoto… e quel sentimento ora gli ottenebrava la
mente, addormentava
i suoi sensi.
Fu grazie al grido di rabbia e dolore
di un’altra fanciulla
che il mezzo demone e la sacerdotessa non si perdettero per sempre.
***
Era stata la sua ultima battaglia,
Kikyo lo sapeva bene.
Perché, alla fine, aveva rinunciato.
Così come, mezzo secolo prima,
avrebbe rinunciato ad essere
una sacerdotessa per vivere serenamente con Inuyasha, ora aveva
rinunciato alla
sua vendetta per permettere al piccolo cacciatore di demoni di vivere.
Di
vivere davvero.
Era serena. Aveva camminato da sola
per molto tempo tra
mille pericoli, aveva ingoiato il suo orgoglio quando aveva chiesto
aiuto a
quella ragazzina a cui la vecchia strega aveva rubato l’anima per farla
rivivere, aveva cercato di riportare Inuyasha a sé ad ogni costo, fosse
in quel
mondo o nell’altro. E poi lo aveva allontanato.
Ma Inuyasha era sempre tornato. Ogni
volta che aveva sentito
nell’aria il suo odore. Ogni volta che si era trovata in difficoltà.
E ogni volta le aveva restituito una
parte di se stessa, un
frammento che Inuyasha aveva custodito con cura nel proprio cuore:
un’espressione del viso, un moto dello spirito, un battito troppo
veloce delle
ciglia… e ogni volta lei tornava ad essere sempre più se stessa.
Fino al momento in cui la
sacerdotessa che era stata era
tornata: aveva vissuto per preservare la vita degli uomini, non per
usarli come
strumenti. Lei non era Naraku.
E quando ricordò completamente cosa
significasse essere
Kikyo, ella fece la sua scelta: la vendetta non era per i morti.
Era ora di passare il testimone.
***
Erano di nuovo soli, stretti in un
abbraccio.
Avevano promesso di percorrere lo
stesso cammino, prima
nella vita, poi nella morte e non lo avevano fatto.
Avevano impiegato molto tempo ad
avvicinarsi abbastanza
perché le loro mani potessero toccarsi senza ferirsi, le loro labbra
sfiorarsi
senza mordersi. Si erano parlati con poche parole e molti silenzi.
Poi il tempo era passato senza di
loro…
E di nuovo avevano impiegato molto
tempo per avvicinarsi
senza attaccarsi, per abbracciarsi senza odio, per baciarsi a fior di
labbra.
Avevano percorso due volte la stessa
strada, e alla fine di
entrambe si erano detti addio.
Avevano preferito dimenticare il
primo saluto: c’era stato
troppo odio allora, troppo astio, troppe ferite. Troppo sangue.
C’erano state solo lacrime, la
seconda volta, lacrime e
dolcezza. E luce.
I vivi e i morti non possono
percorrere le stesse strade, ma
entrambi hanno il diritto di combattere affinché possano percorrerle in
pace.
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