David, amico mio. di ToraStrife (/viewuser.php?uid=44143)
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David, amico mio.
David,
amico mio
Cammavo, cammavo, ed ogni tanto mi voltavo a guardare quella sfaticata
della mia maestra di giapponese, tanto brava con la lingua ma molto
meno con le gambe.
Ed aveva la metà dei miei anni. Ma forse passeggiare è un hobby che si
acquisisce con l'età.
- Sakura, quanto ancora ci devi mettere?
E allora mi dovevo fermare, per permettere alla signorina in questione
di raggiungermi, biascicando parole in giapponese tra un ansimo e
l'altro.
E beninteso, lei era sì la mia maestra, ma di lezioni ne avevo fatte
appena due, quindi molto del suo parlare in lingua madre mi era ancora
ignoto.
Conoscevo però del significato del suo nome.
- Allora, Pedro-san - Mi domandò, con occhi imploranti. - Manca ancora
molto?
Mi trattenni dal proferire la ritritissima frase "Ah, i giovani
d'oggi", e feci per indicare con la mano.
La donna alzò lo sguardo e rimase a bocca aperta. Ammetto che provai
una certa soddisfazione.
Lei che si vantava in continuazione dei ciliegi in fiore del suo paese,
del loro legame con il suo nome e delle leggende alle quali sono
legati, dovette convenire che la Valle del Jerte qui in Spagna non era
affatto da meno.
Praticamente una barriera corallina trasferita in blocco dentro a una
valle montana.
In particolare, ed era questo il motivo per cui avevo costretto Sakura
a quella massacrante escursione, vi era un albero che spiccava in mezzo
agli altri.
- E' questo il ciliegio di cui mi parlava, Pedro-san?
- Precisamente.
- E lei si fa una scarpinata del genere tutti gli anni?
- Da quasi vent'anni, ormai.
- Dev'essere molto legato a questo posto.
- Già.
- Credo anche di capire il motivo. - Sussurrò.
Non credo che sia vera quella diceria che i Giapponesi siano gente più
vicina alla spiritualità di noi occidentali e che quindi siano in grado
di avvertire il sovrannaturale.
Ma non vi era bisogno di fantomatici poteri per accorgersi dell'atipica
presenza massiccia di animali raggruppatisi proprio sotto le fronde.
Una famiglia di volpi ci spiava prudentemente in lontananza, mentre
decine di uccelli cantavano con una certa insistenza, creando un vero
coro di cippiri cippiri.
Vi era persino una carovana di topi, radunati sulle radici.
- Sembra il raduno di Biancaneve. - Dissi, scherzandoci su. Io ormai
ero abituato a quello spettacolo. Sakura, dal momento della sua prima
volta, era titubante.
- E' questo albero che li attira?
- Sì.
- Cos'è, lo spirito di un ciliegio o qualcosa del genere?
- Tu che mi dici?
- Che quell'albero ha in ogni caso qualcosa di strano. Ma cosa lo lega
a lei?
- La stessa cosa che ha attirato questi animali, suppongo.
- Quindi vi è davvero uno spirito?
- Un vecchio amico di tanto tempo fa. E', diciamo, sepolto qui. Insieme
alla moglie ed un loro amico.
- Ora capisco. - Mi rispose Sakura. Fece un piccolo sospiro. - Chi era?
- Un medico. Era erborista, ma in realtà era bravo in tutte le arti
mediche. Fu lui a guarirmi da una meningite fulminante, quando avevo
nove anni.
- Capisco.
Il sole intanto aveva cominciato a calare, nonostante fosse metà
pomeriggio.
- Dobbiamo incamminarci. - Dissi, a malincuore.
Mi voltai verso l'albero e agitai la mano. - Slitzweitz!
Mi sembrò di sentire in risposta la stessa parola ripetuta tre volte.
O forse era solo l'eco.
O forse la senilità che cominciava a giocarmi scherzi.
Mentre ci allontanavamo, mi domandai su quella strana legge della
natura che impone anche a degli esseri sovrannaturali un limite di età
per la loro esistenza, quei dannati quattro secoli oltre i quali non è
permesso andare.
E loro lo sapevano e nonostante tutto lo accettavano con serenità, come
gli elefanti in africa, che vanno a morire anche loro in una valle.
Ed allo stesso tempo essi non muoiono, ma trasmigrano in un'altra vita,
esistono sotto altra forma, in un ciclo incarnazione e rinascita così
vicini alla spiritualità orientale... in pieno occidente.
Sakura mi tirò giù dalle mie nuvole.
- Pedro-san?
La sua faccia incuriosita doveva avermi sorpeso in uno dei miei momenti
di riflessione. In effetti ero così preso da non accorgermi di essermi
fermato.
- Oh, scusa, Sakura. - Bofonchiai imbarazzato, riprendendo a camminare.
- Pedro-san, come si chiamava il suo amico?
- David. Si chiamava David. - E aggiunsi. - E sua moglie Lisa.
L'amico non lo so.
- E... Pedro-san, lei sa il tedesco?
La guardai basito. - Io, il tedesco? No, affatto.
- Ma allora, quella parola... Surivaisu?
- Slitzweitz? Ah! Ma quello non è tedesco. E' una lingua molto più rara
e antica!
- Come antica? Che lingua è? Me la può insegnare in cambio del
Giapponese?
- Eh, è una lingua che si tramanda segretamente e che solo alcuni
conoscono. - Spiegai. - E David la sapeva! Anzi, sapeva tutte le lingue
del mondo!
Non so perché, ma iniziai a ridere come un forsennato, mentre una nuova
energia mi rinvigori il corpo e cominciai a camminare a passo spedito.
Questo frenò anche le domande di Sakura, conscia che avrebbe avuto
bisogno di tutto il fiato, pur di tenermi (invano) il passo.
Nelle occasionali pause per aspettare la ansimante donna, ne
approfittai per squadrare in lontananza il ciliegio, nella sempre più
fioca luce solare.
E per ringraziarlo.
E' stata una bella rimpatriata, vero? Ci vediamo l'anno prossimo!
Slitzweiz, David, amico mio.
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