Ma niente
vale il veleno che scorre
da quegli occhi tuoi verdi,
laghi
e
specchi ove il mio cuore si sperde;
a
fronte i
sogni corrono
a bere in quegli amari abissi e perdersi.
Charles
Baudelaire-I Fiori del Male; VLIX Il Veleno.
Galleggiò
a lungo in un confuso dormiveglia.
Sognò
un'oscurità senza corpo che la inseguiva per i corridoi di
una
casa vagamente familiare. Un'ombra nera le piombò addosso,
artigliandole la schiena.
Sentì
una
voce gridare e fu vagamente consapevole che era la propria. Due labbra
le sussurrarono una parola contro la fronte.
-Riposa.-
Più
un ordine che un invito.
Si
sentì
precipitare: una voce le addolcì la caduta, una canzone la
cullò piano, sfiorandole il viso con mani d'argento.
No
one knows what it's like
To
be the bad man
To
be the sad man
Behind
blue eyes.
No
one knows what it's like
To
be hated
To
be fated
To telling only lies.
Aprì
gli occhi.
La
canzone era un uomo: un uomo dal volto bianco e i capelli
d'argento come raggi di luna. Aveva occhi azzurri come in cielo che si
preparava ad albeggiare. Come il cuore di una fiamma.
But my dreams
They aren't as empty
As my conscience seems
to be
I have hours, only
lonely
My love is vengeance
That's never free.
L'uomo le
scostò i capelli dalla fronte, e Jenny
vide che
aveva mani nude, tremanti, stranamente indifese: Un serpente tatuato
intorno al polso sinistro e un piccolo cerchietto d'oro all'anulare.
Quella vista la stupì, non aveva mai notato che anche lui
avesse
il suo anello gemello.
Si
aggrappò alla sua immagine mentre scivolava di nuovo nel
buio, e questa volta non ebbe paura.
Quando
riprese conoscenza, il silenzio era assoluto.
Si
guardò intorno, riconoscendo attraverso la vista ancora
appannata la stanza di Julian. L'aveva vista una sola volta ma
riconobbe subito l'arredamento completamente nero in contrasto con i
muri di un azzurro chiaro. Non aveva la forza di alzarsi,
così
rimase sdraiata a pensare.
Diamine,
era nuda.
Nuda
nel letto di Julian. Poteva esistere una situazione più
pericolosa di quella?
Se
non altro c'era un che d'ironico in quella faccenda.
Il
ricordo dell'uomo dalle mani indifese, dallo sguardo attento e
preoccupato, la colpì secco come una frusta.
Non
era stato tanto diverso da quella volta nella grotta, quando si era
svegliata avvolta da pellicce morbide, con lui accanto che le stringeva
le mani fredde. Solo che questa volta Julian non c'era.
Si
odiò per essere caduta in una trappola così
ovvia. Era
chiaro che quello non era il vero Julian. Era solo così
desiderosa di vederlo che lo aveva addirittura scambiato per un altro
uomo ombra.
Che
idiota.
Sul
soffitto, una volta immacolato, c'erano una moltitudine di disegni
stranissimi: Riconobbe solo qualche runa e qualche simbolo di
protezione che aveva già visto a casa di suo nonno. Che
stesse
cercando di tenere lontano gli altri uomini ombra?
In
ogni caso,Julian doveva essere preoccupato. Molto, molto
preoccupato.
Quel
pensiero le diede la forza di alzarsi e andarlo a cercare. Si
avvolse nel lenzuolo di seta nera ma notò quasi subito che
la
stanza era diversa. Alla sua destra, era spuntata una porta a vetro.
Dava sulla spiaggia, quella che Julian aveva creato per lei. Non c'era
sole ad illuminarla, ma solo uno spesso strato di nebbia
così
fitta che a malapena riusciva ad intravedere le onde che si
infrangevano sulla spiaggia. E Julian era a qualche metro dalla porta,
allungato indolente sulla banchina in legno che faceva da veranda alla
casa. Sembrava un gatto bianco dagli occhi glaciali: serio e pensieroso
guardava dritto davanti a sé, ignorando la porta che si
apriva.
-Sei
sveglia.-
Non
era una domanda.
Indossava
solo un pantalone nero, morbido, ed era a petto nudo. Aveva
una strana asta di cristallo trasparente che si rigirava tra le mani e
fissava il mare, o meglio quel che ne rimaneva, con aria malinconica.
Lui
non la guardò.
Jenny
gli si sedette accanto, ogni movimento le provocava dolori
tremendi ma si sforzava di non farglielo notare.
-Sei
stato tu a portarmi qui?-
Poteva
al massimo sussurrare, la sua gola bruciava ad ogni sillaba
detta vagamente più forte.
L'uomo
ombra scrollò le spalle, come a dire che era un
dettaglio senza importanza.
-Quanto
ho dormito, mi sento come se...-
Si
portò le mani al viso, ma si fermò a mezza
frase.
Aveva tutte le dita accuratamente fasciate, dalle unghie alla mezza
falange, e anche le ginocchia, le caviglie e i polsi erano stati
medicati con cura.
Sgranò
gli occhi e guardò Julian.
-Tu...?-
-Eri
ferita.- Spiegò come se stesse parlando a d'un bambino
particolarmente stupido.
Doveva
aver avuto un'aria particolarmente sorpresa, perché
aggiunse -Mia cara, la tua sorpresa è vagamente offensiva.-
A
dispetto del tono sfottente e distaccato le sembrò
realmente infastidito.
-Scusa.-
Rimasero
in silenzio per molto tempo. Poi sul volto di Julian comparve
una smorfia, come se avesse pensato a qualcosa che lo aveva
infastidito.
Lo
vide protendere una mano verso di lei che si ritrasse
istintivamente, senza sapere il perché.
Julian
non fece nulla per fermarla. Strinse le dita al nulla e
lasciò ricadere il braccio lungo il fianco.
-Stai
tremando come una foglia.- La ragazza si limitò a
sostenere il suo sguardo, non poteva di certo negarlo.
Lui
tornò ad ignorarla: il corpo attentamente posto ad una
distanza di sicurezza da lei.
Che
stupida che era stata. Perché aveva paura di Julian?
Sapeva
benissimo che non era lui quello della notte precedente e che non le
avrebbe mai fatto nulla di male.
-Ti
spavento?- domandò. Il suo volto era una maschera
inespressiva, ma i suoi occhi sembravano urlare.
Una
solitudine, una tristezza mai visti prima. Ecco cos'erano gli occhi
di Julian, due enormi pozzi: se ti fossi affacciato avresti visto le
più grandi tragedie umane. Specchi che riflettevano una
natura
combattuta, tra l'auto flagellazione e il desiderio di stare alle
regole. Le tornarono in mente le parole della canzone. "Ma i miei sogni
non sono vuoti come la mia coscienza sembra essere, ho ore sempre da
solo, il mio amore è una vendetta che non è mai
libera."
La cantò nella sua mente, pensando a quanto fossero vere
quelle
parole, a quanto rappresentassero bene la condizione di Julian.
Era
così simile al ragazzo della caverna... che Jenny non
osò parlare. La spaventava quella sua espressione
così
sofferente, come se non fosse più sicuro di nulla. Avrebbe
voluto rispondere "No, certo che no!", ma non sarebbe stata del tutto
onesta. Per molto tempo l'aveva spaventata: Quando l'aveva rapita e
portata nella casa di carta, quando le aveva fatto rivivere il giorno
in cui suo nonno era scomparso per salvarla, quando l'aveva ricoperta
di api, quando l'aveva inseguita e le aveva dato la caccia, quando le
aveva fatto credere che Summer fosse morta per colpa sua, quando
l'aveva rapita al suo matrimonio, fingendo di essere Tom e l'aveva
fatta spogliare, quando aveva distrutto la sala. Certo che l'aveva
spaventata. Certo che quei ricordi la spaventavano. Ma non per questo
lo avrebbe abbandonato.
Perché
non sapeva cos'era quella sensazione, ma la sola idea
di
lasciarlo da solo con gli altri della sua specie le faceva male.
Lui
non era come loro.
-Tu
sei l'unica persona che non dovrà avere mai paura di
me.- Disse interrompendo quel silenzio opprimente.
-Lo
so.- Riuscì finalmente a mormorare, con la bocca
impastata di sonno.
-Sei
stanca.- sentenziò. -E qui fa freddo. Va a dormire.-
-Ho
già dormito.- Protestò. Era come se ad ogni
parola mille coltelli le tagliassero la gola.
-Solo
per un'ora.- La corresse.
-Beh,
non voglio.- ed incrociò le braccia al corpo, come
avrebbe fatto una bambina di cinque anni.
Julian
la guardò di traverso: Lo sguardo di chi sa che
vincerà la discussione.
-Ah
Jenny,- sospirò -Farai mai quello che ti dico?-
-Ok,
vado a dormire.- Rispose mesta. Non voleva discutere di nuovo. -Ma
posso
rimanere qui? Io...non voglio dormire da sola.-
Si
stupì della facilità con cui aveva detto
quelle parole. Aveva dimenticato, ancora una volta, Tom.
Solo
che in quel momento aveva davvero bisogno di avere qualcuno
vicino, e anche lui sembrava averne bisogno. A nessuno fa bene stare
solo.
Anche
Julian sembrò un po' stupito. Non era impossibile
prenderlo alla sprovvista, ma era di sicuro molto difficile. Aveva come
l'impressione che tendesse ad abbassare la guardia quando si trattava
di lei. Lo guardò di sottecchi: Aveva un fisico
meraviglioso,
muscoloso, magro e i capelli gli ricadevano sugli occhi, producendo
tante piccole ombre sul suo viso. Un principe delle tenebre, bello da
dannarsi l'anima. Al suo confronto lei, che si era sempre considerata
una ragazza dal fisico accettabile, sembrava sparire. Lui si
alzò in piedi, aspettando che lei facesse la stessa cosa. Ci
provò ma le sue gambe non la reggevano in piedi, molli come
gelatina.
Lui
non disse niente. La prese in braccio, e lei pota sentire la
sensazione di quel corpo, stranamente caldo, contro il suo.
La
stringeva in modo protettivo, dolce. Ma Julian non era mai dolce.
Oh, andiamo. Quel
giorno in
spiaggia, sotto il sole caldo era stato dolce e divertente. Quando gli
uomini ombra l'avevano spaventata, immergendola nella vasca da bagno
piena di sangue, lui l'aveva protetta, l'aveva lavata e vestita, le
aveva cantato quella dolce canzone francese. Era rimasto li, a
proteggerla mentre dormiva. Come poteva dire che non era mai dolce?
La
sua coscienza aveva scelto un brutto momento per ricordarle quei
momenti. Preferiva quando Julian la spaventava, almeno non la faceva
sentire così confusa.
Lui
l'adagiò sul letto, e la coprì con le
coperte. Il
tepore era così dolce che dovette faticare per non
addormentarsi
all'istante. Fece posto a Julian che, dopo uno sguardo bieco, si
sdraiò accanto a lei.
-Preferisci
la compagnia di un lupo alla solitudine?.-
-Preferisci
restare solo per l'eternità piuttosto che
cambiare?-
Julian
le lanciò uno sguardo sornione.
-Sai
che...-
-Non
puoi? Si, lo so.- Lo interruppe con sguardo triste. -E' solo
che... non mi sembri più così terrificante. Un
tempo
forse mi facevi paura, ma ora è diverso. E' triste. Vorrei
solo
che fosse più semplice.-
Julian
si spostò sul fianco per guardarla con un cipiglio
infastidito. Chiuse gli occhi e sospirò -Sono stanco.-
-Allora
riposa.- Si avvicinò ancora di più a lui,
come se
fosse del tutto naturale. Ora i loro visi erano così vicini
che,
se non avessero fatto attenzione, i loro nasi si sarebbero sfiorati.
Posò una mano sulla sua guancia, e gli baciò il
naso.
-Dormi,
io starò qui con te.-
-Per
sempre?-
-Finché
morte non ci separi.- Rispose con un sorriso stanco,
mentre anche lei si addormentava. Aveva appena ricordato che,
nonostante tutto, erano sposati.
Quando
riaprì gli occhi lui era già sveglio e la
guardava. Aveva gli occhi di chi vede per la prima volta qualcosa di
incredibilmente prezioso.
L'espressione
simile a quella di un bambino, la prima volta che
assaggia qualcosa di assolutamente sconvolgente.
Jenny
sorrise e lui si avvicinò un po' di più,
baciandole il naso.
La
stessa cosa che aveva fatto lei.
-Buongiorno
Bella Addormentata.-
Rise,
non poté farne a meno. Era come se tutta la tensione,
l'ansia accumulata fino a quel momento fosse sparita in un istante.
-Hai
fame?-
Proprio
in quel momento a Jenny brontolò lo stomaco.
Rise.
-Beh, in effetti...-
Lui
si alzò con uno sguardo energico e fu in quel momento
che le vide.
Seduto
sul ciglio del letto, le dava le spalle. E Julian le
sembrò improvvisamente nudo, davvero come un bambino che
viene
maltrattato dai genitori, e le si gelò il sangue in un
istante.
Con
la sensazione che potesse sparire da un momento all'altro. E si
sarebbe sentita persa come un naufrago in mezzo all'oceano se
fosse successa una cosa simile. Si alzò di scatto,
e poco
importava che fosse nuda.
Julian
sussultò a quel tocco. Forse perché non se
lo
aspettava o perché non immaginava che fosse così
audace.
Ma rimase immobile, mentre Jenny lo abbracciava da dietro, con il viso
e il corpo affondato nella sua schiena.
-Cosa
fai?- domandò imbarazzato dopo un po'
perché, in
realtà gli piaceva il calore dei loro corpi nudi e
abbracciati.
Jenny
iniziò a piangere, bagnandogli la schiena con le sue
lacrime, accarezzando le righe bianche leggermente in rilievo. Poteva
sentire il dolore che aveva provato, lo avvertiva contro la sua pelle.
-È
colpa mia- riuscì a mormorare tra un
singhiozzo d l'altro.
Julian
non rispose. Anche volendo, non sapeva cosa dire.
Sarebbe
rimasto volentieri tutta la vita così, con lei che
l'abbracciava, il suo corpo caldo contro il suo freddo. Gli scaldava il
cuore sentirla così vicina, era come il formicolio quando
metti
le mani davanti al fuoco in una giornata di gelo invernale.
Jenny
era una calda sera estiva.
Jenny
era la vita.
-Non
è stata colpa tua.- rispose.
-Non
mentire!- singhiozzò. -Te le hanno fatte dopo che tu mi
hai aiutata a scappare, non è vero?-
-Io
non mento mai. Certo, mi hanno punito per averti aiutata. Ma
è stata una mia decisione.- rispose, prendendo la mano che
gli
circondava la vita.
-Cosa
ti hanno fatto?- singhiozzò stringendo ancora di
più il suo corpo a quello dell'uomo ombra.
-Ciò
che mi hanno fatto non si può descrivere:Le
loro punizioni sono antiche e il mio crimine molto grave.-
-E'
stata tutta colpa mia, devo sapere cosa ti hanno fatto.-
Lui
ridacchiò come se la sua richiesta gli risultasse
ridicola.-Ogni genere di tortura che la tua mente possa ideare; Hanno
dilaniato la mia mente con gli incubi più terribili,
qualcosa
che gli umani non possono neanche concepire.-
E
mentre Julian parlava, lei piangeva e tremava per la paura. Non
poteva farne a meno. Non voleva immaginarlo mentre gli facevano del
male per colpa sua. Ne era terrorizzata.
-Perché
piangi adesso?- Domandò dopo un momento
di silenzio.
-La
tua pelle è tutta segnata e la colpa è solo
mia. Io non volevo questo...-
-Le
loro parole erano ancora peggio. Parole rosse come il sangue, nere
come la notte.- Disse in tono serio.
Lei
si era lasciata scivolare nel letto mentre lui si girava a
guardarla; Sembrava vi fossero dietro le pupille un enorme pozzo pieno
di secolo di ricordi e di lunghe, lente e costanti meditazioni. La
guardava e sembrano gli occhi di un vecchio incastrati nel viso del
giovane più bello che avesse mai visto.
-Ma
tu pensi veramente che ti avrei cercata ancora una volta se solo
avessi avuto un minimo di paura delle loro punizioni?- Si
curvò
su di lei, come avrebbe fatto una tigre, un animale feroce pronto a
ghermire la sua preda. -Il dolore è niente rispetto al
desiderio. E io ti desidero più di ogni altra cosa.-
Abandonnez
tous vos sens au plaisir. Qu'il soit le seul Dieu de votre existance.
C'est à lui seul qu'une jeune fille doit tout sacrifier. Et
rien
à ses yeux ne doit être si sacré que le
plaisir.
Abbandonate
tutti i vostri sensi al piacere, che sia il solo Dio della vostra
esistenza.E' a lui soltanto che una giovane donna deve sacrificare
tutto, e niente ai suoi occhi deve essere sacro come il piacere.
Quell'animale
selvatico che era l'uomo ombra si arrampicò
nel
letto, come una tigre bianca che caccia la sua vittima. Jenny lo
guardò: Nei suoi occhi lampeggiava una fame che non
richiedeva
alcun cibo se non il suo corpo. Con un bacio lo sfamò.
Era
la prima volte che lo baciava di sua iniziativa. Si sentiva
così legata a lui, così bisognosa sentirlo ancora
più vicino. Lo desiderava con tutta se stessa, ogni sua
cellula
del suo corpo urlava. Anche la fame si era attenuata non appena le loro
labbra si erano toccate. E Julian rimase sorpreso da tanta spavalderia.
Jenny sorrise: Non era da tutti sorprendere l'uomo ombra ben due volte
nello stesso giorno.
Ad
ogni piccolo tocco fremeva di passione, sentendo il desiderio di
diventare una cosa sola.
La
baciava ovunque, la toccava e ad ogni tocco le sfuggiva un sospiro
di piacere. Con la lingua disegnava i suoi confini e lei tremava. Con i
baci segnava il suo territorio, e lei gemeva. Ogni tocco era una lama
sottile ricoperta di velluto nero. Passionale ed eretico, sacro e
profano. Anche lui gemeva piano, tremava leggermente, la guardava con
dolcezza infinita, con voglia primordiale.
Oh, dammi tutta te
stessa, il tuo cuore, il tuo più dolce ed imbarazzato
sguardo d'amore. Gli chiedeva con gli occhi. E lei lo
baciava di rimando, Assecondando ogni suo tocco.
-Hai
freddo?- Domandò tra un gemito e l'altro, alzando la
testa per guardarla in viso. Era come aveva sempre desiderato vederla.
Innocente e pura, rossa in viso dall'emozione e dal desiderio.
-Non
solo.- Rispose arrossendo ancora di più.
E
lui sorrise malizioso, mentre tornava a torturarla lentamente e
dolcemente.
Sentirlo
dentro di se, con le sue gambe che gli cingevano la
vita, tanto stretti da non capire dove finisse lui e iniziava lei, la
faceva sentire come Persefone: Una principessa legata per sempre al suo
re delle tenebre. Le piaceva. Desiderava che quel momento non finisse
mai.
Lui
era la Luna, fredda e distaccata, misteriosa e tenebrosa, mentre
lei era il sole, caldo avvolgente, pura e luminosa.
La
loro unione stava creando qualcosa di sublime, un calore freddo, un
dolce piacere ammaliante, disinibito.
Lui
la strinse ancora di più per i fianchi, avvicinandola
ancora
di più al suo corpo mentre affondava il viso nell'incavo del
suo
collo, tra i capelli. Baciò quel nido caldo, il posto dove
avrebbe voluto riposare per sempre.
Jenny
gemette più forte e lui continuò a
muoversi, come
se stesse ballando. Ed ogni suo sussurro di piacere era una dolce
musica per lui.
La
desiderava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Era il
suo sole caldo: Sarebbe morto se si fosse allontanata.
La
loro dolce guerra, era finita ma Julian sembrava non volersi
staccare dal suo corpo. Sembrava voler restare per sempre li, con il
viso tra la spalla e il collo, dove le aveva lasciato tanti segni con i
suoi baci.
-Ah
Jenny.- Sussurrò al suo orecchio. Più una
supplica
che un gemito. -Ma cosa mi hai fatto? Tu mi hai incantato, mi hai reso
pazzo d'amore.- E le baciò l'orecchio, dolcemente.
Lei
sorrise passando la mano tra i capelli morbidi.
-Sei
tu che mi hai stregato con una magia caro il mio uomo nero.-
Lui
sorrise, le labbra contro il suo collo.
-Adesso
riposa un po'.- Mormorò. -Sei stanca. Quando ti
svegli
ti...preparo.. qualcosa...- Jenny continuò ad accarezzargli
i
capelli pensando che, forse, era lui ad essere stanco. Si era
addormentato mentre le parlava. Non pensava neanche che fosse possibile
una cosa del genere per lui. Lo guardò: aveva più
l'aspetto di un angelo che di un essere delle tenebre.
Ma
infondo anche lei era stanca, e abbandonò la sua testa
sul
cuscino dove per un momento dimenticò tutti i pensieri che
le
affollavano la mente:Smise di pensare a Tom, Julian e gli uomini ombra.
Smise di pensare a tutti e si concesse un po' di riposo.
Si,
lo so e avete ragione. E' vergognoso pubblicare la storia dopo
quasi un anno. Ma ho una scusa molto molto valida. Quest'anno mi laureo
e ho avuto una ventina di esami da dare (e molti altri ancora, giusto
perché quelli dello IED non studiano) quindi una volta
scrivevo di notte, adesso preparo progetti e tesi varie. Ma finalmente
sono riuscita ad aggiornare e mi odio un po' di meno. Questa storia
l'ho amata ed è ben lontana dall'essere conclusa e un po' mi
rende felice questa cosa. Poi in questo capitolo (che ho odiato
perché ripeto, non le so scrivere le cose dolci, figuriamoci
scrivere di questi due che finalmente si concedono l'uno
all'altro) essendo che di solito Julian le prende come non
mai nelle mie storie un po' glielo dovevo.
Malgrado
il ritardo, sono contenta che qualcuno legga ancora le mie
storie. Vabbè ripeto i miei ringraziamene a con
continua a leggere e anche a Davide che nonostante sia dall'altra parte
del mondo mi continua a ripetere quanto sono una merda
perché non pubblicavo da un anno, con tanto di insulti in
tutte le lingue che conosce.
Si,
cercate di non affezionarvi troppo a queste parentesi romantiche
perché sono ufficialmente finite, ho messo da parte le
smancerie e presto se la vedranno tutti male dato che ho una mente
malata che Julian e tutti gli uomini ombra si devono proprio levare.
Un
abbraccio
Jessica
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