Questa
è la mia
settima one-shot in questa sezione. Alla fine di una corsa contro il
tempo, sono
riuscita a postare anche quest'anno. Spero che vi piaccia e... buon 5
novembre!
Tic-toc.
Metallo contro metallo. Spada contro armatura.
Un colpo in alto a destra, uno in basso a sinistra.
Non te l'aspettavi, vero? Mio amico di metallo.
Le immagini in bianco e nero scorrevano sullo schermo.
Tic-toc.
Anche lì, metallo contro metallo.
Non potevo vederle da quella posizione, ma non ne avevo bisogno.
"Il Conte di Montecristo", del 1934. Avevo guardato quel film
così
tante volte da arrivare a conoscerlo a memoria.
Edmond Dantès affrontava Mondego ed io affrontavo
un'armatura vuota, mimando
ciò che accadeva nella scena.
Era una metafora più che accurata: anche la mia missione
dipendeva dalla sconfitta
di un nemico senza corpo.
Un altro colpo, questa volta di taglio.
Ero Edmond Dantès e lui era Mondego.
Ero
V e lui era una lunga serie di uomini, donne, istituzioni, leggi,
edifici,
idee, simboli.
Un'altra
stoccata, uno stridio, un lungo graffio sull'armatura.
Penetrare quell'armatura utilizzando solo una spada smussata sarebbe
stata
un'impresa impossibile. L'unica soluzione era mirare bene ed essere
astuti.
Il combattimento diventava sempre più frenetico. Per pochi
attimi, il nemico
sembrò avere la meglio. Immaginai di essere afferrato
dall'armatura vuota ed
indietreggiai fino al divano che si trovava dietro di me. Infine, con
un colpo
rapido e preciso, tagliai la testa di metallo. L'elmo vuoto
rotolò sul
pavimento ed io lo seguii con lo sguardo. Fu allora che mi accorsi di
non
essere solo.
Evey era lì, chissà da quanto tempo, mentre io,
concentrato sui miei pensieri,
non mi ero accorto di lei.
All'improvviso mi resi conto di quanto fosse infantile quel piccolo
divertimento che mi ero appena concesso. Provai imbarazzo, una
sensazione che
non avvertivo più da anni e che pensavo di aver ormai
dimenticato. Tentai di
recuperare il mio abituale contegno, un'operazione a dir poco futile
alla luce
della tenuta da scherma che indossavo e della spada smussata che
impugnavo.
<< Spero di non averti svegliata >>, dissi.
Certo che l'avevo svegliata, ed anche spaventata a giudicare dalla sua
espressione di poco prima.
<< No, ma credevo ti stessi battendo, voglio dire per
davvero >>,
rispose Evey.
Capii che non avevo ragione di essere imbarazzato. Era probabile che
Evey fosse
già convinta di essere prigioniera in casa di un pazzo,
anche senza bisogno di
ulteriori conferme da parte mia. Eppure era sembrata sinceramente
preoccupata
per me. Questo, per quanto ci provassi, non riuscivo a spiegarmelo.
<< Il mio film preferito >>, dissi,
fendendo l'aria con la spada,
<< Il Conte di Montecristo, con Robert Donat nel ruolo di
Edmond Dantès
>>.
Evey guardò lo schermo. Sembrò incuriosita dalle
immagini in bianco e nero e
dalla splendida musica.
<< Ah, mi commuove tutte le volte >>,
confessai.
<< Non l'ho mai visto >>, disse Evey.
<< Sul serio? Ti andrebbe? >>, chiesi.
<< Ma almeno ha un lieto fine? >>.
Ad Evey piacevano le storie a lieto fine, questo avrei potuto
indovinarlo appena
dopo averla conosciuta.
<< Di quelle che solo la celluloide sa regalare
>>, risposi.
<< D'accordo >>, acconsentì
Evey. Poi aggiunse, con uno sguardo che
non riuscii bene a decifrare - vagamente divertito, forse? -
<< Metti via
la spada >>.
Tante volte prima di allora avevo immaginato e programmato il mio
futuro, ma
mai avrei pensato di ritrovarmi lì, seduto sul divano a
guardare il mio film
preferito in compagnia di un altro essere umano. Era una situazione
piacevolmente insolita.
<< Trovati il tuo albero >>, era la battuta
finale.
Quello che invece avevo previsto, era che Evey si sarebbe commossa,
come era
successo a me tante volte. Era difficile guardare Dantès e
Mercedes, finalmente
riuniti dopo tante sofferenze, senza provare un po' della loro gioia.
<< Ti è piaciuto? >>, chiesi.
<< Sì >>, rispose lei.
Ne ero certo.
<< Ma mi è dispiaciuto per Mercedes
>>, aggiunse Evey.
Mercedes?
<< Perché? >>. Ero sinceramente
incuriosito da quell'osservazione.
<< Perché a lui interessava la vendetta
più di quanto non gli
interessasse lei >>.
Era ovvio, pensai. Mercedes era una donna, mentre la vendetta era
un'idea,
qualcosa di immensamente superiore a qualsiasi essere umano fatto di
carne ed
ossa.
Come faceva Evey a non vederlo?
Prima che potessi rispondere, il televisore passò dal film,
ormai terminato, al
notiziario, in diretta sul primo canale.
Sapevo di cosa avrebbe trattato l'edizione straordinaria del
telegiornale ed il
mio primo impulso fu quello di prendere il telecomando per cambiare
canale. Ma
Evey mi fermò.
<< Aspetta, che dice? >>.
"...l'uomo noto a tutto il paese
come la Voce di Londra è deceduto la scorsa notte in seguito
ad un'apparente
insufficienza cardiaca".
<< Sta mentendo >>, disse Evey.
Sapevo che l'avrebbe capito. Era solo questione di tempo.
<< Come lo sai? >>, chiesi.
<< Sbatte spesso gli occhi quando legge un servizio che
sa che è falso
>>.
Solo questione di tempo. Ma se Evey fosse stata intelligente come
credevo,
avrebbe impiegato pochi secondi a capire cosa era accaduto davvero a
Lewis
Prothero.
<< V, ieri non ho trovato il mio tesserino. Per caso
l'hai preso tu?
>>.
Aveva impiegato venti secondi, per la precisione.
<< Preferisci una bugia o la verità?
>>, dissi. Volevo ancora
metterla alla prova.
Evey saltò in piedi.
<< Tu c'entri qualcosa con questo? >>.
<< Sì, l'ho ucciso >>.
Non avrebbe avuto senso negare.
<< Tu... >>, mormorò Evey. Non
sapeva come processare quella
semplice informazione.
<< Sei sconvolta? >>, chiesi.
<< Sconvolta? Hai appena detto di aver ucciso Lewis
Prothero! >>.
Quel comportamento era privo di coerenza, ed io non mancai di farglielo
notare.
<< Ho ucciso i Castigatori che ti hanno aggredito, ma non
ricordo
obiezioni allora >>.
Evey non sembrò cogliere la mia osservazione.
<< Cosa? >>, disse.
<< La violenza si può usare per una buona
causa >>, risposi.
Evey era ancora sconvolta, ma nei suoi occhi non c'era paura.
Se avesse potuto guardare i miei, probabilmente li avrebbe visti
brillare di
curiosità.
<< Ma che stai dicendo? >>.
<< Giustizia >>, spiegai.
Giustizia, pura e semplice. Cos'era in confronto la misera vita di
Lewis
Prothero?
<< Capisco >>, disse Evey, sarcastica.
<< In questo paese non c'è un tribunale per
quelli come Prothero
>>.
Il mio pensiero andò all'Old Bailey ed a Madame Giustizia,
colei a cui avevo
dedicato il mio concerto.
<< Ed hai intenzione di uccidere altre persone?
>>, chiese Evey.
Ancora si preoccupava delle persone, di fragili esseri destinati a
deperire e
morire anche senza il mio aiuto.
<< Sì >>, risposi.
Se fossi stato sincero con lei, forse avrebbe capito.
Ma Evey non capì. Mi guardò con disprezzo, come
se l'uccisione di Lewis
Prothero le avesse finalmente aperto gli occhi, ed andò via.
Ero rimasto affascinato da quel confronto, ma anche leggermente
amareggiato.
Evey aveva ancora tanta strada da fare. Guardava "Il Conte di
Montecristo" e pensava a Mercedes, provando dispiacere per la donna che
non aveva potuto competere con una rivale ben più attraente,
la Vendetta.
Di fronte alla morte di un uomo deplorevole, pensava a quanto fosse
immorale la
violenza. Per un attimo accarezzai l'idea di raccontare ad Evey le
atrocità che
Prothero aveva commesso a Larkhill, per vedere se avrebbe cambiato idea
sulla
sua morte.
Ma non lo feci.
Mi voltai a guardare l'armatura vuota. Era ancora lì, in
piedi, anche senza la
testa.
Se io ero Dantès, Evey poteva forse essere Mercedes?
Ripensai al finale del film.
No, non poteva essere.
Quello era un finale di quelli che solo
la celluloide può regalare.
Io, invece, sarei morto combattendo contro la mia armatura e, forse, un
giorno
Evey avrebbe raccolto la mia spada.
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