Alfonso nell'Iperuranio

di Celsius
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- Eredità

Alfonso stette lì a guardare il tramonto spegnersi dietro l’ombra delle querce.
Non aveva ancora capito come funzionasse la storia del sole che non gira e della Terra che lo fa, ma se ne sarebbe fatto una ragione. Non era il momento di pensare a certe cose. Quindi mise il pallone per terra e si sdraiò, e aspettò che il sole calasse. Quanto amava quei cieli rossi di fine Settembre, davvero, non aveva parole per dirlo. Così densi che pareva di vedere l’aria diventare fuliggine e volteggiare nell’atmosfera, e allo stesso tempo così leggeri da far venire voglia di volare.
Tirò fuori dal taschino della camicia un taccuino e la sua penna stilografica nuova di zecca.  Era un momento da immortalare.
Nonostante fosse poco più di un bambino Alfonso sembrava avere una spiccata sensibilità per i colori e le armonie; aveva iniziato a scrivere poesie, ispirato da questo e da quell’altro, cercando di mettere dentro i suoi pochi versi tutto ciò che di bello e armonioso trovava nella natura che lo circondava. Il padre, che anche scriveva quando ne aveva l’occasione, aveva deciso di regalare al piccolo Alfonso quella penna stilografica, tanto bella quanto costosa, giusto per incentivarlo a coltivare questa sua passione. E ci riuscì, anche se non ebbe mai modo di saperlo.
Alfonso scrisse per tutta la sua vita. Scrisse di se stesso, scrisse di cieli sereni e di nuvole in tempesta, scrisse di scogliere e monti solitari, di oceani infiniti e deserti sconfinati, sempre in cerca di quel verso perfetto che avrebbe reso fiero suo padre.
Questo spiritò lo accompagnò in ogni sua parola, e così fece quella penna meravigliosa.

Anche in quel pomeriggio di fine Settembre Alfonso scrisse una poesia, poi strappò il foglio del taccuino su cui l’aveva scritta, lo ripiegò e rimise tutto nel taschino della camicia, e tornò a casa. Per strane casualità che non vi sto qui a dire, quei versi non furono mai letti da nessuno e la poesia rimase per sempre nel taschino. Era una quartina, breve ed equilibrata, che più o meno faceva così:

“Vorrei saper volare
Più veloce dei pensieri,
Più libero di ieri
Di essere felice.”



Poco ma sicuro, Alfonso non imparò mai a volare – e non diventò neanche un poeta di successo. Ma si sa, i talenti alle volte restano incompresi, e forse questo è uno di quei casi. 




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