"Devi
cercare di capire".
"Non
avevo scelta".
"E'stato
un qualcosa di inspiegabile, una passione incontrollabile".
"Speravo
di contare sulla tua comprensione".
"Il
tuo atteggiamento non ci è di nessun aiuto".
"Per
favore, togliti di mezzo".
Le
frasi di Ross le rimbombavano nella testa come un'emicrania dolorosa.
E facevano male, in un certo senso più del tradimento. Si
arrampicava sugli specchi, trovava giustificazioni
all'ingiustificabile e non aveva la minima considerazione del dolore
che le aveva provocato, quasi fosse invisibile e l'unica cosa che
contasse fossero lui e i suoi desideri. Ma in fondo, di che si
stupiva? Era da tanto che era invisibile, per Ross. Cos'era cambiato,
cosa aveva portato in più quella notte di tradimento vero e
proprio,
che lei non avesse già provato ogni volta che lo vedeva
correre da
Elizabeth e da Geoffrey Charles, ingorando lei e Jeremy, trovando
mille scuse per preferire loro alla sua vera famiglia? Nulla, Ross
l'aveva già tradita mille e più volte, in tanti
modi diversi ma pur
sempre dolorosi. Cosa poteva pretendere da lui, che probabilmente non
l'amava più da tanto? E che, se l'aveva amata, era stato
unicamente
per sopportare meglio il dolore di non aver potuto avere Elizabeth.
"Vado
a Truro!".
Si
certo, a Truro! Demelza si chiese perché Ross sentisse il
bisogno di
mentire circa le sue reali intenzioni. Bastava dirlo, vado da
Elizabeth, voglio stare con lei.
Lo
avrebbe accettato, ne avrebbe pianto, si sarebbe sentita disperata ma
in un certo senso sarebbe stato meglio di quelle menzogne, di quelle
umiliazioni che Ross le infliggeva senza il minimo rimorso.
E
lei, perché avrebbe dovuto stare ad aspettarlo in quella
casa a
Nampara? Non era forse ugualmente umiliante rimanere, attendendo la
carità di un marito che non vedeva l'ora di correre da
un'altra?
Nampara
era di Ross, l'aveva costruita suo padre per sua madre ed era stata
l'eredità per il figlio. E ora che il suo matrimonio era
finito, non
c'era più alcun motivo per rimanere per lei.
Aspettò
che Ross uscisse per andare a... Truro... Dopo la
loro
litigata di poche ore prima, quando lei aveva rovesciato a terra
tutto quello che era sul tavolo, suo marito si era ritirato nella
libreria e non si era più fatto vedere. Poi era uscito a
cavallo, in
compagnia delle sue bugie ed era corso a cavallo a Trenwith, da
Elizabeth, di questo era certa. Osservò la camera da letto
che era
stata sua e di Ross, ricordando quanto si erano amati su quel letto,
fra quelle coperte, e tutte le gioie e i dolori vissuti fra quelle
quattro mura. La nascita dei loro figli, la morte di Julia, le
promesse, le speranze, i fallimenti e i successi che avevano
condiviso insieme.
Non
c'era più nulla, Ross aveva distrutto tutto e sembrava non
curarsene, ormai proiettato al suo futuro con Elizabeth.
Lei,
Jeremy e anche Julia erano il suo passato. Non ce la faceva a
combattere, ad affrontarlo di nuovo, a vivere col fantasma del primo
amore di Ross sempre presente accanto a lei.
Non
c'era motivo per rimanere, Ross presto se ne sarebbe andato e si
sarebbe dimenticato di lei.
Si
mise sul letto, piegò le ginocchia e pianse. I suoi gemiti
spezzavano il silenzio della casa e odiava il fatto che Jeremy
potesse sentirla ma non riusciva a fermarsi.
Era
terribile amare qualcuno che ti aveva fatto tanto male e per il quale
non sei niente.
"Signora,
vi sentite male?".
La
voce di Prudie la fece sobbalzare. La guardò, ricordando
quando era
arrivata in quella casa e lei non la sopportava e le intimava di
tornare da suo padre, ormai dieci anni prima. Prudie era diventata,
negli anni, una specie di mamma per lei, apparentemente distratta ma
in realtà attenta a tutte le dinamiche di quella casa e a
tutto ciò
che riguardava lei e Ross. Le sarebbe mancata, pensò, ormai
convinta
della sua decisione. "Mi dispiace per il macello che ho
combinato nella sala da pranzo stamattina".
Prudie
sospirò. "Certe volte, davanti a certe frasi e a certi
uomini,
spaccare tutto è meglio di una medicina. Ma il signor
Ross...".
"Il
signor Ross è andato a Trenwith e io... ho bisogno che mi
aiuti a
fare le valigie".
Prudie
spalancò gli occhi. "Valigie? Ma... signora? Santo cielo,
aspettate, non dovete precipitare le cose, aspettiamo che il signore
torni almeno".
Demelza
si alzò dal letto, asciugandosi le lacrime. Le si
avvicinò,
poggiandole gentilmente una mano sulla spalla. "Prudie, per
favore, aiutami. Mi serve il giusto indispensabile per me e Jeremy,
non ti chiedo altro".
"Ma
dove andrete? Cosa dirà il signore?".
Demelza
sospirò. In un primo momento aveva pensato di andare da suo
padre ma
poi aveva scartato l'idea. Non voleva che Jeremy crescesse nello
stesso ambiente in cui era cresciuta lei, non voleva che avesse
un'infanzia simile alla sua e Illugan offriva poche
opportunità a un
bambino dolce e vivace come suo figlio. Inoltre, c'era la concreta
possibilità di rincontrare Ross e lei non voleva vederlo mai
più,
voleva sparire dalla sua vita e ricominciare essa stessa una vita.
Londra avrebbe offerto più possibilità di un
nuovo inizio ed era
una città grande e abbastanza lontana dalla Cornovaglia,
l'ideale
per far perdere le proprie tracce. Le spiaceva mentire a Prudie,
sapeva quanto fosse affezionata a lei e a Jeremy ma non poteva fare
altrimenti, il rischio che si tradisse davanti a Ross era troppo
elevato. "Non lo so, dove mi porteranno il caso e il destino. Ma
sta tranquilla, andrà tutto bene, sai che so cavarmela".
"Il
signor Ross che cosa dirà? Si arrabbierà con me
se, tornando, non
dovesse trovarvi".
Demelza
scosse la testa. "Sta tranquilla Prudie, non se ne accorgerà
nemmeno che non ci siamo più. La sua testa ha ben altri
pensieri,
ormai".
"Io
non credo che sia così".
Demelza
la abbracciò. "Per favore, mi puoi aiutare? E' l'ultima cosa
che ti chiedo come signora di Nampara. Ho bisogno di te".
Prudie
annuì, asciugandosi le lacrime dal viso. "Odio il signor
Poldark! Come ha potuto...? Oh, quanto se ne pentirà di
quello che
vi ha fatto".
Demelza
strinse gli abiti che aveva in mano, rabbiosa e allo stesso tempo
triste. "No, non se ne pentirà! Vuole Elizabeth da sempre,
lei
era nel suo destino. E' giusto così, sarà felice
e finalmente potrà
stare accanto alla donna che ama davvero". Mise i vestiti in una
borsa, chiudendola poi energicamente. "Prudie, ti chiedo solo un
favore ancora, se puoi farlo".
"Ditemi".
Demelza
abbassò lo sguardo, ricordando il volto dolce della sua
prima
bambina. "Di tanto in tanto, promettimi che porterai dei fiori
sulla tomba di Julia. Io non potrò farlo, sarò
lontana e dubito che
Ross se ne ricorderebbe".
"Lo
farò, signora. Ma...".
Demelza
non la fece finire. La abbracciò di nuovo, forte, come
cercando il
coraggio di fare quello che aveva già deciso.
Poi
prese la sua borsa da viaggio, scese le scale e prese Jeremy, che
stava giocando sul tappeto in soggiorno, fra le braccia.
Jud
la guardò, perplesso. "Andiamo da qualche parte?".
"Non
tu ma io e il signorino Jeremy sì". Gli diede un veloce
bacio
sulla guancia e poi, stringendo a se suo figlio, prese la porta e
uscì da quella che era stata per tanti anni la sua casa, la
sua
famiglia. Si portava dietro mille e più ricordi di quel
posto,
Nampara sarebbe sempre rimasta nel suo cuore, così come suo
marito,
Jud e Prudie, i minatori con le loro famiglie e Ginny.
Garrick,
scodinzolando, le si affiancò. Era arrivato in quel posto
con lei
dieci anni prima e non l'avrebbe abbandonata per nessun motivo al
mondo, era l'amico più fedele che le fosse rimasto.
"Coraggio
Jeremy e Garrick, si parte per una nuova avventura" –
esclamò,
cercando di essere ottimista e di trasmettere serenità
soprattutto
al suo bambino.
Jeremy
la guardò, incuriosito. Non sapeva ancora parlare bene ma si
stava
evidentemente chiedendo cosa stesse succedendo.
Demelza
lo baciò sulla fronte. "Andiamo in un posto nuovo, in una
casa
nuova! Io, te e Garrick".
Il
bimbo le cinse il collo, stringendola forte. "E papà?".
A
quella domanda, Demelza si morse il labbro. "Papà resta
quì,
ha tante cose da fare e non ha tempo per noi. Ma vedrai, staremo bene
lo stesso". L'unica cosa che la rasserenava, era che Jeremy non
avrebbe sofferto troppo per la distanza da Ross. Suo padre non si era
mai particolarmente occupato di lui da quando era nato e Jeremy era
talmente piccolo che presto si sarebbe dimenticato di lui,
considerando normale la sua assenza.
Mentre
si allontanava da Nampara, diretta alla diligenza che l'avrebbe
portata a Londra, in lontananza sentì la voce di Jud che,
come tante
altre volte, stava lamentandosi.
"Non
è giusto, non è corretto, non è
gentile, non è umano".
Nonostante
il suo cuore fosse in tumulto, a Demelza venne da sorridere al pensiero
che Jud parlasse di lei e Ross, in quel suo modo forse non
elegante ma che aveva imparato ad amare. Gli sarebbe mancato, lui
come tutti gli altri e la vita che si era costruita in Cornovaglia.
Ma
era ora di voltare pagina, come aveva fatto Ross. E per quanto
doloroso, era giusto farlo il prima possibile.
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