Titolo: STALKER
Fandom:
Mystic Messenger
Rating: Verde
Genere: Sentimentale,
Introspettivo, Shonen-ai
Personaggi: Jumin
Han, Hyun Ryu (alias Zen)
Avvertimento:
One-shot (2107 parole)
Note: Ho
cercato di mantenermi IC, scusate se non ci sono completamente riuscito
^__^''''
Distruggerlo
non sarebbe stato abbastanza. Umiliarlo, annientarlo nell'orgoglio
portandogli via ciò che aveva di più caro.
Sì, ecco cosa doveva fare. Bastava qualche goccia d'acido a
rovinargli quel bel viso, e la sua carriera sarebbe stata per sempre
rovinata. Un proiettile dritto nella spina dorsale e non sarebbe
più stato in grado di muoversi su di un palco.
Così poco. Così poco serviva per eliminarlo per
sempre dalla scena.
Nessuno si sarebbe ricordato di lui, di una carriera che non aveva
avuto il tempo di decollare. Infondo, a chi sarebbe potuto importare
se fosse accaduto qualcosa ad un attorucolo semisconosciuto?
E invece le sue spalle, capaci di sostenere il peso di tutti quei
sogni, erano ben protette da qualcuno che non avrebbe mai permesso a
quelle aspirazioni di frantumarsi.
- Jumin, che stai guardando?- richiamò la sua attenzione
Zen, impensierito dal suo sguardo spaventoso,
- Nulla...- minimizzò Mr.Han, smettendo di fissare un punto
imprecisato trai cespugli e riportando la propria attenzione
sull'albino. - Mi chiedevo: ricevi ancora quelle lettere di minaccia? -
Zen si stupì a quella domanda, del tutto inaspettata e che
non pareva centrare nulla con quello di cui stavano discutendo poco
prima. Jumin non era venuto lì per controllare come
andassero le riprese dello spot per l'ultimo progetto messo in vendita
dalla sua ditta? E a cui Zen si era trovato a partecipare
poiché aveva promesso all'altro che non avrebbe
più rifiutato il suo aiuto, quando avesse deciso di offrigli
qualche lavoro. Anche se sospettava avesse deciso di farlo partecipare
ad un simile progetto solo per aver la possibilità di venir
ad irritarlo sul set, proponendo delle idee assurde al regista. Zen
sperava solo di non dover indossare delle orecchie da gatto come
l'ultima volta che aveva accettato la sua proposta. Era un ricordo al
quanto imbarazzante, e il naso gli prudeva. "Almeno sta volta non
è un prodotto per gatti", si era consolato, credendo di
averla scampata, ma trovare Jumin sul luogo delle riprese durante la
pausa pranzo gli faceva temere che si stesse annoiando, e fosse venuto
per proporre altre sue idee "geniali" solo per punzecchiarlo.
- Te ne avevo parlato? - gli chiese inclinando la testa di lato,
l'espressione leggermente corrucciata, a mostrarne la confusione, non
ricordava di aver fatto parola a lui o nella chat delle lettere
minatorie che nell'ultimo periodo aveva trovato sotto la porta di casa.
Jumin sembrò preso in contropiede da quella domanda, la sua
espressione rimase però impassibile nel ricambiarne lo
sguardo. Si stava chiedendo come facesse la bellezza dell'altro a
risaltare in qualunque caso. Anche con espressioni simili dipinte sul
volto sembrava sempre sul punto di star solo attendendo il via del
regista per dare inizio ad una scena, o stesse eseguendo le indicazioni
del fotografo per mettersi in posa. Era una questione che necessitava
assolutamente di una spiegazione e, un giorno (sperava il
più tardi possibile), Jumin si era ripromesso di chiedere
spiegazioni direttamente a dio. Nell'attesa però si fece una
fotografia mentale del volto dell'altro, accumulando prove da portare
alla divinità, a dimostragli che dono esagerato avesse
affidato ad un singolo essere mortale. Ne possedeva già una
riserva tale da far invida persino alla collezione di Jaehee, non che
pensasse di rivelarglielo prima o poi. Era quel genere di segreto che
si sarebbe portato nella tomba perché, per quanto tra se e
se si giustificasse, non era del tutto certo delle ragioni per
rimanesse tanto affascinato da Zen.
- No, me lo ha raccontato V – fu costretto infine
ad ammettere Jumin, non trovando altre giustificazioni plausibili. Non
si era mai fatto troppe remore a raccontare sempre la
verità. - Mi ha anche chiesto di tener d'occhio la
situazione e d'intervenire nel caso le cose si fossero aggravate -
- Tsk..- Zen schioccò la lingua infastidito, incrociando le
braccia al petto, - Non sono mica Yoosung, non ho certo bisogno di
qualcuno che mi faccia da balia – si era innervosito nello
scoprire che la confidenza fatta a V, di cui si fidava, era stata
rivelata senza troppa fatica a quel signorino viziato e fuori dal
mondo. Poteva comprendere che il fotografo si preoccupasse della sua
incolumità, ma che non lo ritenesse in grado di gestire la
situazione e affidasse ad un altro, a quel odioso di Jumin per di
più, il compito di tenerlo d'occhio, lo urtava un po'. Non
era una bambino, se la sapeva cavare benissimo da solo. Gli sembrava
che V non si fidasse di lui, ma d'altronde sapeva che era proprio
così. Da quando Rika era passata a miglior vita non si era
sempre rivolto unicamente a Seven e a Jumin quando aveva avuto bisogno
d'aiuto?
"E' bello anche quando si arrabbiava" pensò, e forse era l'espressione che
più di tutte Jumin preferiva di lui, probabilmente per
questo si divertiva tanto a punzecchiarlo quando si annoiava. Era come
quando prendeva in braccio Elizabeth III, dopo una brutta giornata, e
subito veniva investito dalla pace dei sensi, più o meno era
lo stesso quando faceva innervosire Zen. Più l'altro
s'infervorava, più lui si sentiva bene con se stesso. Certo,
non stava paragonando la sua gatta con un essere umano, Elizabeth III
era più simile ad un essere ultraterreno e ciò
sentiva quando si prendeva cura di lei era una felicità che
non poteva essere minimamente paragonabile a quel superficiale senso di
felicità o divertimento che provava quando parlava con Zen.
Non poteva però ignorare che un sentimento c'era, per quanto
minimo. D'improvviso Jumin fu felice di essere tanto bravo a celare la
proprie emozione, da evitarsi che il calore di cui gli si era riempito
il petto andasse a coloragli le guance.
- Hai ragione. Non sei per nulla Yoosung, con lui almeno si
può ragionare – lo punzecchiò solo per
il sottile e sadico piacere di vederlo infuriarsi al punto che fosse il
suo di viso ad accendersi di un vivido rosato. Cosa che puntualmente
avvenne, il lato negativo dell'aver una carnagione chiara come la sua.
- Stai dicendo che sarei un testardo? - le labbra sottili di Zen si stesero in un
ghigno, una deformazione che prendevano sempre quando s'irritava ma
che, nuovamente, non ne intaccavano l'aspetto.
- No, ti sto dando del testardo infantile, è diverso -
puntualizzò Jumin, il volto serio mentre, dentro di se, se
la rideva. Era piacevole saper manipolare al punto le espressioni
dell'altro da sapere esattamente come avrebbe reagito ad un suo
commento.
- Non cambia nulla invece! Mi stai solo insultando -
- Non è un insulto se è un dato di fatto -
- I-io non sono più infantile di Yoosung! - strinse i pugni
distendendo rigidamente le braccia lungo i fianchi,
- Oh, sì che lo sei – doveva sforzarsi di non
ridere Jumin, Zen stava prendendo la questione seriamente e non
sembrava neppure rendersi conto di come l'altro lo stesse prendendo in
giro. La sue era bellissima e tremendamente comica agli occhi del suo
interlocutore.
- Bhé... Se io sono infantile, allora lo sei anche tu! - lo
additò per dar enfasi alla propria affermazione, il volto
adirato e di un rosso acceso, - Stai perdendo tempo a discutere di
quanto io sia infantile, e questo rende infantile anche te –
Punto per Zen. A quello Jumin non poteva ribattere senza rivelargli la
verità, cosa che non gli sembrava una mossa saggia al
momento e venne preso in contropiede.
- Touché - ammise sorridendo, per quanto sembrasse dargliela
vinta infondo aveva raggiunto il suo obbiettivo, quindi in
realtà era lui ad uscire vincitore da quella piccola ed
insignificante scaramuccia. Non riusciva a trattenere quel sorrisetto
soddisfatto che Zen trovava tanto irritante, poiché gli dava
la sensazione di essere appena stato fregato dall'altro. Avrebbe voluto
chiedergli cosa ci fosse di tanto divertente, ma Jumin lo precedette
parlando per primo.
- Non hai le prove costume? - cambiò discorso, tornando
serio mentre adocchiava il costoso orologio che gli stringeva il polso
sistemandosi i polsini della giacca.
- Ah, la mia pausa è già finita! -
esclamò Zen stupito, realizzandolo solo a quel punto, - Non
ci credo che l'ho sprecata tutta discutendo con te – si
lamentò in tono lagnoso e irritato, prendendo un espressione
imbronciata che portò Jumin ad un'altra serie di fotografie
mentali e all'accenno di un sorriso sulle labbra, nuovamente divertito.
- La puntualità è una delle qualità
che indica la serietà di un lavoratore – commento,
ricevendo in cambio uno sguardo furente dall'altro, in quel momento
probabilmente avrebbe voluto incenerirlo, immaginò.
- Lo so benissimo che la puntualità è importante,
senza che sia tu a dirmelo - ribatté, irritato dalle sue
parole, - A differenza di quel che pensi non sono un lavativo -
puntualizzò sbuffando, lo sguardo che correva verso il
piccolo boschetto che circondava il set, gli era sembrato di
intravedere qualcosa muoversi trai i cespugli. Erano in un parco
piuttosto grande poco al di fuori dalla città, quindi non
c'era da stupirsi della presenza di qualche animale selvatico, ma di
così grandi? Era possibile? E se invece fosse stato un
paparazzo? Si era infiltrato lì senza permesso. Comunque
rimaneva il dubbio che se lo fosse solo immaginato.
- Però sei ancora qui – Jumin lo distrasse dai
suoi pensieri, facendogli riportare l'attenzione e lo sguardo su di se,
- Ora vado, ora vado! - sbottò lui furente, andandosene a
passo veloce e rigido senza neppure salutarlo, probabilmente per
ripicca. Si era già scordato della sensazione che qualcosa
lo stesse osservando da quei cespugli. Aveva dato troppo spazio alla
fantasia, probabilmente era stato solo un animale. Piuttosto, ora
doveva affrettarsi per non prendere una lavata di capo dal regista per
essersi presentato in ritardo.
Jumin lo osservò allontanarsi, reprimendo un sospiro che
prepotente aveva cercato di risalirgli lungo la gola. Certi giorni
stargli vicino era più difficile di quanto non volesse, e
diveniva complicato reprimere alcuni istinti. Come il desiderio sempre
più opprimente di toccargli i capelli solo per sapere se
erano morbidi e lisci come la pelliccia di Elizabeth III proprio come
sembravano.
Scacciò simili pensieri, non era il momento, e il suo
sguardo per un momento assente tornò serio mentre correva
trai cespugli. Sapeva che ciò che aveva attirato
l'attenzione di Zen per un momento era la stessa cosa notata da lui.
Purtroppo, come aveva già immaginato, non appena l'intruso
aveva capito di essere stato notato dall'attore, se l'era data
rapidamente a gambe e ora lo aveva perso di vista.
Sperava se ne fosse andato, ma per sicurezza avrebbe aumentato la
sorveglianza attorno al set sino alla fine delle riprese e il numero
delle guardie che aveva piazzato in segreto nei pressi dell'abitazione
di Zen. Lo stalker si stava facendo più intraprendente,
doveva accertarsi che l'albino non corresse alcun pericolo, e non solo
perché V glielo avesse ordinato. Era preoccupato per lui.
Quello stalker poteva diventare aggressivo, violento forse, andava
fermato e Jumin non si sarebbe risparmiato ad usare ogni mezzo a sua
disposizione per farlo. Si era anche fatto aiutare da Seven, a cui
aveva fatto piazzare delle telecamere sia all'interno che all'esterno
della casa dell'albino, senza che l'interessato ne sapesse nulla
ovviamente.
"- Vedi di non approfittarne-" lo aveva avvertito il super hacker con
il sorrisetto di chi la sapeva lunga, colmo di sottointesi. "- Non
vorrei che proteggendolo da uno stalker ne avessimo creato un altro-"
aveva poi riso beffardo mentre Jumin, dopo essersi fatto spiegare come
funzionassero le telecamere, lo aveva sbattuto fuori dal suo
appartamento, rifiutandogli di coccolare la sua Elizabeth
III. Ma per quanto Seven scherzasse di continuo, era davvero
molto intuitivo, al punto da indovinare con facilità quei
sentimenti che per Jumin erano invece un mistero. Lui non si era ancora
reso conto di cosa sentisse realmente per l'albino. Non riusciva a
comprendere cosa provasse e non riusciva a definire quello che
avvertiva. Sapeva solo che, seppur prima non ne avesse mai avuto la
minima intenzione, dopo aver parlato con Seven, ora aveva una pulce
nell'orecchio. Ciò lo aveva portato a fare proprio
ciò che l'altro gli aveva vietato, e seppur raramente,
qualche volta gli era capitato di dare un occhiata alla telecamera
posta nel bagno dell'attore mentre questi faceva la doccia. Peccato
solo che le immagini finissero sempre per essere appannate dal vapore,
probabilmente Seven aveva pure immaginato quello quando glielo aveva
suggerito.
- Jaehee..? - chiamò la sua segretaria, dopo essersi
occupato di avvertire la sicurezza di aver notato la presenza di un
intruso nei dintorni. - Sì, sto tornando in ufficio. I
documenti per la dimostrazione sono pronti?- si diresse verso l'auto
dove Kim, il suo autista, lo aspetta. Aveva del lavoro da fare, e la
sua piacevole pausa era durata fin troppo.
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