Il
venticinque Aprile era sempre un giorno particolare per lei e per la sua
storia.
Segnava,
in qualche modo, un punto di svolta. Era il giorno in cui aveva perso tutto; la
sua famiglia, la sua giovinezza e la sua normalità.
Il
venticinque Aprile di diciassette anni prima un vampiro era stato invitato in
casa e aveva massacrato i quarantaduenni Alice e Christopher Morgan nel
salotto, sul divano di pelle chiaro sul quale stavano spesso seduti a guardare
la televisione con i figli Allison Marie e Matthew.
La
versione ufficiale di quella tragedia voleva che ad ucciderli fosse stato un
ladro entrato nella loro bella villa per una rapina che poi era finita nel
sangue.
L’unica
sopravvissuta era stata la figlia adolescente che in quel momento non era in
casa e che aveva poi trovato i cadaveri dei suoi cari riversi in un lago di
sangue.
La
versione ufficiosa però, che era anche quella vera, era tutt’altra. Ad uccidere
i coniugi Morgan era stato il loro figlio maggiore, Matthew.
Sabato,
venticinque Aprile millenovecento novantotto, la diciassettenne Allison Morgan
aveva perso tutto.
Domenica
venticinque Aprile millenovecento novantanove era iniziata la sua lunga
strada per la vendetta.
PROLOGO
LOS
ANGELES, CALIFORNIA
2013
Non
era certa di quello che la tizia di fronte a lei stava dicendo. Poteva vederla
muovere la bocca ad un ritmo che indicava chiaramente che stava parlando con
lei, ma se le avessero chiesto di ripetere anche solo una parola, Allison Marie
Morgan non avrebbe potuto farlo.
Perché
non stava prestando attenzione. E dubitava che avrebbe iniziato a farlo.
Era
il venticinque Aprile duemilatredici. Un sabato assolato e caldo in quella Los
Angeles che sembrava essere in una perpetua estate.
Fuori
un sole magnifico illuminava ogni cosa, orde di ragazzi tornati per le vacanze
dal college affollavano le spiagge di Orange County e il cielo era così azzurro
da sembrare quasi finto.
Non
c’era l’ombra di una nuvola sulla città degli Angeli, ma nel cuore di Allison
regnava un buio che le teneva compagnia oramai da quasi quindici anni.
Mentre
fingeva di ascoltare quello che la giovane donna sedutale accanto in biblioteca
le stava dicendo, la sua mente tornò indietro alla primavera di molti anni
prima… all’odore ferroso che aveva sentito forte quando era entrata in casa, al
rosso semi rappreso che le aveva sporcato le mani e il vestito quando era
scivolata sul sangue dei suoi genitori raggiungendoli sul pavimento, speranzosa
di trovare in loro ancora un alito di vita che però non c’era.
Il
suo pensiero fece un salto in avanti, al giorno in cui aveva scoperto che ad
ucciderli era stato suo fratello.
La
verità le era arrivata come un pugno dritto in faccia dalla voce decisa e
dall’accento lievemente francese del migliore amico di suo padre, Victor
Monroe. L’uomo che poi l’avrebbe cresciuta come una figlia.
Quella
stessa voce le aveva spiegato che Matthew non era se stesso quando aveva
compiuto quel gesto, che quello che la gente chiama leggenda metropolitana esiste
davvero, che i vampiri esistono… e suo fratello era uno di loro.
Christopher
ed Alice erano a conoscenza del mondo soprannaturale ma non sapevano che anche
il loro figlio ne fosse parte. Ecco perché per lui entrare non era stato
difficile quella fatidica notte.
Ad
Allison era servito un po’ per metabolizzare il fiume di informazioni che
Victor le aveva fornito. Ma tre giorni dopo, al funerale della sua famiglia,
ogni cosa aveva preso un posto preciso nella sua mente.
Quel
giorno, durante la funzione per onorare la vita dei suoi genitori e piangerne
la morte, aveva stretto mani e sentito parole di cordoglio per la perdita di
quelle tre anime buone e pure; la versione ufficiale voleva infatti che anche
Matt fosse morto durante la rapina ma che del suo corpo, atrocemente, non fosse
rimasto molto su cui piangere.
Quella
bugia le aveva aperto le porte a nuove consapevolezze; la polizia di Los
Angeles non era del tutto nuova a quel tipo tragedia e il sergente che era
giunto sul luogo del delitto era un caro amico di Victor.
“Mi
scusi, ha sentito quello che ho detto?”
Allison
si ridestò dai suoi pensieri e guardò la sua interlocutrice negli occhi; c’era
attesa in quelle iridi verdi e così si sforzò di rimanere concentrata.
Aveva
sentito quello che aveva detto? Non proprio… ma chiederle di ripetere tutto
sarebbe stato troppo scortese. Il perché poi le stesse parlando, considerato
che non si conoscevano neppure, rimaneva un mistero.
La
donna suppose che si trattasse di una di quelle persone che non si fanno problemi
ad iniziare una conversazione con il primo capitato. Ne aveva visti tanti nel
corso degli anni ma negli occhi di chi ascoltava non aveva mai visto lo stesso
entusiasmo che illuminava quelli di chi parlava.
“La
sua collana” le ripeté l’altra quasi le avesse letto nella mente. “Mi piace
molto e le ho chiesto se potesse per favore dirmi dove l’ha comprata.”
Istintivamente
Allison strinse tra le dita il ciondolo di oro bianco e diamanti a forma di A
dal quale non si separava mai. Neppure quando faceva la doccia.
“È
un regalo… da parte di mia madre. Non so dirle altro, mi dispiace” spiegò
alzandosi. “Ora mi scusi, ma devo davvero andare. È stato un piacere
incontrarla, alla prossima.”
La
giovane le sorrise, con un sorriso bianco e luminoso e la salutò con un gesto
della mano.
Allison
lasciò la biblioteca rovistando nella borsa alla ricerca delle chiavi della sua
auto, poi la raggiunse al posto in cui la parcheggiava quasi sempre quando
andava lì. L’unico fanalino anteriore funzionante del suo maggiolone sembrò
farle l’occhiolino quando la aprì schiacciando il pulsante sul telecomando, e
lei pensò che era decisamente il caso di farlo sistemare.
Forse,
le avrebbe detto Victor se fosse stato lì con lei, sarebbe il caso di cambiare
proprio l’auto. Ma quel rottame rosso glielo aveva lasciato sua madre, come la
collana che teneva sempre al collo. Aveva un valore affettivo e in fondo
funzionava ancora discretamente.
Sarebbe
rimasta con lei fino alla fine, fino a quando sarebbe stata in grado di portare
in giro il suo fondoschiena depresso e l’arsenale nel bagagliaio, si disse
mentre saliva a bordo. Un suono strano proveniente dal motore le fece temere
che forse la fine era vicina.
***
Allison
poggiò i fiori sul prato e fece qualche passo indietro stringendo tra le mani
una bottiglia di bourbon. Le piaceva andare lì sempre a quell’ora, a notte
fonda, quando non c’era nessun altro e il silenzio regnava padrone.
“I
fiori sono per te mamma,” sussurrò stappando la bottiglia e alzandola poco in alto.
“Questo invece è per te papà!”
Bevve
un lungo sorso, poi scosse il capo come per scacciare via il forte sapore di
alcool. Poggiò la bottiglia accanto ai fiori e si rimise dritta, in attesa di
trovare le parole giuste, che però sembravano non arrivare mai.
“Vorrei
potervi dire che sono riuscita a vendicare la vostra morte ma mentirei se lo
facessi,” disse infine. “Non sono ancora riuscita a trovare Matt o meglio, non
sono ancora riuscita ad ucciderlo.”
Mentre
lo diceva si chiese se era davvero quello che loro avrebbero voluto. Se
ripensava ai suoi genitori, alla dolce e gentile insegnante di musica dai
capelli rossi e gli occhi grigi e al compassionevole e importante
neurochirurgo, pensare che vendetta fosse quello che desideravano le veniva
difficile.
In
fondo, nonostante tutto, era certa che se fossero sopravvissuti avrebbero
perdonato Matthew. Allison invece non ci riusciva.
Sapeva
che suo fratello aveva agito in preda ad un impulso animale che forse non era
stato in grado di controllare, sapeva che quando aveva squarciato il petto
della loro madre e spezzato il collo del loro padre, non era il Matt che
amavano. Non era il fratello attento e protettivo, non era il figlio maggiore
cocco di mamma e non era il ragazzo che scriveva storie bellissime col sogno
nel cassetto di vederle pubblicate.
Era
strano, rifletté, che non avesse ucciso anche lei. In fondo tutto quello che
avrebbe dovuto fare, sarebbe stato aspettare il suo rientro e farla fuori come
aveva fatto con i loro genitori.
Ma
quando lei era arrivata lui non c’era e dopo di allora erano passati molti anni
prima di rivederlo.
In
quegli anni Allison aveva imparato tutto quello che era necessario sapere sul
soprannaturale e sulla caccia, aveva scoperto che a dispetto di quel che tutti
credevano, esisteva una fitta rete di cacciatori e che non tutti provavano
dispiacere per la storia della sua vita. Anzi, molti sostenevano di aver
sentito storie peggiori.
E
soprattutto, si era fatta tanti nemici. Il primo e più cattivo, proprio suo fratello.
Cacciava oramai da tredici anni e si era fatta un nome e una reputazione e
oltre a quelli un numero sempre crescente di gente che la voleva morta.
Di
Matt aveva perso le tracce due anni prima, quando dopo essersi ritrovata faccia
a faccia con lui dopo anni di inseguimenti finiti nel nulla, non era stata
capace di ucciderlo perché in quegli occhi scuri aveva rivisto il fratello che
aveva amato e la sua emotività l’aveva quasi uccisa.
Era
stata una strega a salvarle la vita e mettere in fuga suo fratello. Belinda,
quello era il suo nome, le aveva poi raccontato che Matt aveva provato ad
uccidere sua sorella dopo averla irretita raccontandole storie sul potere che
l’immortalità le avrebbe dato se solo gli avesse permesso di trasformarla.
Con
la bella donna dai potenti poteri Allison aveva finito con lo stringere
amicizia e quella era l’unica vera amica che poteva dire di avere. Anche se non
la vedeva spesso come avrebbe voluto. Promise a se stessa di concedersi una
piccola vacanza a Scranton, Pennsylvania, quanto prima. Le serviva un po’ di
relax e nel bar che Belinda gestiva c’era sempre dell’ottima roba ad aspettarla
per scaldare il freddo che sentiva dentro.
Si
mise a sedere sul prato, come faceva tutte le volte, e incrociò le gambe pronta
a raccontare ai suoi tutto quello che le era successo negli ultimi tempi; non
molto ad essere onesti, a parte qualche caso noioso e qualche sfuriata di
Victor che la accusava di essere troppo impulsiva a volte e troppo spericolata.
Finirai per farti ammazzare prima o poi, con quel tuo atteggiamento da
invincibile, le diceva continuamente.
Lei
non rispondeva mai, ma pensava che comunque prima o poi sarebbe morta in ogni
caso, con la vita che faceva più prima che poi.
Respirando
a fondo si accorse che un po’ le mancava l’avventura, Los Angeles era
stranamente calma in quel periodo. Oramai si annoiava senza qualche caso
difficile da risolvere e senza qualche mostro da uccidere. Un bip sul suo
cellulare la avvertì di un messaggio e anche se con riluttanza lo prese e lesse.
Il
nome di Ryan Constance comparve affiancato ad una foto che aveva più o meno
quattro anni; l’uomo stringeva in mano, fiero, una bottiglia di scotch
invecchiato quindici anni che proprio lei gli aveva regalato dopo che l’aveva
aiutata in un caso.
Ho
un caso strano, adatto a te quindi. Ti va di raggiungermi ad Atlanta e lavorare
insieme come ai vecchi tempi? Il posto è sempre quello, così recitava il
messaggio di testo.
La
donna si prese qualche secondo per pensarci, poi digitò velocemente una
risposta. Parto subito. Cerca di non farti uccidere fino al mio arrivo.
***
Il
posto di cui Ryan aveva parlato nel messaggio era un vecchio capanno in riva ad
un lago nel bosco inoltrato intorno ad Atlanta. Era proprio lì che si erano
conosciuti lui e la cacciatrice oramai troppi anni prima per poterli contare.
Quando Allison era arrivata lui si era già occupato di un dannato mutaforma che
aveva fatto diverse vittime prima che un proiettile d’argento gli trapassasse
il cranio.
Ryan
Constance non aveva mai amato troppo le armi e principalmente perché gli
ricordavano il padre violento che finiva sempre con l’ubriacarsi e minacciarlo
brandendo un coltello. Non c’era una madre a proteggerlo, lei era morta quando
Ryan era solo un bambino e lui se la ricordava a malapena.
Secondariamente
non gli piacevano perché non ne aveva mai avuto bisogno; Constance era nato con
un dono e quel dono faceva di lui uno dei più grandi stregoni buoni che il
mondo avesse mai conosciuto. Ma a volte, come nel caso di quella infida
creatura, usare una pistola era necessario. Al capanno ci era arrivato seguendo
diverse tracce e una volta dentro si era reso conto che quel posto era una vera
meraviglia; c’erano aggeggi di qualunque tipo e libri sulla magia e
sull’occulto. Di chiunque fosse stato un tempo, ora sembrava abbandonato,
quindi decise che sarebbe diventato il suo rifugio.
Allison
Morgan aveva seguito le stesse tracce e al suo arrivo gli aveva quasi sparato.
C’era stata una piccola guerra di sguardi, poi tutto si era chiarito e una
strana amicizia era iniziata davanti a due pinte di birra e due bistecche che
lei aveva pagato.
Era
ricca dopotutto, unica ereditiera di una famiglia che era stata sterminata da
un figlio vampiro, solo che questo lui lo aveva scoperto dopo. Se non ricordava
male, quando si erano conosciuti, lei cacciava da circa tre anni e benché fosse
ancora alle prime armi Ryan aveva notato che era parecchio in gamba. Lo aveva
percepito subito… Allison era destinata a grandi cose e il tempo gli aveva dato
ragione.
Tirò
l’ultima boccata dalla sua sigaretta mentre lei fermava l’auto davanti a quel
piccolo rifugio, due giorni dopo il suo messaggio, e scendeva con l’aria stanca
di chi non dormiva da troppo tempo.
“Finalmente”
le disse raggiungendola. “Hai fatto con comodo.”
Lei
ridacchiò raccogliendo i capelli in una disordinata coda di cavallo. “Ho
guidato per due giorni, potresti almeno far finta di essere gentile?”
“Stai
invecchiando Morgan” la prese in giro lui, ma afferrò il suo borsone
precedendola dentro il capanno. “Qualche anno fa non ci avresti messo così
tanto.”
“Qualche
anno fa non avresti avuto bisogno di me per risolvere un caso” replicò la
donna, guadagnandosi uno sguardo quasi offeso. “E non guardarmi in quel modo,
hai iniziato tu.”
Ryan
lanciò il borsone sul piccolo divanetto e le offrì una birra mentre lei si
lasciava cadere su una sedia. “Come vanno le cose nell’assolata California?” le
chiese.
“È
tutto stranamente tranquillo in questo periodo, una noia mortale.”
“Annoiarsi
non è sempre un male” l’uomo bevve un lungo sorso. “Quando ti avrò mostrato il
caso per il quale ti ho chiamata desidererai tornare ad abbronzarti su una
sdraio a bordo piscina.”
Allison
poggiò la birra su tavolo e si schiarì la voce. “Sei stato molto criptico nel
messaggio, di che si tratta?”
“Un
vampiro.”
“Un
vampiro?”
“Un
vampiro molto feroce. L’ho catturato e adesso è incatenato ad una sedia nella
stanza in fondo.”
“Un
vampiro molto feroce?”
Ryan
allargò le braccia. “Cosa diavolo c’è, l’eco? Perché continui a ripetere le
cose che dico?”
La
cacciatrice scosse il capo confusa. “Mi hai fatto guidare per due giorni per un
vampiro?”
“Cosa
ti aspettavi? Un’apocalisse per caso?”
“Non
lo so, ma di certo non mi aspettavo un vampiro. Un vampiro che tra l’altro non
deve essere così feroce se sei riuscito a catturarlo ed incatenarlo. Perché non
gli hai semplicemente piantato un paletto nel cuore dopo averlo imprigionato?”
“Beh
forse non l’ho proprio catturato” Ryan sospirò. “Diciamo che si è… consegnato.”
“Consegnato?”
“Ah,
sei irritante quando fai così” l’uomo si mise a sedere di fronte a lei. “Ci
sono state quattro vittime nelle ultime due settimane, la polizia continuava a
parlare di attacchi animali, ma loro non sanno quello che sappiamo noi. Così ho
fatto qualche indagine, ho seguito delle tracce e l’ho trovato; se ne stava in
mezzo al bosco, tutto sporco di sangue e intorno a lui c’erano altri quatto
corpi. Quando si è accorto di me mi sono preparato alla battaglia ma lui mi ha
chiesto di fermarlo.”
“Che
intendi?”
“Piangendo
mi ha detto che non riesce a fermarsi e che se non lo avessi fatto io avrebbe
ucciso ancora, che era un istinto che non riusciva a controllare. Blaterava di
un certo Joseph e di una Danielle e di un branco di lupi che aveva fatto fuori
prima di scappare.”
“Scappare
da cosa?”
“Non
ne ho idea, e non ho fatto molte domande. Ho aspettato qualche istante, credevo
che stesse bluffando, ma poi si è avvicinato ai corpi dei quattro che aveva ucciso
e ha iniziato a chiedere loro perdono. A quel punto ho pensato che fosse fuori
di testa, beh più fuori di testa di un normale vampiro, e con la magia gli ho
spezzato il collo. Poi l’ho portato qui.”
“E
hai chiamato me perché esattamente?”
“Perché
tu sei Allison Morgan, i nemici ti temono ma ti rispettano perché non uccidi
per principio ma solo se necessario e… nonostante gli otto morti non sono certo
che piantargli un paletto nel petto sia davvero necessario.”
“Otto
persone Ryan. Ucciderlo è diventato necessario dopo il secondo cadavere.”
“C’è
qualcosa in lui Allison” Ryan sembrava dubbioso, combattuto. “Qualcosa che non
so spiegare.”
La
cacciatrice si passò una mano sul viso. “Okay, portami da lui.”
***
Il
vampiro feroce, come Ryan lo aveva definito, era privo di conoscenza quando
Allison era entrata nella stanza. Forse dormiva o forse fingeva, o aveva perso
i sensi perché non si nutriva da due giorni ed era debole.
Non
importava, perché lei aveva delle domande e sapeva esattamente come svegliarlo.
Con calma, tirò fuori dalla tasca interna della sua giacca un pugnale e glielo
conficcò nella coscia destra con tutta la forza che aveva. Dalla gola del
vampiro si levò un urlo di dolore, aprì gli occhi e li fissò su di lei
aguzzando i canini per qualche secondo, poi ritraendoli gemendo piano.
“Scusa”
gli disse la donna in torno sarcastico. “Dormivi e avevo bisogno che aprissi
gli occhi perché devo farti qualche domanda. Forse avrei potuto scuoterti
invece di pugnalarti ad una gamba ma…”
“No!”
esclamò lui scuotendo il capo. “Mi sono meritato il dolore che mi hai appena
causato, è anche troppo poco come punizione per quello che ho fatto.”
Allison
e Ryan si scambiarono una rapida occhiata, negli occhi castani dello stregone
c’era un’espressione che sembrava volerle dire che l’aveva avvertita, quel
tizio era strano.
“Quando
dici quello che ho fatto, intendi le otto persone che ti sei bevuto, giusto?”
la cacciatrice tirò via il pugnale, con un panno vecchio gettato lì a terra lo
ripulì e lo rimise in tasca. “Vuoi farmi credere che ti senti in colpa?”
“Non
volevo ucciderli.”
“Non
volevi ucciderli prima o dopo aver conficcato i tuoi canini nel loro collo?”
“Non
riesco a controllarlo…” mormorò lui scuotendo il capo. “Io ci provo ma a volte
mi assale una rabbia che non riesco a controllare.”
“Chi
è Joseph?” incalzò Allison ricordandosi di quello che le aveva detto Ryan.
Il
vampiro sgranò gli occhi, poi la guardò. Dentro quelle iridi chiare, Allison ci
avrebbe giurato, c’era del reale senso di colpa. “È il mio migliore amico e il
mio creatore. Joseph Baxter, l’Alpha. Vivevamo tutti insieme ad Easton,
Pennsylvania. Ma poi ho fatto una enorme cazzata e sono dovuto fuggire.”
Ryan
fece qualche passo avanti nella stanza, incrociò le braccia sul petto e si
poggiò due dita sulla tempia. “Quando dici Alpha, intendi il capo del tuo nido,
giusto?”
“No,
intendo il primo di tutti i vampiri.”
Calò
il silenzio per un attimo, poi Constance si voltò a guardare Allison con
un’espressione divertita sul viso. “Ti manca la noia della California, vero?”
Allison
serrò le mascelle prima di tirare fuori il suo cellulare. “Sta’ zitto, Ryan.”
Calò di nuovo il silenzio, l’unico rumore erano le scarpe della cacciatrice che
faceva avanti e indietro per la stanza. D’un tratto si fermò e respirò a fondo
guardando il vampiro. “Come ti chiami?” gli chiese sotto lo sguardo perplesso
di Ryan.
“Oliver
Black.”
“Okay”
la donna si tolse la giacca, di improvviso sentiva caldo. “Ecco cosa faremo.
Oliver, tu rimarrai qui, Ryan ti nutrirà a piccole dosi e io… io penserò al
resto.”
“No
ti prego” la implorò il prigioniero. “Devi uccidermi, sono pericoloso e non
voglio fare male a nessuno.”
“Ucciderti
e diventare il nemico numero uno dell’Alpha? No grazie, credo che passerò per
questa volta.”
“Che
vuoi fare?” le chiese Ryan a bassa voce. “Qual è il piano?”
“Chiederò
alla mia amica Belinda, che si trova ad un’ora da Easton, di recapitare un
messaggio a Joseph Baxter.”
“E
poi?”
“Poi
non lo so ancora” Allison cercò il numero della sua amica in rubrica. “E
comunque è inutile che parli sottovoce, è un vampiro e ha il super udito.”
E
con questo uscì dalla stanza.
***
Allison
si era quasi addormentata quando Danielle, la lupa che da quel che aveva capito
era la migliore amica dell’Alpha, uscì dalla stanza nella quale lei e il
misterioso Joseph si erano rinchiusi con Oliver subito dopo il loro arrivo,
un’ora prima. La cacciatrice sobbalzò e si alzò a sedere sul divano passandosi
una mano sul viso mentre la ragazza usciva come una furia dal capanno, dietro
di lei stava calmo il signor Baxter.
Lo
aveva osservato per qualche minuto prima; elegante e tranquillo. Emanava
qualcosa di rassicurante e misterioso con quei suoi occhi imperscrutabili.
“Ha
un bel caratterino” mormorò spostandosi i capelli indietro.
Joseph
si voltò a guardarla, non aveva più la giacca elegante che portava al suo
arrivo ma era comunque molto formale nell’aspetto e nella postura. “Voglia
perdonare la mia amica signorina Morgan, è fin troppo… irruenta a volte. Anche
se a dire il vero ha un buon motivo per essere arrabbiata.”
Allison
abbozzò un sorriso, si mise in piedi e raggiunse il piccolo frigo sul lato
opposto della stanza. Prese due birre e gliene porse una.
“Scommetto
che lei è più un tipo da vino” gli disse quando vide lo sguardo perplesso sul
suo viso. “Lo preferisco anche io, ma questa non è casa mia e il mio amico Ryan
adora la birra.”
Joseph
stappò la sua bottiglia e la sollevò. “So adattarmi” le disse prima di bere un
lungo sorso. “Vorrei ringraziarla per avermi avvertito e non averlo ucciso,
come altri cacciatori avrebbero fatto.”
“L’esperienza
mi ha insegnato che non è tutto nero o bianco, mai. Neppure in questo mondo.”
Il
vampiro annuì facendo vagare lo sguardo per un attimo, infine guardò di nuovo
Allison. “Oliver non è cattivo, ha solo un brutto passato. Quando l’ho
trasformato era un vero disastro; un fotografo squattrinato senza speranza,
disilluso. Avrebbe fatto una brutta fine e così ho pensato che trasformandolo
avrei potuto dargli una seconda possibilità. Pensavo che sarebbe stato capace
di lasciarsi il passato alle spalle ma dopo alcuni anni di tranquillità ha
iniziato ad avere questi momenti bui. Perde il controllo e…”
“Non
deve giustificarsi o giustificarlo. Io non sto giudicando e se vuole tutta la
verità, l’unico motivo per cui non l’ho ucciso è perché non volevo farmi nemico
un essere potente come lei. Ho già abbastanza problemi con la mia famiglia, ho
pensato che era meglio lasciare che fosse lei ad occuparsi della sua.”
Joseph
accennò una risata posando ciò che rimaneva della sua birra sul ripiano della
cucina. “La sua onestà è una boccata d’aria fresca. Ma immagino che glielo
dicano spesso.”
“Non
così spesso” Allison sorrise spostandosi una ciocca di capelli. “Ho un amico,
uno stregone spagnolo. Si chiama Jonas e una volta mi disse una cosa che adesso
vorrei dirle. Qualcosa che spero si ricorderà la prossima volta che deciderà di
ripulire i casini di Oliver.”
“La
ascolto.”
“Il
passato e le circostanze possono in parte influire sulla personalità di una
persona ma alla fine siamo solo noi a decidere cosa diventare.”
“Immagino
che lei parli per esperienza, visto il suo passato.”
“Quindi
sa chi sono.”
“Tutti
gli esseri soprannaturali su questa terra sanno chi è lei, signorina Morgan.
Lei è la bellissima, coraggiosa e giusta cacciatrice del soprannaturale tradita
dal sangue del proprio sangue.”
Allison
restò a fissarlo per alcuni secondi che sembrarono infiniti, con una strana
sensazione al centro dello stomaco. Poi Oliver arrivò cambiato e pulito e
pronto per andare via.
“Sono
pronto” disse con un sorriso imbarazzato prima di guardare la cacciatrice per
un istante.
“Bene!”
esclamò proprio lei schiarendosi la voce. “Cerca di stare fuori dai guai.
Joseph sembra molto paziente, ma anche la pazienza ha un limite.”
Il
vampiro annuì strofinandosi gli occhi, poi seguì il più saggio Alpha verso la
porta.
“Spero
di rivederla signorina Morgan” le disse Joseph voltandosi a guardarla un’ultima
volta prima di uscire. “In circostanze migliori, si intende.”
“Lo
spero anche io” mormorò lei, ma lo fece solo dopo che lui fu uscito.
EASTON,
PENNSYLVANIA
2014
Perché
avesse deciso di partecipare a quella festa proprio non lo sapeva, ma quando l’invito
del misterioso signor Baxter era arrivato, aveva pensato perché no? Si trovava
comunque in zona.
Mentre
beveva da una coppa di champagne Allison si accorse di Joseph che era sulla
pista da ballo, stretto da una donna di mezza età che continuava a parlare. Lui
la guardava, ma la cacciatrice ebbe le sensazione che non stesse ascoltando
neppure una parola di quello che stava dicendo.
Senza
pensarci, si mosse e li raggiunse.
“Salve,”
disse attirando l’attenzione di entrambi, soprattutto della signora. “Ballate
così bene che mi è venuta voglia di provare, le dispiace?” chiese proprio a lei
indicando l’uomo con un gesto discreto del capo.
“Oh
ma certo!” esclamò la donna indietreggiando. “Ne approfitterò per riposarmi un
po’ in attesa del prossimo valzer” concluse allontanandosi, lanciando
un’occhiata maliziosa al suo accompagnatore prima di voltarsi e sparire tra la
gente.
Allison
sollevò un sopracciglio, poi volse lo sguardo all’uomo chiuso in un elegante
smoking. “Mi sembrava che avesse bisogno di aiuto e visto che mi piace aiutare
la gente ho pensato che era il caso di darle una mano.”
Lui
sorrise inumidendosi le labbra con la punta della lingua e le porse la mano.
Lei la accettò e si lasciò condurre al centro della pista da ballo sollevando
poco il vestito che indossava per non inciampare.
“È
venuta…” mormorò, ed Allison notò che si era quasi dimenticata quella voce
calda e sensuale.
“Sono
venuta” rispose lei cercando di seguire la musica. “Quando il suo invito è
arrivato non ero certa di voler partecipare a questa festa ma poi ho pensato
che magari sarebbe stato divertente. Ah a proposito, la mia amica Belinda ha
detto che non ci farà più da tramite, quindi se pensa che vorrà rivedermi
ancora, Joseph, credo che dovrà darmi il suo numero.”
Il
viso dell’Alpha si colorò di un sorriso. “Oppure lei potrebbe darmi il suo,” le
disse. “E magari potremmo darci del tu, che ne dici?”
Allison
annuì. “Vada per il tu” si guardò intorno e infine sospirò. “Non ho più avuto
notizie di Oliver dall’ultima volta che l’ho visto l’anno scorso. Anzi,
dall’unica volta in cui l’ho visto… sta bene?”
“Sta
bene” sussurrò Joseph facendola girare su se stessa stringendola poi con
decisione e poggiandole una mano sulla schiena lasciata scoperta dal vestito.
“Grazie per avermi sottratto a quella signora, sembrava gentile ma non la
smetteva di parlare. Stavo per soggiogarla affinché facesse silenzio.”
Lei
rise e fu allora che comparvero quelle deliziose fossette sulle sue guance. “È
stato un piacere.”
Si
fissarono per alcuni istanti, poi Allison parlò.
“Forse
dovresti soggiogare me affinché balli bene, non sono proprio capace e credo che
anche gli altri invitati se ne siano accorti, visto che mi sento tutti gli
occhi addosso.”
“Non
credo che ti stiano guardando perché non sai ballare,” gli fece notare lui.
“Credo che ti guardino perché sei la donna più bella della festa e perché la
musica è finita da un pezzo ormai.” Allison si fermò, costringendo anche lui a
farlo. Si guardò intorno, tutti quegli occhi che la fissavano la mettevano a
disagio, eppure non riusciva a staccarsi da Joseph. Il suo sguardo si posò
infine su Oliver; sorrideva guardandoli, mentre la furia Danielle li osservava
con aria infastidita.
“Sarà
meglio che vada ora,” disse facendo un grosso respiro. “Grazie del ballo, Joseph”
sorrise prima di allontanarsi. Gli occhi scuri di lui la seguirono fin quando
non riuscì più a vederla.
***
Sdraiandosi
Joseph si era portato il telefono all’orecchio pensando a quanto Allison Marie Morgan
gli avesse stravolto la vita. L’aveva rivista quasi sei mesi prima, dopo
un anno durante il quale non aveva mai lasciato i suoi pensieri, e in quei sei
mesi starle accanto, viverla, era stato come un uragano che aveva messo a
soqquadro migliaia di anni di esistenza. Le aveva detto che la amava, ma lei
non aveva risposto. Almeno non a parole… perché quel bacio era stato la
risposta migliore che potesse dargli. Eppure dopo quel momento era sparita.
Stava per lasciarle un altro messaggio quando lei entrò dentro la stanza,
chiusa in un paio di jeans scuri che mettevano in risalto la morbidezza del suo
corpo.
“Allison”
le disse alzandosi per andarle incontro.
Lei
lo scrutò da capo a piedi e sorrise. “Non so perché mi ero fatta un’idea
alquanto precisa di ciò che indossavi per dormire.”
“Che
tipo di idea?”
“Pensavo
indossassi qualcosa di classico, un pigiama di seta di un bel blu diplomatico
ad esempio, e invece…” la donna si mise a sedere sul grande davanzale della
finestra. Fuori un vento fortissimo minacciava l’inizio di un temporale.
Joseph
accennò una risata andandole vicino. Con delicatezza le accarezzò le gambe
facendosi largo tra di esse. “Per una volta direi che ti sei sbagliata.”
“Sì,
succede anche ai migliori a volte” Allison gli poggiò una mano sull’addome
nudo, sentendo un brivido pervaderla per intero quando i loro corpi entrarono
in contatto. “Ho alcune richieste prima.”
Lui
le baciò delicatamente le labbra, poi annuì. “Parla pure.”
“Abbiamo,
o comunque stiamo per intraprendere una relazione, giusto?”
“Corretto.”
“Bene,”
Allison gli baciò il collo ed il mento prima di continuare. “Affinché funzioni
dobbiamo stabilire qualche semplice regola. Primo, nessun segreto. Ci diremo
tutto, anche se sapremo che l’altro non sarà d’accordo, anche se probabilmente
ci arrabbieremo l’uno con l’altra. Nessun segreto” la donna alzò le braccia
invitandolo a sfilarle la maglietta e lui lo fece.
“Nessun
segreto” ripeté sbottonandole i jeans.
“Secondo,
ci preoccupiamo l’uno per l’altra, ma rispettiamo i reciproci spazi. Io mi
fiderò delle tue scelte e tu ti fiderai delle mie. Magari ne discuteremo, ma
non dobbiamo mai dimenticare che indipendentemente da tutto, io so ciò che
faccio e anche tu sai ciò che fai.”
“Non
ti dirò mai e poi mai cosa fare. Capito.”
Allison
rise facendo leva sulle braccia per sollevare il bacino e permettergli di
sfilarle i jeans. Joseph tirò via anche gli slip, poi lasciò che lei slegasse i
laccetti dei suoi pantaloni e lentamente li facesse scendere giù per le gambe.
“Sei
sveglio, hai saputo leggere tra le righe.”
Il
vampiro sospirò avvicinando la bocca alla sua. “Hai altre richieste?” le
domandò facendo scivolare le mani fino a fianchi.
“Dimmelo
di nuovo,” la voce della donna divenne un sussurro mentre lui lentamente le
scivolava dentro, stringendosela addosso, facendo aderire perfettamente i loro
corpi. Chiuse gli occhi mentre il respiro diventava affannoso sotto le spinte
decise ma gentili del suo amante. Quelle labbra che le baciavano il collo,
l’incavo tra i seni, la bocca… lasciavano una scia di fuoco al loro passaggio.
Lui
le strinse di più le mani, affondando la lingua dentro la sua bocca, in un
bacio forte, intenso, appassionato. Si perse in quella danza calda e umida di
cui non avrebbe più saputo fare a meno e le lasciò le mani per stringerla
ancora di più. “Ti amo” le sussurrò staccandosi dalle sue labbra, “Mi hai
stravolto la vita Allison Morgan.”
Le
mani piccole della donna si persero tra i suoi capelli. “Ti amo anche io”
rispose un attimo prima che l’orgasmo la scuotesse facendola gemere
profondamente.
Joseph
la seguì dopo pochi secondi; le dita strette sulle sue cosce, il viso perso tra
i suoi capelli. Si sentì felice come non si sentiva da secoli, mentre le dita
della donna che amava gli accarezzavano la nuca.