Con questo
prompt temo di essere andata un po' fuori tema, ma la shot ha preso una
piega completamente diversa da come l'avevo pianificata. E non regretto
niente.
Mi sono
divertita un mondo, e devo essere sincera: mi è piaciuto un
sacco scriverla.
Questa storia
è strettamente collegata con Mistletoe, anche se non
è esattamente necessario leggerla per capire tutta questa
storia.
Iniziativa: Questa
storia partecipa al contest “Christmas Game! Puzzle
Time!” a cura di Fanwriter.it!
Numero
Parole: 1859
Prompt/Traccia:
I personaggi cucinano tutti insieme per il cenone
L’aria
che tirava in quella stanza non era delle migliori.
Masamune aveva sfoderato i suoi sei artigli per poter
fermare Chosokabe, confiscandogli l’ancora
– che ancora doveva capire da dove fosse riuscito a tirarla
fuori, quella – e cercando di placare gli animi. Ironico che
fosse lui, quello che di solito era l’attaccabrighe che
veniva dal nord, a fare da paciere ma era un giorno speciale e lui
aveva tutta l’intenzione di fare il bravo.
Chosokabe non aveva spiccicato nemmeno una parola da allora,
ma Masamune non gli avrebbe dato nessun torto in quella situazione.
Saputo quale fosse la causa della furia omicida dell’orco dei
mari del sud Masamune gli avrebbe personalmente spianato la strada, lui
non si sarebbe nemmeno trattenuto abbastanza come aveva fatto
l’amico, se solo ciò non avesse portato grane con
gli xavisti. E non ne voleva alcuna per quel momento.
Per quello si era trascinato Motochika verso la cucina,
nella speranza di poterlo calmare – e tenerlo fuori dalla
circonferenza vitale di Sorin – e si era presto dedicato alla
preparazione della cena.
In realtà, per quell’evento lui avrebbe
tanto voluto cucinare un tacchino e si era addentrato nella selva della
sua tenuta alla ricerca di esso con Sanada Yukimura, ignorando i
rimproveri di Kojuro su quanto simile caccia fosse cronologicamente
inaccurata.
Due ore dopo di infruttuosa ricerca, infatti, entrambi erano
tornati con dei musi lividi, delusi e tristissimi trascinando un
cinghiale. Quella bestiaccia non aveva dato loro nessuna tregua,
andando a cercarsi la sua triste fine tra le sue spade e le lance di
Yukimura, e alla fine Masamune aveva deciso che tanto andava mettere
quello sulla tavola.
Non l’avrebbe mai ammesso pubblicamente, ma
cucinare gli piaceva. Ora che aveva anche un pubblico – un
estasiato Yukimura e ancora un livido di rabbia Motochika –
il suo ego si gonfiava orgoglioso, giusto per rimarcare quanto fosse a
tutti gli effetti un drago.
Alla fine, tutti i capi gli avevano portato qualcosa
– Chosokabe il pesce del suo mare, persino Mori si era
scomodato a donare delle verdure piuttosto grosse – e lui
aveva tutto a disposizione per cucinare una cena come si doveva.
« Masamune-dono,
non sapevo fossi in grado di cucinare! » il lord sorride
tronfio, beandosi dei complimenti del suo bae. Trascorrere il
suo tempo con Yukimura, quel poco tempo che potevano concedersi, gli
faceva decisamente bene. Gli faceva anche venire voglia di mangiarselo
in un solo boccone, istinto sedato dalla presenza di Chosokabe nella
stessa stanza.
Dettaglio facilmente rimediabile.
« Chosokabe. » dice, indicando senza
nemmeno guardarlo. « Potresti chiedere a Mori che razza di
frutto sia questo? Vorrei evitare di avvelenarvi tutti. »
Motochika alza lo sguardo, vacuo.
« Non ne ho voglia. » brontola,
continuando a rimanere appoggiato al muro senza reale interesse.
« Avanti, un po’ di spirito di
cavalleria! Magari quel Otomo lo sta importunando di nuovo! »
simile considerazione fa scattare in piedi Motochika, che si precipita
fuori cucina in piena furia. Masamune lo osserva sbattere la porta, ma
non se ne preoccupa.
« Motochika-dono
deve essere molto affezionato a Mori-sama. »
mormora Yukimura, fissando la direzione in cui il pirata è
scomparso. Masamune sorride, accarezzando la mano appoggiata sul tatami
e avvicinandosi per un bacio che non gli viene assolutamente negato.
« Sono due idioti. » Yukimura ride
divertito, ma non replica. « A proposito, il tuo vecchio?
»
« Oyakata-sama
ha detto che avrebbe atteso Kenshin-dono
e poi avrebbero proseguito insieme. » replica, cercando di
ignorare l’indecente appellativo che Masamune aveva usato per
il suo maestro. « Ha anche detto che porterà del
saké! »
« Allora vale la pena di aspettarlo. »
Chosokabe si dirigeva a passi furiosi verso la parte interna
della tenuta, verso le stanze che Masamune aveva generosamente concesso
agli ospiti. Sicuramente Mori era lì, e anche Sorin. Simile
pensiero lo incendia, mentre la visione di meno di un’ora
prima non si vuole togliere dalla sua mente.
Motochika chiude gli occhi, frustrato, e si mette a correre
verso l’ignoto.
« Chosokabe. » la voce di Mori
è flebile, ma Motochika la sente comunque e si ferma. Mori
è di fronte a lui, e sta venendo dalla direzione opposta
alla sua. Era ritornato alla sua solita compostezza, del suo stato
imbarazzato e nervoso di prima ormai non ce n’era nemmeno una
piccola traccia.
« Mori. » il silenzio tra di loro
è teso, e nessuno sapeva bene cosa dire in simile
situazione. In fondo non erano così amici da permettersi
troppe confidenze. Nessuno dei due riesce a parlare, almeno
finché Mori non prende leggermente fiato.
« Dovevi essere tu. » mormora
all’improvviso Mori, cogliendo Motochika di sorpresa.
« Eh? » il suo commento inopportuno pare
infastidire Mori, che si morde il labbro e con stizza riprende a
camminare. Il braccio di Chosokabe lo blocca, però, e Mori
alza lo sguardo nel tentativo di fulminarlo. Il pirata sembra
sinceramente sorpreso. « Cosa hai detto, Mori? » il
rossore torna ad espandersi sulle gote di Motonari.
« Niente! Non ho detto niente! » urla,
indispettito, cercando di divincolarsi dalla presa di Chosokabe. Questi
lo tira a sé, stringendolo con improvviso affetto. Mori si
lascia abbracciare in quella maniera così piratesca,
cercando di ignorare le proprie ossa che scricchiolavano, e alza lo
sguardo.
Sopra le loro teste, il vischio.
Era un poco beffardo trovarlo, in quella situazione.
La presa di Chosokabe si allenta dopo un po’co,
permettendogli di allontanarsi. Non gli ci vuole molto per alzarsi in
punta di piedi e afferrarlo per gli ornamenti al collo per abbassare il
suo viso. Le labbra di Chosokabe sono gentili e calde. Sanno di mare.
Sono completamente diverse da quelle di Sorin, e sono quelle che Mori
si scopre ad aver desiderato già da un po’.
Quando si stacca, Motochika ha gli occhi sbarrati dalla
sorpresa. Mori ha voglia di sorridere, per averlo colto di sorpresa
ancora una volta. L’ennesima, ma gli procurava soddisfazione
come fosse la prima.
« M-masamune voleva s-sapere che cosa gli hai
portato. » balbetta, il rossore che ormai aveva preso
residenza stabile sul suo volto. Mori sospira, maledicendo
l’ignoranza di quel signorotto di Oshu, e ritrova di nuovo la
sua compostezza perduta.
« Andiamo. »
« Eh? » quel plurale sorprende
Chosokabe, ma nel sentire le dita di Mori stringere delicatamente il
lembo della sua giacca non trova il coraggio di obiettare.
Nella cucina si era scatenato il putiferio.
Keiji credeva di aver fatto del bene, a presentarsi senza
invito e portando in dono una gallina che aveva preso in prestito
dall’allevamento di Matsu. Peccato che la sua nee-chan
allevasse dei genuini polli da combattimento, e che ormai Masamune si
era lanciato in un vero e proprio duello con il volatile.
Yukimura e Kojuro, confinati alla porta, ormai non avevano
più la forza di intervenire.
« Vieni qui e fatti cucinare, damned chicken!!
»
« Voi avete capito cosa ha detto? »
chiede Keiji, chinandosi leggermente, ma persino Kojuro nega con il
capo. Masamune aveva perso il senno, decisamente. Peggio di quella
volta che Takenaka lo aveva rapito e aveva lasciato il suo danna a
vagare per il Giappone come un bambino che si era perso al
supermercato. Ripensare a Hanbei gli provoca uno spiacevole brivido.
Sicuramente ad Osaka si sarebbero offesi per quel mancato invito.
« Yukimura-danna,
ormai Takeda-sama
sta arrivando. » Yukimura, nel notare Sasuke sull’engawa della cucina
impallidisce. Guarda il suo compagno, impegnato in una lotta
all’ultimo sangue con il pollo, e si getta presto in mezzo ad
entrambi nel tentativo di fermarli.
In lontananza si sente il rumore di soldati che marciano, e
tutti i presenti – anche Chosokabe e Mori che erano
finalmente giunti in quella stanza – rimangono in attesa.
« Ohi, Sanada. Non sapevo che al tuo maestro
piacesse viaggiare con un manipolo di soldati. » Yukimura
stringe il pollo al petto, cercando di salvarlo dalle grinfie di Date,
e si stranisce.
« In effetti non è cosa da Oyakata-sama.
» commenta, volgendo lo sguardo verso i cancelli e schivando
un altro affondo di Masamune nei confronti del pennuto che teneva tra
le braccia. Nel vedere però il vessillo che si avvicinava
sempre di più ghiaccia il sangue a tutti i presenti. Kojuro,
anche se non cattolico, xavista, o che altro, sentì
l’improvviso bisogno di farsi il segno della croce.
Era il vessillo dei Toyotomi. Un disastro.
Passano pochi minuti, e presto un ragazzo proveniente dal
cancello corre al loro cospetto tutto trafelato.
« Masamune-sama,
Kojuro-sama!
Toyotomi Hideyoshi e Takenaka Hanbei chiedono udienza! » i
padroni di casa, sentendosi nominare, sbiancano. Per quale ragione i
loro nemici si presentavano così al nord, lontani dalla loro
sontuosa residenza di Osaka?
Masamune osserva Kojuro, distogliendo finalmente la sua
attenzione dalla gallina che Yukimura si affretta a mettere al suolo.
« E sia. Fateli passare. »
l’attesa è dura da sopportare, ma quando
finalmente i due uomini si palesano alla loro vista la tensione si
scioglie a favore dell’ostilità. Le truppe dei
Toyotomi, e soprattutto non i vertici di esse, erano esattamente i
benvenuti da quelle parti. Dopo i convenevoli –
perché erano gente educata, loro – cala un
silenzio imbarazzante. Kojuro vorrebbe quasi suggerire di estendere
l’invito a quella strana cena anche ai due nuovi arrivati,
salvo ricordarsi che lui non vuole condividere mai più il
suo spazio vitale con Takenaka Hanbei, quindi chiude la bocca e
considera molto più saggio tacere.
« Noi Toyotomi ci sentiamo offesi dal tuo mancato
invito al party,
Date-kun.
» è Hanbei a prendere la parola, dopo un lungo
silenzio che nessuno – a parte il pollo killer –
riusciva a rompere.
« Spiacente, ma non ho primogeniti da maledire.
»
« Non credo di aver capito. » replica
Hanbei, estremamente perplesso da simile frase.
« Non importa. » ghigna Masamune.
« E comunque non ho invitato diversi clan a questa, come
chiamarla, piccola festa. »
« Stando alle mie notizie avete invitato persino
Otomo Sorin. »
« Ma non è vero! » replica
prontamente Masamune, giusto in tempo perché un
“Sunday Mori, dove seiiiii?” rimbombasse per
l’intera tenuta facendo sbiancare il lord e strappare un
sorriso vittorioso a Hanbei. In tutto quello, Hideyoshi non aveva
pronunciato parola né aveva realmente sentito il bisogno di
farlo. In fondo era stato il suo stratega a voler improvvisamente
marciare su Oshu senza nessuna spiegazione troppo razionale.
« E comunque voi non siete invitati! »
« Sei un maleducato, Date Masamune-kun. Tua madre non
ti ha insegnato l’educazione? »
« L’educazione di Masamune-sama è
perfetta, Takenaka Hanbei. » sibila Kojuro, fissando
l’uomo in cagnesco.
« Volete scatenare una guerra a causa del vostro
comportamento? »
« Oshu è sempre pronta a combattere!
» urla Masamune, ricevendo un pronto
“yeah” da parte dei suoi sottoposti. Guarda
Yukimura, vedendo lo stesso fuoco riflesso nei suoi occhi. Chosokabe e
Mori invece sono spariti, e Keiji stava già cercando una
scusa per defilarsi. Era deciso, guerra!
In tutta quella confusione, nessuno si era accorto che ormai
erano giunti i governatori di Echigo e Kai.
« Kenshin, credo che ci siamo persi qualcosa.
» mormora Shingen, osservando con orgoglio il proprio bambino
che si stava dimostrando sempre più valoroso. Kenshin
sospira, straordinariamente nemmeno sorpreso.
« Io propongo di tornare a Echigo. »
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