Non
sapeva cosa fosse
successo.
Non
lo sapeva proprio.
Un
attimo prima stava
facendo... beh... in realtà non lo ricordava. Era certo
però che fu
questione di un l'attimo ed era... era il nulla.
Una
cosa molto normale.
Certo,
dipende da cosa si
intenda con normale.
Con "normale" tu puoi
intenere fare il letto con un gesto di bacchetta o smaterializzarsi
per andare da una parte all'altra.
Oppure puoi intendere
viaggiare a bordo di carrozze motorizzate e lavare piatti a mano.
Anche
vedendola sotto questa
luce, quello che il nostro protagonista si ritrovò davanti,
andava
contro ogni concezione di normale definita da ogni
essere
vivente.
Insomma,
all'improvviso si
era ritrovato in uno spazio sconfinato dove tutto ciò che
poteva
vedere era bianco.
Bianco. Tutto bianco, anche il cielo.
Certo, sempre se ci fosse stato un cielo lì. Non era neanche
sicuro che ci fosse un pavimento in quel luogo. Per quanto ne sapeva,
poteva anche star fluttuando a mezz'aria. L'unica certezza che
però
gli confermava che c'era qualcosa sul quale camminare, era il fatto
che il didietro gli facesse male. Vorrei vedere voi atterrare su una
superficie di sedere!
Si
passò una mano fra i
capelli.
Era
surreale.
Quel
bianco era...
soffocante, statico. Perché la gente decideva che questi
luoghi
inquietanti dovessero essere bianchi? Non potevano
essere
tipo... Blu? Verdi? Gialli?
No,
bianchi.
Giusto per
preoccupare i poveri disgraziati che ci finivano.
Ovviamente.
Il
nostro uomo, per cercare
di non farsi venire un attacco di panico e cercare di salvare quel
po' di sanità mentale che, era sicurissimo, lo avrebbe
presto
abbandonato, decise di alzarsi. Nel farlo però,
notò qualcosa di
strano.
Innanzitutto, indossava una sorta di enorme giacca
blu. E quando dico "enorme" intendo proprio "enorme".
Certo, poteva anche sbagliarsi, ma era più che certo che le
giacche non dovessero arrivare al polpacci.
Comunque non diede
molto peso alla cosa... poteva anche essere la divisa che quel luogo
comportava, cosa ne sapeva lui?
La
seconda cosa strana che
notò, era che, a differenza di quanto aveva pensato in
precedenza,
non era atterrato direttamente sul pavimento.
Se vogliamo essere
più precisi e pignoli, aveva una valigia
sotto il deretano.
Ora,
constatato che da quanto
ricordava non aveva mai covato valige o altri oggetti in vita sua,
era più che certo che anche la valigia facesse parte
dell'outfit del
luogo, con la giacca e tutto il resto dell'abbigliamento a cui lui
non prestò molta attenzione.
In
ogni caso, vestiti o non
vestiti, lui era curioso di scoprire cosa nascondesse quella valigia.
Per questo motivo la prese fra le mani e tentò di aprirla,
il che
risultò un impresa titanica dato che la valigia sembrava
sigillata.
Certo, non è che fosse un tipo forte, ma almeno aprire una
valigia!
Doveva decidere di iniziare a fare attività fisica, non
poteva
andare avanti così: stava già morendo nel cercare
di aprire una
dannata valigia, per Merlino, com'era messo male!
A
salvarlo dalle sue
elucubrazioni mentali, ci penso una voce.
《Non
si aprirà》
Si
spaventò, non tanto per
le parole, ma per il suono della voce.
Pensò di star per
diventare pazzo: prima questo limbo bianco, poi le voci incorporee...
aveva pronto un biglietto di sola andata per il San Mungo.
Il
fatto che però non
sapesse cosa fosse il "San Mungo" è irrilevante.
Sentì
la voce ridacchiare.
《Non
sei pazzo... sono dietro di te.》
Si
girò di scatto.
Alle
sue spalle, c'era un ragazzo che poteva avere si e no sui diciassette
anni. Anche lui portava una giacca enorme... solo che la sua era nera
con degli inserti rossi e oro e assomigliava più ad un
mantello che
ad una giacca vera e propria.
Nonostante gli strani abiti, però,
gli parve di conoscerlo.
Lasciò
però da parte quei
pensieri per prendere altri che gli pesavano di più.
《Chi
sei tu? Dove ci troviamo? Che posto è questo? Come ci sono
arrivato
qui? Perchè sono qui? Perchè ho questa una
valigia? Vuoi uccidermi?
》
Il
ragazzo parve preso in
contropiede da quella raffica di domande, infatti, mettendo le mani
avanti e facendo gesto di calmarsi disse:
《Piano,
piano. Non posso rispondere a tutte queste domande, soprattutto se
fatte tutte insieme! Ponimele una per volta. A quelle a cui
potrò
rispondere lo farò!》
Il
nostro protagonista cercò
di calmarsi. Il ragazzo aveva ragione. Se voleva delle risposte
doveva anche fare delle domande con calma.
Prese respiro.
《Dove
siamo?》
Il
ragazzo parve rilassarsi
anche lui, poiché mise le mani nelle tasche dei pantaloni
con aria
noncurante.
《Qui?
Beh, in realtà non so se questo posto abbia davvero un nome.
È
come... un limbo più o meno. Un luogo di transizione. Anche
io ci
sono finito a mio tempo.》
Mister
giacca blu parve non
capire.
《Un
luogo di transizione?》
《Si,
beh... è il luogo nel quale tu prendi forma. Insomma, come
se tu
fossi una statuina da mettere su una torta. Prima ti creano a parte e
poi ti inseriscono nel contesto. Tu adesso sei nel luogo dove viene
realizzato il personaggio》
Si
passò una mano fra i
capelli.
《Quindi...
io sono un personaggio?》
Il
tipo strano sorrise.
《Il
protagonista, oserei dire》
Non
sapeva se sentirsi
lusingato oppure no. Quella risposta era la soluzione a gran parte
delle sue domande.
《Quindi
io sono qui perchè sono "nato" qui?》
《Si》
《Quindi
nessuno mi ha portato qui》
《Nessuno》
《E
non vuoi uccidermi》
Il
ragazzo sorrise.
《No,
non voglio ucciderti》
Guardò
il suo bagaglio.
《Perchè
ho questa valigia?》
Il
ragazzo si sistemò meglio
gli occhiali sul naso.
《Beh,
è il tuo tratto distintivo》
《Tratto
distintivo?》
《Si,
beh... il tuo oggetto di riconoscimento. Praticamente senza quella tu
non saresti tu. Una specie di carta d'identità,
più o meno》
Strinse
di più la presa
sulla valigia e sollevò le sopracciglia. Non capiva. In che
senso
carta d'identità? Cosa significava?
Il
ragazzo capì la sua
incomprensione e allora si tolse gli occhiali in un gesto
d'impazienza.
《Questi
- disse sollevandoli - sono il mio tratto distintivo. Sono entrato
nell'immaginario collettivo grazie a questi. Quando i ragazzi del
mondo normale pensano a me, pensano direttamente a questi》
《Quindi,
quando le persone pensano a me pensano alla mia valigia?》
Si
rimise gli occhiali.
《Lo
faranno.》
L'
uomo, non poté far a meno
di ignorare quegli occhi. Erano... dannazione, erano così
verdi!
Sembrava che fossero finti. O almeno, così avrebbe
detto lui, se non avesse visto la scintilla che brillava in quello
sguardo. Non era una scintilla normale. Neanche quegli occhi lo
erano.
Erano... gli occhi... gli occhi di un eroe.
Non
aveva idea di cosa glielo facesse pensare. Lo sapeva e basta. Secondo
lui, era dagli occhi che si vedeva davvero l'anima di una persona:
gli occhi del ragazzo dicevano che aveva l'anima di un eroe.
Non
sapeva perché, ma voleva assomigliargli. Voleva essere un
eroe anche
lui. Non per invidia o altro, per il semplice fatto che sapeva
già
di stimarlo. Sapeva che era coraggioso, gentile e buono.
Non
perché glielo avesse detto, il ragazzo non aveva fatto
parola su
questo. Ma perché lui lo sapeva, ne era
certo.
E lui
voleva assomigliargli.
Prima, il ragazzo, aveva accennato a
personaggi e protagonisti e aveva gli aveva detto che lui era uno di
questi ultimi. Secondo lui, anche il ragazzo lo era. Forse avevano
davvero qualcosa in comune!
Si
accorse di star
guardandolo negli occhi. Distolse subito lo sguardo. Non gli piaceva
guardalo negli occhi, lo metteva in soggezione.
Decise comunque,
di fargli la domanda.
《Prima
hai detto che sono un protagonista... lo sei anche tu, non è
così?》
Il
ragazzo si passò una mano
fra i capelli.
《Si...
io... lo ero, in effetti》
《Lo
eri? In che senso "lo eri"?》
《La
mia storia è finita, da un pezzo, ormai. Non c'è
più niente da
raccontare su di me. Ci hanno provato, ma... - alzò lo
sguardo -
...lei ha già raccontato tutto》
Non
tenne in considerazione
l'ultima parte del discorso del ragazzo. Gli dispiaceva per lui... a
quelle parole, i suoi grandi occhi verdi si erano scuriti un po'...
《Ed
è brutto? Intendo, che la storia sia finita?》
Il
ragazzo scosse la testa.
《Non
è finita. Cioè, la mia parte della storia lo
è, nella la storia di
per se ci sono ancora tante altre cose da dire. Ed è per
questo che
adesso entri in gioco tu.》
Lui?
Davvero? Cosa ci
entrava? Non era questo che intendeva! Non voleva prendere il suo
posto! Chi era lui per farlo?
《Cosa...
no senti, io non-》
Si
bloccò quando il ragazzo
gli mise una mano sulla spalla.
《Non
mi ruberai il posto, se è questo quello che pensi. La mia
parte, la
fine del mio capitolo è già stata scritta. Tu
rappresenti un nuovo
inizio. Un nuovo protagonista, alle prese con lo stesso mondo con il
quale mi sono scontrato io. È il tuo momento, la tua storia,
il tuo
capitolo appena iniziato. Alla fine, sia il mio che il tuo capitolo
faranno parte di qualcosa di più grande. Fanno parte della
stessa
storia, ma sono completamente diversi. Mi segui?》
《Quindi
è come se l'intera storia fosse una grande torta e il tuo
capitolo
fosse uno strato e il mio un altro?》
《Esattamente》
Quelle
parole lo avevano
rincuorato. Certo, voleva essere un eroe, ma non voleva rubare il
lavoro all'altro ragazzo. Non si sarebbe mai permesso di fare una
cosa del genere.
Il
ragazzo guardò uno strano
orologio che portava al polso. Era un po' vecchiotto, ma parecchio
carino.
《Per
la barba di Merlino! È così tardi! A quest'ora
dovrei aver già
finito! Perchè finisco sempre con il divagare?》
Lo
guardò interrogativo.
Tardi? Per cosa era tardi? Stava giusto per chiederglielo quando il
ragazzo lo bloccò.
《Okay,
a momenti inizierà il film e io devo tagliare la corda. Mi
hanno
detto che dovevo venire qui solo per darti un in bocca a lupo, invece
mi sono ritrovato a divagare... come al solito》
Il
ragazzo si passò una mano
fra i capelli, poi, senza dargli il tempo di rispondere riprese:
《Buona
fortuna Newt, anche se con una come lei non ne avrai bisogno. Non
dubitare mai di te stesso, perché sei importante. Fidati di
me. Sei
importante Newt. E non solo ai fini della trama. È qualcosa
di più
grande. Tu... sei la nuova bandiera, Newt Scamander. Grazie a te,
ogni bambino, ragazzo, uomo di questo secolo conoscerà il
Mondo
Magico. Si affezioneranno a te, ti sosterranno in ogni tua scelta
coraggiosa e ti insulteranno in tre lingue diverse quando farai una
cavolata, ma nonostante tutto, non ti abbandoneranno mai. Diventerai
il loro punto di riferimento, come a mia volta lo sono stato io. Solo
che per te è un po' più difficile. Dovrai
sostenere il peso della
fama sulle tue spalle e far capire agli altri che non sei stato
creato solo per soldi, ma che esisti per un buon motivo. E questo
buon motivo è salvarli. Da se stessi, dai videogame, da una
società
basata sull'apparire anziché sull'essere. Rappresenti la
svolta,
come feci io.
Sii il loro eroe, Newt Scamander. E fai in modo di
esserlo fin proprio alla fine》
Newt
guardò il ragazzo e
ascoltò le sue parole. Si sentì colmo di molte
emozioni, qualcosa
come il coraggio, la determinazione a farcela, il voler dimostrare di
valere. Non aveva provato niente del genere prima d'ora. Si sentiva
come se potesse fare tutto, carico di una nuova forza. E ne era
più
che certo: sarebbe stato l'eroe di quella generazione, li avrebbe
salvati, tutti quanti. Era una promessa.
D'un
tratto, però, i
contorni della figura del ragazzo divennero sempre più
sbiaditi.
Newt si spaventò e guardò il ragazzo allarmato.
Questi lo guardò
e sorridendo rispose:
《Il
tempo è scaduto》
《Cosa?
No, non puoi andare! Io devo farti ancora una domanda!》
Senza
perdere tempo e senza
aspettare la risposta del ragazzo, chiese:
《Ci
conoscevamo prima di tutto questo?》
Il
ragazzo, lo guardò con
un'espressione enigmatica.
《Dipende
da cosa intendi per "conoscerci". Non ci siamo mai visti
fisicamente, né abbiamo mai parlato. Ma si, Newt, ci
conosciamo.
Abbiamo la stessa madre, infondo. Come potremmo non conoscerci?》
Newt,
in quell'istante, capì
tutto.
Era suo fratello. Il ragazzo, era suo fratello! Come aveva
fatto a non pensarci prima? Questo spiegava tutto! Ecco
perché ogni
volta che lo guardava era come rivedere una parte di se stesso! Ecco
perché si fidava di lui! Ecco spiegata l'ammirazione! Ecco
perché
sapeva di conoscerlo! Era suo fratello! Era il suo fratellone!
E in quel momento, la
realtà, come un ceffone particolarmente violento, lo
riportò sulla
terra.
Non
lo avrebbe più
rivisto.
E
si sentì male.
Quei
dieci minuti erano
bastati a farlo affezionare. E come non farlo? Era suo fratello,
dannazione! era normale che si sarebbe affezionato! E doveva
abbandonarlo.
Non
era pronto, non voleva
che accadesse! Lui... Loro, avrebbero dovuto stare insieme, come dei
fratelli normali!
Ma
era proprio questo il
problema: Loro non erano fratelli normali.
Gli
tornarono in mente le
parole del ragazzo: Loro erano eroi. Il Loro compito era quello di
salvare più persone possibile. E Newt lo avrebbe fatto,
com'era
certo lo aveva fatto suo fratello.
E
un giorno, quando il suo
tempo sarebbe giunto, quando il suo capitolo sarebbe finito, si
sarebbero rincontrati. Ma, fino ad allora, avrebbe custodito il suo
ricordo nel suo cuore.
Solo
che... non sapeva il suo
nome.
Merlino,
che stupido che era
stato!
Dieci
minuti di conversazione
e non aveva chiesto il suo nome!
Non
che il ragazzo si fosse
ricordato di dirglielo, in effetti.
Forse
era per questo motivo
che nessuno dei due era Corvonero...
La
figura del ragazzo divenne
sempre più opalescente. Continuò a guardare Newt
con un sorriso
dolce ma allo stesso tempo combattivo.
Il nostro protagonista,
quasi urlò la sua ultima domanda:
《Come
ti chiami?》
Il ragazzo sorrise
e rispose. In quello stesso istante, uno sbuffo di vento gli
spostò
i capelli dalla fronte per un millisecondo, ma fu abbastanza
perché
Newt la vedesse.
《Mi
chiamo Harry,
Harry
Potter》
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