Dear Watson,

di Machi16
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"La mia vita non è che un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell'esistenza.​"

 


 

Il vagare senza meta era una cosa che Sherlock faceva spesso, aveva quella straordinaria capacità di rendersi invisibile tra la gente che oramai lo conosceva e lo etichettava o come il classico investigatore privato o, sfortunatamente, come assassino.

Forse quest’ ultima definizione gli calzava più a pennello facendolo sentire insolitamente calmo, freddo e distaccato, non si pentiva di quello che aveva fatto ma allo stesso tempo non se ne compiaceva, quello che diceva la gente era solo un dettaglio irrilevante di cui solo lui conosceva le sfumature: la vita di John era una di queste, una sfumatura più potente delle altre, una ragione su un milione di parole vaghe ma, ora come ora, doveva tenerlo fuori da quel disastro che si era creato intorno.

Svoltò un vicolo a destra, poi un altro a sinistra, poi un altro ancora nella stessa direzione senza rendersi conto di dove stesse andando con precisione, i sobborghi di Londra erano la sua seconda casa, ne conosceva le sfaccettature e le sfumature più oscure, molti dei suoi “segnalatori” vivevano lì ed era uno dei motivi per il quale doveva tenere un profilo basso. Ora non stava giocando, non più.

Sherlock chiuse gli occhi per un secondo, quando un alito di vento gli scompigliò i capelli, assomigliava al richiamo di un tempo passato o, per come lo percepì John di un presagio futuro.

 

Il Dottor Watson si ritrovò in bezzo ad una strada piena di gente insulsa, non era bravo come Sherlock ad orientarsi soprattutto se non aveva la minima idea di cosa cercare, gli e lo diceva sempre che la sua mente aveva capacità ristrette e, per quanto tali parole suonino come un insulto, riflettevano la cruda e semplice verità: Nessuno sarebbe mai stato al pari di Sherlock Holmes. Nessuno.

Per un secondo si mimetizzò in lui e chiudendo gli occhi provò a visualizzare la piantina di Londra come il suo partner aveva fatto nella loro prima avventura, all' epoca gli sembrò qualcosa di sconvolgente mentre in realtà era una cosa estremamente normale.

 

“Dove diamine è andato?”

 

Prese una strada a caso sulla sinistra senza badare a niente di quello che lo circondava. Perché lo stava cercando?

La risposta comparve come un barlume nella sua testa per poi dileguarsi immediatamente, aveva forse paura di perderlo ancora?

Effettivamente aveva un senso e sarebbe stato così se solo lui non avesse una moglie di cui occuparsi e una bambina in arrivo, la cosa più saggia sarebbe stata tornare indietro e aspettare proprio come aveva sempre fatto ma, quella volta, un istinto nascosto era prevalso in lui facendolo correre via per dimenticare ogni singolo pensiero quotidiano.

Stava ancora al gioco di Sherlock Holmes ma non più per quell’ assurda adrenalina che gli provocava ma per tirarlo fuori dai guai solo che ora non stava più giocando.





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