Wexford by mikybiky is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License. Based on a work at www.efpfanfic.net.
Anticipazioni- ciao
a tutti! Questa è la mia prima fic originale che sia
ambientata all'estero, per cui ho avuto un po' di difficoltà
a ricostruire località, usi e costuimi. Premetto che la
Wexford High School è opera della mia fantasia, ma per
quanto riguarda la contea ed i villaggi, esistono veramente. Ho
ricercato informazioni su wikipedia a qeusto link http://it.wikipedia.org/wiki/Wexford.
Se sono errare non
me ne assumo la
responsabilità.
Dunque, l'introduzione ha uno stile un po' strano, come se il narratore
fosse lo speaker di una radio. Questo capitolo non è molto
bello, lo ammetto, ma è solo l'introduzione, quindi se non
lo trovate molto interessante, provate comunque ad andare avanti,
perchè poi cambierà!
Per aiutarvi, vi metto la pronuncia di alcuni nomi un po' strani:
Maiti-
Metti
Sèanait-
Shennit
Mairsil
- Marsel
Bairre-
Berri
Daigh-
Dei
Tutti
gli altri si pronunciano come sono scritti.
Buona
lettura!
1.
BUONGIORNO
WEXFORD
Buongiorno,
Wexford.
È il 2 ottobre, sono le sette e trentadue di mattina ed
è
una bella giornata.
La
contea si sta
accingendo a svegliarsi, oppure si è già alzata,
ma non
confiderei molto in questa possibilità: la gente qui non
è
troppo mattiniera. Diciamo che gli abitanti di Wexford non sono
proprio conosciuti per la
loro puntualità.
Se
sei alla ricerca
di fama, soldi e successo, questo è un ottimo giorno per
fare
affari: si dice che il celebre regista Benjamin Braight sia sbarcato
proprio oggi in Irlanda, in vista dell’altrettanto famoso
Wexford
Festival Opera, che si tiene in questa cittadina ogni anno.
Ovviamente, non poteva mancare al suo seguito quella sciacquetta
di Abigail, la sua figlia minore, che l’ha portato al
successo solo
grazie alla qualità di ottima attrice. Dublino la ricorda
ancora per la sua pessima fama di
“distruggi-palcoscenico”, ma
quella è un’altra storia.
Per
quanto riguarda
il resto, niente fuori dall’ordinario
sta
sconvolgendo queste fresche ore mattutine di inizio ottobre: la
lucida e perfetta Volkswagen
di Sèanait
ha già fatto il giro Castlebridge e ora sta scortando a
scuola
il branco delle “Comando io”, mentre la squadra di
rugby è
già nel cortile ad allenarsi, sotto la
severa autorità
dell’allenatore O’Bowen.
Ma
c’è
sempre qualche inatteso evento pronto a sconvolgere le giornate. La
novità? Chris Braight ha seguito il padre in Irlanda, ed ora
si trova proprio qui a Wexford!
L’ultima
volta in
cui un essere umano ne ha sentito parlare è stato quando ha
deciso di far costruire una scuola solo per sé, che
consta di tutti
gli insegnanti
migliori del mondo; non uno per materia, no, ben tre!
Sorge
quindi
spontaneo chiedersi: che cosa ci fa l’adolescente single
più
famoso e pretenzioso di tutta l’America in una contea di
9.449
persone?
7:32:
Maiti si
allacciò l’orologio al polso e, stringendosi nel
cappotto,
si avviò a passo veloce verso la fermata
dell’autobus. I
suoi genitori erano ancora a letto, come ogni mattina, del resto. Non
che più della metà di tutta la contea si fosse
già
destata a quell’ora, no di certo. Per gli abitanti di Wexford
dormire era l’attività favorita.
Dopo, ovviamente, c’erano l’ozio, la tv, i
divertimenti, gli
amici...
Gli
unici a
rimetterci erano gli studenti: per loro alzarsi presto la mattina non
era un dovere, era un obbligo. E se proprio fossero giunti tardi in
classe, avrebbero avuto la loro punizione, che la maggior parte delle
volte coincideva con un’interrogazione.
Maiti
prese avvio
lungo la via principale, che collegava direttamente il villaggio di
Bridgetown, dove viveva lei, al centro di
Wexford.
La strada era poco affollata; erano per lo più ragazzi
infreddoliti che ne approfittavano per fare colazione in pasticceria,
o dog-sitter che correvano per stare dietro ai cani.
Una
ventata fredda
investì la ragazza, che si avviluppò ancora di
più
nel giaccone pesante. Ottobre non era di certo il periodo
più
caldo dell’anno, ma almeno quel dì non pioveva.
Nonostante
il freddo
sferzante, il cielo era sereno e per la prima volta nell’arco
della
settimana non pioveva. Le previsioni meteorologiche
avevano pronosticato un cielo senza nubi per almeno due giorni, un
record per i primi di ottobre, viste le condizioni atmosferiche di
quell’anno.
Maiti
raggiunse la
fermata: non distava più di cinque minuti da casa sua.
Mentre
si sedeva intirizzita sulle panchine, in attesa che arrivasse il bus,
osservò l’ambiente circostante: Wexford
di mattina non era particolarmente invitante, specialmente se era
piovuto fino alla sera precedente. Enormi pozzanghere invadevano la
strada, e le macchine non potevano non centrarle, spruzzando i
pedoni, che di rimando imprecavano contro l'automobilista.
Wexford,
pensò la ragazza, appoggiando la testa al muro dietro di
sé.
Una cittadina così piccola, ma una
meta così
ambita.
Sorridendo,
sperò
con ardimento che il 15 di ottobre le temperature non scendessero
sotto lo zero (cosa
assolutamente improbabile) e
che, se proprio sarebbe dovuto piovere, fosse stata almeno una
pioggerella leggera.
Intanto
che
fantasticava sulle sorti del tempo, il
pullman si fermò
davanti a lei, con uno stridio sordo,
slittando appena sull’asfalto bagnato, e con
un rumore di ferro arrugginito le porte si spalancarono, facendo
salire lei ed altri ragazzi.
Il
15 ottobre si
sarebbe aperto il Wexford Festival Opera, e la voce che il regista
Benjamin Braight vi avrebbe preso parte aveva
già
fatto il girò di tutta county town. A
Bridgetown non si
parlava d’altro da ormai due settimane.
Maiti
attraversò
il corridoio del pullman e prese posto su un sedile libero, accanto
al finestrino. Durante tutto il tragitto osservò
l’ambiente
circostante. Bridgetown non si trovava direttamente sul mare, ma le
enormi spiagge irlandesi erano comunque visibili: erano
l’oggetto
preferito dei disegni che Maiti si dilettava ad istoriare.
Arrivò
a
scuola presto, come ogni mattina. Scese dall’automezzo, si
issò
la cartella in spalle e percorse tutto il perimetro esterno
dell’inferriata, finché non giunse davanti al
cancello.
L’auto
di Sèanait
era già parcheggiata nel posteggio adiacente
all’istituto, e
si confondeva con tutte le altre lasciate in sosta in quella parte
dell’area di servizio. Maiti scosse la testa, sprezzante.
A
Castelbridge erano
tutti ricchi, e sicuramente Sèanit non faceva nulla per
nasconderlo. Ogni mattina sua madre faceva il giro per raccogliere le
amiche della ragazza, Ina, Mona e Mairsil, e poi le portava a scuola.
Era l’insegnante di educazione fisica, la signora Connel, ma
nel
suo carattere non compariva nemmeno uno dei tratti
dell’indole
presuntuosa della figlia.
Lascia
perdere,
si disse la ragazza, scuotendo la testa e proseguendo.
«
Hey, Maiti! ».
Si
girò.
Cristin la stava raggiungendo. Era una sua amica, e per fortuna anche
una compagna di classe. Non si era amicata molti studenti lì
alla Wexford High School, ma quei pochi frequentavano il suo stesso
corso.
«
Ciao, Cristin »
rispose. «
Cosa ci fai qui? Pensavo che dovessi passare in redazione per finire
quell’articolo. Che ne è stato? »
«
L’ho già consegnato »
affermò la ragazza. « Sèanit
ha anticipato la scadenza, e io ero già in ritardo ».
Maiti
era perplessa.
Sèanit era la direttrice del giornalino scolastico: certo,
era
solita pressare i compagni affinché consegnassero il loro
pezzo, ma non aveva mai spostato una consegna prima.
«
Per quale motivo? »
domandò,
irritata. « Non
aveva detto che il
prossimo numero sarebbe dovuto uscire a metà ottobre? »
«
Maiti! »
esclamò l’amica. «
Ti sei già scordata del festival? »
«
Il festival? E cosa c’entra con il giornalino? »
Cristin
fece
spallucce, sistemandosi meglio la borsa sulle spalle.
«
Vuole inserire il programma » disse,
« e qualcuno ha
anche dovuto scrivere
un articolo per lei. È particolarmente ossessiva in questo
periodo ».
Maiti
rise
sarcasticamente.
«
E quando mai non lo è? »
Il
vento freddo
scompigliò i capelli alle due ragazze, facendole
rabbrividire.
Sfregandosi le mani contro le braccia, andarono a sedersi sulle
gradinate di legno che fiancheggiavano il campo da rugby.
I
ragazzi della
squadra stavano finendo proprio in quel momento
l’allenamento; il
signor O’Bowen si stava congratulando con loro per
l’impegno che
ci avevano messo e li incoraggiava per la partita che si sarebbe
svolta il sabato successivo.
«
Guarda che movimenti fluidi »
commentò Maiti, assorta, fissando nella direzione di Daigh
Morgan, il capitano della squadra. Era un fusto alto quasi un metro e
novanta, capelli biondi e occhi verdi. Era popolare tra le ragazze,
ma era territorio proibito: era il ragazzo di Sèanit, e
Maiti
lo sapeva bene.
«
Togliti quello sguardo! »
commentò
divertita Cristin. «
Da questa
distanza possono vederti tutti! »
Maiti
le diede un
pizzicotto, riscuotendosi. Tentò di sedersi in modo
più
composto, ignorando l’aria fredda che le sferzava il viso.
Fissò
un punto vuoto davanti a sé e si sforzò a non
alzarsi e
correre via per la vergogna. Anche se Cristin diceva certe cose solo
per scherzare, la maggior parte delle volte succedevano sul serio.
«
Era lo stesso identico sguardo che assumevi tu quando Brecc ti
passava davanti »
ribatté,
imbronciata.
Cristin
si alzò
e, sorridendo, si separà dall’amica, dirigendosi
verso i
membri della squadra, che si stavano allontanando, tra i quali
c’era
anche Brecc Stoker, il suo ragazzo.
«
Sì, ma io almeno non mi facevo notare »
rispose, maliziosa.
Maiti
ridacchiò,
mentre Cristin scendeva in campo.
«
Pazza »
mormorò tra sé.
Restò
da sola
a fissare il paesaggio che si poteva ammirare al di là della
strada. Era meraviglioso: a sud la steppa si estendeva a perdita
d’occhio, in tutti i suoi colori caldi, nonostante fosse
autunno.
Ad est, invece, si poteva ammirare la costa e le tonalità
scintillanti del mare d’Irlanda.
È
meraviglioso,
pensò.
Merita.
Dalla
cartella
estrasse una piccola videocamera. Oltre al disegno, l’altra
sua
grande passione era filmare. Incideva su pellicola tutto ciò
che poteva; perché, al contrario di quando disegnava,
filmava
in luoghi affollati, dove c’erano ricordi da catturare.
Iniziò
a
riprendere l’orizzonte macchiato di rosa, il colore del
mattino.
Poi puntò l’obiettivo sulla squadra di rugby,
filmando prima
Cristin e Brecc Stoker, passando successivamente al signor
O’Bowen,
che le strizzò l’occhio. Infine si
fermò su Daigh
Morgan.
«
Avanti, girati e fammi un bel sorriso »
disse, avvicinando l’obiettivo.
«
Ciao Maiti! »
Per
poco la ragazza
cadde a terra, tanto fu lo spavento che prese. Lasciò andare
la videocamera e si appoggiò al suolo di legno, voltandosi
con
occhi sgranati verso chi l’aveva interpellata.
«
Oddio »
mormorò, ancora
scioccata.
Il
ragazzo che aveva
davanti le tese una mano, evidentemente mortificato. Maiti
accettò
l’aiuto e si alzò in piedi, un po’
stordita. Si voltò,
in cerca della telecamera, ma non la trovò.
«
Maiti, mi dispiace »
disse il
ragazzo, rammaricato. Era alto quasi quanto Daigh Morgan e aveva i
capelli biondo scuro, la pelle abbronzata e gli occhi marroni.
Indossava una divisa da rugby, con stampato sopra il numero 16.
Bairre
Allen,
pensò Maiti.
«
Non fa niente Bairre »
disse.
«
Non è successo nulla di grave. Mi hai solo fatto paura. Sei
spuntato all’improvviso ».
«
Hai… hai ragione » balbettò
il ragazzo. «
Mi dispiace. Non lo
farò più ».
«
Ti ho detto che non ti devi preoccupare ».
Tentò di sorridergli. « Nulla
di grave. È solo che non trovo più la mia
telecamera.
L’hai vista? »
Il
ragazzo chinò
lo sguardo ispezionò la zona. Alla fine la
individuò.
Scese un paio di gradinate, poi saltò sul prato e si
intrufolò
sotto l’impalcatura. Ne uscì qualche secondo dopo,
con in
mano la videocamera di Maiti.
«
Ha fatto un bel volo »
disse, con il
cuore in gola. «
Spero sia tutto a posto ».
Maiti
l’afferrò
con veemenza dalle mani del ragazzo. La tastò: sembrava a
posto. La girò e rigirò; i lati erano un
po’
ammaccati, ma l’importante era che funzionasse ancora.
Bairre
nel frattempo
la osservava con malcelata ansia. Temeva il peggio, e se
così
fosse stato non se lo sarebbe mai perdonato.
Maiti
l’aprì
e constatò che si era spenta. Allora la riaccese.
«
Non si è staccata nemmeno la batteria »
disse, un po’ sollevata. «
Probabilmente l’erba ha attutito il colpo. È stata
una bella
fortuna, non me ne potrei proprio permettere una nuo… oh,
no! »
Bairre
fece un salto
di dieci centimetri. Iniziò ad agitarsi e a stritolarsi le
mani, tentando di vedere quale fosse il danno.
«
Co… cosa è successo? »
domandò, in pasto all’angoscia più
totale.
«
I cristalli liquidi sono partiti »
affermò la ragazza, sconsolata.
Bairre
trangugiò.
«
Maiti, io… io… non so cosa dire, sono
mortificato, sul serio ».
«
Forse si può ancora filmare »
lo rassicurò Maiti, scocciata.
Il
ragazzo stava per
dire qualcos’altro, ma in quel momento Cristin
tornò,
interrompendoli. Assieme a lei c’era una ragazza castana,
Moira,
un’altra amichs e compagna di classe.
«
Entriamo, Maiti? »
disse Cristin,
allegra. « Tra
poco iniziano le
lezioni ».
«
Sì »
confermò lei,
voltando le spalle a Bairre. «
Entriamo ».
«
Mi dispiace sul serio, Maiti, » urlò
il ragazzo, tremendamente afflitto. «
Farò in modo di farmi perdonare! »
Ma
la ragazza si era già allontanata.
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