Disclaimer traduttrice: Preparatevi a piegarvi dalle risate, o
lettori!
Disclaimer della scrittrice: (tradotto perché già vi fa
capire il tono della storia)
Pairing: Ino/Shikamaru, perché sono dell’opinione che ogni ragazza abbia
bisogno del suo schiavo personale. Volevo dire, genio sexy. Volevo dire, migliore amico. Ecco.
Genere: Um. Fangherlaggio gratuito e abbastanza stupidità da far
esplodere un cervello. Oh, e
la biancheria. La bancheria dovrebbe essere un genere a parte. Anche se forse c’è già, e si chiama porno. Ah, le
parole!
Ambientazione: Al giorno d’oggi perché mi
evita di scrivere scene d’azione dove ognuno annuncia il proprio attacco
successivo e francamente, solo One Piece è talmente adorabile da giustificarlo.
Recensioni: sono volontariamente obbligatorie, come diceva sempre il
mio maestro alle elementari, se può avere un senso.
Commento: Shikamaru dovrebbe
imparare a fare qualche clone d’ombra. Perchè, mmm, migliaia di cloni di
Shikamaru? Oh, yes.
I muri puzzavano di fumo.
“Bastardo. Cominci dalla fine,
eh?”
“È più veloce,” borbottò Shikamaru, le carte
che volavano dalla sua mano all’uomo dalle dita sporche appollaiato sul
tavolino. L’uomo in questione azzardò uno sguardo all’orologio a muro, poi si
portò la sigaretta all’altro lato della bocca e masticò nervoso, prima di
riportare la sua attenzione sulle carte.
“Se mai andassi a Las Vegas, ti taglierebbero
le mani” disse l’uomo più vecchio tossendo sulla sua sigaretta. Si fece
scorrere una mano tra i capelli e sorrise brevemente alle carte che teneva.
“Me le taglierebbero comunque” alzò le spalle
Shikamaru “Vinco sempre”.
“Fino ad ora” sbuffò uno degli altri uomini, dalla faccia appuntita e
dagli zigomi alti. “Siamo professionisti, non sei l’unico mago, ragazzino”. Spinse
una pila di fiches
da poker al centro del tavolo dove sembrarono oscillare leggermente alla
pesante luce ambrata. Shikamaru si impuntò sulle gambe
di dietro della sua sedia, mentre i suoi occhi analizzavano prima una faccia e
poi l’altra, clinicamente.
“Ci sto” disse l’uomo più vecchio, buttando aggressivamente una manciata di fiches blu “Facciamo dieci”.
“Passo” disse il quarto e silenzioso uomo, abbassando le sue carte.
Shikamaru intravide un quattro di picche prima che toccasse
il tavolo. Un angolo delle sue labbra andò a formare un mezzo sorriso.
“Rilancio a venti” disse a voce bassa, spingendo in avanti le sue fiches. Gli altri
due si scambiarono un’occhiata. Il più vecchio passò, mentre quello col viso
appuntito rilanciò.
Shikamaru non si tirò indietro: “Vedo” chiese tranquillamente,
abbassando le sue carte: “doppia coppia di otto e re”.
Dall’altra parte del tavolo, l’uomo si lasciò andare ad un sorriso: “Tris
di tre”. Ai suoi lati, i suoi amici fecero un lungo
sospiro e si scambiarono un sorriso complice. Subito, l’uomo mise le mani sui
suoi soldi.
“Oh, che stupido” disse Shikamaru abbassando un terzo re. “Credo che
così sia un full”.
L’uomo più anziano bestemmiò, e quello dalla faccia appuntita tossì,
mentre estraeva un coltellino dalla tasca e Shikamaru si faceva indietro,
calciando il tavolo nella direzione dei suoi avversari e scappando verso
l’angolo più remoto della stanza.
“Maledetto baro!” gli gridò dietro l’uomo, scivolando sulle fiches. Shikamaru
lo guardò circospetto, agguantando i soldi e ficcandoseli in tasca.
“Baro a me?” rimarcò caustico “Due delle tue regine
erano picche, idiota!”
L’uomo più vecchio si irrigidì, voltandosi
con fare minaccioso verso il suo amico mentre quest’ultimo
si agitava inutilmente. Il più quieto dei tre si chinò ed esaminò le carte,
scuotendo la testa incredulo: “È una truffa”.
“Ce li dovevamo dividere!” l’uomo dal viso appuntito protestò mentre il più vecchio lo colpiva in pieno volto.
“Sì, certo. 40-30-30, il che fa comunque di
te il truffatore” sentenziò quello, e ripagò il suo ex amico con un calcio alle costole. Shikamaru sbuffò, incrociando
le braccia e appoggiandosi allo stipite della porta.
“Dunque lavoravate in squadra, eh?” sentenziò,
gli occhi gelidi “Patetici. Vi ho battuti comunque”.
Si tolse la sigaretta consumata dalle labbra e la buttò in direzione dell’uomo
dal viso appuntito, accarezzandosi poi il pizzetto e aprendo la porta con un
calcio prima di uscirsene fuori drammaticamente.
I tre uomini guardarono la porta richiudersi, bestemmiando.
Shikamaru era in strada da un pezzo quando
sentì urlare: “Ehi, ci sono due re in questo mazzo!”
“Oh-oh” borbottò sommessamente. Poi cominciò
a camminare più in fretta, spingendo più in giù il denaro nelle sue tasche “Merda!”.
Three Cups of Bleach
“Sakura. Sii
la mia amante lesbica.”
“Eh???.” Sakura sputò il suo caffè, scioccata e pienamente sveglia per almeno tre secondi e mezzo. Fissò ad occhi
spalancati la sua migliore amica, prima di crollare nuovamente sul suo
giornale.
“È troppo
presto per certe proposte” si lamentò, “E poi Sasuke
ti ucciderebbe.”
“Chi, quello?” Ino sbuffò condiscendente,
alzandosi sullo sgabello del tavolo della cucina “Per piacere, potrei
battere quel piagnucolone in un secondo!”. Fece qualche
strana mossa karate. Come
conseguenza, la lampada di Sakura finì addosso al muro, e lì sì schiantò in
pezzi.
Sakura emise un gemito.
“Beh, te la
ripago” alzò le spalle Ino “E comunque era brutta.”
“Me l’aveva
regalata mia nonna prima di morire” borbottò Sakura. Ino finse di non averla
sentita.
“Penso”
disse infine la bionda con un alto timbro di voce “Che tutti gli uomini siano stupidi.”
“Beh” alzò
gli occhi al cielo Sakura “Che scoperta!”
“Credo che
sia per quello che tutti diventano gay. Voglio dire…Le donne non dovrebbero esser soggette a tanta
stupidità. Potrebbe essere - contagiosa”.
“Probabile”
concordò Sakura “Ma hanno dei begli avambracci. Forse
è per questo che ce li teniamo comunque”.
Ino sbuffò,
camminando in piccoli, rabbiosi cerchi nella loro cucina: “Non credo che i due
avambracci siano esattamente uguali”.
“Che io sappia, sì” Sakura sbadigliò. Ino la ripagò con uno
sguardo bruto.
“Che centra, Sasuke è più bello
persino di molte donne. Ha avambracci eccezionalmente belli”
spiegò pazientemente.
“Sì, però è
anche un po’ idiota” concordò Sakura “Il che bilancia il tutto”.
Ino si
fermò, e guardò l’amica senza parole: “Penso...penso
che ci sia qualcosa che non vada in me. Perché mai ci ho messo così tanto a
capire quanto siano stupidi gli uomini?”
Sakura emise un leggero ronfo. Ino la guardò con il Potere del suo
Sguardo Bruciante. Sakura si mosse leggermente, ma non si svegliò. Fu non-così-gentilmente sgomitata.
“Come stavo
dicendo” Ino la fissò solenne “Sono ovviamente a un
punto morto. E ho bisogno di riprendermi”.
“Di che
cosa…” Sakura non capiva assolutamente dove l’amica volesse
andare a parare “…stai parlando?” terminò assonnata.
“Riprendermi! Devo riprendermi!” Ino sferrò un fendente nell’aria
“Sai, voglio dire...qualcosa che mi faccia stare
meglio, tipo...sesso torrido! E cose del genere. È
provato- una medicina istantanea per riprendersi da ogni tipo di relazione
fallita!”.
Sakura
aveva la faccia di chi non avrebbe mai immaginato che la sua giornata sarebbe
cominciata in quel modo: “…Sì, a parte il fatto che la maggior parte delle storie di quel tipo tendono a coinvolgere il
primo sconosciuto che trovi per strada e di solito non finiscono bene”.
“Beh, c’era Sai” argomentò Ino “Non era male. Anzi,
era carino! Figo persino. Che gli è successo?”
“È praticamente il gemello di Sasuke”
sibilò Sakura, mentre la sua
mortificazione repressa le tingeva le guance di rosso. Sprofondò nella sua
sedia: “Mi stai prendendo in giro? Credo sia la soluzione peggiore che si possa pensare. Come fa ad essere un buon esempio?”.
“Va bene, va bene.” Accettò Ino “A parte il fatto che le
possibilità che la cosa avvenga sono deprimentemente basse e…che cavolo Sakura, come hai fatto a
non accorgertene?”. Ino si accomodò sulla sedia di rimpetto a Sakura e addentò
brutalmente una mela. Sakura la guardò masticare senza espressione.
“I suoi
avambracci erano carini, e gli avrei dato il beneficio del dubbio” disse con
voce pacata. Ino sospirò.
“Sei sicura
che non vuoi diventare la mia amante lesbica?” piagnucolò, spalancando i suoi
enormi occhi azzurri. Sakura si spazientì: “Ino, tu sei etero”.
“Sì, come
un gemello omozigote”
“…Distruggerebbe
la nostra amicizia!”
“…Ma i nostri bambini sarebbero meravigliosi”
“Sono
fidanzata.”
“Lo sfido a
duello e ti reclamo come mia!”
Sakura si
massaggiò le tempie e sospirò: “Sono appiccicosa e insicura”.
La
convinzione di Ino di scoprire il suo lato lesbico si distrusse visibilmente: “Caspita, c’è sempre
qualcosa sotto”.
“Mi
dispiace” rispose sarcastica Sakura, riprendendo a bere il suo caffè. Ino le diede
dei leggeri colpetti sulla mano senza badarci troppo: “Non ti preoccupare, non
dipende da te, sono io il problema. Ma mi piacerebbe
che rimanessimo amiche” disse la bionda guardando negli occhi la rosa. Sakura
chiuse gli occhi e si sforzò di assumere la sua espressione da santa – il che
significava che stava pregando le arrivasse una
massiccia dose di pazienza.
“…Okay.” Disse
lentamente, cercando il suo cellulare “Non per interrompere il momento della riconciliazione, ma questo weekend devo andare da mio
cugino”.
Ino alzò il
capo come un cecchino che segue il suo bersaglio:
“Cugino?” ripeté lentamente.
La sua
espressione mutò di colpo in un sorriso omicida. Sakura non se ne accorse, o più probabilmente scelse di non farci caso.
“Sì, solo
per tre giorni, giusto per stare un po’ insieme”.
Ino si
leccò le labbra.
Shikamaru ebbe
un fremito.
Choji distolse
lo sguardo dagli alieni verdi che stava osservando sullo schermo per studiare
l’amico: “Stai bene?”.
“Sì”
Shikamaru si grattò la nuca con una smorfia: “Ho solo una strana sensazione...”
“Quando
dico che devo andare da mio cugino, la parte che non dico ma
implico è quella in cui tu te ne stai a casa, annaffi le piante o – Dio, non lo
so. Fai qualcos’altro. Pulisci, ad esempio”.
Ino si
attaccò alla valigia di Sakura: “Mi comporterò bene!”
“Ino, non
ne sei capace!” urlò Sakura, piantando saldamente un piede sullo stipite della
porta, cercando di liberarsi della presa della bionda “Penso che tu non sia
proprio geneticamente predisposta, sai?”
“Bastarda”
si lamentò Ino. “…Ma così uccidi il mio futuro!” le urlò contro, la sua voce
pericolosamente simile a un urlo demoniaco: Sakura non
sembrava particolarmente spaventata.
“Hmm. Lasciami pensare...” Arcuò le sopracciglia la rosa,
“Non è un mio problema.”
“Ma lo sarà!” Ino disse, lasciando la valigia. Il suo viso d’un trattò ospitò un’espressione estremamente arguta. “Sul
serio, Sakura: è onestamente saggio lasciare tutte le tue cose in custodia a una persona che hai brutalmente offeso di recente?”
incrociò le braccia con fare teatrale. Trattenendo il respiro, Sakura appoggiò
la valigia e fissò Ino con uno sguardo ammonitore: “Non lo faresti”.
Ino sorrise
molto lentamente, in modo sinistro. “Oh” intonò “Lo farei.
Povero Mister Coccolino - prova solo a immaginare cosa
potrebbe accadergli! Tutto solo in quel grande letto
con la sola compagnia di…me”. La sua
minaccia arrivò dritta alle sinapsi immaginative di
Sakura, che prontamente impallidì.
“Lascialo fuori da questa discussione! Lui non c’entra niente!”
“Oramai è
troppo tardi!” ridacchiò Ino, “È già stato coinvolto!”
“Sei un
mostro!” Sakura sibilò.
“Oh per cortesia. Io sono la ragione per la quale ti alzi al
mattino!”
“Avevi
fatto bruciare lo strofinaccio” rispose Sakura decisa “O mi alzavo o andava a
fuoco la casa”.
Ino non se
ne curò: “Sì grazie, è un buon suggerimento: Mister Coccolino
brucerà!”. Colpì l’aria con un pugno trionfante.
“Piantala di minacciare il mio orsacchiotto!” la minacciò
Sakura. Sembrava davvero agitata mentre il suo sguardo
tornava insistentemente sul corridoio che conduceva alla sua camera, e dunque a
Mister Coccolino.
“Beh, è
colpa tua. Ti sei messa in mezzo tra me e il mio unico, vero amore” disse Ino altezzosa. Sakura la guardò incredula: “Scusa?”
“La mia
anima gemella” sospirò Ino “è la tua destinazione e il
mio destino. E se devo bruciare un orsetto per averlo,
lo brucerò. Il mio amore non teme ostacoli!”.
Sakura le tirò un pugno. Ino si fece indietro e la guardò:
“Ehi!”
“Cioè, tu vorresti bruciare un povero orsetto di pezza, il
compagno di una vita, perché forse, remotamente, in un’altra vita mio cugino potrebbe starci? Sei completamente
andata…”
“Senti”
fece Ino, d’un tratto ragionevole “Puoi aspettare un’oretta che faccio il bucato? Poi possiamo andare. Prendiamo la tua
macchina, vero?”.
Sakura si incamminò irata verso la sua camera, prese Mister
Coccolino dal letto e tornò decisa: “Hai quaranta minuti”.
“Idiota,” sussurrò affettuosamente Choji mentre
Shikamaru lottava per entrare dalla porta. C’erano parecchi sacchi di
biancheria appena stirata che pendevano dalle sue spalle
“Senti Shika,” disse Choji
puntando il telecomando alla televisione “Ha chiamato tua cugina”
“Cugina?”
Shikamaru rispose distrattamente, “Non ho—oh.
Sakura?”
“È carina?”
chiese Choji speranzoso, “Aveva la voce carina.”
Shikamaru sospirò. Choji scrollò le spalle come per scusarsi
e Shikamaru sospirò nuovamente. Guardò malinconico lo stato disastroso del loro
appartamento e sospirò di nuovo: “Mi ucciderà. Dopo che ha ucciso il gatto, mi ucciderà”.
“Abbiamo un
gatto?” chiese Choji, sorpreso.
Shikamaru
sospirò per l’ennesima volta : “Caspita, allora avevo
proprio ragione: mi ucciderà e basta”. Lasciò cadere i sacchi coi vestiti sul pavimento e sprofondò sul divano a fianco
all’amico, passandosi una mano tra i capelli e sbadigliando vistosamente.
Il ragazzo
col codino era giusto giusto
sul punto di assopirsi quando Choji lo sgomitò.
Shikamaru
aprì un occhio: “Che c’è?”
“Da quand’è
che indossi il reggiseno?” domandò sorpreso Choji.
L’ombra
dell’inquietudine fece capolino nella sua testa, e a malincuore Shikamaru seguì
lo sguardo di Choji verso la biancheria che aveva
appoggiato sul pavimento.
“...caspita,
quanto pizzo…” disse Shikamaru senza entusiasmo. Choji
si alzò di scatto, afferrando un sacco e prendendo a scartarlo.
“Sai” disse
Choji come stessero
sostenendo una normale conversazione sul tempo “Ho sempre fantasticato che un
giorno mi avrebbero portato un sacco di biancheria femminile. Ma
nella vita reale la cosa è molto strana”
“Quella è
una giarrettiera?” domandò Shikamaru, stupito.
“No, è
Natale e questo è il sacco di Babbo Natale!” ridacchiò Choji,
afferrando un tanga che pareva fatto di filo interdentale.
“Devono
aver sbagliato e scambiato il mio sacco con un altro” commentò Shikamaru,
sbirciando senza spinta negli altri sacchi, solo per
vedere altra biancheria femminile.
Choji
rise: “Con chi, una spogliarellista?”.
Shikamaru
lo ignorò, cominciando a rimettere la biancheria nei sacchi: “Li riporto
indietro”.
Choji lo
guardò come se gli avesse appena proposto di guardare un porno tra puffi. “Per
essere un genio, Shikamaru, dai nuove sfumature alla
parola stupido”.
Shikamaru
si ricompose e cercò di affrontare razionalmente la situazione. Poteva
riportare quello che sembrava metà della collezione estiva di
Intimissimi e riavere indietro i suoi vestiti,
oppure tenerla e ricomprarsi vestiti nuovi.
Decise di
tirare un paio di collant a rete a Choji, e poi
voltarsi e farsi un sonnellino.
“I miei
vestiti!” Ino piagnucolò alzando una t-shirt troppo grande per essere la sua “Che
cosa da brividi. Com’è se questi sono di un serial killer?”
Sakura
sbuffò, cercando di trascinare le valige per l’ennesimo piano di scale.
Silenziosamente maledisse il mancato funzionamento
dell’ascensore. Guardò con occhio critico alla maglietta bianca che l’amica
teneva in mano, lanciando uno sguardo ai jeans scuri
che l’amica portava: non aveva altri vestiti, e quelli le stavano decisamente
male.
“Probabilmente
è un gay depresso” sibilò Sakura “Forse è uno di
quegli strani artisti con tendenze suicide, magari si è pure tagliato un
orecchio per poi spedirlo alla sua ragazza…”.
Ino sospirò
drammaticamente: “Che cosa romantica…”
Sakura la
fissò sconvolta. Scosse il capo mormorando qualcosa d’incomprensibile, e
cominciò a bussare alla porta dell’appartamento che oramai avevano raggiunto.
“Hey!” urlò, “Non provare a nasconderti! Apri la porta,
pigro che non sei altro! Lo so che sei in casa –
probabilmente spaparanzato sul divano, a lamentarti di quanto sia
lontana la porta!”.
Nessuna risposta. Sakura ringhiò.
“Abbiamo
del cibo!” propose Ino allegramente alle sue spalle, e la porta si aprì
all’istante.
Sakura
sembrava contrariata mentre Ino la sorpassava
soddisfatta.
“Vedi?
Tutti gli uomini sono uguali: uniti nel sacro amore per tutto ciò che è
commestibile. E per il sesso, naturalmente, anche
quello piace molto. Probabilmente è per questo che sono state inventate la
salsa di cioccolato e la panna montata…ma quello è il
mio reggiseno?”
Gli occhi
di Choji si spalancarono. Discretamente, si mise un
tanga in tasca e pregò silenziosamente che Ino non se ne fosse accorta. La bionda lo guardava stranita, forse troppo
sorpresa per elaborare qualsivoglia pensiero. Choji
sorrise debolmente.
“Quella non
è la mia maglia?” disse Shikamaru, dal divano. Si mise a sedere, con la bocca
aperta e stropicciandosi gli occhi. Lentamente, la situazione gli si fece chiara mentre Choji ammiccava con
strane facce.
D’improvviso
Shikamaru si ritrovò più che sveglio.
“Ehm…”
disse gettando uno sguardo alla pila di lingerie che Choji
si era appena nascosto sotto la maglia. Cercò di nascondere cautamente il
resto, studiando il soffitto con particolare interesse.
“Noi…Choji ha portato a casa una scambista. Beh, molte
scambiste. E c’era…beh, ecco…” cominciò a dire proprio mentre
Choji spiegava le sue motivazioni: “Shikamaru ha
deciso che non gli piaceva essere un uomo, così ha provato qualcosa da donna”.
Shikamaru
gli lanciò un cuscino.
Poi ci fu
un breve silenzio.
“Sì” disse
poi Shikamaru “Io ho una cosa da fare, quindi andrei…”
“Oh, ma la
faccio io quella cosa” interruppe Choji prima di
lanciarsi fuori dalla porta.
Il che
lasciò una sempre più debilitata Sakura, un sudante Shikamaru e una scioccatissima Ino.
“Lo sapevo”
disse poi la bionda, emozionata “Lo sapevo che eravamo anime gemelle. Il tuo
appartamento è incasinatissimo, però. Quasi disgustoso. Sono sicura che ti
taglieresti immediatamente l’orecchio per me, ma ne possiamo parlare dopo”.
E con
ciò, si lanciò risoluta in camera di Shikamaru, chiudendosi la porta alle
spalle.
Shikamaru
se ne stette sul divano, cercando di processare cosa fosse
accaduto esattamente. Poi Sakura gli diede uno scappellotto con la
borsa, togliendogli qualcosa di vagamente setoso da
dietro l’orecchio.
“Traditore.”
Shikamaru l’accusò non appena Choji rimise piede
nell’appartamento. Sakura, che si era fatta prendere dalla mania della pulizia,
era troppo immersa nell’impresa di rendere nuovamente vivibile la sala da
rivolger loro la sua attenzione. Choji agitò davanti
a sé il cartone vuoto di una pizza: “In mia difesa, ti avrei portato una
pizza”.
“A che
gusto?”
“Salsiccia.
Era proprio buona” lo rassicurò Choji, al che
Shikamaru sbatté più volte la testa contro il tavolo della cucina.
“Ciao” Ino comparse
dal nulla, e si accoccolò sulla sedia di fronte a lui “Io sono Ino”.
“Ah”
Shikamaru la guardò devastato “E perché esattamente sei
qui, scusa?”.
“Sto
cercando la mia anima gemella. O anche un uomo minimamente
decente che possa fare da toppa nel frattempo”.
“Ah” disse
di nuovo Shikamaru, per poi sprofondare il capo tra le braccia. Ino lo prese per un orecchio: lui urlò, alzandosi di scatto
mentre lei approfittava per prenderlo a braccetto.
“Andiamo a
comprare qualcosa per cena?” domandò entusiasta.
E mentre
Shikamaru veniva trascinato a malavoglia fuori casa,
avrebbe potuto giurare di aver visto un sorriso divertito sul volto di Choji.
In qualche
modo, la cena si trasformò in diverse ore al supermercato, passate in svariati
negozi per i quali Shikamaru aveva sviluppato da subito un’antipatia innata, e conclusasi solo quando entrambi non avevano più un soldo.
“Oddio”
Shikamaru disse guardando le sue tasche completamente
svuotate.
“Dovremmo
farlo più spesso!” trillò Ino prendendolo a braccetto mentre
lui per una volta non si lamentava: la visuale offerta dallo scollo della sua
maglia non era per nulla male. Lei gli elargì un sorriso meraviglioso, annuì e
dichiarò senza timore: “Penso davvero che potremmo avere una storia”.
Shikamaru
scappò all’istante.
“Penso che
sia una cosa carina,” Sakura disse con un sorrisino
sognante quando Shikamaru l’accostò accecato dal panico. “È un po’ strana, ma Ino è la migliore amica che abbia. E
poi siete così carini insieme!”.
“Che?” disse Shikamaru in un modo che non era proprio una
domanda.
“Oh,
onestamente, dov’è il problema? Le piaci, ed è solo per un weekend. Assecondala”.
“Ma”
Shikamaru la contraddisse “Ma non la conosco nemmeno! È
sempre così?”
“Incredibilmente promiscua?” Sakura si morse il
labbro inferiore, poi si riebbe: “Sì”.
“Quindi, ho questo problema—”
“Shika,” Choji
sbuffò, “lo vorrei io un problema del genere.”
Shikamaru lo
guardò di traverso. Non sapeva come fosse possibile, ma la frase gli dava
fastidio.
Sabato
mattina, Shikamaru era ancora in lotta col suo destino.
“Buongiorno!”
Ino disse pimpante, con una mano sul fianco e un sorriso sicuro in volto “Hai da fare oggi?”
“Cavoli!”
Shikamaru si lamentò, poi annuì solenne. “Io—ehm...devo
lavorare. E poi
ho...un appuntamento stasera, quindi sì, ci vediamo in giro”
E se ne
scappò, pensando furiosamente a chi avrebbe potuto obbligare a
uscire con lui quella sera.
Stava giusto giusto sfilando l’asso di
spade dalla tasca quando la porta si aprì all’improvviso, e Ino entrò decisa
depositandogli un involucro che profumava di cibo sulle gambe.
“Ho pensato
che ti potesse fare comodo, in caso avessi fame” spiegò, accompagnando la frase
con un sorriso meraviglioso, per poi salutare gli altri presenti e uscirsene
come nulla fosse.
Shikamaru affondò
nella sua sedia: diede uno sguardo al contenuto del sacchetto e determinò che,
qualunque cosa dovesse essere stata, ora assomigliava più a
un misto di cenere e carbone.
Si prese la
briga di contare i soldi che aveva in tasca e se ne uscì a cercare un bar,
trovandovi Ino pronta ad aspettarlo, un nutrito
gruppetto di uomini ai suoi piedi, ognuno pronto a offrirle da bere. Shikamaru
strattonò quello più vicino e si sedette di fianco alla ragazza.
“Mi stai
seguendo?” la accusò una volta conquistata la sua attenzione.
“No! No, assolutamente! Forse un po’...” sorrise
Ino, poi gli offrì da bere.
“Mi paghi
subito, vero?” Kin si guardò con poca circospezione
le spalle, e Shikamaru sospirò: “Non devi per forza apparire così sofferente,
sai?” mormorò. Kin lo guardò scocciata: “Senti
bambinello, se questa buffonata fosse vera – se mi abbassassi ad uscire con te
– probabilmente starei urlando”.
Shikamaru
tremò. Cercando nelle tasche qualcosa che non fossero
le sue chiavi, trasse infine la somma che le doveva e aprì la porta.
Ino li
incontrò sulla porta, sorridente. Shikamaru spalancò la bocca, e velocemente
chiuse gli occhi. L’ultima cosa che avrebbe dovuto fare in quel momento era cedere alla tentazione di sbirciare la
scollatura della sua maglietta. Alla cieca, cercò Kin.
“Che meravigliosi capelli hai!” esordì Ino, apparentemente
deliziata “E così lunghi…non devi vedere un parrucchiere da anni” ghignò. Kin la ricambiò con uno sguardo acido. Shikamaru serrò le labbra
e fece voto di silenzio.
“Hey, Ino,” la salutò imbarazzato,
prendendo per mano la sua finta fidanzata. Era giusto riuscito a piazzarle un
bacio sulla guancia quando il pugno di lei lo mandò
contro il muro, dal quale si distaccò scivolando penosamente al pavimento. Ino
rise. Kin lo guardò senza compassione.
Quando si
fu alzato, si sentì di nuovo sbattuto contro al muro, mentre Kin lo baciava furiosamente. Shikamaru aprì lentamente gli
occhi per incontrare quelli di Ino che li osservava.
“Disgustoso”
tagliò corto Ino “Brutto da vedere e decisamente
sgraziata. Deve averti pure morso, povero Shikamaru. Non ti preoccupare, ti
darò un bacino io e passerà tutto. Sei ferito sul labbro, se
non te ne sei accorto. E forse anche sulla
lingua…”
Kin si
separò da lui, buttando i capelli oltre le spalle e allontanandosi di gran
carriera mentre si puliva la bocca. Si fermò solo per urlare: “Se non ho i miei
cinquanta bigliettoni entro domani, ti levo le interiora!”. E
detto questo, sbatté la porta dietro di lei.
“Ha!” urlò Ino,
mimando il gesto pelvico di vittoria.
Per un momento Shikamaru considerò seriamente
l’ipotesi di farla a pezzi con un coltello da burro.
Nel bel
mezzo della chiara mattina domenicale, Shikamaru decise che era tempo di andare
in prigione.
La stazione
di polizia gli ricordava l’ospedale – troppa aria condizionata. Suonò alla porta impaziente, poi si guardò alle spalle
nervosamente. Ino gli sorrise raggiante. Shikamaru
sospirò.
“Yo!”un uomo con i capelli castani parecchio scompigliati e
strani triangoli rossi sulle guance spuntò alla reception, offrendo un sorriso di circostanza. Guardò a
lungo Ino, ammirato: “Ti prego, dimmi che la tua casa è bruciata e hai bisogno
di un posto dove stare…”
“Kiba,” una figura ombrosa spuntò
oltre le spalle di Kiba “Non è professionale”.
“Sì, sì,
d’accordo, Shino” Kiba
roteò gli occhi, poi tornò a guardare i suoi clienti: “Dunque, che è successo?”
“Vorrei
l’emissione di un ordine restrittivo” disse Shikamaru con voce ferma. Sperò
ardentemente che Shino non fosse il tipo che l’aveva
beccato mezzo ubriaco l’anno prima. Kiba tamburellò le dita sul bancone, già annoiato.
“Va bene”
disse senza troppo entusiasmo scartabellando tra diversi moduli “A carico di chi?”
“Lei”
Shikamaru si girò e indicò Ino. Ino boccheggiò, indignata.
“Io?”
“Lei?” le fece eco Kiba “Coso, sei pazzo?”
“Mi
perseguita” annuì Shikamaru “Dovete fare qualcosa”.
“Beh” Kiba si sporse sul bancone “Non è che
saresti interessata a perseguitare me?”
“Kiba” lo rimproverò seccato Shino,
ma non aggiunse altro. Era evidentemente d’accordo col collega.
“Lo
prenderò in considerazione” si diede un tono Ino. Fissava Shikamaru con uno
sguardo torvo “…dato che questo qui sembra intimidito da una piccola, graziosa
ragazza”.
“Oddio” sospirò Kiba conquistato “È così
sexy!”
“Non fare
in modo che io debba fare rapporto per l’ennesima
volta” lo ammonì Shino. Kiba
si difese: “In realtà, credo di cominciare a piacere al capo. Mi ha fatto
visita l’ultima volta che sono stato sospeso…”
“Non ho
paura di te!” Shikamaru si lamentò indignato “Sei
solo…deludente. E continui a mangiare tutto il cibo
che ho in casa. E mi hai pure rubato il letto!”
“Ma puoi avere il mio!” si offrì Kiba.
Shino lo colpì con una carpetta.
“Sei…crudelmente
schifoso!” pigolò Ino. Sembrava sospettosamente
prossima a scoppiare in lacrime. Shikamaru sospirò.
Nel
frattempo, Shino pareva aver raggiunto il limite di
sopportazione, “Perché mi hanno messo in coppia con te?” sibilò
mentre i suoi occhiali neri luccicavano pericolosamente “Perché non
poteva essere un altro – chiunque altro? Perché non
Hinata?”
“Hinata non parla mai” argomentò Kiba. Shino gli rispose con un’occhiata
eloquente: “Appunto”.
“Perché pensavi che fossi venuto alla stazione di polizia?”
urlò Shikamaru agitando le braccia in aria, esasperato. Ino
lo colpì con la borsetta: “Non lo so! Che razza d’uomo va alla polizia per
un’ammiratrice? Non hai
proprio le palle!”
“Seriamente,
coso” Kiba ne approfittò per
interrompere la battaglia di sguardi con Shino “Sei
veramente patetico”.
“ma perché
siete tutti disfunzionali?” Shikamaru ringhiò, proprio mentre la porta della stazione di polizia si apriva
dietro di lui.
“Aiutatemi!
Mi hanno appena rubato la bor-“
“Fuori-di-qui” Shino
ruggì, e tutti arretrarono di un passo.
“…E poi mi voleva far arrestare!” Ino indicò con fare teatrale
Shikamaru, che non fece altro che roteare gli occhi e sprofondare ulteriormente
nella sua sedia, studiando le carte che aveva in mano. Lei sbuffò e succhiò il
suo milk shake, dando un sospiro soddisfatto. Rifornita di zucchero liquido,
Ino si lanciò nuovamente nella sua arringa: “E poi -”
“Senti
ragazzina, perché non te ne stai zitta?” un uomo con lunghi capelli unti la gelò.
Gli occhi di Ino si spalancarono, poi splendettero
assetati di sangue.
“Perché non torni a tirati le dita?” urlò di rimando,
mostrando i denti. Poi strappò le carte dalle mani di Shikamaru e cominciò a
giocare furiosamente, bluffando su una coppia di due ed esaurendo rapidamente
il credito di Shikamaru.
Shikamaru
non poté far altro che osservare con orrore Ino che sperperava le sue finanze,
fino a quando, a soli venti bigliettoni dalla fine, la
fortuna la baciò. Shikamaru non avrebbe saputo spiegare il perché: decisamente non era capace di giocare, ma non stava barando;
solo pescava continuamente, incredibilmente, le carte giuste al momento giusto.
E continuava a vincere.
Terminò la
serata con una somma considerevole, il che la rese significativamente più
allegra. Poi prese le banconote e le diede a Shikamaru: “Con queste mi paghi la
cena”.
Lui lasciò
che lo conducesse all’esterno agitando vittoriosa i fianchi.
Camminavano
fianco a fianco ora, senza che lei lo rincorresse, e
Shikamaru si rese conto che la cosa non lo disturbava poi più di tanto. Ino si
stava lamentando di quanto avesse mangiato,
appendendosi al suo braccio per farlo rallentare, e in qualche modo era
riuscita a infilare la sua mano in quella di lui. Ma mentre lui se ne accorgeva, voltavano l’angolo di una strada lungo la
quale si intravedevano delle bancarelle. Ino diede un piccolo urletto di gioia e cominciò a tirarlo verso la festa,
mentre Shikamaru seguiva rassegnato.
Si fecero
dipingere la faccia e colorare i capelli, strisce tigrate per lui e farfalle
viola per lei. Ino gli stava porgendo una bevanda strana
mentre si leccava le dita dalla mela candita che stava mangiando, e
rideva così tanto da splendere…fu allora che Shikamaru realizzò con quanta
velocità la sua vita si stesse adattando alla presenza di lei.
Poi lei gli sorrise, e lui non poté fare a meno di ricambiare.
E in
qualche modo, tutto questo non lo seccava poi tanto. Mancava poi
una notte, poteva sopportare benissimo un’altra notte.
“Qual è il
tuo più grande segreto?” Ino gli domandò, leccando il
suo cono gelato. Erano di nuovo in strada, soli mentre
aspettavano il bus.
Shikamaru
alzò un sopracciglio: “Perché te lo dovrei dire?”
“Perché te l’ho chiesto!”.
Lui ci
pensò un po’ su, poi rispose: “Ho una terribile sfortuna. Se a poker non baro,
non importa se anche conoscessi le carte degli altro,
perché le mie sono sempre le peggiori”.
“Stai
mentendo” sopperì Ino eccitata “Non è questo il tuo
segreto”.
“Sì!”
protestò Shikamaru “La mia carriera sarebbe finita se qualcuno si rendesse
conto che baro regolarmente”
“Ma stiamo parlando di poker!” ragionò Ino “Lo scopo è barare. Ora, dimmi il tuo vero
segreto”
Shikamaru
sospirò, guardando il suo gelato andarsene insieme con gli ultimi spiccioli. E improvvisamente si rese conto che non gli importava se
anche lei lo sapeva.
“Mi hanno
cacciato da medicina perché mi hanno beccato con troppa nicotina in corpo.
Che mi dici di te?”
Lei ci mise
un po’ a rispondere, cercando di misurare il grado di interesse
di lui “Mi piacerebbe fare l’attrice” disse piano, alzando lentamente gli
occhi, come se quella fosse una parte di lei che faticava a mostrare. In quel
momento lui pensò che gli sarebbe piaciuto vederla in un film. O
su un palco. O a un concerto.
Lei rise senza umorismo: “Come una dodicenne, no? Molti mi dicono che sono rimasta a quell’età.”
Lui parve
completamente onesto quando le disse: “E perché non ci
provi?”
“Cosa?” lei lo fissò, scuotendo il capo. “Oh
no, non potrei. Voglio dire – ho già provato. In un’agenzia per modelle e...beh, hanno detto di no.” Scosse le spalle. “Ma non sono
mai stata molto brava, forse”.
Qualcosa di
quello che stava dicendo lo disturbava in qualche maniera: quella
Ino sfrontata e audace battuta da qualcosa sembrava inspiegabilmente
sbagliata in qualche modo.
“E quindi, lasci perdere?”
Lei si
voltò con sguardo indignato “Cosa?!”
“Stai
lasciando perdere” ripeté lui “Pensi davvero che le
cose arrivino al primo tentativo, Ino? La vita non è così facile. Se sbagli significa solo che c’è spazio per migliorare.”
Lei si alzò
in piedi, infervorata: “Ah, sì? E tu che ne sai? Non
hai mai provato a fare nulla in vita tua! Non hai nemmeno dei sogni!”
“Solo
perché non sono abbastanza per te non significa che non ne abbia!”
replicò lui “Pensi che io non abbia mai fallito? Non sono riuscito a salvare
uno dei miei migliori amici. È morto proprio di fronte a me, e prima che
nascesse suo figlio. Provo a smettere di fumare da cinque anni, ma non ci
riesco. Quindi non dirmi che non so cosa significhi lottare. Non dirlo nemmeno per scherzo”. D’un
tratto erano molto vicini, naso contro naso, e lui non
avrebbe saputo dire se Ino fosse dispiaciuta o spaventata. Lei si morse un
labbro e guardò altrove.
Lui sembrò
calmarsi facendo un lungo respiro: “Che mi dici di me? Non mi hai ancora lasciato
perdere”.
Dopo un
secondo il sorriso si fece nuovamente strada sul volto di lei,
e Ino si sporse provocantemente in avanti: “Questo perché eri mio dall’inizio”.
“Prima
dell’inizio, in realtà” sospirò lui, ammettendo la sconfitta “Ho visto la tua
biancheria prima di vedere te”.
E
probabilmente fu in quel momento che la baciò.
Quando si
svegliò, lei non c’era. Per un po’ non si mosse, cercando di ricordarsi cosa
fosse accaduto quella notte, mentre le prime luci del mattino sfidavano
l’oscurità. Si ricordava solo di come le loro mani si
chiudessero perfettamente insieme, anche se appiccicose di sudore e
zucchero. Quando si leccò le labbra, sapevano
vagamente di gelato.
All’improvviso
suonò la sua sveglia, e lui cercò di raggiungerla alla cieca, mentre mormorava
qualcosa di incoerente. Tolto di torno quel rumore
assordante, la stanza gli sembrò d’un tratto molto silenziosa.
Shikamaru fissò per un po’ il soffitto, e si rese conto che era lunedì mattina.
Finite le vacanze.
Si precipitò giù dal letto e si catapultò in
soggiorno. Non era più
così sicuro di essere pronto ad averla fuori dalla sua
vita così presto.
Non aveva
lasciato biglietti, regali, o baci di rossetto sullo specchio. Non c’era nulla
nella sua casa a indicare che lei fosse anche solo
passata, e d’un tratto Shikamaru si rese conto di quanto si fosse abituato ad
averla con lui. Il silenzio era quasi scomodo.
Si accomodò
nella cucina fredda con un brivido, sentendosi davvero molto solo.
“Buongiorno!” Choji sbadigliò, con un cenno di saluto.
Shikamaru annuì mestamente.
“Finalmente
un po’ di pace e tranquillità, vero?” continuò l’amico.
Shikamaru
annuì di nuovo. Choji stava scavando nel frigo,
parlando più a se stesso che a Shikamaru: “Non dobbiamo più condividere il cibo
con nessuno…”
Shikamaru
annuì per la terza volta e si accoccolò sul tavolo.
“Oh!” Choji estrasse la testa dal frigorifero e gli domandò:
“Puoi chiedere a Sakura se è stata lei a buttare via tutti i miei Playboy?”
Meccanicamente,
Shikamaru prese il cellulare, lo aprì e scorse la rubrica. Poi, si fermò.
Subito sopra il nome di Sakura c’era “Regina del sesso”, e lui era abbastanza
sicuro di non averlo inserito da sé. Alzò lo sguardo, ma
Choji era già sparito. Shikamaru abbassò nuovamente
lo sguardo sul cellulare, prima che un ghigno si facesse
lentamente strada sul suo volto.
Aprì la
finestra e schiacciò un pulsante, mentre sentiva il cellulare
di lei suonare.
Poi la
sentì rispondere: “Pronto?”
“Ciao” e
sorrise all’udire la voce di lei “Sono io”.
Piaciuta?
Vi lascio l’indirizzo originale della storia: (è stata una faticaccia da
tradurre!)
http://www.fanfiction.net/s/4636703/1/