Capitolo I
“Mio
caro Marcel Gerard, questa è la più potente organizzazione di vampiri che
questo mondo abbia mai conosciuto” Aya si mosse un po’ in avanti e sospirò
alzando le mani quasi in segno di resa quando il suo ospite fece invece qualche
passo indietro. Non aveva intenzioni bellicose e non ne avrebbe avute se non
gliene avessero dato motivo. Voleva solo parlare, raccontare, farsi vanto a
voce alta di quella comunità di cui andava fiera, spiegare al giovane e affascinante
vampiro che le stava di fronte che quello che era riuscito a creare a New
Orleans poteva essere ampliato, poteva toccare altre città.
Voleva
fare quello che il suo leader le aveva chiesto di fare, ma il suo interlocutore
non sembrava incline all’ascolto e alla collaborazione.
“E
cosa vorrebbe questa potente organizzazione da me?” chiese infatti con tono
stizzito.
“Vorremmo
aiutarti ad ampliare il tuo potere. Siamo rimasti colpiti da quello che sei
stato in grado di fare qui a New Orleans, vogliamo darti la possibilità di
farlo anche in altre città. Perché solo un villaggio se puoi avere tutto il
regno?”
Marcel
ridacchiò, si portò le mani sui fianchi e sospirò. “Ti è mai venuto in mente
che forse sono felice di quel che ho? Ho i miei vampiri, degli amici, delle
regole. La gente mi rispetta.”
“Chissà
perché dubito che tu possa davvero essere felice solo con ciò che hai già”
replicò Aya. “Te la si legge negli occhi Marcel; la tua fame di potere, di
grandezza. La mia organizzazione, come ho già detto, può darti una mano a
saziarla, quella fame…”
“E
questa organizzazione ha un nome per caso?”
“Siamo
la Strige.”
“Piuttosto
prestigiosa come organizzazione!” esclamò la voce inconfondibile che entrambi
conoscevano. “Colpevole di pestilenze e morte e terrore.”
“Bisogna
infrangere qualche regola, fare qualche sacrificio, per costruire un nuovo
mondo” parlò decisa Aya, ma Marcel notò che era trasalita quando l’ultimo
arrivato si era intromesso nella conversazione. Tuttavia aveva mantenuto le
apparenze e lentamente si era voltata per guardare il suo interlocutore. “Salve,
Elijah.”
Marcel
scosse il capo. “Voi due vi conoscete… ovvio.”
“Ci
conosciamo intimamente” sorrise l’Originale raggiungendola e trapassandole il
petto con una mano, la presa delle dita salda intorno al cuore. “Qualunque cosa
tu stia facendo qui, so che non sei sola” le sussurrò.
E
fu allora che Tristan De Martel fece il suo ingresso nella stanza.
††††
“Ed
eccolo qui” Elijah girò poco il capo e lo piegò appena. “Tristan!”
L’altro
abbozzò un sorriso, mise le mani nelle tasche dei pantaloni classici e fece un grosso
respiro. “Lasciala andare Elijah, non c’è bisogno di usare la violenza.”
L’Originale
rimase immobile, ancora qualche minuto con il cuore di Aya stretto tra le dita,
poi aprì la mano e la tirò fuori rimettendo dritta la donna che si allontanò
poco tossendo.
“Il
signor Mikaelson e io abbiamo bisogno di parlare, privatamente” Tristan gli si
avvicinò e gli porse un fazzoletto che il maggiore degli Originali prese con un
gesto nervoso. “Lasciateci per favore.”
Passarono
alcuni secondi e la stanza si svuotò, ad andarsene furono anche Aya e Marcel: i
due rimasero soli in un silenzio che regnò sovrano per qualche minuto, fino a
quando Elijah non parlò.
“Cosa
ci fai nella mia città?” domandò guardando fuori dalla finestra. “E perché il
tuo cagnolino Aya è così interessata a Marcel Gerard.”
“Si
tratta di affari, l’interesse della Strige per il signor Gerard non ha niente a
che vedere con il perché io sono qui. Le due cose non sono collegate.” L’altro
si mise a sedere e lo guadò in attesa. Voleva saperne di più e così Tristan gli
disse il resto. “Come ben saprai, c’è una guerra tra le varie discendenze.
Recentemente sono venuto a conoscenza di un possibile… pericolo per te e la tua
famiglia. Capirai bene che questa diceria, vera o no, mi desta un po’ di
preoccupazione; se un Originale muore la sua intera linea di sangue muore
insieme a lui. Ciò significa che una minaccia nei tuoi confronti è una minaccia
anche nei miei e lo stesso vale per Rebekah. Se lei muore anche mia sorella
morirà.”
“La
veggente di Lucien ci ha già illuminati su questa… profezia.”
“Lucien
non è degno di fiducia. Anzi, credo che lui sia una delle minacce che pendono
sulla vostra testa.”
“Neppure
tu sei degno di fiducia” Elijah si schiarì la voce. “E non preoccuparti per
Lucien, Klaus è andato a liberarsi di lui, proprio ora mentre noi parliamo.” Si
alzò pronto ad andarsene ma la voce di Tristan lo bloccò, o meglio fu il tono
agitato a bloccarlo sui suoi passi.
“Devi
fermarlo Elijah” gli disse. “C’è un’arma, un’arma che può uccidere voi
Originali. Io non ce l’ho e neppure mia sorella, dunque con molta probabilità è
Lucien ad averla o a sapere cosa sia e come trovarla. Se lui muore non lo
sapremo mai e non ci vorrà molto prima che qualche altro nemico torni a
minacciarci tutti.”
“Io
e la mia famiglia siamo perfettamente in grado di badare a noi stessi Tristan.
Prendi il tuo circo e lascia la mia città prima che decida di farti fare la
stessa fine che Niklaus ha riservato a Lucien.”
“Elijah
devi ascoltarmi” continuò Tristan. “Puoi davvero fidarti di Niklaus? Ha
maledetto la madre di sua figlia, bruciato viva la tua amante e per secoli e
secoli vi ha tenuti addormentati in delle bare, svegliandovi solo quando faceva
comodo a lui. Forse io non sono degno di fiducia, ma neppure tuo fratello lo è.”
“Lui
è mio fratello” tornò indietro, minaccioso, Elijah. “Tu sei nessuno. Se devo
decidere di dare a qualcuno il beneficio del dubbio, di certo quel qualcuno non
sarai tu mio caro Lord. E ora, addio.”
Riprese
di nuovo a camminare verso l’uscita e di nuovo Tristan parlò.
“Non
volevo arrivare a questo” disse scuotendo poco il capo. “Ma non mi lasci altra
scelta.”
Schioccò
le dita ed Elijah si preparò ad uccidere qualcuno. Quanti più lo avrebbero
affrontato meglio sarebbe stato per lui, per lasciare andare il malumore che la
presenza di Tristan gli aveva messo addosso aveva bisogno di un po’ di…
movimento. Era pronto alla battaglia, quello per cui non era pronto fu ciò che
gli si presentò davanti. Un membro della Strige comparve stringendo tra le dita
di una mano dei capelli castani che lui conosceva fin troppo bene. Con le dita
dell’altra stringeva un braccio. Elijah rimase di ghiaccio, deglutendo a vuoto.
Si rese conto che bastava un passo falso, una mossa troppo affrettata o avventata
e qualcosa di orribile sarebbe successo. “Allison?”
“Ciao
El” bofonchiò la prigioniera. “Mi dispiace tanto” si scusò. Ma poi per
cosa?
“Ferma
Klaus, Elijah. E poi stammi a sentire. Oppure di’ addio alla signorina Morgan.”