Hello!
Chi non muore si rivede :'D
Prima
di lasciarvi alla storia, vi preghiamo di leggerla fino alla fine xD e
vi regaliamo un fazzolettino nel caso vi servisse! xD
Speriamo
che questa one-shot sia di vostro gradimento, noi vi mandiamo un
bacione e ne approfittiamo per augurarvi un buon Natale e un buon anno
nuovo! <3
A
presto! <3 <3
P.s il testo in corsivo è tratto dalla canzone "Hurts like
hell" di Fleurie :D
I
Love You
For A
Thousand Year..
“How
can I say this without breaking
How
can I say this without taking over”
Sono
passati dieci anni.
Con
mani tremanti, sfiora la superficie liscia del vetro con i
polpastrelli ruvidi, avvertendo la necessità incontrollabile
di
guardare nuovamente quel viso che ha paura di dimenticare.
E
passando un dito su quella chioma corvina, chiude gli occhi, pensando
a quante volte aveva fatto scorrere le sue mani tra quei soffici
capelli color pece, inebriandosi di quel profumo che tanto amava.
Scende
verso il viso e immagina di poter tracciare il contorno del suo
volto, della linea dritta del naso, del taglio amato di quegli occhi
blu come gli zaffiri più puri, dello zigomo leggermente
accennato e
delle labbra piene e sottili.
Poi
ripensa al sapore dolciastro di lui sulla sua bocca, sulla sua pelle,
e delle mani che gli percorrono il corpo lasciandogli una scia di
brividi al loro passaggio; ripensa a quella sensazione magnifica di
un amore vero.
L'immagine
di Alec è ancora stampata a fuoco nei suoi occhi, che adesso
si
riempiono di lacrime.
Sente
il trucco sciogliersi sulle guance, ma percepisce un dolore troppo
forte al cuore per badarci o contenersi.
In
quei momenti, non esiste niente se non lui ed i suoi amari ricordi.
Nessuno.
Vaga
con lo sguardo per la stanza con un nodo d'angoscia che gli
attanaglia la gola.
Tutto
in quella casa sa di lui.
Si
alza dal letto asciugandosi con una mano le lacrime, poi apre
l’armadio dove vi sono ancora tutti i suoi vestiti, piegati
ordinatamente.
Non
potrebbe mai buttarli via, perché sono l’unica
cosa che gli resta
di lui.
Tira
fuori un maglione sbiadito e con dei buchi, uno dei suoi preferiti,
poi se lo porta al naso ed ispira il suo profumo, ormai quasi del
tutto sparito.
Lancia
un grido che viene soffocato dalla spessa stoffa tra le mani, ma che
gli rimbomba nelle orecchie come un eco disperato.
Si
lascia cadere sulle ginocchia, stringendo al petto
l’indumento, poi
poche parole intrise di dolore aleggiano nella stanza: Aku cinta
kamu.
“How
can I put it down into words
When
it's almost too much for my soul alone”
Sono
passati ventiquattro anni.
Magnus
sorride freddo ad un uomo sulla trentina che gli ha proposto di bere
un caffè con lui.
Ha
la carnagione piuttosto scura, una zazzera di capelli color miele e
due occhi verdi. È alto, forse anche più di
Magnus ed ha un sorriso
che affascina.
Lui
accetta per assecondarlo, ma sa che non ci andrà
perché ha ancora
vivido il ricordo di quel timido ragazzo dagli occhi blu e
dall’arrossire facile.
Sa
che sarebbe un'errore buttarsi su un qualcuno che non gli interessa
veramente, pur consapevole di non conoscerlo abbastanza per poter
giudicare.
Forse
dovrebbe davvero prendere in considerazione quell'idea, ma nonostante
il tempo passato, il dolore è ancora troppo vivido.
Prende
il bigliettino con su scritto il numero dell’altro,
promettendogli
di chiamarlo in serata.
Il
biondo lo saluta con un leggero bacio sulla guancia, poi se ne va,
lasciandolo lì da solo, su quella panchina che aveva
condiviso tante
volte con Alec.
Che
li aveva visti baciarsi, ridere, litigare, amarsi.
Il
vento gli sferza il viso, facendogli socchiudere gli occhi verdi di
riflesso.
A
quel punto, Alexander solitamente gli metteva la sua giacca sulle
spalle, rimproverandolo per essersi vestito nuovamente troppo leggero
per essere nel bel mezzo di novembre.
E
allora lui avrebbe ribattuto che lo faceva solo perché poi
sapeva
che l’avrebbe abbracciato per riscaldarlo. Poi ridevano
insieme, in
quel piccolo momento di complicità.
Magnus
sorride triste, poi apre gli occhi, tornando a quella crudele
realtà
in cui Alexander non esiste, non più.
Perché
non riesce ad andare avanti?
Perché
non riesce a voltare semplicemente pagina?
Eppure
era una cosa che aveva sempre fatto: si innamorava, viveva al meglio
ogni istante che gli veniva offerto e poi se ne andava per la sua
strada.
Magnus
non si era mai negato la possibilità di amare ancora e
ancora, come
se fosse la prima volta; quando si è immortali, la
concezione del
tempo ti appare diversa, ti sembra che tutto duri troppo a lungo
nella sua monotonia.
Ma
allora perché il tempo passato con Alec sembrava essere
stato troppo
breve?
“I
loved and I loved and I lost you
And
it hurts like hell”
Sono
passati cinquantasette anni.
Con
il volto coperto da una maschera che gli permette di nascondere la
propria sofferenza, poggia un fiore sulla sua tomba, soffermandosi
qualche minuto ad osservare quella lapide che li separa.
Un
inutile ostacolo di marmo e terra che non fa altro che frapporsi tra
i loro corpi, le loro anime, i loro cuori.
“Alexander
Gideon Lightwood, Settembre 1989 - Maggio 2075.” legge
come un automa, come se non l’avesse già fatto in
precedenza, come
se non si rendesse ancora conto della realtà dei fatti.
Ormai
dovrebbe aver superato la cosa, cerca di convincersene ogni giorno,
ma sa che è impossibile fingere quando si è
straziati ancora dal
dolore.
Ed
è impossibile credere di potercela fare quando non se ne
è per
nulla convinti.
Traccia
con i polpastrelli ogni singola lettera incisa sulla lapide sentendo,
tocco dopo tocco, delle scosse all'altezza del cuore che gli
ricordano di dover andare avanti.
Va
bene lasciarsi andare al dolore, crogiolarsi in esso finché
se ne
sente la necessità, ma arriva un momento in cui bisogna
trovare la
forza per risalire dal baratro in cui si è precipitati.
Per
quanto la mancanza di una persona possa lacerare dentro, è
giusto
accantonare il suo ricordo in un angolo del proprio cuore, dandosi la
possibilità di vivere la propria vita pur continuando a
tener vivo
il suo ricordo.
Con
mani tremanti prende il ciondolo della collana che ha intorno al
collo, aprendolo con un leggero click metallico.
Lì,
in quel piccolo medaglione, c'è la foto del loro matrimonio.
Ricorda
ancora la felicità che entrambi avevano provato nel
dichiarare al
mondo intero che da quel momento in poi si sarebbero appartenuti per
il resto della vita.
Finché
morte non vi separi.
Ed
era successo davvero. L'unica imperfezione in una vita perfetta, era
viverla con un mortale.
Ma
l'amore per lui era stato così intenso e devastante che non
aveva
avuto importanza.
Avevano
deciso di vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo.
E
quando infine era giunto il momento, quando
gli
aveva sussurrato addio in un freddo letto di ospedale, mentre le loro
labbra si erano sfiorate per l'ultima volta, il cuore di Magnus si
era frantumato in mille pezzi.
Pezzi
che non sarebbero mai più tornati insieme.
E
nonostante fossero ormai passati diversi anni da quella notte,
nonostante avesse provato ad accantonare quel sentimento, non aveva
mai smesso di amarlo, nemmeno per un singolo istante.
Con
un dolore sordo che gli avvolge le membra, si sfila la collanina dal
collo, poggiandola là, dove giacciono i resti del loro amore.
Poi,
stringendosi nel cappotto e affondando il naso nella sciarpa che
aveva regalato ad occhi blu, rivolge un ultimo sguardo alla sua
tomba.
«
Addio amore mio. » riesce a dire in una nuvola di fumo,
mentre una
lacrima gli riga una guancia.
L'ultima,
promette a sé stesso.
Perché
Alec non lo vorrebbe vedere così, ed è giusto
onorare il suo ultimo
desiderio, quello che aveva finto di non udire.
“Vivi
Magnus, vivi come hai sempre fatto e innamorati. Innamorati di nuovo.
Perché voglio vederti felice. Noi ci rincontreremo ancora,
lo so.”
Fino
a quel momento
aveva pensato che non avrebbe mai accolto la sua richiesta, ma adesso
non poteva non ammettere che aveva ragione: la vita non aveva mai
smesso di scorrere, e Magnus non intendeva più permettere
che
continuasse a farlo senza di lui.
Lasciandosi
alle spalle
il suo cuore infranto, si incammina verso l'uscita del cimitero,
pronto a ricominciare.
“Noi
ci rincontreremo ancora, lo so.”
E
lui lo spera ancora,
nonostante tutto.
“I
don't want them to know the secrets
I
don't want them to know the way I loved you”
Sono
passati ottantotto anni.
Magnus
stringe dolcemente la mano ad un ragazzo dall'aspetto trasandato, ma
dal sorriso così luminoso da sciogliere il sottile strato di
ghiaccio avvolto intorno al suo cuore.
È
la loro nona uscita, e sente che le cose potrebbero funzionare questa
volta; è davvero interessato a conoscerlo, anche se non si
sarebbe
mai aspettato di poter decidere di uscire con un ragazzo del genere.
Forse,
Alexander l'ha cambiato davvero.
Arriccia
il naso quando non riesce a comprendere una sua battuta, mettendo in
risalto quella spruzzata di lentiggini appoggiate sulle sue guance
come un velo.
Poi,
comprendendo infine ciò che gli era stato detto, scoppia a
ridere,
battendogli una mano sulla spalla.
Magnus
ride a sua volta, davvero divertito da quel ragazzo così
alla mano
da spiazzarlo, in una generazione del genere.
Poi
quella domanda che tanto sperava di rimandare arriva veloce come una
saetta, a scombussolargli nuovamente quell'organo che ancora batteva
nel suo petto.
«
Sei mai stato innamorato? » gli domanda, in una maniera
così
innocente che non gli permette di mentire, nemmeno volendo.
Sente
i ricordi piombargli nuovamente addosso, come se non lo tormentassero
già nei suoi sogni, come se non fosse ancora abbastanza.
Eppure non
gli dispiace più di tanto, perché lui vuole
ricordarlo ancora e
ancora.
«
Sì. » ammette, viaggiando con la mente al loro
primo incontro «
L'ho amato con ogni singola cellula del mio corpo, dalla prima volta
che i nostri sguardi si sono incontrati. »
E
sorride, donando calore a quel volto divenuto troppo freddo in quegli
anni.
«
Com'è finita? » chiede l'altro, più per
capire che per semplice
curiosità.
Comprendeva.
Capiva quanto fosse ancora perdutamente innamorato di quel ragazzo,
ma di certo, non era il tipo a cui andava bene fungere da rimpiazzo.
Gli
occhi di Magnus si scuriscono di nuovo a quel quesito. È una
domanda
a cui preferirebbe non rispondere, ma ha bisogno di dirlo ad alta
voce, ha bisogno di dirlo a qualcuno.
«
È morto. Da tanti anni ormai. »
E
il silenzio cade nella stanza, un silenzio che non pesa a nessuno dei
due, perché entrambi hanno bisogno di pensare.
«
Mi dispiace. » dice il ragazzo dopo interminabili minuti di
pace
assoluta, prendendogli il volto fra le mani.
Anche
a me, vorrebbe dire Magnus ma non lo fa, perché
rovinerebbe di
nuovo tutto.
Lo
bacia a fior di labbra, sorridendo in quella maniera così
provocante
a cui il ragazzo non sa resistere.
«
Ti farò felice. »
Magnus
non può far a meno che annuire.
Lo
spero tanto.
“I
don't think they'd understand it, no
I
don't think they would accept me, no.”
Sono
passati centodue anni.
Magnus
è a Parigi, ad arredare il suo nuovo appartamento dalla
splendida
vista, con il più vario mobilio a sua disposizione.
Schiocca
le dita e il suo armadio si riempie di nuovi capi di alta sartoria
del periodo, facendogli accendere gli occhi di una nuova luce.
Ama
il cambiamento, l'ha sempre amato, perché profuma di nuova
vita.
Passa
una mano su ogni capo, sentendo la consistenza della seta sotto i
suoi polpastrelli e sorride.
La
cosa più bella del cambiare casa, città o Stato
che fosse, era
quella di poter prendere nuovi abiti: la cosa gli metteva allegria.
Lo
sguardo gli cade poi su un bauletto posto all'angolo e sente
già le
mani prudere dal desiderio di aprirlo.
Non
che ci sia niente di male, lo fa sempre, e sembra sempre più
facile
richiuderlo con il passare degli anni; ci sta facendo l'abitudine.
Lo
tira fuori con forza, infilando poi le mani sotto il coperchio per
tirarlo su.
Lì
dentro ci sono tutti i suoi ricordi, ricordi dei suoi amici, dei suoi
viaggi, dei suoi amori. C'è quella parte di vita che non
vuole
dimenticare, perché non sarebbe giusto farlo.
Ricorda
ancora quella frase di Alec, quella che l'aveva colpito in quel
momento di intimità dopo la guerra oscura: “Continui
a dire che
il passato è passato, ma è proprio il passato che
ti ha reso ciò
che sei adesso.”
Ed
era assolutamente vero.
Il
passato l'aveva reso ciò che era, un uomo sempre
più saggio, che a
volte trovava divertente comportarsi come un bambino per il timore di
diventare monotono come tutti gli immortali.
Non
si sarebbe mai negato di vivere ogni giorno al meglio.
Infondo,
aveva fatto una promessa.
Sorride
nostalgico e ripone il baule al suo posto con molta delicatezza,
stando attento a non graffiarlo con le sue unghie laccate di nero,
poi si alza, deciso a farsi un bagno che spera anneghi un po' della
sua malinconia.
“I
turn it over, I turn it over
But
I can't escape.”
Sono
passati centotrentadue anni.
Avvolto
nella sua pelliccia leopardata, percorre le strade innevate di New
York, girando per i negozi addobbati già con decorazioni
natalizie.
Un
fiocco di neve gli cade sulla punta del naso.
Alza
lo sguardo verso il cielo, aprendo una mano come per afferrarne
altri.
Ruota
su se stesso incurante della gente che lo guarda, perché ha
imparato
a fregarsene del giudizio altrui tanto tempo prima.
Si
diverte a scalciare la neve fin quando una zazzera corvina non attira
la sua attenzione, facendogli battere il cuore a mille.
Si
ferma all'improvviso, gli occhi sgranati e la bocca socchiusa.
Sbatte
piano le ciglia incrostate di mascara, avvicinandosi lentamente al
portico dove si trova un ragazzo.
Ha
i capelli scuri scomposti, la pelle candida - se non per il tenue
rossore che gli ricopre le guance per via del freddo - e il viso
scolpito come una delle meravigliose opere di Michelangelo. Poi, gli
occhi si posano su di lui, curiosi e azzurri.
Occhi
che non sarebbe mai in grado di dimenticare.
Alec.
Veloce
lo raggiunge in poche falcate, - mentre l'altro continua a guardarlo
quasi sospettoso -, assalito da una strana sensazione di nostalgia.
«
Alexander..? » gli chiede in un soffio, come se la sua voce
fosse
improvvisamente scomparsa.
Non
riesce a crederci, o forse non vuole crederci per non illudersi.
Forse la sua mente gli sta facendo un pessimo scherzo.
Eppure
lui è lì in carne ed ossa, ed è reale.
«
Ci conosciamo? » domanda l'altro a sua volta, arrossendo
dolcemente.
E
in un attimo Magnus non ha più dubbi, sa che è
davvero lui.
“
Noi
ci rincontreremo
ancora, lo so.”
Scuote
la testa, sfoggiando uno dei suoi sorrisi più belli,
allungando una
mano per presentarsi.
«
Sono Magnus Bane. » dice, con l'aria più serena
che abbia mai avuto
negli ultimi cento anni.
Il
cuore continua a martellargli rumorosamente nel petto, mentre
l'altro, scettico e curioso al tempo stesso, decide di stringergli la
mano.
«
Alexander Lightwood. »
Una
scossa trafigge i corpi di entrambi e nello stesso istante capiscono
di appartenersi, di appartenersi da sempre.
Alec
sbatte gli occhi, colto alla sprovvista. Ma poi, gli angoli della sua
bocca si piegano in un timido sorriso.
Non
sa per quale motivo, ma improvvisamente sente come se la sua vita ora
avesse un senso, come se avesse vissuto sino a quel giorno solo per
incontrarlo.
«
È un piacere, Alexander. » afferma Magnus
dolcemente, mentre lo
osserva rabbrividire leggermente.
Inaspettatamente,
il suono del suo nome completo proferito dalle labbra di quello
sconosciuto, arriva alle orecchie del ragazzo come una dolce melodia.
E
si sorprende di star facendo pensieri del genere, lui che non era mai
stato in grado di guardare una persona negli occhi per più
di dieci
secondi.
Per
Magnus invece niente aveva più importanza.
Aveva
passato anni a cercare di dimenticarlo, di scacciare via la sua
immagine, di seppellire quell'amore che tanto lo aveva distrutto ma
reso vivo al tempo stesso.
Ma
a nulla erano serviti tutti i suoi sforzi; non appena aveva posato lo
sguardo sulla figura di Alec, quel sentimento così puro lo
aveva
travolto un'altra volta.
Perché
quando l’amore è così forte,
così potente, così intenso, due
cuori destinati ad appartenersi non possono non battere ancora
insieme.
Magnus
alza lentamente il viso e lo sguardo gli cade su una decorazione
appesa sotto a quel portico che gli aveva restituito l'amore della
sua vita.
Vischio.
Il
destino probabilmente ci aveva messo il proprio zampino, e non
avrebbe mai vissuto abbastanza per poterlo ringraziare.
«
Siamo sotto al vischio. » constata allora, facendo alzare il
viso
anche all'altro.
Alec
arrossisce immediatamente, mentre sente il suo cuore aumentare i
battiti ad ogni secondo.
Scalcia
un mucchietto di neve in un gesto nervoso, torturandosi le mani sia
per il freddo che gli penetra fin dentro le ossa, sia per quella
piacevole ansia che gli avvolge lo stomaco.
«
Quindi uhm.. dovremmo baciarci? » gli chiede in un sussurro,
arrossendo ancora di più per le sue stesse parole.
Magnus
sorride, scostandogli un ricciolo corvino dalla fronte pallida,
guardandolo con così tanto amore da far quasi sciogliere la
neve
sotto i loro piedi.
«
Oppure potresti concedermi un appuntamento. » gli dice
allora,
mentre spera con tutto il cuore di non svegliarsi da un momento
all'altro.
Alec
ricambia il sorriso, visibilmente più rilassato rispetto a
prima e
annuisce.
«
Ne sarei davvero felice. »
“… erano
soltanto loro.
Tra loro
non esisteva più alcun ostacolo
né
quel tempo che scorreva oltre il mondo.
In
quello sguardo dolcissimo che univa le loro labbra al cuore,
in
loro ogni mondo finiva… tranne il cielo.”
(Francesco
Saverio Sammarelli)
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