And
Then The Red
Stain On The World.
{When the light blinds you}
Sdraiato su quel comodo letto osservava il soffitto bianco della sua
stanza.
Una stanza comune a tante altre, forse anche un po’
impersonale, quasi asettica, così
banale.
Ed anche i suoi vestiti non erano poi nulla di speciale, etichettati e
conformi alla società, non si distinguevano tra le folle
pulsanti di vitalità per le strade di Tokyo.
Era tutto normale, il letto col copriletto chiaro lo era, anche
l’arredamento sobrio e i libri accuratamente impilati, lo era
anche la scrivania, il portatile e le penne a sfera.
Eppure c’era qualcosa che stonava in quella stanza, qualcosa
che macchiava la normalità, era un colore: il nero.
Una striscia nera si delineava sulla scrivania, un quaderno. Gli occhi
marroni ben aperti e grandi, si posarono su di esso e tutto
cessò di essere normale.
Si mise seduto, accavallando le gambe, continuando a guardare di sbieco
quella striscia nera, i suoi occhi mutarono forma – si
assottigliarono- , la sua anima cambiò sostanza ,anche lei
si assottigliò fino a sparire, e tutto
cambiò colore.
Tutto si tinse di rosso e una risatina bassa, febbricitante di
potere, si spanse in quel silenzio che, prima, era stato così banale.
I capelli ormai rossi ondeggiavano, spinti da una brezza inesistente,
mentre la mano scorreva - abile assassina- tra le pagine
bianche di quel quaderno, che di banale, non aveva nulla.
Rosso era il mondo visto da quegli occhi scarlatti, rosso era il
frutto del peccato, rosso il colore della colpa.
Gocce di sudore gli scorsero sul viso mentre, centinaia di
corpi, si contraevano tra atroci sofferenze e cadevano a terra,
provocando quei tonfi secchi e agghiaccianti, che gli risuonavano nel
cervello, come i rintocchi di un‘assente campana.
La morte aveva raggiunto la sua meta, e nel suo vestito scuro, la falce
era caduta sugli inetti,
sui rifiuti del mondo,
sugli assassini
ed era stata la sua mano, la sua mano destra a dirigere la sinfonia di
morte.
La mano destra, una mano giusta, una mano santa investita di un potere
oltre l’immaginabile, stava decidendo chi uccidere e chi
salvare.
Gli occhi rossi si muovevano febbrili, occhieggiando i nomi
che scorrevano loro davanti per poi riportarli sul quaderno,
la risata bassa riempiva ancora le pareti ora rosse.
Il succo di una mela polposa macchiava il pavimento ed, un dio della
morte ghignava osservando la scena, vicino al ragazzo eppure così lontano.
L’ultimo nome fu scritto e, in un ultimo svolazzo di
inchiostro e di sangue, la sua vita si spense.
Si lasciò andare contro la sedia, stanco, il sudore gli
imperlava la fronte e i capelli ricadevano nel vuoto.
I suoi occhi, i suoi occhi rossi, fissavano una luce abbagliante,una
luce giustamente
accecante, una luce divina.
E rise piano, con grazia ed eleganza, e con eleganza si risedette sul
letto.
I suoi occhi ,di nuovo marroni, fissavano la stanza ridendo
compostamente, nell’osservare le pareti e il mondo ritornare
alla sua chiara banalità; all’interno di essi Kira
rideva sguaiatamente, stravaccato scompostamente sui corpi esanimi,
della feccia che lui stesso aveva ucciso, perché era lui che liberava il
mondo dalle empietà,
lui che portava la luce in quel mondo di lacrime, lui e solo lui era il
messia.
Continuava a ridere piano, il ragazzo di nuovo tornato banale,
continuava a ridere incurante della propria salute, incurante dei chili
che perdeva e della mente bruciata da una luce troppo brillante.
Rideva, di quella debolezza umana, ormai prossima sparire.
Lui era il
messia, lui
era il nuovo dio del suo
nuovo mondo.
Si alzò dal letto chiaro e si incamminò verso la
sua luce, era splendente- abbagliante- irradiava nel mondo
l’essenza stessa della giustizia, ma, per quanto la luce lo
illuminasse, il suo volto, rimaneva in ombra; per quanto rincorresse la
luce il suo petto non ne veniva purificato, rimanendo rosso ,scarlatto,
ma il ragazzo non se ne curava.
Osservava la luce divina
e sorrideva beato.
Solo il dio, quello vero, vedeva ciò che veramente
c’era. E lì c’era il nulla, il nulla in
cui Light sarebbe andato, il nulla che lo aspettava paziente, il nulla
che era la punizione per aver giocato a fare il dio.
Impugnò la penna, nuovamente, e si immaginò come
la morte, come una morte giusta, una morte che liberava gli uomini dal
peccato.
Lo estirpava con le sue stesse mani quel peccato, quel peccato che
corrodeva il mondo come una pianta immonda , ma le mai gli
sanguinavano, troppo
era il sangue versato.
Sorrise anche a questo, immaginando che fosse il sangue dei malvagi,
che fosse quindi la dimostrazione del suo potere.
Ed era vero, era il sangue di un malvagio. Era il suo stesso sangue.
Rise apertamente e, inondato dalla sua luce artificiale,
impugnò la penna -facendosi del male- e scrisse, scrisse
nomi, il sangue aumentava e Kira rideva sul suo scranno
composto da empii corpi umani.
Osservava, tranquillo, il sangue scorrere ed
inondare il mondo.
Ryuuk addentava una mela rossa, il frutto per eccellenza , il frutto
proibito che lui stesso aveva gettato via.
Osservava Kira distruggere Light e di come Light fosse accecato da
quella folle distruzione.
Osservava la follia mentre spargeva, nella terra sporca di sangue, il
succo goloso della mela rossa.
L’ultimo nome fu scritto, l’ultimo corpo cadde.
E poi il mondo si macchiò di rosso.
...
Note Della
Red: Questa è la prima fanfiction su Death Note
che scrivo, *si emoziona*
sono veramente molto felice di averla scritta anche se non ne sono
molto convinta.
Spero vi sia piaciuta, mi raccomando siate anche spietati con i
commenti! XD
Alla prossima Fic.
Red
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