Cappello
di
lana beige e bianco con tanto di pon-pon sulla sommità,
sciarpa verde con
scritto “Merry Christmas” a caratteri cubitali,
classico maglione natalizio di
un rosso acceso con ricamate renne e abeti vari, pantaloni neri
rigorosamente
di ciniglia che lasciavano scoperta la caviglia, guanti senza le dita
ma con
dei deliziosi campanelli sul dorso della mano, il tutto accompagnato da
un’improbabile pelliccia nerastra sfilacciata e tenuta sulle
spalle perché
troppo corta.
Se lo
avesse
visto uno dei Guardiani, probabilmente Pitch si sarebbe guadagnato
battutine
sulla sua versione invernale per qualche secolo, ahimè pure
giustificate!
Non
aveva la
minima idea del perché stesse facendo quel viaggio assurdo
che durava ormai da
giorni verso una meta praticamente sconosciuta, ma non si sarebbe dato
per
vinto per colpa di una tempesta di neve: deciso e motivato
com’era a riuscire
nella sua impresa, il sovrano dell’oscurità non si
era ancora fermato un solo
minuto a riposare… fatta eccezione per una breve pausa
durante la quale si era
reso conto che il tappo del suo termos -contenente della cioccolata
calda che
si era portato dietro per evitare l’ipotermia- si era
congelato sul metallo
stesso, rendendo impossibile il raggiungimento della preziosa bevanda.
Nel
mezzo di
una tormenta di neve che non dava cenno di volersi fermare, e con le
gambe che
a malapena lo reggevano in piedi da quanto si erano irrigidite a causa
del
freddo, Pitch Black continuava ad avanzare tenendo un braccio teso
davanti al
volto per evitare che il ghiaccio gli arrivasse negli occhi,
eventualità
disastrosa dal momento che già non si vedeva nulla.
Solo
bianco, bianco ovunque, una
sterminata distesa
di neve candida, un paesaggio che pareva essere congelato nel tempo, la
continua sensazione che quel gelo gli entrasse direttamente nelle ossa,
maglione di lana e guanti o meno.
Cosa
non si faceva
per rovinare il Natale ai Guardiani, cosa!
Come
ogni anno
da quando ne aveva memoria, il periodo natalizio significava solo e
soltanto
una cosa per Pitch Black: piani malefici, o presunti tali, per mandare
all’aria
la festa più attesa da tutti i bambini del mondo.
O
almeno
provarci, che era già qualcosa.
Sì,
perché
-giustamente- ogni volta qualcosa andava storto, ad ogni suo
minuziosissimo
piano malvagio corrispondeva un fallimento altrettanto studiato nei
dettagli da
Nord e compagnia: c’era stata la volta in cui si era calato
in un camino
rendendosi conto dopo del caminetto
acceso, ed era stato l’anno delle ustioni di terzo grado dopo
il quale si
teneva alla larga da ogni dannatissimo comignolo; poi ancora
l’anno seguente,
quello in cui era rimasto impigliato per una caviglia nelle lucine
natalizie
del tetto, standosene tutta la notte a penzolare dalla grondaia mentre
gli si
ghiacciava il fondoschiena.
E
come
dimenticare uno dei migliori anni, la favolosa esperienza dei bambini
che, non
avendo ricevuto i doni richiesti il Natale precedente, erano rimasti
svegli ad
attendere Babbo Natale di persona?
Armati di mazze da baseball.
Pitch
aveva
dovuto starsene un mese a letto lamentandosi del naso rotto, tutte le
altre
ossa e la dignità che nemmeno si sentiva più in
corpo, prima di riuscire anche
solo a racimolare le forze ed il coraggio per uscire dal suo buco di
casa: mai
più, non avrebbe mai più tentato di rovinare il
Natale a Nord, sembrava che ci
fosse una maledizione che preannunciava già un fallimento
ogni volta!
E
magari c’era
pure qualche intruglio magico sotto, considerando i risultati dei
tentativi di
mandare all’aria pure l’Epifania: quella vecchia
megera della Befana
effettivamente non lo guardava di buon occhio da un pezzo, dopo la
minaccia di “infilargli la scopa in
luoghi dove le
caramelle rubate dalle sue calze non potevano arrivare”,
ma Pitch preferiva
non pensare nemmeno a cosa bollisse nella pentola, o meglio nel
pentolone, di
quella strega.
Comunque
fossero messe le cose, il divagare della mente di Pitch venne malamente
interrotto quando il suo naso non ebbe un violento impatto con una
superficie
piuttosto dura e ruvida, ma che non sembrava affatto roccia, ma
più una pesante
quanto marcia porta di legno umido logorata dalle intemperie di quel
luogo
dimenticato dal mondo.
L’indomani
sarebbe passato ormai un anno dalla sua ultima visita a quel vecchio
amico, e
sinceramente Pitch avrebbe anche allungato le tempistiche prima di
andare
nuovamente da lui, ma con il Natale
alle porte e nessun piano per rovinarlo non aveva proprio scelta: va
bene,
l’ultima volta avevano fallito comunque nonostante fossero in
due, ma quelli
erano dettagli.
Come
anche
erano dettagli i brividi che gli provocava ogni volta mettere piede sui
ripidi
e innevati pendii dei Picchi di Punta Bo, e non era solo per il freddo:
quelle
aspre montagne erano inquietanti già da sole, ma quello che
gli faceva
accapponare la pelle erano i canti gioiosi e spensierati della
Giubilanza dei
Nonsochi, abitanti della vicina Chinonsò.
Altro
che bambini
sulla Terra, quella era gente che si preparava al Natale tutto
l’anno, era era
sempre, costantemente, continuamente, entusiasta…
anche troppo, per i modesti gusti di Pitch Black, che il
Natale lo odiava
già solo perché significava “piani che
falliscono miseramente”.
Comunque
fossero messe le cose, ora che era arrivato a destinazione non restava
che fare
il passo successivo, e cioè farsi aprire la porta; diede un
paio di colpi sul
legno nerastro:
«So
che sei lì
dentro, quindi non fingere di non avermi sentito e apri, prima che mi
congeli
in questo schifo di posto!» ordinò severo
stringendosi nella sua improbabile
pelliccia.
Non
ricevendo
risposta, insistette ulteriormente da bravo molestatore qual era,
iniziando ad
intensificare il continuo e furioso bussare:
«Apri,
apri ho
detto! Per tutti gli yeti pulciosi, non lasciarmi qui fuori a congelare
come
un-»
«E
cosa mi dai
in cambio, eh? Cosa mi dai in cambio, Pitchone?» si
sentì chiedere da una voce
gutturale proveniente dall’interno «Eh? Cosa, eh?
Mi hai portato la torta, eh?
La torta l’hai portata? Eh, Pitchone? EH?»
continuò con la stessa enfasi con la
quale Pitch aveva bussato la porta fino ad ora; gli cascarono le
braccia mentre
sbuffava annoiato, accidenti a lui ed all’avergli fatto
scoprire le mirabolanti
avventure di Cristina e Luca!
Dopo
qualche
attimo di esitazione e di sospiri, Pitch tirò fuori da sotto
la pelliccia un
fagotto coperto da un canovaccio rossiccio, reggendolo in mano ancora
fumante:
«Sì,
te l’ho
portata la torta, sì. Ora
aprimi, però,
che qui si muore di fred-»
«Prima passa la torta a Max, poi decideremo se aprirti…
ecco, adesso
te lo mando eh, niente scherzi!» ribatté la solita
voce; dopo un cigolio di
serrature che venivano aperte, nella parte inferiore della grande porta
si aprì
una porticina più piccola, dalla quale Pitch
riuscì giusto ad itnravedere il
muso di un cane di piccola taglia.
Il
quale,
poggiato il fagotto a terra, gli diede una breve annusata per poi, con
velocità
disarmante, afferrarlo con la bocca e tirarselo dietro di sé
mentre
ballonzolava da una parte all’altra, giustamente lasciando
che la porta gli si
chiudesse dietro la coda: inutili furono i tentativi di Pitch di
afferrarlo,
tentativi che si infransero contro le imprecazioni che tirò
quando le dita gli
si incastrarono sotto i cardini.
Passò
qualche
istante nella più completa agonia da mano schiacciata sotto
la porta, ma
qappena ritrovò lucidità riprese a lamentarsi
dimenandosi furibondo:
«Aprimi,
APRIMI! Non lo ripeterò un’altra volta, non
intendo farlo!» gridò come nemmeno
un pazzo avrebbe potuto fare «Me ne sto qui fuori come un
povero disgraziato
mentre tu ed il tuo cane mangiate la mia
torta! L’ho fatta io quella
torta!
IO! Aprimi! AAAAPRIIIMIIII!» continuò questa volta
non solo bussando, ma
gettandosi direttamente contro la porta; incurante delle ossa che
ruggivano dal
dolore di schiantarsi contro il legno massiccio, Pitch non
terminò la sua
sceneggiata, anzi andò avanti con sempre più
rabbia «Sto perdendo la pazienza,
dannatissimo sacco di pulci maleodorante! Sono il sovrano
dell’oscurità, io!
Oltre alla porta ti apro il c-» non fece in tempo a finire
che, dopo l’ennesimo
tuffo verso la porta, questa si apri improvvisamente facendolo cadere
sul
pavimento con il fondoschiena all’aria, chiudendosi subito
dopo.
Chiudendosi,
certo, come si erano chiusi gli occhi di Pitch Black dopo il colpo che
si era
preso all’impatto con il pavimento; prima di sentire i sensi
abbandonarlo,
però, riuscì giusto a distinguere la vaga figura
di un cane dal pelo fulvo,
nemmeno troppo grande, con una sorta di corno da renna legato sulla
testa con
un fiocco rosso, il quale gli si era avvicinato ed accucciato vicino:
«C-cosa…
cosa
v-vuoi… eh? S-stai r-ri… ridendo di…
di me, vero? VERO?»
domandò alla bestiola che piegò la testa di lato
incurante
delle domande dell’altro «Ma d-di… dimmi
te… con i cani… ora p-parlo… con i
cani. I c-cani! P-prima…
prima gli…
gli Incubi… e… ed ora… i
cani...» rifletté ad alta voce Pitch boccheggiando
«…
Ma c-co… come m-mi sono ri-ridotto… come mi
s-sono…» non fece in tempo a finire
che sentì gli occhi farsi pesanti, e allora svenne.
Mentre
qualcun altro lo guardava divertito,
ovviamente.
Se lo
svenimento gli aveva lasciato appena il tempo di contemplare le misere
condizioni in cui si era ridotto, passando da
“l’uomo che sussurrava agli
Incubi” a “l’uomo che sussurrava ai
cani”, il risveglio non era stato meno
brusco, a partire da quando aveva notato le condizioni del letto in cui
si
trovava: non osava nemmeno quali cibi avessero provocato quelle
inquietanti
macchie multicolore di unto che gli toccavano la poca pelle rimasta
fuori dai
ridicoli vestiti che si era messo addosso, come anche decise di fingere
di non
aver visto le ragnatele sopra la testiera stessa del giaciglio, e forse
era
meglio tralasciare pure le molle del materasso che fuoriuscivano dalle
lenzuola
trafiggendogli la schiena.
Calmo,
doveva
stare calmo, calmissimo: era arrivato, era dentro e, soprattutto, era
finalmente al caldo, per cui la lista delle sue priorità era
ormai stata
ampiamente soddisfatta.
Gettò
distrattamente lo sguardo socchiuso ancora reso appiccicoso dal brusco
risveglio verso in fondo del letto, notando che il cane di prima se ne
stava
acciambellato ai suoi piedi sonnecchiando e svegliandosi insieme a lui,
prendendo poi ad osservarlo insistentemente: conosceva Max da diverso
tempo
ormai, ma la sua tenuta da renna -con tanto di naso rosso!- era
qualcosa di
completamente nuovo anche per lui, dal momento che l’ultima
volta che lo aveva
visto le uniche cose vagamente natalizie nell’abbigliamento
di quel cane
-comunque, a conti fatti, sempre meno ridicolo del suo, doveva
ammetterlo- era
stato un papillon cremisi.
Stropicciò
nuovamente gli occhi, giusto perché gli pareva di aver visto
qualcosa sopra di
lui, una figura nera nascosta dalla penombra di quella grotta fredda e
umida:
«Ma
buongiorno, incubo dei chirurghi di rinoplastica,
buongiorno!» lo salutò la
voce con particolare entusiasmo «La brutta addormentata si
è svegliata e non mi
aveva avvisato? Solo per questo non riceverai regali a Natale,
malandrino che
non sei altro!» continuò rimproverandolo; a Pitch
bastò concentrarsi un attimo
per riuscire a distinguere delle dita coperte da lunghi ciuffi di pelo
verde
che gli tormentavano le guance con i pizzicotti tipici delle vecchie
zie.
Panico.
Panico
generale.
Saltò
in piedi
sul letto nel giro di mezzo secondo, restando ovviamente incastrato in
mezzo
alle coperte e quindi avvolgendosi in mezzo a quelle come un salame,
salame che
era poi crollato a terra rotolando fino al muro mentre le coperte lo
abbandonavano man mano che avanzava, restandosene sdraiato a terra con
le gambe
appoggiate contro la parete e la testa che gli girava vorticosamente.
Seguì
qualche
minuto di silenzio, interrotto qua e là da un rumore di
passi e di zampettare
del cane-renna, poi si sentì sovrastare da una figura fin
troppo nota e
famigliare:
«Re degli incubi, mi dicono» lo
prese in
giro il suo interlocutore «Sei troppo magrolino per
spaventare Max, figurati se
puoi spaventare i bambini! E di rubare il Natale…
ah!» asserì l’altro
accompagnando il tutto da una fragorosa quanto grottesca risata di
scherno;
ormai rassegnato, Pitch non poté fare altro che sospirare
per l’ennesima volta:
non c’era niente da fare, ogni dannata volta finiva sempre
nello stesso modo,
con lui che faceva qualche figuraccia ed il compagno di piani malvagi
che gli
ricordava quanto fossero fallimentari tali piani.
Dall’alto
del
suo metro e novanta di pelliccia verdognola e maleodorante, completata
da una
mano che si grattava il posteriore in modo del tutto indifferente, il
Grinch
osservava Pitch Black con aria pietosa, puntandogli addosso quei suoi
occhi
gialli dall’iride rossa che sembravano giudicarlo solo
posando il loro sguardo
su di lui; da parte sua, Pitch non era proprio nelle condizioni
più adatte a
sostenere un confronto con l’altro, dal momento che se ne
stava con i lsuo
corpicino grigiastro malamente avvolto in un ridicolo maglione
natalizio e
degli assurdi quanto inguardabili pantaloni di ciniglia, per non
parlare della
sciarpa che augurava buone feste.
Ed il
Grinch odiava il Natale, lo odiava
anche più di
quanto lo odiasse Pitch.
Nonostante
tutte le figuracce già accumulate, fra svenimenti e
rotolamenti vari, il
sovrano della paura trovò comunque la forza per rimettersi
in piedi senza
essere costretto a farsi aiutare da chi l ostava osservando perplesso:
si
sistemò gli abiti lisciando la pelliccia alla bene e meglio
con le mani,
assunse una posizione tanto dritta quanto impettita e diede mostra di
sé
schiarendosi la voce come se stesse preparando chissà quale
discorso, quando in
realtà mise in piedi tutto quel teatrino per dare almeno la
parvenza di essere
sicuro di sé.
Ma
dentro la
propria mente l’unica cosa che voleva fare era sprofondare
sotto tre metri di neve, che tanto ai Picchi di Punta
Bo abbondava eccome.
Di
tutta
risposta, il Grinch allargò le braccia come per dire “Abbiamo capito, ora puoi anche smetterla
di fare l’idiota”, ma
decise di tralasciare quella parte:
«Buongiorno,
appunto, eccomi qui in casa tua» si decise a dire Pitch per
rompere il ghiaccio
in modo più che pessimo abbandonando le braccia lungo i
fianchi «Prima che tu
dica qualsiasi cosa, non è una visita di cortesia, la
metterei più sulla visita
di affar… COSA ACCIDENTI STA-» sbraitò
quando si accorse, ahimè troppo tardi,
di Max che gli stava bellamente orinando sulla pelliccia,
dimostrandogli l’immenso
rispetto che nutriva per lui;
fra una risata e l’altra del Grinch, Pitch cercò
di contenersi dal cacciare in
malo modo l’adorabile bestiola incontinente, limitandosi a
tirare verso di sé
la pelliccia per poi, resosi conto dell’odore che emanava,
togliersela di dosso
e gettarla il più lontano possibile.
Se
quello era
il preludio della giornata che gli si prospettava davanti, allora
sarebbe stato
un giorno lungo, molto lungo, lunghissimo.
Era
giusto
intento a continuare il proprio discorso quando il Grinch,
già annoiato dalla
sua presenza, se ne andò sbuffando per sedersi su un
improbabile divano dalla
stoffa logora ed il cui legno consumato dalle termiti, mettendo i piedi
sul
tavolo davanti a sé subito dopo aver afferrato una bottiglia
ed un bicchiere
dai pezzi tutti incollati:
«Fammi
un
favore e siediti anche tu, mi metti l’ansia addosso se te ne
stai lì in piedi a
dondolarti sul posto, e non lamentarti se poi Max ti scambia per un
palo della
luce da quanto sei secco!» lo invitò alla bene e
meglio a sedersi anche lui, invito
che Pitch accettò nonostante l’inizio di
conversazione pessimo; guardò la sua
seduta, una poltrona beige segnata da strappi e cuciture improvvisate
su tutta
la sua superficie, oltre che da resti di cibo sparsi ai piedi della
stessa:
«Io
non mi
siedo su questa… roba,
mi rifiuto, è
tutto così… è
così… è palesemente antigienico,
è al limite della legalità!»
prese a lamentarsi stizzito.
Il
Grinch gli
piantò addosso quel suo sguardo freddo e incredibilmente
inquietante, con
quegli occhi nascosti da ciuffi disordinati di pelo che doveva
assomigliare a
delle sopracciglia, poi fece spallucce gesticolando:
«Porcospino,
Pitch! Sempre con le tue manie ossessivo-compulsive del tirare a lucido
ogni
luogo dove poggi il tuo regale fondoschiena grigio come la cenere sotto
i
camini dei Nonsochi! Tu e la tua misofobia mi date i nervi!»
gli inveì contro
scattando in piedi e puntandogli un dito sulla fronte reggendo il
bicchiere con
l’altra mano «Tu mi dai i
nervi! Quasi
quanto il Natale, renditene minimamente conto! Ed ora siediti, siediti
per
l’amor dei rostacchini che quelli di Chinonsò
staranno già pregustando!» gli
ordinò spingendolo appena sulla poltrona facendocelo
sprofondare dentro.
Pitch
on fece
nemmeno in tempo ad assestarsi su quel cuscino ben poco morbido che si
trovò
Max acciambellato sulle gambe, con quel suo corno da renna che gli
arrivava fin
sotto il mento impedendogli di fare qualsiasi azione:
«Potresti
dire
al tuo cane di-»
«No, non posso. Se Max ha deciso che sei
la sua nuova sedia, allora sarai la sua nuova sedia. Niente storie,
Pitchone
dei miei stivali che nemmeno indosso!»
«Ma
io-»
«No,
no e
ancora no. NO. Nnnnnnoooooo.»
«Io
però-»
«Noooon
miii
inteeeeereeeeessaaaaaaa! Nooon me neeeee freeegaaaaaa nuuuullaaaaaa!
Taaaaaciiiiii!» rispose il Grinch allungando di proposito
ogni singola lettera
per farlo innervosire
«Veramente-»
fece per lamentarsi ancora quando si trovò un pezzo di torta
infilato in bocca
con discreta violenza:
«Mangia!
Mangia che poi dimagrisci! Mangia e taci! Maaaaangiaaaa!»
insistette l’altro
spingendoglielo più a fondo nella gola per farglielo
masticare.
Pitch
si
sentiva mancare, non respirava quasi più dalla
quantità industriale di pan di
spagna che la sua povera bocca stava ingurgitando forzatamente, e
sforzarsi di
masticare non era facile:
«Dannat…
NNnnnGNnnNNn! G-Grin…NNNnnnNN!!! Fam…
GNNnnGggNNNN!! Fammi res…
GGGNnnnggNNNNnnn!!!» cercava di parlare facendo
uscire solo dei grotteschi
grugniti animaleschi mentre si dimenava in preda al panico; gesti che
divertivano talmente tanto il Grinch che questo si era alzato, aveva
messo un
piede sulla poltrona dove se ne stava seduto -o meglio collassato-
Pitch e,
bottiglia di spumante alla mano, aveva infilato nella sua bocca pure
quella
insieme al cibo, dando vita ad uno spettacolo terrificante:
«Non
fare
storie! Chi non beve in compagnia, è un Nonsochi o
è una spia!» asserì ridendo
di gusto mentre, alla torta, aggiungeva pure del panettone con canditi
«N-non
mi…
GNNnnnnGnNNn! B-basta! P-piet… GNnnnGnnnnNNN!!!»
tentò di liberarsi, ma fu del
tutto inutile.
Ad un
certo
punto, Pitch aveva sentito l’estremo bisogno di rimettere
tutto quello che
aveva in bocca -ma ormai anche nel naso, l’uvetta gli doveva
essere finita nei
polmoni insieme ai canditi!- mentre gli venivano le lacrime agli occhi:
non
sentiva più il sapore di nulla, solo un brutto miscuglio di
crema chantilly,
zabaione, meringhe, canditi vari, scorzette di agrumi, topping al
cioccolato e
amarene, granella di nocciole, spumante andato a male di pessima
-pessimissima!- qualità… ed
i peli verdastri
delle dita del Grinch, anche quelli!
E
forse fu
proprio per quella spiacevole sensazione che trovò una forza
spaventosa che gli
permise, in un impeto di adrenalina pura, di scansarsi di dosso il
Grinch
facendolo finire con le chiappe all’aria mentre lui si ergeva
con i pezzi di
panettone ancora misti alla crema sparsi sul volto:
«Basta!
BASTA!
Sono Pitch Black! Sono il signore dell’oscurità,
della paura, sono il re degli
incubi! Ed odio il panettone! LO ODIO!» gridò come
un forsennato stringendo i
pugni mentre dei sottili filamenti simili ad ombre uscivano da sotto
quegli
orribili pantaloni di ciniglia «Panettone? Panettone?
AH! Hasta el pandoro siempre!!!
Lunga
vita al pandoro!» continuò urlando come un
forsennato mentre prendeva con
decisione un panettone malefico e ne strappava interi pezzi con i denti
grondanti di topping all’amarena rosso sangue.
Se
fosse
entrato qualcuno avrebbe pensato che quello fosse un omicidio, altro
che
rimpatriata!
Il
delirio
vero però Pitch lo raggiunse poco dopo, quando si
afferrò con decisione i lembi
del maglione facendo per toglierselo, gesto al quale il Grinch
rabbrividì
coprendo gli occhi al suo povero cane che gli era appena schizzato in
braccio:
«Ma
per
favore! Porcospino! Contieniti! Cont-»
«AVANTI AD OLTRANZA, PANDORO E IGNORANZAH!»
gridò l’Uomo nero mentre, con un gesto degno di
Hulk, si strappava il maglione
di dosso dando mostra di una canotta con il disegno di un pandoro
sovrastato da
due pugnali incrociati che recava sopra la scritta “#TeamPandoro”
e sotto invece “Panettone
candito infame, per te ci son le lame”.
Le
ombre ormai
avevano invaso buona parte della stanza, oscurando anche la poca luce
che
proveniva dall’apertura superiore della grotta, ed il fatto
che Pitch Black
fosse in pieno delirio gastronomico -e
canoro!- non aiutava certo:
«Haaaai sentiiiito il lupo che uluuuuulaaa a
Maaaaanny tuuu, che ne saaaaai tuuuu della liiiinceeeeee, CHE NEEEE
SAAAAAAAAAI!»
iniziò a cantare stonando ogni singola nota mentre veniva
fuori la sua
Pocahontas interiore «Saaaaai
cantaaare
coooomeeee caaanta il sottoooscriiittoooo, pittuuuuraaare coool
pandoooro e i
suooooi colooooor!» insistette imperterrito mentre
si infilava una
ghirlanda in testa.
E
giustamente
subito dopo il momento canoro ne era seguito subito un altro, e
cioè quello da
“predicatore-del-grande-pandoro-mmmagico”:
«Inchinatevi,
oh eretici, perché la fine è vicina!
Verrà il Grande Pandoro e giudicherà gli
stolti che hanno venerato il suo gemello malvagio, il Panettone della
Vergogna!» asserì ergendosi sulla poltrona ed
alzando un pugno al cielo «Io ho
visto la via, l’ho vista! Io sono il prescelto! Io
sono-»
«Un
emerito
idiota!» rispose al posto suo il Grinch afferrandogli una
caviglia con un filo
di lucine natalizie per poi, con uno strattone, trascinarlo a terra e
facendo
ritirare anche le ombre insieme a lui.
Troppo
ubriaco
anche solo per rialzarsi, Pitch emise giusto un gridolino strozzato
quando
l’altro -forte del piede posato sulla schiena del poveretto
per tenerlo
incollato al pavimento- gli avvicinò una lampadina rotta di
quel lungo cavo
direttamente alla gola:
«Voi
del Team
Pandoro siete solo dei pivelli, i professionisti mangiano il panettone,
IL
PANETTONE! Quello con i canditi, ovviamente, perché solo i
Nonsochi non hanno
il coraggio di masticarli fra i loro preziosi dentini!» disse
gonfiando il
petto tutto esaltato «E invece guarda me! Guarda i denti di
un vero uomo di
montagna!» lo incitò mostrandogli una dentatura a
dir poco raccapricciante, ed
a Pitch parve di intravedere pure qualche strano insetto fra i vari
resti di
cibo presenti.
Mentre
Pitch
giaceva a terra intento a riprendersi dalla sbornia che lo aveva preso
fra le
proprie grinfie, Max aveva invece pensato bene di poggiare il proprio
fondoschiena sulla sua faccia, scodinzolando bello tranquillo come se
nulla
fosse mentre la sua seduta personale cercava di resistere agli starnuti
che
quel solletico al naso gli provocava:
«Ti
prego,
levami questo cane di dosso, levamelo! Mi sta torturando, mi tortura
facendomi
il solletic… smettila! SMETTIL-» stava dicendo
quando si sentì tappare la bocca
con una grossa meringa mezza masticata:
«Vuoi
che ti
tolga Max di dosso, giusto?» domandò stranamente
calmo il Grinch con una
tranquillità che solitamente non gli apparteneva; ed era
proprio questo
dettaglio a preoccupare Pitch, il quale però si
limitò a fare un breve cenno
con la testa:
«benissimo,
te
lo tolgo subito di dosso… anzi, ho un’idea
migliore!» propose togliendo il
piede e liberandolo.
Liberandolo,
ceeeeerto!
Infatti
subito
dopo lo aveva preso da sotto le ascelle, aveva fatto una manciata di
giri di
luci intorni al suo gracile corpo per legarlo mentre cercava
inutilmente di
divincolarsi e poi si era avviato vicino ad un grosso tubo circolare.
Un
tubo di scarico.
Che portava
all’immondezzaio.
Con
Pitch
sulla spalla, il Grinch aveva tolto il coperchio che chiudeva il tubo
stesso,
dal quale proveniva un olezzo come pochi altri di marcio e
chissà cos’altro:
«Ti
tolgo Max
di torno, infatti ti faccio direttamente uscire dalla mia umile quanto
tetra
dimora, Pitchone amante dei pandori, felice eh?»
domandò ghignando mentre
l’altro lo implorava con strani versi dal dubbio significato;
senza ascoltare
ragione alcuna, il Grinch lo aveva già poggiato con ben poca
delicatezza
sull’imboccatura che lo avrebbe portato in mezzo
all’immondizia di tutta
Chinonsò -oltre alla sua, che era pure peggio- quando,
improvvisamente e contro
ogni sua più rosea previsione, Pitch trovò la
forza per sputare la meringa.
Ed
iniziare a
piagnucolare come suo solito, ovviamente:
«Pietà,
ti
prego! Abbi pietà! TI PREGO!» lo
implorò in preda alle lacrime ed alla
disperazione «Volevo solo rovinare il Natale ai bambini della
Terra! Volevo
solo chiederti se potevi aiutarmi! Ti scongiuro! Ti prego
non-»
«Tu…
cosa?»
ripeté il Grinch mostrandosi stranamente interessato per
poi, dopo averci
pensato sopra qualche secondo, scoppiare a ridere fragorosamente
gettando Pitch
sul divano ancora legato.
Chiuse
il
portellone del tubo di scarico e prese ad accarezzargli la testa mentre
lo
liberava:
«Non
potevi
dirmelo prima, eh? Vecchia volpe che non sei altro! Rovinare il Natale
è sempre
un piacere, figurati se ti dicevo di no!» lo
rassicurò accarezzandogli la
testa»
«Ma
veramente
io-»
«Dai
dai dai,
Pitchy carissimo, cosa hai in mente, eh? Vuoi una mano, forse?
Perché in quel
caso sono spiacente ma ho troppi impegni, ho anche io degli impegni,
guarda!»
mise subito in chiaro prendendo un’agenda che
iniziò a sfogliare «Ore 16.00:
autocommiserazione, poi alle 16.30: fissare il muro, il muro, Pitch! E
poi
ancora alle ore 17.00: risolvere la fame nel mondo, e non dirlo a
nessuno, e
vogliamo parlare della ginnastica delle 17.30, eh?»
continuò ad elencare senza
dargli il tempo per controbattere «Ore 18.30: cena con me, e questa non lo posso proprio
rimandare ancora! Ed alle 19.00
devo lottare contro il disprezzo per me stesso, impresa ardua, caro il
mio
Pitchy esuberante! Quuuuuindi… l’agenda
è
piena, spiacente, e non posso spostare il disprezzo alle
21.00, perché a quell’ora
devo fissare il muro di nuovo!» concluse chiudendo il piccolo
libro.
Pitch
sentì il
mondo crollargli addosso: aveva già progettato tutto
-tutto!- per rovinare il
Natale ai bambini che i Guardiani proteggevano tanto, e quei progetti
davano
per scontato che il suo vecchio amico Grinch lo rovinasse insieme a
lui… mentre
ora gli aveva appena detto che non lo avrebbe fatto, glielo aveva
sbattuto in
faccia senza pudore!
Istintivamente,
si raggomitolò su se stesso tenendosi le ginocchia al petto
ed iniziando a
dondolarsi in preda alla confusione e a mille domande della serie “Cosa accidenti combino adesso?
COSA?”, ed
il peggio era che si trattava di una domanda alla quale non sapeva
proprio
rispondere!
Probabilmente
però l’altro si era accorto della delusione che la
notizia aveva provocato
all’Uomo Nero, motivo per cui era sparito di tutta fretta
dietro quello che
aveva tutta l’aria di essere un guardaroba, iniziando a
frugare a destra e a
sinistra lanciando ovunque di tutto.
Quando
il
Grinch era ricomparso, teneva fra le mani una scatola che aveva tutta
l’aria di
essere molto pesante, che allungò a Pitch facendogli segno
di alzarsi:
«Forse
non
potrò venire a darti una mano, ma qualcosa posso comunque
fare: ecco, prendi
questa, considerala come un regalo per un vecchio amico!» gli
disse dandogli la
scatola fra le mani che, appena Pitch prese, lo trascinò fin
quasi a terra da
quanto pesava.
Nonostante
i
dubbi iniziali sul contenuto di quella scatola misteriosa, e nonostante
l’impellente voglia di aprirla sul posto, Pitch
riuscì a trattenere la
curiosità -e le lacrime- limitandosi invece a fare un breve
cenno di
ringraziamento:
«Vorrei
chiederti cosa c’è qui dentro, ma suppongo che
sarebbe maleducato da parte mia
aprire un regalo davanti a chi me lo ha fatto,
tuttavia…» gli venne
improvvisamente un dubbio, che decise di rendere noto giusto per
toglierselo
dalla coscienza «… Non è che
c’è dentro qualcosa
per vendicarti della batosta che hai preso anche tu l’anno
scorso, quando…
quando mi hai dato una mano per rovinare malamente il Natale ai
bambini,
v-vero? Vero che non ce l’hai con me, eh? A-amici
come… come prima, Grinch?»
domandò senza nascondere un velo di preoccupazione.
Da
parte sua,
l’altro non aveva certo dimenticato la figuraccia fatta
l’anno prima: aveva accettato
di dare una mano a Pitch Black con i suoi soliti piani
perfetti, e tutto ciò che aveva guadagnato da
quell’impresa
epica -almeno secondo l’Uomo Nero- era stata una serie non
meglio definita di
calci nel sedere dati direttamente da Nord, quel vecchio bisbetico di
Babbo
Natale che se lo avessero incontrato i Nonsochi gli si sarebbero
prostrati
dinanzi, dopo aver offerto lui delle deliziose fette di rostacchino fra
l’altro!
E
voleva
tenersi fuori da quelle spiacevoli questioni, soprattutto se
c’entravano i
Guardiani e compagnia bella:
«Neeeeessun
rancore, Pitchy caro, amiconi come siamo sempre stati,
ovviamente!» lo
tranquillizzò stringendogli la mano e recuperando la
pelliccia di Pitch, che
gli rimise prontamente sulle spalle «Ed ora vai a fare
faville, mio caro Uomo
Grigiastro, vai a casa tua e dimostra a quei mocciosi come ruba il
Natale chi è
stato appositamente consigliato dal Grinch, vai!» lo
invitò ad uscire
guidandolo fino alla porta mentre Max seguiva entrambi scodinzolando.
Pitch
non sapeva
bene come interpretare il gesto, se come fastidio di averlo intorno o
come
semplice premura, ma ora come ora era troppo eccitato
all’idea di prendersi la
sua rivincita per farsi pure delle domande:
«Allora
grazie, grazie mille davvero! Non so proprio come avrei fatto senza di
te,
Grinch, non so come ringraziarti! GRAZIE!!!» disse in preda
alla commozione
mentre, con la porta aperta, faceva i conti con il gelo
dell’ambiente esterno alla
grotta «Grazie, grazie e di nuovo graz-» stava per
finire quando, messo piede
appena un centimetro fuori dallo stipite della porta che
sentì uno scatto.
Che
azionava
una catapulta.
Eh.
Mentre
osservava Pitch Black volare lontano lontaaano urlando come un bambino
terrorizzato, sul viso del Grinch si dipinse un ghigno che andava da
una parte
all’altra del viso coperto da quella fitta peluria:
«Grazie
a te,
Pitchy, per avermi ricordato il vero significato del Natale»
sussurrò appena
mentre Max gli si sedeva vicino «La vendetta! LA
VENDETTA!!!» gridò infine
spaventando anche il povero cane, che se ne tornò
velocemente in casa correndo,
gesto che imitò poco dopo chiudendosi violentemente la porta
dietro le spalle.
Pitch
aveva la
sensazione che quella sarebbe stata la notte del riscatto, del suo riscatto… quanto
si sbagliava, il povero Pitch Black! Non avrebbe fallito
quest’anno, se lo sentiva nel profondo della mente, delle
ossa, di tutto!
Soprattutto
dopo aver aperto il regalo del Grinch, che lo aveva lasciato perplesso
e
stupito subito dopo: certo, non l’aveva congedato nel
migliore dei modi da
quella visita, ma non poteva lamentarsi, soprattutto perché
aveva regalato
qualcosa di così tanto utile a lui!
Onyx
lo
guardava perplesso: con quei suoi occhi dorati in contrasto col naso
rosso da
Rudolph, il finto corno da renna legato sulla fronte con un delizioso
fiocco
color magenta doveva essere umiliante di suo, se poi ci si aggiungeva
pure la
ghirlanda di agrifoglio al collo ed i campanellini che gli adornavano
il corpo
e gli zoccoli beh… quel povero Incubo doveva volere molto male al proprio padrone in quel
momento.
Abito
da Babbo
Natale rosso scarlatto -fatta eccezione per i pantaloni nero fumo - che
scendeva con uno strascico dietro la schiena, con tanto di bordi di
morbida
pelliccia bianca, cappellino con pon-pon e lucine a intermittenza e
scarpette
cremisi anche loro con la punta nemmeno fosse un elfo.
E la
pelle grigio
cenere ora verde, tinta su
consiglio
del suo amico perché “Se con me ha funzionato,
stai pur certo che funzionerà
anche con te, parola di Grinch!”… anche se a dire
il vero farsi il bagno in
quello strano intruglio verdastro piuttosto maleodorante era stata una
mezza
tortura, da quanto pizzicava.
Ma
era stato
un dolore sopportabile, una tortura alla quale si sarebbe sottoposto
mille e
mille volte, dal momento che l’unica cosa importante era dove
si trovava in
quel singolo istante: davanti alla finestra della stanza di Jamie
Bennett -il
bambino preferito dei Guardiani!- che, sfortunatamente per lui, aveva
avuto la
brillante idea di lasciare la finestra aperta.
E lui
cosa
aveva fatto?
Si
era chiesto
perché proprio quella
finestra fosse casualmente aperta?
Ma
certo che
no, era entrato con Onyx al seguito senza esitare un solo secondo!
Trovandosi davanti Jamie con le
braccia conserte al
petto, affiancato da Jack Frost e circondato dal resto dei Guardiani
che
parevano aver immaginato già il suo “piano
infallibile”.
Per
l’ennesima
volta in quel giorno, per Pitch la vista si era annebbiata dopo la
prima serie
di colpi ricevuti in testa da non aveva nemmeno idea chi: forse quello
che
aveva sentito colpirlo era stato il Bastone di Jack, forse i pugni di
Nord o
una zampata di Calmoniglio, stava di fatto che aveva perso i sensi.
Di nuovo.
Era
ormai
mattina inoltrata quando Onyx lo aveva svegliato con una leccata in
faccia, ma
non una mattina qualunque: la mattina del 25 dicembre, la mattina di
Natale.
La
mattina
dopo il suo fallimento, l’ultimo di una lunga serie.
Pitch
non
sapeva più cosa fare per riuscire a rovinare il Natale a
quei dannatissimi
bambini protetti dai Guardiani, ma qualsiasi pensiero al riguardo
sarebbe stato
inutile, almeno in quel momento: se ne sarebbe parlato di nuovo fra un
anno,
quando si sarebbe trovato ad organizzare il prossimo colpo grosso, come
amava
definirlo lui… o l’ennesima sconfitta, come
preferivano definirlo i Guardiani.
Preso
com’era
a piangersi addosso mentre se ne stava a letto dolorante con del
ghiaccio in
testa e anche altrove, quasi non
fece
caso al grosso pacchetto posato sulle sue gambe da Onyx, il quale aveva
delicatamente aperto le fauci attento a non rovinare
l’incarto, se così si
poteva chiamare quell’accozzaglia di carta alimentare unta e
bisunta; lo guardò
qualche istante perplesso, lanciando un’occhiata anche allo
stallone,
intenzionato a chiedergli dove lo avesse trovato, ma
rinunciò subito dopo,
stanco com’era.
Si
limitò
semplicemente ad aprirlo, e restò piacevolmente sorpreso dal
suo contenuto: una
pelliccia nera identica a quella che Max gli aveva gentilmente
rovinato, una pelliccia addirittura ancora più bella e
lucida di quella che aveva in precedenza!
Stava
per
gettare via l’incarto e la scatola quando Onyx gli fece
notare, indicandolo con
uno zoccolo, un piccolo bigliettino allegato al regalo che si mise
subito a
leggere, impresa ardua dal momento che era pieno di correzioni e pareva
essere
stato scritto in buona parte da una bambina:
Quella
mocciosa deliziosa bambina di Cindy Lou mi ha detto
che sarebbe stato un
gesto inutile, stupido e che mi ha fatto spendere un sacco di
soldi molto carino farti avere una pelliccia nuova come
regalo di Natale, ma
io non
credo proprio perché se tu l’avessi voluta te la
saresti ricomprata… anzi, no, perché sei troppo
povero, dal momento che
è stato Max a rovinartela, quindi
ecco qui il tuo sgorbio che potevi ricomprarti da solo
regalo.
Spero
che ti piaccia ma anche se non ti piace non venire a
lamentarti da me e
che le mie scuse possano bastare, ma soprattutto che con questo piccolo
dono tu
abbia capito il vero significato del Natale: LA VENDETTA
il calore che
diamo e che ci viene dato dalle persone per noi più
importanti!
Tanti
auguri di buon Natale, Pitch!
Sinceramente
tuo ma anche no,
Grinch
Improvvisamente,
l’Uomo Nero sentì una
stretta al cuore, una sensazione mai provata prima e che, almeno nei
primi
momenti lo aveva spaventato, una sorta di gioia interiore fino ad ora a
lui del
tutto sconosciuta e, forse, anche temuta: spirito natalizio, lo
chiamavano.
Onyx
si sedette vicino posando il muso
fra le sue braccia, godendosi le carezze del proprio padrone in
lacrime… e sorridente,
soprattutto quello.
Soprattutto quello.
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Angolino
dell’autrice
Buon
Natale a tutti!
E
tutti i miei migliori auguri
grinchosi e pitchosi!
Quale
miglior modo di inaugurare il
mio primo Natale in questo fandom, se non con una one shot piena di
disagio,
pandoro tanto desiderato e panettone che vola?
Lo
ammetto, mi è venuta una voglia
assurda di scrivere di un improbabile incontro fra Pitch Black ed il
grinch
dopo aver visto l’immagine che vi lascio sotto, non potevo
proprio resistere!
Fra
l’altro, ringrazio _Dracarys_ per
avermi dato una mano a chiarire le idee su questa one shot,
perché senza di lei
sarebbe ancora ferma ad una pagina :’D
Non
dico altro, se non una cosa: #TeamPandoro o
#TeamPanettone?
Io
faccio parte del #TeamPandoro, con
Pitch sono proprio in buonissima compagnia… MA ANCHE NO!
:’D
Di
nuovo auguri di buona Natale e
buone feste a tutti!
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