A
kind of magic
I campi coltivati traboccanti di erbe medicinali dal lungo fusto si
estendono da est ad ovest e viceversa, mentre continuano a percorrere
l’unico lembo di strada sterrata che attraversa quella zona.
Ogni passo è accompagnato dal battito regolare e continuo
degli zaini sulle loro schiene.
Non
hanno avuto l’opportunità di portare con
sé alcunché; l’annuncio della caduta
del Ministero è giunto loro quando erano ancora sulla strada
per Hogsmeade. D’un tratto, l’idea di un boccale di
Burrobirra ai Tre Manici di Scopa non era più
così entusiasmante – o meglio, lo era ancora,
peccato che adesso le loro priorità fossero ben altre.
Il
cielo plumbeo sembra preannunciare pioggia, le raffiche violente di
vento gelido che persistono nello sconquassare i corpi dei due
viaggiatori, che imperterriti proseguono lungo il loro cammino,
tuttavia, non portano con sé l’odore umido che
preannuncia un acquazzone. Il che sarebbe un bene, se solo non ci fosse
quel freddo cieco a penetrare loro fin nelle ossa. In lontananza, si
sente lo sciabordio furente delle onde del mare contro la roccia;
probabile che si trovino nei pressi di qualche scogliera.
Sarebbe
molto più facile muoversi magicamente, con il Ministero alle
calcagna tuttavia non è esattamente la scelta migliore.
D’accordo, ha ormai compiuto diciassette anni, per cui non
dovrebbe più avere addosso la Traccia – al che,
tecnicamente, non sarebbe più possibile rintracciarlo
– ciononostante, considerando il precedente che avevano avuto
con quella coppia di Mangiamorte in quel pub malfamato di Tottenham
Court Road, avevano preferito non rischiare. Non riuscivano ancora a
spiegarsi come fosse stato possibile che li avessero rintracciati
così in fretta; a volte preferivano illudersi, costringendo
le loro menti, stanche dopo tutti quei giorni di viaggio, a credere che
si fosse trattato semplicemente di una fortuita quanto improbabile
– e soprattutto decisamente sfortunata per loro –
combinazione: era difficile convincersi che due emissari
dell’Oscuro Signore si fossero trovati casualmente in quel
luogo babbano, peccato che in quel momento dei dettagli del genere
avessero ben poca importanza. Quando stai lottando per la
sopravvivenza, non hai granché modo di concentrarti su certe
piccole sottigliezze.
Certo,
magari all’apparenza potrebbero sembrare sciocchezze, eppure
in quel momento ogni insignificante dettaglio potrebbe rivelarsi di
fondamentale e vitale importanza, purtroppo però la
stanchezza gioca butti scherzi e, si sa, non è poi
così inusuale che determinate informazioni vengano
dimenticate.
Jude
è soprappensiero, perciò non si accorge del
momento in cui finisce a piè pari in una pozzanghera ricolma
di fanghiglia ben poco allettante; trattiene diverse imprecazioni tra i
denti, mentre reprime con tutte le forze che gli rimangono
l’istinto di gridare: se davvero ci sono dei Mangiamorte
sulle loro tracce, urlando non farebbe che dar loro modo di
rintracciarli.
Il
giovane Corvonero del settimo anno agita con foga le braccia mentre si
tira fuori da quell’acqua sporca – il suo ultimo
desiderio è sapere cosa ci sia là dentro, davvero
– cercando di reprimere la stizza: tornato sul terreno brullo
di quello stretto sentiero ben poco battuto, deve tristemente
constatare – con suo estremo disappunto – che le
sue scarpe e l’orlo dei jeans è ora
irrimediabilmente intriso di quella lurida poltiglia. Bleah.
«Magnifico»
commenta, nel sussurro più flebile che riesce a tirare fuori.
Tira
calci pieni di frustrazione al suolo sottostante, cercando di non
perdere la calma – non oltre quanto abbia già
fatto e non più del dovuto, perlomeno – sbuffando
irritato. Ha paura di assomigliare parecchio ad un cavallo
imbizzarrito, in quel momento e sinceramente la cosa lo innervosisce
alquanto: ha paura di suscitare scherno o, peggio ancora, compassione
nel suo compagno di viaggio.
«Posso
asciugarle con un semplice incantesimo» commenta una voce
gentile, alle sue spalle «e potresti farlo alla perfezione
anche tu, a dir la verità.»
«Lo
so» sentenzia il ragazzo, i denti ancora digrignati a causa
del nervosismo, che continua a sentir montare dentro di sé
«però sto cercando di ridurre al minimo
indispensabile l’uso della magia… ormai ho paura
che possano localizzarci per ogni sciocchezza.»
L’uomo
gli circonda le spalle con un braccio, appoggiandosi al suo corpo con
fare casuale e cercando, in qualche modo, di tranquillizzarlo.
«Saggia
decisione» conviene, con un lieve sospiro, quasi
impercettibile «peccato che sia esattamente ciò
che loro vogliono. Vederci vivere nel terrore costante, intendo. E
lasciatelo dire, Jude, ma dargliela vinta è davvero
l’ultima delle mie intenzioni.»
«Beh,
anche la mia, chiaramente» replica il ragazzo, scostandosi
istintivamente e ritraendosi da quelle attenzioni «e proprio
per questo desidero ricorrere alla magia solo se strettamente
necessario. Non siamo ancora riusciti a spiegarci come abbiano fatto
quei Mangiamorte a localizzarci così in fretta, a Londra,
perciò preferisco evitare situazioni che potrebbero esporci
a possibili rischi.»
L’altro
scuote lentamente la testa, mentre un sorrisetto di biasimo si forma
sulle sue labbra.
«Ragazzo,
sii realista: al momento siamo probabilmente i due maghi più
ricercati di tutta l’Inghilterra, non ho dubbi che, nascosti
da qualche parte qui intorno, ci siano ben più di un paio di
Mangiamorte che ci tengono d’occhio, in attesa della nostra
prima mossa falsa per catturarci. Siamo col fiato dei nostri stessi
nemici sul collo, Jude, credi davvero che rifugiare la magia ti sarebbe
in qualche modo d’aiuto?» lo riprende, le mani sui
fianchi e l’esperienza dura, severa, inflessibile.
«So
anche questo!» sbotta Jude, alzando le braccia al cielo,
esasperato «È anche plausibile che se avessi
evitato di far scoprire che sei una spia, dopo essere stato per anni il
fedele braccio destro del Signore Oscuro, forse adesso avremmo avuto
meno Mangiamorte alle calcagna.»
«Quindi
adesso sarebbe colpa mia» il maggiore prorompe in verso breve
e roco, qualcosa di pericolosamente simile ad una risata nervosa
«disse quello che ha contatti praticamente ininterrotti con
l’Ordine della Fenice e ha passato tutto lo scorso anno ad
impartire lezioni di magia segrete ad un manipolo di studenti
scelti.»
«Che
diavolo avrei dovuto fare, restare a guardare mentre il Ministero ci
metteva i piedi in testa a tutti e a nemmeno uno studente del sesto
anno veniva impartito ciò che invece avrebbe dovuto sapere
in Difesa contro le Arti Oscure? Mi dispiace ma questo non rientra
nelle mie capacità» Jude sta ormai sbottando, allo
stremo della collera. Credeva che, almeno lui, riuscisse a
capirlo…
«Ma
non ci arrivi? In questo modo non hai fatto altro che attirare
attenzioni su di te! Adesso tutti sono a conoscenza della tua
incredibile abilità nelle Arti Magiche, ecco
perché sei con me in cima alla lista dei più
pericolosi ricercati» d’improvviso
l’insegnante lo afferra, le dita che quasi sembra vogliano
penetrare nella carne viva del braccio del ragazzo.
«Oh,
beh, mi dispiace se ho cercato di fare il mio dovere di studente,
aiutando i miei amici quando Hogwarts non sembrava in grado di darci
l’istruzione di cui avevamo bisogno» replica Jude,
gli occhi di brace che inceneriscono le vesti nere
dell’altro, che fluttuano a mezz’aria frustate da
quel vento incessante.
«Ah,
certo, se ragioni così io dovrei scusarmi di aver rischiato
la pelle per tutto questo tempo, facendo il doppiogioco e passando
informazioni all’Ordine sottobanco» l’ex
insegnante di Pozioni – e nuovo professore di Difesa contro
le Arti Oscure – quasi ringhia, furente, i piccoli occhi neri
che sprizzano scintille di oscurità mentre la voce roca e
profonda riesce a sovrastare perfino il furente ruggito delle raffiche
«allora dimmi, Jude: se ritieni che sia così
pericoloso viaggiare insieme, visto che siamo entrambi due ricercati
piuttosto indesiderati e sui quali quasi sicuramente è
concentrata la maggior parte dell’attenzione dei Mangiamorte,
perché non lasci che le nostre strade si separino?
Dividendoci, dimezzeremmo il numero di maghi oscuri al nostro
inseguimento, incrementando le possibilità di vittoria
personale. Però tu non sembri intenzionato a prendere questa
decisione, sebbene sia potenzialmente la più intelligente.
Quello che mi chiedo è: perché ti ostini ancora a
muoverti con me?»
«Davvero
me lo sta chiedendo?» Jude lo osserva, così
sbigottito che la sua sorpresa si mischia ad una buona dose
d’ironia – ben distinguibile nella sua voce
«perché non
posso, ovviamente. È mia intenzione
proteggerla, dovesse costarmi la vita.»
«Non
dire così» il mago adulto attira istintivamente il
ragazzo verso di sé, stringendolo in un abbraccio protettivo
«non voglio che rischi la pelle per proteggere me, sebbene
ammetto che, dal canto mio, farei esattamente la stessa cosa per te.
Ricordati che la tua vita è ben più preziosa
della mia, ragazzo: sei giovane e potente, puoi ancora fare molte cose
per il mondo magico, mentre io, beh… ormai non sono
più certo giovane come un tempo.»
«Professor
Dark, non è vero» Jude lascia affondare il proprio
volto tra le vesti dell’uomo, mentre il profumo di colonia
dell’insegnante gli pervade le narici – e poi i
sensi «Lei è un mago straordinario, inoltre
conosce molte più informazioni su Lei-Sa-Chi di quante tutti
noi dell’Ordine riusciremmo mai ad accumulare in una vita
intera. Che lo voglia o no, abbiamo bisogno di averla al nostro fianco
in questa guerra.»
«E
io lo voglio, Jude, lo voglio davvero tanto» l’uomo
sorride, carezzando pazientemente una guancia del ragazzo «e
proprio per questo non dobbiamo lasciare che litigi sciocchi come
questo possano dividerci. Dobbiamo concentrarci e restare uniti,
altrimenti non riusciremo mai a sconfiggerli.»
«Okay»
acconsente il giovane, con un lieve cenno del capo; percependo quel
gesto così accondiscendente, Ray Dark discosta lievemente il
corpo dell’allievo dal proprio, così da poterlo
nuovamente osservare un volto. I grandi occhi rossi dello studente
Corvonero sono un po’ annacquati, come tempera troppo
diluita. Sono incantevoli come al solito, se solo si potessero
cancellare le tracce di quelle lacrime infauste.
Detesta
vederlo piangere, soprattutto in quel momento, poiché ha la
consapevolezza di essere lui il motivo di quelle lacrime.
«Su»
cerca di cambiare discorso, per smorzare la tensione che si
è venuta a formare «adesso sarà meglio
cercare un posto in cui montare la tenda.»
«Certo»
Jude sembra riscuotersi; scrolla lievemente le spalle, mentre si passa
con fare casuale il dorso della mano sugli occhi arrossati. Ray vede
tutto, ciononostante si limita a voltarsi dalla parte opposta. Pensa
che sia meglio così, non vorrebbe mai che il ragazzo si
sentisse infastidito da quegli sguardi.
«Proseguiamo
in questa direzione» riprende poco dopo il più
giovane, stringendosi le cinghie di cuoio dello zaino contro le spalle
scarne «prima o poi le piantagioni dovranno diradarsi. A quel
punto basterà trovare uno spazio non coltivato e piantare le
tende lì, no?»
Dark
annuisce, così Jude, soddisfatto, ruota sui talloni e si
rimette in marcia. Ray lo segue, a pochi passi di distanza, pensando
che raramente ha incontrato persone dalla forza di volontà
tanto salda come quella del ragazzo.
Piantano
la tenda – opportunamente premunita dell’Incantesimo di Estensione
Irriconoscibile – non molto distante da
lì. Il campo si ferma a pochi passi dallo strapiombo della
scogliera a picco sul mare, perciò preferendo non rischiare
di rendere ai Mangiamorte il compito di ucciderli più facile
del previsto, hanno deciso di muoversi verso l’entroterra.
Con un paio di ore di cammino si sono ritrovati nel fitto di una zona
boschiva; da lì trovare una piana desolata con qualche
albero in meno non era stata poi un’impresa così
ardua. D’accordo morire, però possibilmente in
battaglia e non lanciati giù da una scogliera con tanto di
tenda al seguito.
Ray
si era proposto di lanciare gli Incantesimi Protettivi attorno alla
tenda, consigliando al ragazzo di occuparsi nel frattempo di tutto il
resto – sistemare i sacchi a pelo, razionare le provviste,
accendere la lampada a gas per la luce e il calore. È
abbastanza certo che Dark l’abbia spedito nella tenda per
concedergli qualche minuto tutto per sé: chiaramente lo
scatto d’ira di quel pomeriggio ha messo
sull’attenti entrambi. Jude non è quel genere di
persona che si fa prendere facilmente dalla collera; devono stare
attenti, in una situazione come quella che stanno affrontando ogni
minimo cambiamento d’umore può essere fatale per
il buon esito della missione.
Mentre
sente Ray mormorare incantesimi – Salvio Hexia. Repello Babbanum.
Protego Totalum – si è già
occupato di tutti i compiti che il professore gli ha lasciato. Sa che
l’uomo è il miglior esperto di arti magiche che
potesse desiderare di avere accanto in quella missione – e
che, nonostante tutto, probabilmente a quest’ora dovrebbe
aver finito già da un pezzo di incantare quella radura; non
sarebbe potuto essere più palese di così che gli
stesse offrendo del tempo per sé e per calmarsi –
e che ha accettato di apporre gli incantesimi solo per concedergli un
po’ di riposo, perciò decide di sfruttare
quell’occasione rifugiandosi nella misera toletta che hanno a
disposizione, mentre Dark scalcia svogliatamente un mucchio di foglie
poco distanti.
Jude
si sciacqua mani e viso con l’acqua gelata,
dopodiché passa a rimuovere il fango dalle scarpe. In fin
dei conti è grato al professor Dark: finalmente un momento
di tregua, in quei giorni così frenetici.
Prima
di scivolare fuori dalla toletta s’infila un altro maglione
pesante sopra quello che ha già addosso: stanno andando
incontro alla notte, sono praticamente all’aperto,
è dicembre inoltrato e oltretutto sono pure in una zona
dalle temperature piuttosto rigide, meglio non rischiare di beccarsi
una broncopolmonite nel bel mezzo di una fuga così delicata.
Quando
torna nello spazio principale della tenda nota con piacere che il
professore ha concluso i suoi incantesimi ed è finalmente
rientrato; Jude immagina che adesso sarà lui ad andare a
darsi una rinfrescata, invece l’uomo si siede al tavolo da
picnic al centro del loro rifugio e con un colpo di bacchetta fa posare
due piatti di minestra sulla superficie lignea.
Jude
si siede sulla panca opposta e osserva per un lungo istante il suo
professore – anzi, visto che ormai entrambi sono in fuga da
Hogwarts ex
professore – quasi in attesa che gli dica
qualcosa; non c’è una frase o una parola precisa
che a Jude piacerebbe sentirsi dire, magari un incoraggiamento o
qualcosa del genere. Forse gli basterebbe un “Buon
appetito”, oppure inconsciamente sta ancora ricercando
approvazione dopo i difficili momenti affrontati di recente. Tuttavia
Ray si ostina in maniera cocciuta a rimanere in silenzio, per un motivo
che Jude non riesce a spiegarsi, così alla fine il ragazzo
inizia a mangiare, senza aggiungere alcunché. Alla fine,
anche guardarsi negli occhi sta diventando troppo doloroso da
sopportare, perciò ricorre ad un atto di codardia,
così inusuale per lui, rifugiandosi nella sua torre eburnea
di pensieri inascoltati e sguardi rifuggiti; evita perfino di
rivelargli che quella sia la migliore minestra di campo che abbia mai
assaggiato in vita sua, per quanto pietanze come quella continuino a
rimanere immangiabili. Probabilmente gli costerebbe ben più
dell’onore.
La
cosa buffa è che Jude sa perfettamente che il suo compagno
di viaggio è un abile Legilimens,
perciò ora già sa tutto ciò che lui
stava cercando di nascondergli. Poco male, tanto se la minestra
è così buona è solo grazie alla magia,
non certo per via di qualche insospettabile dote culinaria del suo
compagno di viaggio.
Non
appena finisce di svuotare la sua misera scodella di minestra, Jude
balza in piedi. Con un lieve movimento della bacchetta i piatti si
alzano in volo a mezz’aria, atterrando poco dopo
già lucidi in un acquaio non molto distante grazie
all’incantesimo di levitazione. Il ragazzo sospira
mestamente, per poi andare ad accucciarsi sulla propria brandina senza
ulteriori indugi, avvolgendosi in un plaid per ripararsi dal gelo
– quello della temperatura esterna e il silenzio ghiacciato
che intercorre tra lui e Ray.
All’esterno
le tenebre calano con sorprendente velocità. Jude chiude gli
occhi per un tempo che non sa definire, potrebbero essere dieci minuti
come un’ora; non sta propriamente dormendo, piuttosto si
dondola in un piacevole stato d’incoscienza nel quale
vorrebbe rimanere forse per sempre. Gli sembra di non poter essere
raggiunto da alcun male, lì, mentre perde la cognizione del
tempo e dello spazio e i pensieri diventano più lievi.
Un
sospiro basso rompe il suo stato di trance. Il ragazzo solleva giusto
un pizzico le palpebre per osservare la scena, gli occhi rubizzi che
s’intravedono appena. Si accorge solo in quel momento che Ray
ha preso una sieda e si è seduto davanti a lui: il gomito
puntellato sul bracciolo di legno e la guancia magra affondata nella
mano chiusa a pugno, nell’altro palmo sostiene un volume di
Magia Oscura. Sembra totalmente immerso e Jude è piuttosto
certo che non sia accorto che lo sta osservando, tuttavia poco dopo
è costretto a ricredersi.
«Muffliato»
mormora, agitando la bacchetta, che tiene nella mano vicina alla
guancia.
Jude
sobbalza, colto alla sprovvista. Il suo ex insegnante conosce
incantesimi che lui nemmeno immagina, alcuni li ha persino creati,
perciò non ha la più pallida idea di che cosa
abbia fatto adesso. Il che, in effetti, lo innervosisce alquanto: se
c’è una cosa che i Corvonero non sopportano
proprio è non sapere cosa stia succedendo attorno a loro
– a causa della loro indole curiosa, ovviamente.
«Non
preoccuparti» commenta, cercando di rassicurarlo
«è un incantesimo che impedisce di sentire quello
che abbiamo da dirci a chiunque altro all’infuori di noi.
Sempre partendo dal presupposto che questa è una
precauzione, considerando il fatto che siamo abbastanza convinti di
avere i nostri nemici alle calcagna, certo. Ho visto che mi osservavi e
ho pensato che avessi qualcosa da dirmi ma non ti andasse di essere
ascoltato da orecchie estranee, così ho agito di
conseguenza.»
Jude
espira cautamente, cercando di rimettere insieme i pezzi per poter
comporre un discorso dal minimo senso compiuto. Non ha la
benché minima idea dell’argomento da cui
cominciare, ci sono così tante cose che vorrebbe chiedergli
che si ritrova con l’imbarazzo della scelta, davvero.
«Perché
ti sei unito a Lui?» butta fuori tutto d’un fiato
«a Tu-Sai-Chi, intendo.»
Ray
incassa il capo nelle spalle e subisce il colpo, in silenzio, un
sorrisetto amaro che proprio non ne vuole sapere di sparire dal suo
volto; Jude invece infila le mani tra le cosce e la brandina
sottostante, dondolando appena le gambe in avanti mentre si lascia
sfuggire un sospiro esausto.
«Non
sei andato molto per il sottile, eh?» gli fa notare
l’ex insegnante, che ora tiene lo sguardo ben puntato a
terra. Probabilmente non si sente molto a suo agio a parlare di quel
periodo.
E
in effetti Jude sa che avrebbe potuto trovare mille altri modi per
porgli quella domanda che da così tanto tempo gli ronzava
per la mente, tuttavia con ogni probabilità alla fine
nessuno avrebbe soddisfatto i suoi desideri: il giovane Corvonero
è un ragazzo onesto e spontaneo, non riesce mai a
trattenersi dal dire ciò che pensa realmente e, beh, anche
in questo caso non ha fatto eccezione.
«Così
vuoi che ti parli della parte più oscura della mia
vita» riprende Ray, lo sguardo che ora sembra essersi perso
nel vuoto, lontano anni luce da lì, da quella tenda e dalla
guerra che infuria all’esterno.
«E
va bene» acconsente infine, dopo diversi minuti di silenzio
– e di riflessione – facendo nuovamente sussultare
il ragazzo «ti racconterò quello che vuoi sapere.
D’altronde è un tuo pieno diritto desiderare di
avere informazioni in merito, sarebbe stato sciocco il contrario.
C’è qualcosa in particolare che
t’interessa?»
Jude
lo osserva attentamente. Non è difficile notare quanta
fatica costi all’uomo affrontare quell’argomento:
il suo sguardo è irrequieto, si muove evasivo da una parte
all’altra del terreno in poche frazioni di secondo,
continuamente, mentre continua a tenere le spalle basse. Se
all’inizio gli sembrava una buona idea, adesso Jude teme che
quelle informazioni che sta per richiedere costino ben più
dell’imbarazzo del suo ex insegnante.
«Solo…
com’è iniziata» sospira, paradossalmente
adesso è lui quello che si sente a disagio «ho
bisogno di capirlo… perché ho paura.»
Dark
ghigna, sulle sue labbra già si prospetta una battuta
maligna.
«Paura
di poter cadere nel mio stesso errore o che possa essere io stesso a
tornare sui miei passi?» lo provoca infatti, gli occhi
piccoli e neri come punte d’inchiostro che lo fissano
inquisitori.
«Entrambe»
ammette Jude, con una tranquillità disarmante
«anche se, per quanto ti riguarda, credo che sia
più facile che ti costringano a tornare sotto il loro
controllo tramite la maledizione Imperius,
piuttosto che sia tu stesso a piegarti nuovamente a quegli
ordini.»
Per
un momento Ray lo osserva assolutamente sbigottito, la bocca socchiusa
e nessuna parola in grado di fuoriuscire da essa. Poi, d’un
tratto, la sua espressione si addolcisce e un sorriso sincero osa quasi
fare capolino sulle sue labbra.
«Così
mi lusinghi, ragazzo» commenta infatti, trattenendo a stento
l’impulso di stringere bonariamente la mano del giovane nella
propria – così poco da lui, in effetti
«tornando a noi… è difficile spiegarlo.
Quando avevo la tua età ero così pieno di
risentimento verso il mondo intero che volgere la mia anima al male non
sembrava poi un’opzione così ignobile. Diciamo che
la vita non è stata mai particolarmente clemente con me:
persi mia madre quando ero ancora piccolo per rendermi conto di quello
che accadeva intorno a me. Mio padre, invece, mi abbandonò
prima ancora che compissi sette anni. Non riuscivo a capire
perché l’avesse fatto; a distanza di anni, sono
piuttosto certo di poter affermare che il suo non sia stato altro che
un atto di codardia. Semplicemente non aveva né il fegato
né le capacità di prendersi cura da solo di un
figlio – e di questo, forse, non me la sento nemmeno di
fargliene una colpa. Crebbi in una famiglia di maghi che non tenne mai
particolarmente a me, tant’è che si sentirono
addirittura sollevati quando ricevetti la mia lettera per Hogwarts. A
scuola… non ne parliamo. A quanto pare lo sfigato Serpeverde
era la preda preferita dei tronfi Grifondoro. Io, ovviamente, li
lasciavo fare. Già allora me la cavavo abbastanza agilmente
con gli incantesimi, però a cosa sarebbe servito lanciar
loro contro un Sectumsempra? A niente: potevo ribellarmi, sapevo di
essere in grado di procurare ben più dolore di quanto un
gruppo di bulli potesse fare, nonostante questo non ho mosso nemmeno un
dito per risparmiarmi quei soprusi, gli insulti verbali bastavano a far
crollare le mie difese, a far sì che fossero certi che non
avrei protestato.»
Ray
emette un sospiro spezzato; man mano che va avanti col suo racconto
proseguire diventa sempre più faticoso, tuttavia Jude sa
perfettamente che è un testardo di prima categoria e non
rinuncerà a narrargli quella storia.
«Quando
mi diplomai la mia mente era irrimediabilmente spezzata»
riprende infatti di lì a breve, il sorriso triste che torna
a campeggiare sul suo volto «avevo bisogno di qualcuno che
nutrisse il mio odio, che lo fomentasse. Detestavo me stesso per essere
così debole, mio padre per non avermi accudito, mia madre
per avermi lasciato più del dovuto, la famiglia che mi aveva
ospitato negli anni precedenti alla mia ammissione ad Hogwarts per non
aver fatto altro che sminuirmi continuamente, quei dannati ragazzi che
non avevano mai perso occasione per tormentarmi… insomma, ce
l’avevo col mondo intero. So che può sembrare
un’esagerazione, temo tuttavia che a
quell’età non si abbia la piena percezione di
ciò che si combina. Ad ogni modo, cominciai a servire il
Signore Oscuro. All’inizio ero perfino d’accordo
con i suoi metodi, certo che la feccia del mondo magico andasse
estirpata… eppure, col tempo capii quanto mi sbagliavo.
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato… quante stragi inutili si
compiono nel suo nome, quanto sangue magico tragicamente versato! Non
volevo più essere parte di quel sistema corrotto, contorto e
fallace, così iniziai a passare informazioni sottobanco
all’Ordine della Fenice. In quell’organizzazione si
trovavano e si trovano tutt’ora amici, parenti e conoscenti
di chi un tempo si divertiva a farsi beffe di me, lo so – i
miei tormentatori li eliminai già quando ancora collaboravo
con il Signore Oscuro, lo ammetto – ma nonostante questo
preferisco sostenere loro che un folle che si diverte ad uccidere per
il solo gusto di farlo.»
Lo
sguardo di Ray rimane vacuo ancora per qualche istante,
dopodiché quei piccioli e neri ciottoli di fiume tornano ad
essere lucidi – ma non di lacrime – e si puntano
sulla figura del ragazzo dinanzi a sé. La verità
è che nutre grande stima nei confronti di Jude e non ha mai
fatto mistero di questo, ecco perché ora gli ha rivelato col
cuore in mano tutte quelle informazioni sul proprio passato, come non
aveva mai fatto con nessun altro in vita sua. È certo che
quel ragazzo capirà: lui, il Corvonero con il talento innato
per Pozioni, colui che aveva imparato tutti i suoi vecchi incantesimi
in qualche giorno e poco più… non avrebbe mai
potuto non apprezzarlo.
Il
ragazzo sospira mestamente, ora è lui quello con lo sguardo
basso. Si sente maledettamente in colpa per aver scucito quei ricordi
così dolorosi e personali dalle labbra del professor Dark,
tanto che avesse un po’ di dignità in meno adesso
probabilmente si getterebbe ad abbracciarlo. E per questo si sente pure
peggio, perché sa di non avere il coraggio necessario a
perdere quel briciolo di contegno.
«Io…
non era necessario che lei mi raccontasse tutto ciò,
professore» si decide finalmente a fargli notare Jude, che
continua a sentirsi a disagio – nonostante tutto il proprio
disappunto.
«Beh,
tecnicamente sì, ragazzo» replica Dark,
incrociando le braccia dietro la testa «dopotutto sei stato
tu a chiedermi perché
mi fossi unito al Signore Oscuro. Quanto al resto, vorrei ricordarti
che stiamo affrontando una fuga estremamente delicata. Dobbiamo stare
molto attenti a come ci muoviamo e non voglio che ci siano segreti tra
noi, finirebbero per deteriorare la nostra unione, ecco
perché ti ho raccontato tutto ciò.»
Lo
sguardo di Jude schizza verso il suolo a velocità
inverosimile – così strano, per un ragazzo fiero
come lui. Ray, certo di non poter essere visto, sospira
silenziosamente: ha preferito rifilargli la versione “non
devono esserci segreti tra noi” piuttosto che essere
costretto ad ammettere che se gli ha raccontato quelle cose
è stato semplicemente perché il suo cuore, per la
prima volta, si è sentito pronto a condividere quelle
informazioni con qualcun altro. Ray non glielo confiderà
mai, in fondo però sa che Jude è la persona giusta.
«In
tal caso ci terrei a ringraziarla per ciò di cui mi ha
parlato» afferma Jude, gli occhi rossi che scintillano come
rubini – e Ray è quasi certo di non averli mai
visti brillare così tanto.
«Oh,
Jude, te l’ho detto, non c’è bisogno che
mi ringrazi» insiste l’altro, con un lieve sbuffo
spazientito, nel modo di chi vuole comunicare che ha capito e non
c’è bisogno di insistere oltre su
quell’argomento.
«E
un’altra cosa, professore.»
«Sì?»
«Mi
dispiace. Sul serio» il sorriso del ragazzo è di
una tristezza così sincera da far male, tremendamente
dissimile dagli sguardi di falsa compassione – e comprensione
– che Ray si è visto riservare in tutti quegli
anni. E probabilmente lo capisce sul serio, considerato che anche lui
ha perso i genitori in così tenera età. Dio,
quanto darebbe per poterlo abbracciare e confortare, adesso; invece,
quel dannato contegno come al solito deve arrivare, puntualmente, a
rovinare tutte le sue buone intenzioni.
«Credimi,
lo so e per la prima volta in vita mia vorrei tanto potermi
sbagliare» ammette allora, il sorriso cristallino che si
riflette in quello del ragazzo.
L’uomo
si allunga verso la branda davanti a sé, stringendo la mano
di Jude con un gesto affettuoso che non riesce a definire di sua
appartenenza, non del tutto perlomeno.
«Coraggio:
è ora di mettersi a dormire, adesso» lo avvisa
poco dopo, gli occhi neri ancora fissi in quelli rossi
dell’altro «è stata una giornata
intensa, abbiamo bisogno di riposare, altrimenti come possiamo
pretendere di proseguire con ancora più energia,
domani?»
Jude,
per tutta risposta, gli lascia un sorriso radioso – il
più bello che Ray abbia mai visto – mentre
s’infila obbedientemente nel proprio sacco a pelo. Il ragazzo
si occupa di spegnere la lampada a gas che è posizionata
esattamente a metà strada tra loro due e che staglia ombre
spigolose dei profili dei due maghi ai lati della tenda, Ray invece
sussurra un flebile «Nox»
e la punta della sua bacchetta si rabbuia; sembra aver realizzato solo
in quel momento che sia rimasta accesa per tutto il tempo, durante la
loro conversazione – l’aveva accesa infatti diverso
tempo prima con l’incanto Lumos, per
rischiararsi la visuale durante la lettura di quel vecchio manuale di
Magia Oscura.
Ray
si distende accanto al ragazzo e poggia vicino a sé il libro
e la propria bacchetta, sempre pronto a scattare alla prima
necessità. Col buio, la loro tenda è tornata a
riempirsi di parole non dette. Ray non aspetta altro che il sole torni
a sorgere per poter comunicare a Jude la decisione che ha maturato in
quelle ore: da domani prenderanno a muoversi Smaterializzandosi.
C’è il pericolo che li rintraccino lo stesso,
tanto però avrebbero comunque dovuto attaccarli, prima o
poi, no?
Viaggiare
con Jude non è poi così male, affatto.
Le
loro bacchette, così come i corpi, riposano l’una
affianco all’altra – biancospino e Cuore di corda di
Drago la prima, quercia e Piuma di Fenice la seconda
– e non se ne accorgono ma durante la notte le loro mani
restano strette.
Angolo
autrice
Oh
yeah, l’ultima storia del 2016 – chi pubblica os a Capodanno
pubblica os tutto l’anno eew, ma anche no, non
ho la capacità di scrivere 365 shot in un anno, non ancora
perlomeno.
Tornando
a noi… salve~ era da un mesetto che non mi facevo sentire,
complici vari impegni che mi stanno tenendo occupata in questo
particolare periodo dell’anno. Anyway, chi sono io
per lasciarvi senza Kageyama e Kidou proprio il 31 dicembre? Ma
WTF—
Comunque
ahh, che gioia, una Harry Potter!AU *^* ho sempre desiderato scriverne
una, solo che non sono mai riuscita a finalizzare niente di concreto. E
invece toh, questa volta ce l’ho fatta. Potrei quasi essere
orgogliosa di me, se non avessi così poca autostima.
Passando
al testo: è nato in fretta e furia, di notte – ho
di nuovo fatto le due al computer, sigh – e… non
è una HP!AU come quelle che siamo abituati a vedere un
po’ dovunque, quindi niente scene dello Smistamento con il
Cappello Parlante, niente lezioni di Pozioni o di Quidditch, niente
allenamenti per evocare i Patroni, niente studenti che scorrazzano tra
i corridoi del castello di Hogwarts e la sala comune della loro casa--
niente di tutto questo, insomma. Ho preferito piuttosto scegliere un
missing moment un po’ meno trattato, c’est-a-dire
la fuga dai Mangiamorte del settimo libro/film. In quel caso sono
Harry, Ron e Hermione a fuggire ma, oh, io ho Kageyama e Kidou~ quindi
diciamo che mi tocca arrangiarmi così – e la cosa
non mi dispiace affatto u.u
Credo
di aver cercato di inquadrare i personaggi come se fossero realmente
nella saga: donandogli una sorta d’identità, con
segni particolari – ad esempio le bacchette – che
li distinguessero e li rendessero unici. Però non volevo
snaturare la loro storia, così per non gettare completamente
il canon alle ortiche e ho provato a dare una chiave di lettura
“potteriana” al passato dei due, Kidou che perde
entrambi i genitori, la morte della madre di Reiji e
l’abbandono da parte del padre, un cattivo rapporto con gli
altri compagni che lo porta ad isolarsi e a percorrere le strade del
male e la redenzione finale, con conseguente passaggio alle sponde dei
buoni. Adoro cercare di comparare anime e AU, è un lavoro
estremamente stimolante **
Mi
dispiace solo di non aver mai nominato il fatto che il Patronus di
Kidou è un pinguino perché, oh, io ne sono
fermamente convinta. Visto che mi è piaciuto così
tanto lavorare a questa one-shot magari un giorno potrei ancora
fruttare questo genere di AU e creare qualcosa di simile, chi lo sa.
Ad
ogni modo: non c’è bisogno che vi dica chi sia
Voldemort nel mondo di Inazuma, no? No.
Ho
letteralmente adorare il paesaggio in cui si svolge questa shot, specie
nella prima parte della storia: amo l’Inghilterra, ci ho
anche trascorso un bel periodo della mia vita e, beh… il mio
sogno è quello di tornarci, un giorno, perciò non
stupitevi se ogni tanto mi vedete osannare lo UK. E poi parlo
più inglese che italiano, you know. A tal proposito, la
scelta di inserire i nomi del doppiaggio europeo piuttosto che quelli
originali è stata dettata semplicemente dal fatto che la
storia si svolge nel Regno Unito, perciò mi sarebbe suonato
parecchio strano chiamarli Kidou e Kageyama. Spero si capisca quello
che intendevo dire, perché non ne sono molto sicura, ahah.
Dunque,
visto che questo è, come ho detto, l’ultimo giorno
dell’anno, è arrivato il momento di fare un
po’ di bilanci: beh, come sapete il 2016 è stato
il mio annus horribilis.
Ho perso le due persone più importanti della mia vita, i
miei pilastri, i fari che mi guidavano in mezzo al mare. Adesso che
sono da sola è un po’ difficile andare avanti;
diciamo piuttosto che proseguo arrancando faticosamente.
In
questo anno ho visto anche morire dei componenti della mia famiglia.
Per quanto certi legami possano essere labili, quando li vedi recidere
con una clausola di eternità, è sempre molto
difficile da accettare.
Ho
rinunciato ai miei studi e mi sono messa al lavorare, nel tentativo di
dare una mano alla mia famiglia; okay, per ora non sono questa
fantastica “ape operaia”, però spero di
poter migliorare presto ^^”
Eppure
non è stato tutto perduto. Quest’anno ha avuto
anche qualche risvolto positivo: per esempio ho conosciuto un sacco di
nuove amiche, tra cui qualcuna che mi ha rivoluzionato completamente la
vita. È stato anche l’anno delle grandi conferme,
ovvero di chi già c’era e mi ha dimostrato che
rimanere al mio fianco non è poi così
impossibile. E oh, il Lucca Comics dove lo vogliamo mettere? Ad ogni
modo, se ci sono delle persone che in particolare vorrei ringraziare e
a cui vorrei dedicare questa storia direi che sono Maricchan, Micchan, Ange e Bea. Un saluto
sincero va anche a Rie
e Dalia
– ovunque voi siate, ragazze. Grazie di cuore anche alla neo
arrivata Michy,
perché per quanto la conosca da poco le sue parole sono
riuscite a scaldarmi il cuore come nessun complimento o commento del
genere fosse mai riuscito a fare. Grazie pure a Seth, che nonostante
la mia pessima capacità d’orienteering non mi ha
ancora sbranata viva. Infine, il grazie più grande va
ovviamente a Kyrie,
per avermi accolta quando nessuno l’avrebbe fatto e per avere
avuto il polso fermo che serviva, quando c’era bisogno di
farmi capire che “se continui così non vai da
nessuna parte”. Più in generale, grazie a tutte le
persone che mi seguono, mi sostengono e che leggono le mie storie.
Grazie a chi mi ha sorretta per le spalle, quando ho sbattuto la faccia
contro la vetrata che altro non è se non gli ostacoli che la
vita mette davanti ad ognuno di noi. Paradossalmente, vorrei
ringraziare anche chi si è tanto prodigato per farmi terra
bruciata intorno, mi hanno aiutato ad acquisire una più
chiara concezione della vita ed in particolare di quanto faccia schifo
questo mondo – e no, non dico così
perché sono pessimista. In fin dei conti, credo che queste
nozioni mi saranno utili sul serio, specie ora che sto entrando nel
mondo del lavoro e mi vedo in un certo senso
“costretta” a trovarmi davanti ogni giorni a
‘personaggi’ come questi.
In
realtà ci sarebbe anche un altro grazie, uno più
sussurrato, come un bacio leggero stampato su una guancia. A qualcuno
che non c’è più e che con la sua
assenza mi ha fatto capire quanto io sia una nullità.
Nonostante ciò, la mia speranza non è ancora
svanita.
Insomma
grazie, grazie, grazie davvero a tutti voi dal profondo del mio cuore.
Spero di rivedervi presto, nel 2017. E chissà, magari per
allora avrò acquistato anche un po’ più
di fiducia in me stessa – ma di questo ne dubito fortemente,
nonostante i tre podi raggiunti su tre contest a cui ho partecipato
quest’anno, guadagnando perfino un primo posto in uno di
questi no
self-love indeed
Buon
anno!
Aria
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