In Nomine Patris -1-
IN NOMINE PATRIS
-1-
When you get older, plainer, saner
Will you remember all the danger we came from?
(LP, Lost on you) (1)
Un lampo, e un altro
ancora.
Lo studio del Generale si illumina a tratti, un’acquaforte
sinistra di chiaroscuri, che la luce tremolante dei candelabri
ingentilisce a stento.
Oscar siede, immobile. Osserva il padre - la postura ferma, alta, le
pieghe che l’uniforme increspa sui fianchi, le spalle dritte
-
buttare lo sguardo oltre i vetri, nel buio del temporale che romba
sempre più vicino.
Sa, prima ancora di sapere, cosa la aspetta in quella stanza.
Ha disobbedito agli ordini del re, rifiutandosi di sgomberare la sala
occupata dai rappresentanti del terzo stato.
E’ fuggita in modo rocambolesco dall’ufficio di
Bouillé, per lanciare il cavallo sotto una pioggia fredda e
battente e tornare alla sala dell’assemblea prima che fosse
troppo tardi.
Ha sfidato Girodel e le guardie reali.
Si è posta loro di fronte, a braccia aperte. Irremovibile,
fiera, sfrontata.
La consapevolezza dolente di non essere solo un ex comandante.
- Voi incrocereste la vostra spada con me, Girodel? E voi guardie reali
avreste forse il coraggio di sparare al vostro ex comandante? Se
proprio volete sparare su degli uomini disarmati dovrete prima passare
sul mio cadavere!
Osereste sparare alla donna che amate, Girodel…?
E Girodel ha ceduto, come sempre, vinto dal coraggio e
dall’ardore di quell’angelo guerriero, ritirandosi,
lo
sguardo carico di sentimento, un ultimo saluto con la mano (la
rivedrà ancora? Non ci sono tramonti, né mulini
immoti
per lui, quel giorno, ma solo il freddo di un acquazzone di inizio
estate) (2).
Girodel, André, i soldati della guardia del
popolo…
uomini destinati ad obbedirle. A darle fiducia, ad amarla persino.
Uomini che la seguirebbero fino alla morte, se solo lei lo chiedesse.
Che darebbero la vita per lei.
Tra le sue dita… il loro destino, dunque.
L’onere ineluttabile di essere un comandante.
O forse, soltanto, le conseguenze dell’amore per una
donna-soldato.
E’ rientrata a palazzo lasciando che César
rallentasse il
passo, gli zoccoli a rifrangere gli schizzi di fango fino agli stivali.
André l’ha seguita senza proferire parola, il
cuore teso.
Difficilmente Oscar riuscirà a passarla liscia, questa
volta.
Eppure, in quelle giornate convulse, mai, mai una volta l’ha
vista pensare a se stessa. Tutto quello che ha fatto, l’ha
fatto
per un senso di giustizia che va oltre persino il volere di Sua
maestà, e che la pone in contrasto – come un
pianeta fuori
orbita- con il mondo dei nobili cui pure appartiene. Forse di questo
Oscar non si rende ancora bene conto, ma André, che
è
uomo del popolo, seppure ibridato d’educazione e convivenza
con
gli aristocratici, sì. E sa bene che quando il proprio mondo
si
sgretola è difficile restare illesi. Si è
già
fortunati se se ne esce solo con qualche osso rotto, ma vivi. Meglio se
qualcuno ci tende una mano e ci fa uscire dalla voragine apertasi
all’improvviso.
Con questo animo ha guardato Oscar precederlo fin dentro ai cancelli
del Palazzo. Lui sarà quella mano, lui la tirerà
fuori
dal baratro, lui non la lascerà mai sola.
Dà ascolto alla sua inquietudine, a quella sensazione tetra
che
avverte in mezzo al petto, e non sistema i cavalli nella stalla. Li
lega soltanto, lasciando loro la sella e i finimenti, al riparo di una
tettoia, il cielo che minaccia ancora pioggia e si tende al rumore buio
di tuoni lontani.
Ha visto Oscar salire al piano di sopra, e ne segue la figura con gli
occhi, finché può.
- André! -. La nonna gli si fa incontro con l’aria
preoccupata, la voce leggermente incrinata.
- Vieni, André, vieni a scaldarti al fuoco, bevi qualcosa
anche tu -.
Rivolge un sorriso lieve alla nonna, le lascia fare strada, fino al
camino del salotto. La nonna lo precede con insistenza, tormentandosi
le mani, le labbra semichiuse, come a volere e non volere al contempo.
- André!-, continua, ancora, il viso che non riesce
più a
nascondere l’ansia. – Cosa è successo,
André?
Il generale era così serio quando mi ha chiesto di
Oscar…
- Cosa vuoi che sia successo nonna -, risponde prontamente, la tazza
portata alle labbra per un sorso di cioccolata, scura e quasi amara.
– Non è successo nulla, non preoccuparti -.
Gli occhi si schiudono alla calma, la nonna sembra credergli, e tanto
basta.
Finisce di sorseggiare la bevanda calda, posa la tazza, e a passo lento
ma deciso sale a sua volta le scale.
La porta dello studio del generale è chiusa.
Appoggia la schiena al muro. Per abitudine porta la mano alla vita. Ha
la pistola con sé. Un brivido freddo gli corre lungo la
pelle,
arpionandogli la nuca.
Anche nel pomeriggio, fuori dall’ufficio di
Bouillé,
è rimasto in attesa. E quando ha sentito le grida di Oscar
è balzato dentro, sfondando la porta, il fucile sollevato
pronto
a colpire. Un lampo rendersi conto che lei era in pericolo, un istinto
animale quello di difenderla, ad ogni costo.
Ucciderebbe, per lei. Ucciderebbe chiunque.
Socchiude gli occhi, sospira. E attende.
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1 Quando sarai più vecchio, più
semplice, più saggio/ Ricorderai tutti i pericoli da cui
veniamo?
2 Mi riferisco ovviamente all’episodio che
contiene la dichiarazione d’amore di Girodel a Oscar.
Partiamo dal famosissimo episodio 35 dell’anime,
“Accusa di
tradimento” (23 giugno 1789). Famoso quanto a parer mio molto
complesso (lo scontro tra André e il generale, il rapporto
padre-figlia, il mutismo di Oscar, il non seguito che
nell’anime
viene dato alla dichiarazione d’amore di André,
eroismo e
tragedia come temi molto cari al mondo giapponese).
Riprendo un’idea che avrei voluto sviluppare in
un’altra
mia long, ma qui ne faccio una storia a se stante. E come in altre
storie, mi piace partire dalla visione dell’episodio,
restando
fedele ai dialoghi e al dipanarsi della trama… fino a un
certo
punto ;)
Se volete farmi compagnia in questa piccola avventura, vi
aspetto volentieri.
Siamo appena all’inizio :-)
Grazie come sempre a chi leggerà, e a chi
lascerà anche il suo pensiero.
Un saluto affettuoso,
Amantea
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