Mani
sporche di sangue
La
mattina dopo Mari si svegliò che era appena l'alba.
Saltò giù dal letto con forza e raccolse
rapidamente tutte le sue cose, mentre una delle compagne di stanza,
quella che dormiva nel letto sotto al suo, borbottava infastidita per
il rumore.
«Scusami,
a più tardi!» si limitò a bisbigliare
prima di scappare fuori che ancora si stava vestendo.
"Ho
solo tre giorni, non sprecherò neanche un istante!"
pensò, raggiungendo il cortile. L'aria era fresca, pungente,
ma frizzante, per niente fastidiosa. Da quando aveva raggiunto la
superficie, abbandonando l'artificiale tremolio delle lampade a olio e
concedendosi del vero sole, aveva scoperto che le piaceva l'alba
più di qualsiasi altro momento. Il nero della notte veniva
lentamente spazzato via da quei primi timidi raggi, pulito come veniva
pulito un viso ricoperto di terra e sporcizia e tutto tornava a
risplendere nel più completo silenzio. Quel silenzio che le
riempiva le orecchie e le dava la sensazione di vivere in un luogo
paradisiaco, tanto poteva risultare irrealistico ma pacifico.
Tirò un grosso sospiro, riempiendo i polmoni di quella prima
abbondanza di ossigeno, e mormorò a nessuno in particolare:
«Buongiorno.»
Qualche
altro sguardo intorno, solo per godersi la solitudine e la freschezza
della mattina, poi cominciò con il riscaldamento e lo
stretching. Quando più tardi le prime reclute si
svegliarono, la trovarono ancora impegnata negli esercizi fisici in
solitudine, ma nessuno la degnò di molta considerazione.
Cosa che a dirla tutta faceva solo piacere a Mari, che di aver gente
intorno al momento proprio non ne aveva voglia.
Finì
l'ultima serie di piegamenti e si accasciò a terra, con lo
sguardo rivolto al cielo, prendendo ampie boccate d'aria. Il mondo da
quella prospettiva era davvero incredibile e le nuvole, con le loro
forme sfumate, rilassavano lo sguardo.
"Sì,
vorrei proprio imparare a volare" pensò sorridendo tra
sé e sé, poco prima che un volto entrasse nel suo
campo visivo. I capelli castani sciolti, lunghi, cadenti verso di lei e
un sorriso gioviale sul viso le diedero il saluto.
«Ti
dai da fare già di prima mattina, eh?» chiese
Angelica, osservandola dall'alto. Poi mostrando il pollice, le fece un
occhiolino e mormorò soddisfatta: «Il tuo capitano
ti ha notata, ben fatto!»
Mari
a quell'espressione voltò lo sguardo curioso verso la via
principale, dove passavano cadetti e ufficiali, diretti alla mensa per
la colazione. Scorse un paio di visi e infine notò anche
Levi, che si stava allontanando proprio in quel momento, dopo essere
passato anche lui di lì.
«Mi
ha notata mentre cadevo a terra per riprendere fiato e avrà
pensato che batto la fiacca!» piagnucolò.
«Che
pessimismo!» si allarmò Angelica. «Non
devi abbatterti! Stai facendo un ottimo lavoro, continua
così! Al resto ci pensa la tua Angy!» disse con un
altro occhiolino.
"La
tua Angy?" pensò Mari un attimo sorpresa. Quella ragazza si
era avvicinata a lei con naturalezza, forse il tutto spinto dal senso
di gratitudine per averla aiutata, ma ora risultava così
strano. Non aveva mai avuto una vera amica in vita sua, non una che non
fosse una gatta, e non poteva non provare un po' di disorientamento
quando Angelica si mostrava così aperta con lei. Come
avrebbe dovuto comportarsi?
«Avanti,
adesso vieni a fare colazione. Hai bisogno di energie» la
invitò Angelica.
«Vai
pure avanti, mi do una ripulita e ti raggiungo.»
«Sbrigati
o non potremo studiarlo!»
«Ma
chi sei? Una spia?» sobbalzò Mari, vedendola
strana e trovando inquietante il suo modo di fare. Era interessata a
studiare Levi, certo, e voleva capire come convincerlo a darle
un'opportunità ma trovava il modo di fare di Angelica un po'
esagerato. La cosa la metteva a disagio.
«Io
lo seguo, tu sbrigati!» le disse Angelica, scappando via.
"Chissà
se avrò fatto bene a coinvolgerla" pensò Mari
alzandosi e dirigendosi verso i bagni, pronta a lavarsi e poi
raggiungere i compagni cadetti. La faccenda l'aveva esaltata
più di quanto si fosse aspettata, e data la sua scarsa
capacità a tenere per sé i pensieri il rischio
che combinasse pasticci era alto.
Levi
camminava solitario attraverso il cortile, in quel momento abbastanza
trafficato. Sembrava assorto nei suoi pensieri, come sempre succedeva,
ma d'altro canto era difficile leggere veramente attraverso quegli
occhi così affilati. In realtà osservava bene
tutto quello che aveva attorno, e inutile negare che aveva notato anche
Mari già sveglia intenta a far esercizi. Non era sciocco e
certamente lei non era l'unica che vantava buone capacità
osservative: sapeva che il motivo di tutto quel esagerato impegno era
lui e la sua promessa di impedirle di entrare nell'Armata Ricognitiva.
Promessa che aveva scosso il suo animo più di quanto si
fosse aspettato, date le sue reazioni. Non sapeva ancora cosa avesse
spinto quella ragazza a desiderare così fortemente di
mettere le ali della libertà, sicuramente doveva esserci
qualche motivazione di fondo che non fosse il semplice e banale "voler
imparare a volare", ma al momento i perché non gli
interessavano e si limitò a valutare solo ciò che
aveva da offrire. L'intensità con cui compiva i suoi
esercizi, la furia con cui si lanciava in ogni missione, l'attenzione
che riponeva in qualsiasi compito e la prontezza nell'offrirsi
volontaria per qualsiasi lavoro extra, anche il più
degradante, tutto questo aumentava esponenzialmente quando lui le
volgeva gli occhi. Non notarlo era difficile, così come era
difficile non riuscire a cogliere i suoi continui sguardi pretenziosi,
come se implorasse: "guardami!".
"Chissà
che magari non riesca a convincermi" pensò divertito da
tutto lo sforzo che la ragazza stava facendo. Non aveva mai visto
nessuno più testardo, determinato e disposto a sacrificarsi
come stava facendo lei. E per il momento lui si divertiva altrettanto,
rispondendo a tutta quella richiesta implicita d'attenzioni con
l'indifferenza. Forse, se qualcuno avesse colto quei pensieri e quella
situazione, avrebbe potuto recriminarlo di starsi prendendo gioco di
lei. Avrebbero potuto dire che era un bastardo che giocava con i
sentimenti altrui, ma al momento non c'era nessuno che avesse potuto
dire una cosa simile -e anche ci fosse stato, certo non gli avrebbe
dato peso.
Era
un'ottima strategia, dove vincevano tutti. Lei migliorava a vista
d'occhio e lui si allietava un po' le giornate. Incredibilmente,
sentiva meno il peso del fiato dei Giganti sul collo, quando lei gli
gironzolava attorno. Che potesse considerarla una vacanza?
Chissà, magari era proprio quello l'obiettivo di Erwin, fin
dall'inizio.
Ebbe
una strana sensazione, un pizzicore alle spalle, e si fermò,
voltandosi a guardare cosa ci fosse dietro di lui. Persone che
andavano, persone che tornavano, la mattina che svegliava tutti quanti
e in mezzo a tutto questo Angelica, la ragazza salvata da Mari pochi
giorni prima, fischiettava guardandosi attorno. Levi
l'osservò qualche secondo, assottigliando lo sguardo, poi
sospirando riprese a camminare.
«Potevi
sceglierti un'alleata più capace»
mormorò tra sè e sè.
Raggiunse
la mensa e si guardò momentaneamente attorno, studiando la
situazione, prima di raggiungere Erwin in un angolo separato dal resto,
intento a sorseggiare del tè. Aveva dei fogli tra le mani e
li studiava assorto, come al solito. Levi gli si sedette davanti e
anche lui si servì una tazza, restando silenzioso a
sorseggiare.
Erwin
alzò gli occhi dopo qualche minuto, guardando un punto
lontano, oltre il profilo di Levi, senza sorprendersi di trovarselo
davanti.
«Una
dei cadetti ti fissa» comunicò.
«Ignorala»
rispose seccamente Levi, prima di bere un altro sorso del suo
tè. Era ovvio che fosse già a conoscenza della
presunta spia.
«Che
intenzioni ha?» chiese Erwin con semplice
curiosità.
«Chissà...
magari imbavagliarmi e torturarmi. Ti terrò
aggiornato.» E quella che sembrava essere una vaga battuta,
riuscì a strappare un sorriso divertito al comandante.
«Sei di buon umore stamattina» osservò,
tornando con noncuranza ai suoi fogli. L'osservazione sorprese Levi
più del dovuto. «Tu dici?» chiese
sorpreso e Erwin rispose con un cenno del capo affermativo, non
distraendosi troppo da ciò che stava facendo.
Voltò una pagina, leggendone il retro ed ebbe tempo di
finirla che ancora entrambi sorseggiavano ognuno i propri tè
in silenzio, pensierosi ognuno per i fatti propri.
Mari
entrò nella mensa in quel momento e Levi potè
vederla con la coda dell'occhio correre verso Angelica. Non notare
quella sfumatura rossa in mezzo a tutti quei colori tenui era difficile
e per quanto spesso si sforzasse di ignorarla, l'occhio ne veniva come
attirato. Erano davvero irritanti.
Lanciò
una fugace occhiata nella loro direzione, guardando Angelica riempire
la poveretta di parole, che nel frattempo non faceva che allungarsi in
direzione della pentola per poter riempire un piatto e cominciare a
mangiare. Si portò nuovamente la tazza alle labbra, ma non
bevve, interrotto un profondo sospiro proveniente dal comandante al suo
fianco.
«Qualcosa
non va?» chiese, notando come fosse stato più
scocciato del solito.
Erwin
esitò un po', prima di posare quella che sembrava
una lettera di convocazione sul tavolo, tra lui e Levi. Non
lo stava invitando esplicitamente a leggerla, ma lo stava mettendo
nelle condizioni che se avesse voluto farlo avrebbe potuto.
«Sarò
via fino a domani, probabilmente. Sono stato convocato al tribunale,
nella capitale.»
«Questioni
importanti?»
«Per
la salvezza del genere umano e la nostra missione? No, proprio no. Solo
faccende e impicci personali» disse Erwin allungandosi verso
la teiera e versando un altro po' di tè nella sua tazza.
Chissà a che numero era arrivato, da quando si era
svegliato. Era ovvio che il fatto di doversi spostare e stare dietro a
tutto ciò che non riguardasse il suo lavoro, lo irritava
terribilmente.
«Sono
stato io ad accusare e arrestare Harvey, perciò adesso che
sta per essere scagionato hanno bisogno della mia presenza per
spiattellarmi in faccia il presunto fallimento»
spiegò, senza che Levi gli avesse chiesto esplicitamente di
farlo.
«Harvey?»
chiese, curioso più perché Erwin sembrava
intenzionato a voler condividere quella faccenda con lui che per la
storia in sé. Di ciò che faceva Erwin nel suo
tempo libero e della sua vita privata certo gli importava ben poco.
«Il
fratello di Mari» spiegò il Comandante, lanciando
una rapida occhiata alla ragazza ancora intenta a prendersi da mangiare
mentre Angelica l'assediava e non stava zitta un solo momento. Si
sorprese a fissarla più del dovuto, incuriosito dalla scena.
Era la prima volta che non la vedeva sola e soprattutto che qualcuno le
stesse addosso più di quanto non si aspettasse.
«Ha
fatto amicizia» notò, con uno strano sollievo
nella voce. Levi interpretò quello come un ulteriore segno
del fatto che, secondo lui, Erwin l'avesse presa fin troppo a cuore.
Aveva sentito parlare alcune delle reclute, durante quei giorni che
stava soggiornando lì, accennando al fatto che fosse stato
proprio il comandante a portarla in addestramento benché il
corso fosse già iniziato da un anno e mezzo, smuovendo e
mandando in tilt ogni sorta di burocrazia. Aveva sentito dire, da
quelle stesse reclute, che il motivo di tanto accanimento nei suoi
confronti risiedeva nel fatto che lei era una prostituta e lui
probabilmente veniva ripagato della gentilezza di darle una vita
dignitosa con qualche favore poco pulito e poco morale. Se non avesse
conosciuto abbastanza Erwin da sapere quanto fosse poco interessato a
quel genere di attenzioni, anche lui avrebbe potuto dubitarlo, visto il
modo in cui la considerava. Era discreto, silenzioso, sembrava quasi
che non la conoscesse, eppure era il primo a intervenire in suo aiuto
quando ce n'era bisogno, proprio come due sere prima, quando
lei aveva avuto quella crisi di panico: per primo si era alzato da
tavolo, andando a controllare, e proprio il suo richiamo era riuscita a
riportarla indietro. Erwin non era proprio tipo da prostitute e favori
sessuali, eppure non poteva escludere che tra quei due non ci fosse
stato qualcosa che l'avesse marcato nel profondo.
«Le
ha salvato la vita e probabilmente ora la sta ripagando in qualche
modo» spiegò Levi, lanciando una rapida occhiata
al duo su cui si era concentrato Erwin e tornando poco dopo alla sua
tazza.
«È
la ragazza dell'incidente dell'altro giorno?» chiese il
Comandante.
«Già»
e Levi lasciò nuovamente cadere il silenzio, prima di
aggiungere, deciso a togliersi quell'ultimo dubbio: «Non mi
hai mai raccontato come l'hai trovata.»
«La
cosa ha importanza?» chiese Erwin tornando a guardare i fogli
che stringeva tra le mani.
«Potrebbe»
si limitò a rispondere Levi. Non gli interessava davvero, ma
aveva messo insieme alcuni dei pezzi e voleva in qualche modo
completare il quadro. A partire dal motivo per cui Erwin si fosse preso
la briga di far arrestare un qualunque ragazzo dei bassifondi e salvare
la sorella dalle sue grinfie, portandola in Armata. Aveva sospettato
che ci fosse di mezzo un omicidio, ma inizialmente aveva creduto che ad
essere morto fosse proprio il fratello. Invece ora veniva a scoprire
che non solo il fratello era vivo, ma lo stesso Erwin aveva fatto in
modo che finisse in cella. Per quale motivo? Costrizione alla
prostituzione? Davvero si era mai interessato a certe storie
strappalacrime? E allora quell'uccisione che ancora macchiava le mani
della ragazza, di chi era? Sorrise, rendendosi conto di quanto si
sentisse ridicolmente interessato a tutta quella faccenda. Forse un po'
poteva anche definirsi curioso e sicuramente quella fu la
giustificazione che si diede, ma probabilmente la verità che
mai avrebbe ammesso a se stesso era che sapere che c'era qualcun altro
tra quelle persone che aveva vissuto i primi anni nella merda in cui
aveva vissuto lui gliela faceva sentire un po' più vicina.
Come se lei avesse potuto capire molte delle cose a cui chiunque
sarebbero state incomprensibili, e, di contro, che lui avrebbe potuto
comprendere realmente molte delle cose che la riguardavano. Se c'era
qualcuno al mondo che avesse avuto il diritto e la capacità
di sapere e capire, quello era solo lui. Sensazioni, solo sensazioni,
ma a cui quei dannati capelli rossi continuavano a richiamare
l'attenzione. Glieli avrebbe fatti rasare, un giorno o un altro.
«Conoscevi
Gerwin Roff?» chiese Erwin, interrompendo lo scialacquio dei
suoi pensieri.
«Era
un caporale dell’Armata Ricognitiva, abbiamo lavorato
insieme, come potrei non conoscerlo?» rispose Levi,
chiedendosi se non stesse cercando di eludere la domanda andando a
parare su un altro argomento.
«Gerwin
Roff è stato dichiarato morto per malattia, anche se il suo
corpo non è mai stato somministrato ad analisi accurate e il
caso è stato chiuso con frettolosità»
spiegò Erwin, serio e corrucciato nel volto. No, non aveva
cercato di sviare la domanda, ma cominciava a mettere insieme i primi
pezzi e Gerwin Roff doveva essere un altro dei tasselli mancanti del
puzzle.
«La
verità su di lui è stata ritenuta vergognosa per
il corpo militare e hanno cercato di infangare la cosa. Era vergognoso
che un capitano militare frequentasse bordelli nei sotterranei con
cadenza quasi settimanale. Lì le donne sono più
facili da reperire e meno costose e quando Roff è venuto a
conoscenza di una ragazza dagli occhi di ghiaccio e i capelli dalla
colorazione singolare del fuoco non ha saputo resistere alla
tentazione. Di quel colore rosso poi lui ne ha visto sicuramente in
abbondanza prima di morire.»
Levi
restò in ascolto senza smuoversi. Bloccato come una statua,
con le gambe accavallate e la tazza a fior di labbra. Lo sguardo fisso
davanti a sé, che sembrava mostrargli le immagini di un
libro mentre venivano svelate le prime verità su
quell'assurda storia.
Il
sangue di Gerwin Roff, era quello che macchiava ancora le mani di Mari
tanto da trascinarla ancora nei propri incubi. E dato che si trattava
di uno degli uomini di Erwin, cominciava ad essere chiaro anche come
fosse venuto a conoscenza di un'anima invisibile come lo era lei.
«Un'assassina
che ha ucciso un pezzo grosso del corpo militare»
osservò Levi, muovendo semplicemente le labbra, continuando
a restare fisso con lo sguardo davanti a sé.
«Perché hai voluto portarla qua?»
«Tu
stesso hai detto di aver conosciuto Roff. Era forte, era grosso e
violento abbastanza da essere pericoloso. Lei invece aveva solo la sua
veste. Le condizioni in cui era ridotto Roff non lasciano spazio a
dubbi: lei ha combattuto e ha vinto, uscendone miracolosamente indenne.
Sono venuto a conoscenza di Mari e di suo fratello perché
Roff faceva parte della nostra legione e sono stato chiamato in
tribunale. Doveva essere solo burocrazia, ma quando ho sentito quello
che era successo ho capito che lasciarla alla pena di morte sarebbe
stato uno spreco. Sono intervenuto, ho indagato personalmente sul conto
di Harvey e sono riuscito a trovare un accordo, permettendole di venire
qua e lasciando a suo fratello l'onore di occupare quella stanza
vuota.»
«L'hai
accusato di un omicidio che non ha commesso.»
«Pensi
che non se lo sia meritato?» chiese Erwin con provocazione.
«Sai
bene cosa penso» disse Levi lasciando trapelare un certo
astio. L'avrebbe volentieri preso a pugni lui, quell'Harvey,
così come avrebbe preso a pugni Roff ora che sapeva quali
schifose pratiche amava attuare durante il suo tempo libero. Sapere di
aver lavorato spalla a spalla con un sacco di merda come lui gli faceva
venire solo il voltastomaco. «L'accordo dunque è
saltato? Lo stanno liberando?» chiese ancora Levi.
«Non
conosco ancora tutti i particolari, ma credo che sia dovuto al fatto
che qualche ricco mercante fosse un suo cliente fidato e non abbia
apprezzato che fosse potuto venir fuori il suo nome.»
«Tsk»
si lasciò sfuggire Levi, increspando il viso.
«Inutili mangia merda.»
«Probabilmente
il verdetto è già deciso e io servo solo per
ritirare formalmente le accuse» osservò Erwin,
sapendo già come certe cose giravano nei piani alti.
Lanciò un'altra occhiata a Mari, che finalmente era riuscita
ad appropriarsi del suo piatto, e rese partecipe Levi di una sua
personale preoccupazione: «Si rifarà vivo. La
sorella gli fruttava un bel guadagno.»
«Che
ci provi» si limitò a rispondere Levi, prima di
posare bruscamente la tazza sul tavolo. Si alzò e senza dire
un'altra parola si allontanò, dirigendosi a passi svelti e
pesanti verso l'uscita.
Mari
abbandonò il contatto visivo con Angelica, che non aveva
cessato un solo istante di parlare di quanto trovasse eccitante quella
missione e cosa fosse riuscita a scoprire -ancora niente, ma c'era
quasi, affermava-, e guardò Levi sparire all'esterno.
«Chissà
cos'è successo...» si chiese, un po' preoccupata.
«Mh,
credi sia successo qualcosa?» chiese Angelica, non capendo
cosa avesse potuto destare così la preoccupazione
dell'amica. Anche lei aveva visto Levi uscire, concentrata nella sua
missione di scoprire quanto più su di lui era ben
intenzionata a non lasciarselo sfuggire nemmeno per errore, ma non
aveva colto niente di diverso dal solito.
«Aveva
qualcosa nello sguardo...» rifletté Mari.
«Non lo so, mi sembrava cupo.»
«Lui
è sempre cupo» disse Angelica con naturalezza. Che
ci trovava di strano?
«Sì,
beh... ma è diverso» insistè Mari,
accennando un sorriso divertito per l'affermazione -esageratamente
vera- dell'amica.
«Magari
gli hanno raccontato una barzelletta» alzò le
spalle la castana e questo bastò per far dimenticare a Mari
ogni sorta di preoccupazione, lasciandosi andare a una fragorosa e
intrattenibile risata.
E
Angelica, colpita piacevolmente da quella reazione, si sentì
stimolata a continuare su quello stesso filone: «Magari
quello è il suo modo per esprimere ilarità, non
puoi saperlo.»
Nda.
Rieccomi
e buongiorno! Finalmente si apre un’enorme porta sulla vita
di Mari (un’altra xD) e scopriamo di chi è il
sangue che ancora le macchia le mani (per chi non ricordasse, qualche
capitolo addietro, quando ebbe l’attacco di panico,
restò per un po’ confusa a mormorare cose tipo
“non volevo ucciderlo” “lui mi ha
afferrata” ecc…).
Inoltre,
scopriamo il prezioso ruolo di Erwin in tutto questo. Le voci sul conto
di Mari la proclamavano la personale prostituta del comandante (ed ecco
perché in molti la guardano male), ma in realtà
lui l’ha tirata fuori dalla prigione, ritenendola forte
abbastanza da dar un buon contributo alla propria causa, e in cambio ha
rinchiuso il fratello. Fratello che in realtà dai primi
ricordi che vi ho riportato sembrava tanto gentile e
premuroso… (invito a rileggere “la bambina delle
pere” se non ricordate).
Cos’avrà
portato al cambiamento? Cosa l’avrà spinto a
diventare il suo aguzzino e a venderla come fosse merce?
Vi
rivelo che nel prossimo capitolo faremo un altro salto nel passato e
darò risposta anche a queste domande.
Vi
aspetto Lunedì prossimo con “La
ragazza Rubino”.
Cià
cià!
Tada
Nobukatsu-kun
<> mormorò Harvey alla sorella un istante
prima di lanciarsi coraggiosamente contro l'uomo. Mari lo
guardò un po' preoccupata, chiedendosi come ne sarebbe
uscito vivo, ma sapeva che la parola di suo fratello era legge
perciò obbedì e scappò all'interno del
vicolo, sapendo che avrebbe potuto usare qualsiasi aggancio per saltare
sul tetto e sparire. Ma tutte le sue previsioni andarono in frantumi
quando si scontrò contro un altro uomo, altrettanto
terrificante come il primo, ma più sottile di corporatura.
L'afferrò per il polso e la bloccò, evitandole di
fuggir via.
<>
Voce fuori campo: E Levi
intanto si domanda "chissà cosa ha spinto la ragazza a
desiderare tanto di mettere le ali della liberta"... non vien voglia di
prenderlo per il collo e urlargli "Sei tu, brutto scemo!!!! Sei tu!!!"?
XD
|