僕は孤独さ – No Signal
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Parte
prima: il caso Embalmer
Capitolo uno.
Il
corridoio nel quale stava aspettando non aveva niente a che spartire con quelli
della sede centrale a cui era abituato. Era corto e ben arredato, con pareti di
un cupo rosso scuro come il sangue rappreso e delicati tendaggi blu notte bordati di oro e
argento. Un vaso di vetro italiano lavorato a mano era appoggiato su un
tavolino di ferro battuto e pieno di gigli bianchi e lilium profumati.
Quell’odore delicato lo stava stomacando.
Era
arrivato in anticipo di più di mezz’ora, ma né lui né Higemaru
avevano chiuso occhio quella notte, quindi si erano avviati presto. Lo chateau era immerso
in un silenzio tombale quando era sceso al piano di sotto, dopo essere tornato
a casa da nemmeno venti minuti per vestirsi di tutto punto in vista di quella
riunione straordinaria. Non aveva trovato Saiko ad
attenderlo, ma Touma, con i capelli pervinca
spettinati e il completo gessato nuovo e ancora mai messo. Faceva effetto in
quella camicia inamidata, comunque meno pallida delle sue gote.
L’aveva
portato con sé per non andare da solo, perché ci fosse qualcuno con cui
scambiare uno sguardo di sostegno o un cenno appena visibile. L’aveva portato
perché era consapevole che quella riunione non sarebbe potuta finire bene in
nessun caso e, se qualcuno avesse tirato fuori un qualche asso nella manica,
sarebbe potuto anche finire a marcire in una prigione.
Me lo meriterei. Urie ne era conscio. Me lo meriterei.
I
primi ad aggregarsi alla loro attesa furono i classe speciale Ui e Aura, entrambi dal volto stanco di chi ha passato la
notte a farsi interrogare esattamente come era successo al capo dei Quinx, avviliti per i fatti avvenuti nei sotterranei del
quartier generale della prima circoscrizione e ancora un po’ increduli per aver
permesso al loro zelo di offuscare il
loro sguardo e distoglierlo da Aogiri.
Poi
arrivò Akira.
Anche
lei aveva il volto segnato dall’assenza di sonno. Gli si era accostata,
appoggiando una mano sulla spalla di Kuki in quel
modo materno eppure distaccato che riusciva a trasmettere dalle iridi celesti e
sottili. Lui non la ringraziò, né la salutò.
Rimase
appoggiato coi fianchi a un termosifone, chiedendosi come fosse possibile che
tutto il calore gli fosse stato portato via. Quando arrivò Hirako
Take, per qualche secondo, Urie non riuscì a non guardarlo con disprezzo, che
venne ricambiato con un’espressione ferma, anche se gli occhi del prima classe
tradivano una certa tristezza. Insieme a lui, seppur non fosse richiesto, c’era
anche Kuramato.
Lui
rimaneva in disparte, alle spalle del suo ex patner e
mentore, con il capo chino nascosto dalle scomposte ciocche bionde. Era
presente, ma solo fisicamente.
Al
gruppetto si aggiunsero solo secondariamente anche Hachikawa
e Hogi e, solo dopo diversi minuti, anche Juzou fece il suo ingresso uscendo dall’ascensore senza il
solito entusiasmo, seguito da Abara, che reggeva fra
le mani una tazza di the e latte che ogni tanto passava a Suzuya,
unita a qualche biscotto. Questi accettava di buon grado la colazione imposta dall’angolino
nel quale si era seduto a terra, poco distante dal tavolino di ferro battuto,
silenzioso e chiuso in un mutismo che lo rispecchiava poco.
Per
ultimi, quando ormai il corridoio iniziava farsi claustrofobico, avvolti da
un’atmosfera sospesa di tensione, arrivarono gli shinigami del ccg.
Il
bianco e il nero, fianco a fianco come ogni volta, con negli occhi lo stesso
sguardo e sulle labbra le stesse domande.
Gli
occhi di Urie si scontrarono con quelli di Sasaki e
ciò che vi lesse fu solo una grande, profonda delusione che gli seccò le labbra
e gli chiuse lo stomaco.
Non
aveva idea di come fosse successo, ma dall’istante in cui lui e Haise si erano incontrati la notte precedente, dopo aver
visto la tragedia consumarsi davanti ai loro occhi, aveva percepito che l’altro
aveva capito tutto.
Tutto.
Non si
scambiarono nemmeno una parola, però. Non era quello il momento giusto. Arima aprì la porta dell’ufficio, scostandosi dall’uscio
per lanciare un’occhiata impenetrabile a Hirako e per
permettere a Sasaki di entrare per primo, poi lo
seguì, chiudendo delicato la porta e lasciandoli sprofondare tutti in un
silenzio carico di tensione.
Aspettarono
poco, però.
Il
direttore Washuu riaprì la porta dopo qualche minuto,
guardandoli attentamente uno ad uno «Coloro che sono stati convocati, entrino
ora.» disse con tono piatto, ordinando a
Hachikawa di chiudere una volta entrato per ultimo.
Urie
fu il primo a varcare la soglia non
appena il direttore si fu fatto da parte. Sotto lo sguardo di tutti sfilò fra
le persone con risoluzione, come un condannato a morte verso la sedia
elettrica, con le spalle basse e gli occhi stanchi volti all’interno della
stanza.
Camminò
per tutto lo stanzone, arrivando di fronte alla scrivania dove il presidente li
stava aspettando tutti. Si mese proprio di fronte a lui, subito circondato da Akira e Ui, sapendo di non poter
contare su Higemaru che avrebbe dovuto attenderlo
fuori insieme a Ito, Hogi e
Abara.
Nella
stanza, col presidente, c’erano Arima, Sasaki e Marude, che doveva
essere arrivato insieme al direttore molto prima di loro. «Qualsiasi cosa sia
successa» disse proprio quest’ultimo, facendo gli onori di casa «Le circostanze
legate alla morte del prima classe Aiko Masa sono poco chiare anche dopo aver interrogato ogni
singola persona presente sul posto. Oggi siamo qui per parlare proprio di
questo.»
«Il
caso è di Haise» lo ribeccò subito Arima, con la solita calma nella voce, ma un tono che non
ammetteva repliche «Sarà lui a condurre questa riunione. Noi che eravamo
presenti verremo interrogati nuovamente e il direttore, insieme al presidente,
decideranno se chiudere il caso, chiedere accertamenti o condannare qualcuno.
Tu, Marude, sei solo un uditore, oggi.»
«Vorrei
iniziare sentendo cosa ha da dire il prima classe Hirako»
Haise, che aveva in mano un piccolo registratore
grigio, lo accese, appoggiandolo al centro della scrivania. Guardò quindi la
persona chiamata in causa, che fece un passo avanti «Non tralasci nulla di
quello che è successo, per cortesia.»
Take
annuì, portando le mani dietro alla schiena. Urie avrebbe tanto voluto usare Gishi per straccargli a morsi quell’espressione di penosa
non curanza dal volto una volta per tutte.
«Erano
circa le ventitré e trenta, quando ricevetti la chiamata...»
Dieci mesi prima.
L’odore
del disinfettante ospedaliero era insopportabile.
Per
quanto cercasse di non prestarvi attenzione, non ci riusciva. Aveva sempre
avuto un problema con gli odori troppo forti, ma dopo l’intervento la
situazione era peggiorata. Dato ancor peggiore, sembrava diventata incapace di
abituarsi ad essi, come se costantemente una ventata intensa e acre le colpisse
il naso.
Alzò
gli occhi dallo schermo del cellulare, puntandoli sulla finestra e chiedendosi
se da quella distanza sarebbe mai riuscita ad aprirla senza alzarsi, quando adocchiò
un ospite inatteso a spiarla attraverso il doppio vetro.
Lo
guardò, sentendosi a sua volta osservata.
L’obbiettivo
mutò e, a quel punto, si domandò se sarebbe stata capace di afferrarlo senza
stritolarlo. Come si poteva gestire una cosa del genere? Grande e mostruosa.
Le
prime prove non erano andate poi così male, ma ancora non aveva idea di come
potersi giostrare con quelle nuove abilità. Avrebbe dato tempo al tempo, non
avrebbe aggiunto altre preoccupazioni alla sua mente.
Lasciò
scivolare di nuovo le dita sul telefono, aprendo le chat. Più di una recava
qualche messaggio non letto. La prima in cima all’elenco era quella di Ito. Sapeva benissimo che le augurava un buon ritorno a
casa dall’ospedale e un buon ingresso nella nuova squadra.
Quando
aveva chiesto il trasferimento, la scena era stata un po’ patetica. Si era
sentita messa in discussione per due anni dal suo precedente caposquadra, non
potevano biasimarla se aveva pensato di cambiare aria. Senza contare che non
aveva di che giustificarsi. Lo faceva per più motivi, quasi tutti totalmente
estranei al rapporto che aveva avuto con Take.
Poi
c’era sua madre, che si lamentava come sempre perché non tornava mai a casa.
Qualche altro collega della sua vecchia squadra e poi quel tipo strano. Il
nuovo capo, che aveva visto tre volte e non era ancora riuscita ad inquadrare.
La
sola persona da cui aspettava un segno di vita, però, non si era ancora fatta
sentire. Si chiese se avesse dovuto
scrivere per prima, ma poi qualcosa la fece desistere. Una sorta di scarica
elettrica lungo tutta la colonna vertebrale, che la portò a voltarsi.
Sull’uscio
lasciato aperto c’era il dottore, con la cartella medica sotto al braccio e un
sorriso serafico sulle labbra. «Vedo che ti sei già vestita, secondo livello Masa» le disse con tono pacato, andando verso di lei e
porgendole la documentazione per le dimissioni, che lei prese nel mentre si
alzava «Ogni settimana devi venire qui a fare gli esami. Ti prego di ricordarlo
anche ai tuoi compagni di squadra, appena li conoscerai. La maggior parte di
loro sembra dimenticarlo con facilità.»
«Sarà
fatto, dottor Shiba.»
La
giovane donna si inchinò leggermente all’uomo, sentendo la pelle della schiena
tendersi in modo anormale poco più in alto delle reni, come se quel preciso
punto si fosse fatto improvvisamente molto sensibile. Si chiese se fosse un
effetto placebo, oppure se effettivamente la pelle laddove erano stati
applicati i punti di sutura, ormai guariti alla perfezione, fosse più sottile.
Sentiva
il suo corpo in modo nuovo, diverso. Si sentiva un fascio di nervi scoperti e
la prospettiva di uscire dalla clinica per non tornarvi se non per le analisi
era a dir poco meravigliosa.
«La
ringrazio per tutto quello che ha fatto per me, dottore.»
«Sono
io a ringraziare te. Allora, a buon rendere.»
Aiko si irrigidì, tenendo sempre il
capo chino e non riuscendo a non sbarrare gli occhi. Fortunatamente, il dottore
aveva lasciato la stanza.
Per
puro istinto, andò a chiudere la porta, addossandosi poi ad essa mentre una
leggerissima patina di sudore andava a inumidirle la fronte. Dalla tasca
anteriore dei pantaloni neri prese una capsula piena di pastiglie. Ne ingoiò
due senza nemmeno afferrare un bicchiere d’acqua, strisciando poi lentamente
lungo la porta.
Lì, si
afferrò il capo fra le mani.
Era
libera, poteva uscire.
Poteva
andare dove voleva dopo due mesi e mezzo di ricovero.
Come
se qualcuno sospettasse già delle sue intenzioni, il telefono prese a trillare
insistentemente. Aiko gattonò sul pavimento,
arrivando ad appoggiarsi al materasso con i gomiti per afferrarlo.
A mala
pena lesse il nome del mittente. Uzume.
«P-pronto?»
-Quando mi vieni a trovare, Aiko-chan?-
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«Buongiorno,
Midori!»
Haise Sasaki
pareva di buon umore, nonostante fosse mattina. Non era famoso per essere una
persona puntuale, quando aveva degli appuntamenti in ufficio centrale, ma il
motivo per cui quel giorno era riuscito a non fare tardi era palese: non aveva
portato con sé i Quinx.
La
riunione era a porte chiuse, solo per agenti superiori alla prima classe.
«Buongiorno,
Haise» rispose con tono civettuolo la ragazza alla
reception, appoggiandosi con i gomiti al ripiano per poterlo squadrare come si
deve «Cosa posso fare per te?»
«Mi
chiedevo se il prima classe Hirako è già arrivato.»
Midori lo guardò stupida. Non
dovevano essere in molti quelli che chiedevano di Take, sopratutto a
quell'orario. Sopratutto perché se
poteva, l'uomo sfuggiva ad ogni conversazione superflua. Haise
però aveva bisogno di parlargli. Non con urgenza, ma aveva una questione da
chiarire con lui che gli stava a cuore.
«Credo
sia arrivato, sì.» rispose cauta la giovane «Solo che è molto... Silenzioso.»
Anonimo
sarebbe stato il termine adatto, ma non sarebbe stato educato mancare di
rispetto a un veterano di quel calibro. Take Hirako
era diventato una macchina da guerra perfetta, sotto le direttive di Kishou Arima, del quale era stato
il secondo per molti anni prima della promozione.
«Allora
penso che salirò a parlare con lui subito, buona giornata!» con un sorriso
serafico, Sasaki si avviò agli ascensori. Quarto
piano, stanza A4. L'ufficio di Take era uno dei primi sul corridoio. Non era
spazioso come quelli delle classi speciali, adiacenti al suo, ma era molto caratteristico.
Non
per merito suo.
Ito aveva attaccato alla parete
dietro alla sua scrivania qualsiasi cosa gli fosse capitata per le mani.
Ricevute di pagamenti, biglietti del cinema, fotografie vecchie o recenti e
bigliettini con su segnati numeri di telefono e nomi utili. In un certo senso,
spezzava un po' la monotonia delle pareti bianche attorno ai cubicoli degli
agenti.
«Haise!» fu proprio il braccio destro del capo squadra a
notarlo dalla porta lasciata aperta.
«Ciao,
Kuramoto!»
Il
caposquadra alzò gli occhi dal giornale che aveva aperto sulla scrivania e dopo
aver appoggiato la tazza piena di caffè al ginseng nel solo spazio vuoto che
trovò sulla superficie di legno, fece cenno al capo dei Quinx
di entrare e chiudere la porta. Pensò che se non l'avesse fatto, quello sarebbe
rimasto fermo sull'uscio come un allocco tutto il giorno. Tipico di Haise.
«Cosa
posso fare per te, prima classe Sasaki?» domandò col
solito tono neutrale, recuperando di nuovo la tazza e cercando di smacchiare
con un tovagliolino un documento dall'aria importante, che si era macchiato su
un lato.
«Volevo
sapere-»
«Sarà
venuto a chiedere com'è Aiko, non pensi, Hirako?»
Ito aveva colto nel segno, ma
l'aveva fatto in quel suo solito modo irriverente e leggero che aveva fatto
arrossire pesantemente il giovane investigatore. Haise
s'era imbarazzato parecchio e per riflesso, aveva fatto ciò che faceva sempre
in quei casi. Si era inchinato alla scrivania dietro la quale sedeva Hirako.
«Non
metto in dubbio uno dei tuoi uomini, prima classe Hirako!»
si era affrettato a dire, come per dissipare ogni dubbio «Ero solo...Curioso di
sapere perchè.»
«Perchè un agente con un’ottima posizione in una squadra di
primo piano si sia sottoposta a un intervento chirurgico così rischioso per
cambiare equipe? Già. Appena lo scoprirai, prima classe Sasaki,
vorrei che lo facessi sapere anche a me.»
Messa
giù così sembrava ancor più interessante di come l'aveva percepita Haise quando Akira glielo aveva
comunicato. Quel trasferimento non sembrava così ingiustificato, a dirla tutta:
i Quinx percepivano uno stipendio superiore, una
migliore polizza assicurativa e costanti controlli medici. Per non parlare del
fatto che, in caso sospensione del servizio per qualsiasi motivo, sarebbe il
CCG a provvedere al mantenimento dell'agente. Il che è molto più di quanto
potesse vantare qualsiasi altro dipendente.
Non
tutti pensavano che il gioco valesse la candela, ma i vantaggi oggettivi
c'erano.
Per
questo Haise non aveva pensato che il seme della
discordia potesse essere il trasferimento in sé. Voleva solo sapere cosa
aspettarsi.
Nervoso,
prese a torcersi le mani.
Kuramoto ridacchiò, allungandosi per
dare un leggero buffetto sulla spalla di Take «Haise
sicuramente voleva solo sapere qualcosa di più preciso su Aiko.»
«Sì, è
vero» concordò ancora imbarazzato il ragazzo, grattandosi nervosamente la nuca
mentre sulle guance, quell'alone rosso, non pareva intenzionato ad andarsene.
«Volevo solo sapere cosa devo aspettarmi dal mio nuovo sottoposto, parlandone
in modo confidenziale con voi.»
Take, inspiegabilmente,
parve concordare sul fatto che non era una mossa poi così stupida. Strano, Haise si sentiva un vero cretino. Forse sarebbe stato
meglio parlarne prima con Arima, ma il pensiero di
poterlo in qualche modo disturbare lo assillava.
«Non
c'è molto che posso dire sull'agente di secondo livello Aiko
Masa» iniziò Hirako, dopo
aver preso un piccolo sorso dalla bevanda che si stava inesorabilmente
raffreddando «Non è particolarmente acuta o brava sul piano tattico, anche se
non l’ho mai fatta lavorare da sola su casi ad alto profilo. Non spicca in
bravura nell'utilizzo della quique, anche se nel
corpo a corpo è abbastanza brava. Per concludere, non sa fare gioco di squadra,
come se la sua mente funzionasse solo in totale autonomia, smettendo di
cooperare nei lavori di gruppo. Ma non solo. Ho sempre pensato che preferirebbe
mandare avanti gli altri al macello che macchiarsi la camicetta.» fece una
piccola pausa, spiando il viso sconcertato di Sasaki
«Detto questo, sappi che qualsiasi ordine le darai, verrà eseguito. Penso sia
molto brava a fare quello che le viene detto.»
«Sei
stato incredibilmente crudele.» Kuramoto si concesse
una lieve scrollata di spalle, prima di tornare a sorridere al collega più
giovane «Aiko è una persona molto particolare, con un
carattere originale. Amichevole, se la si sa prendere, ma bisogna un po’
abituarsi al fatto che è lunatica! Secondo me si troverà molto bene fra voi che
siete tutti molto strambi.»
Haise si chiese se quello fosse o
meno un insulto, ma non ebbe il coraggio o il tempo di indagare più a fondo
sulle reali parole del collega. Una chioma immacolata sbucò dalla porta,
fissando silenziosa gli occupanti della stanza, prima di schiarirsi la voce per
attirare l'attenzione.
«Classe
speciale Arima! Ma buongiorno!» fu il trillo allegro
di Kuramoto, i cui occhi sarebbero potuti brillare di
ammirazione, se solo li avesse aperti in quell'incontrollabile entusiasmo.
«Buongiorno,
Arima» fu il più dimesso ma altrettanto sentito
saluto di Haise, che gli sorrise.
Take
riabbassò semplicemente gli occhi sul giornale, sperando di scamparla.
«Sono
passato perchè devo parlare a Take, ma visto che sei qui,
Haise, preferisco dirti un paio di cose prima della
riunione. Take, tieniti libero per pranzo.»
No,
non sarebbe scappato.
«Come
vuoi» fu la sua sola risposta, che però non venne minimamente tenuta in
considerazione. Arima era già uscito, seguito da uno
scodinzolante Sasaki, lasciando i due partner da soli
a guardarsi in faccia.
«Cosa
hai fatto di sbagliato?»
«Stai
zitto, Ito.»
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Haise si rendeva conto di perdere
colpi.
Il
semplice fatto che avesse passato due ore in una stanza con il nuovo membro
della squadra Quinx, quando era andato a trovarla
appena superato l’intervento chirurgico per l’installazione del kakuhou, parlandole dello chateau senza però darle
l’indirizzo, ma solo la fermate della metro, ne era un esempio.
Nemmeno
la nuova leva sembrava un’aquila, però.
Sasaki non si sentiva di giudicarla
dopo la pessima figura fatta, ma anche lei non si era mostrata molto
organizzata quando l’aveva chiamato dicendo di essere all’uscita della stazione
indicata senza idea di che strada prendere.
Fortunatamente,
era vicina.
Era
uscito avvertendo di sfuggita Mutsuki, che se ne
stava seduto al tavolo della cucina con gli occhi incollati alla lista della
spesa incompleta, senza nemmeno curarsi del fatto che addosso aveva un paio di
pantaloni del pigiama di un grigio spento e un paio di pantofole blu scuro
sotto al trench di servizio.
Aveva zompettato
vivacemente per un paio di isolati, arrivando a destinazione in poco più di due
minuti. Ad attenderlo, come da aspettativa, c’era una ragazza.
La
prima cosa che Haise notò in lei, erano le gambe.
Erano lunghissime, sottili e avvolte da un paio di jeans chiari dall’aria
vissuta. Secondariamente, era una fumatrice. Se ne stava infatti in piedi
accanto a una valigia piuttosto voluminosa nera, con il cellulare in una mano e
una sigaretta nell’altra.
Sembrava
diversa.
L’aveva
vista qualche volta, in giro per gli uffici o durante le missioni, ma in quel
frangente gli sembrava diversa. Eppure non aveva nulla di strano. I capelli
neri erano come sempre tagliati corti e spettinati in una zazzera scomposta. Le
unghie, smaltate di nero tremavano appena a causa dell’aria gelida di gennaio,
mentre la pelle bianca d’alabastro le si arrossava sulle guance per il medesimo
motivo. Gli occhi grandi, color ambra, avevano sempre la solita espressione
perennemente malinconica, triste.
Solo
quando le fu di fronte, Haise realizzò; ad essere
diverso era il suo odore.
Come
era normale che fosse, dopotutto.
«Masa!» la chiamò allegramente, ricevendo come risposta
quelle iridi accese dentro alle sue. Si rese conto che lo metteva un po’ a
disagio. Sembrava vedere qualcosa dentro di lui che lo stesso Haise non poteva cogliere. Come facevano sempre anche Akira e Arima, in realtà.
Non si
sarebbe mai abituato a quella sensazione.
«Mi
dispiace» si scusò quindi, portando una mano al capo per l’imbarazzo «Dovevo
mandarti almeno un messaggio.»
Lei
non pareva scocciata. Tirò un lievissimo sorriso, che parve quasi di cortesia
visto che svanì quasi subito «Belle pantofole.»
Haise avvampò, prendendo a
ridacchiare «Lo so, è solo che sono uscito di fretta. Ma vieni! Lo chateau è proprio
qui dietro! Ti aiuto.»
«Non è
necessario.»
«Insisto!»
Nonostante
la ragazza sembrasse molto decisa sul fatto che non voleva una mano, Sasaki non si fermò, afferrando il manico della trolley e
iniziando a tirarla. Per le dimensioni, sembrava incredibilmente leggera.
Sbatté le palpebre sorpreso, osservando anche la sacca che Aiko
portava sulla spalla, scendendo poi fino alla valigetta metallica della quique, che teneva nella mano destra.
«Devi
passare a prendere altre cose? Possiamo usare la mia macchina.»
«Non
occorre, ho tutto qui con me. Non ho molti oggetti personali.» Si avviarono
lungo il viale fianco a fianco e la mora non attese nemmeno un istante prima di
riprendere a parlare «Volevo parlarti di una cosa, Sasaki.»
«Puoi
chiamarmi Haise, se lo desideri.»
Lei lo
guardò di sfuggita, prima di puntare nuovamente lo sguardo sulla strada, per
memorizzarla «Dicevo. Volevo scusarmi con te, Sasaki.»
Haise decise di accantonare per
qualche istante la questione ‘nomi’, improvvisamente perplesso. In una frazione
di secondo iniziò al motivo per cui Aiko si stava
scusando. Per averlo fatto uscire? Per non aver chiesto la via? Per averlo
disturbato?
«Non
capisco cosa-»
«Per
averti trafitto con la mia lancia nello stomaco, alla fine dello scontro con il
Serpente.»
Ah.
Così
come era avvampato poco prima, l’investigatore di prima classe di ritrovò a
sbiancare. Era in compagnia del nuovo membro della QS da cinque minuti scarsi e
ci stava già rimettendo in salute. La pressione doveva essergli crollata
improvvisamente al solo pensare a quell’episodio.
Aveva
perso il controllo di sé, messo in pericolo altri investigatori e i suoi
uomini.
«S-stavi facendo solo il tuo lavoro.»
«Sì, è
vero. Però il pensiero di avere ripetutamente penetrato il mio capo squadra con
la mia quique mi fa pensare che forse è meglio
chiarire subito. Quindi accetta le mie scuse, così possiamo iniziare.»
«Scuse
accettate» volenteroso di cambiare velocemente discorso, Haise
alzò una mano e indicò la villetta di fronte a loro «Siamo arrivati!»
«Che
posto carino.»
Che
fosse seria o meno, Haise non seppe dirlo. Ito aveva ragione, era una persona da capire. Le fece
comunque strada, scostandosi dall’uscio solo per farla entrare per prima. Lei
si sfilò velocemente gli stivali, mentre il primaclasse
si vedeva costretto ad abbandonare le pantofole umide di terriccio, lasciando
le valigie lì nell’ingresso.
«Cerchiamo
gli altri, così te li presento.»
Non ce
ne fu bisogno. Tre teste sbucarono dal divano.
Cinque
occhi e una benda scrutarono avidamente la nuova arrivata oltre lo schienale e Haise si sentì padre di quattro piccole pesti. Solo tre
erano presenti, però. Si chiese dove potesse essersi cacciato il figlio
ribelle.
«Ti
presento i Quinx.» commentò divertito, mentre Masa passava lo sguardo da un volto all’altro. «Ragazzi,
lei è il secondo livello Aiko Masa,
come sapete da oggi è una di noi»
Alzò
una mano, per salutare «Un paio di volti li conosco già. Ciao Shirazu.» l’altro
ricambiò il saluto, ma lei non lo guardò. Si sollevò sulle punte, guardando
oltre il divano mentre lei e Haise si avvicinavano «Quello
con i capelli viola, i nei sotto gli occhi da serial killer e il muso lungo non
c’è, oggi?»
Sasaki e Mutsuki
la guardarono sorpresi, mentre Saiko e Shirazu ci davano dentro a ridere. «Arriverà» rispose proprio
il capo gruppo, passandosi un dito sotto all’occhio per asciugare una lacrima
solitaria «Non c’è mai, di giorno.»
«Si
allena da solo» le fece sapere Mutsuki, scrollando le
spalle esasperato «Difficilmente rimane allo chateau se non abbiamo nulla da
fare.»
«Teoricamente»
si intromise Haise «Abbiamo ancora aperto il caso
della Lavandaia.»
«Che
caso?» si informò Masa immediatamente, sedendosi con
lui sul divano parallelo a quello dove i Quinx
osservavano, chi convinto e chi meno, la nuova compagna.
«Probabilmente
ti affiderò qualcosa di diverso, domani» le fece presente Haise,
così da non mettersi a spiegarle un caso che a cui non avrebbe partecipato «Hai
più esperienza sul campo e so che è un cold case.»
«Un
caso tutto per lei?» chiese con tono lamentoso Shirazu
«Non è molto giusto!»
«Non
sarebbe sola, naturalmente! » si difese il prima classe, portando avanti le
mani, prima di sospirare pesantemente «Non parliamo di lavoro, adesso. Dobbiamo
spiegare a Masa come funzionano le cose in questa
casa. Magari finire anche la lista della spesa così dopo ci vado io con Mutsuki.»
«Lista
della spesa?»
Cogliendo
lo stupore negli occhi della nuova arrivata, Shirazu
si sentì in dovere di fare il caposquadra e spiegarle al meglio le dinamiche «Condividiamo
tutto, qui.» fu il suo modo di esordire, attirando l’attenzione generale su di
sé, mentre si sporgeva con il solito sorriso sornione in avanti per poterle
parlare quasi in confidenza «Laviamo i vestiti insieme, ci alleniamo insieme,
mangiamo insieme. Sasan cucina per noi tutti i
giorni!»
Masa a quel punto, si voltò verso
il prima classe, con lo stupore negli occhi. Poi gli sorrise, decidendo di
esternare ciò che le passava per la mente con straordinario candore.
«Cucini
tu, nonostante tu sia un ghoul? Che cosa
incredibilmente bizzarra, ma carina.»
Calò
il gelo più totale.
Nessuno
ebbe il coraggio di dire niente in risposta.
Aiko registrò immediatamente di
avere esagerato, notando come il viso di Haise si
fosse fatto granitico e come gli altri avessero trattenuto il respiro, nemmeno
avesse intenzione di sparare al povero capo.
«Oh,
ma non è un’offesa!» si affrettò a mettere avanti le mani la mora,
appoggiandogli una mano sulla spalla e stringendo la presa, solidale «Un
complimento, piuttosto. Io adoro i ghoul.»
Da lì
si aprì una spirale che non ebbe fine tanto presto.
Shirazu, mentre la ascoltava sproloquiare,
si chiese perché. Perché non si
apriva una voragine nel pavimento per inghiottirli tutti, meno il povero Haise Sasaki, vittima dell’entusiasmo
di quella folle.
Perché
questo sembrava.
Folle.
«Sono
contraria a quel pensiero retrogrado e incivile che metà degli investigatori
hanno riguardo i ghoul. Per esempio, io credo che
possano amare. Avere una famiglia. Diventare persone di spicco come il nostro
capo!»
«Aiko ti mostro la tua stanza!»
La
situazione andava presa di petto e visto che Mutsuki
si era ammutolito, mentre Yonebashi aveva avuto la
faccia tosta di chiudersi dietro lo schermo del cellulare, stava a lui farlo.
Lui, che era il caposquadra.
Per
gentilezza, le portò anche la valigia al piano di sopra, fino alla stanza
libera, la prima del corridoio che dava sulle scale. Masa
entrò per prima sotto invito di Shirazu, esaminando
l’ambiente tutto in legno.
Era
più grande del suo vecchio monolocale, quasi.
«Ho
esagerato, vero?» domandò retorica, appoggiando la sacca e la valigetta sulla
scrivania, mentre l’altro chiudeva la porta e si sedeva sul materasso nudo,
ondeggiando appena il capo.
«Noi
non ne parliamo.» le rispose tranquillo, facendole così notare che nessuno ce
l’aveva con lei per quello che era successo, ma che sarebbe stato saggio
evitarlo «Sasan è molto sensibile sull’argomento e
noi non vogliamo farlo sentire diverso.»
«Però
lo è.»
Per
l’ennesima volta, Masa riuscì a lasciarlo
completamente senza parole. La guardò sedersi accanto a lui, con le mani in
grembo e gli occhi piantati sulle sue stesse unghie, laccate di nero.
«Lui è
diverso. Un mezzo ghoul. Forse è anche meglio di noi.»
Un
brivido attraversò la schiena del caposquadra, che si limitò a schiarirsi la
voce, accarezzandosi la nuca, a disagio.
Che strana ragazza.
«Non
voglio dire che quello che hai detto sia sbagliato ma-»
«Ma lo
pensi?» domandò Aiko con un sorrisetto consapevole.
A
quello, Shirazu non rispose. Piuttosto, si limitò a
scrollare le spalle «Non voglio entrare nel merito, semplicemente. Solo, ti
chiedo di non parlarne mai davanti a Uriko. Quello
potrebbe incazzarsi sul serio.»
Eccome
se si sarebbe incazzato. Gli pareva già di vederlo, col kagune
estratto alla carica, contro la povera Aiko che però
non sembrava rincitrullita come il prima classe Hirako
l’aveva dipinta a Sasaki.
Era
solo parecchio strana.
Il
pensiero che forse avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di patner
di Urie – visto che Haise si trovava così bene con Mutsuki e lui ormai si era preso a carico di motivare Saiko- gli fece venire i brividi.
«Non
dire a Sasaki che è un ghoul
e non parlare di quanto sono belli i ghoul di fronte
a Urie Kuki. Posso farcela, caposquadra.» si
scambiarono un sorriso incoraggiante, quasi a suggellare una promessa che Shirazu se lo sentiva, lei non avrebbe rispettato «Avanti!»
proseguì quindi Masa, dandogli una pacca giocosa
sulla coscia «Spiegami tutto ciò che devo sapere su come funzionano le cose in
questa casa.»
Passarono
le successive due ore a parlare di allenamenti, schemi di indagine e regole
casalinghe, da quelle serie a quelle meno importanti. Come non lasciare dolci
in giro quando Saiko è libera per il salotto e non
offrirne mai a Urie.
Alla
fine Shirazu arrivò a pensare che Masa
poteva essere strana finché voleva. Non si sarebbe sentita fuori posto.
Kuramoto Ito
aveva ragione. Erano tutti strani, i Quinx.
Continua….
✄---------N.d.A--------
Quando
ho iniziato a scrivere questa storia mi sono detta ‘al massimo dieci capitoli’.
Dopo aver
plottato cinque casi, ancora non mi sono fermata,
anche se le linee di margine le ho tratteggiate già nel pezzettino iniziale
(nel quale ovviamente non si capisce niente).
Come sempre,
non manterrò la mia promessa di ‘soli dieci capitoli’, ma dopo tutti i consigli
ricevuti da diverse amiche mi sono detta che non importa. Fare bene una cosa è
gratis.
Dopo questa
premessa di cui nessuno sentiva davvero il bisogno (io davvero non le so fare
le note finali di un capitolo, che schifo, ignoratele), passiamo alle cose
serie.
Per modo
di dire. La serietà mi schifa.
Ho deciso
di scrivere su questo fandom per differenti motivi,
anche se purtroppo vedo che è poco popolato.
Principalmente
perché è una figata. No davvero, io ne leggo di
manga, ma Tokyo Ghoul credo sia il mio preferito.
Ha così
tanti scenari, personaggi e colpi di scena da cardiopalma che non è possibile
riassumerli.
Adoro ogni
personaggio, per questo selezionarne una parte e basta non è stato semplice.
Ho scelto
i Quinx perché sono troppo ignorati purtroppo.
Ci saranno
più di un OC, chi mi segue su altri fandom sa che li
amo, ma Aiko Masa è in
tutto per tutto la protagonista.
E io
ho deciso di iniziare a pianificare tutto dalla sua morte.
Povera
ragazza, sono stata infame, ma lo faccio sempre. Su di lei c’è ancora poco da
dire, questa è solo una piccola introduzione.
Detto questo,
passo brevemente a spiegare come pensavo di impostare il lavoro; sarà diviso
per casi e ci saranno anche tutte quelle cose strane e compromettenti che si
chiamano flashback e flashforward. Cercherò sempre di
farvi capire il senso, se deciderete di seguirmi, promesso.
Ho
inserito i personaggi che maggiormente toccherò, ma è una storia improntata sul
ccg. Ci sarà un sacco di Ito, un sacco di
Take, e qualche accenno soft alla Arima x Haise, ma solo per chi vuole vederli, visto che ho deciso
di scrivere una het e a questo mi attengo.
Insomma,
chi vuole intendere intenda, non forzerò la mano.
Ma li shippo, ecco.
Quel ‘sorpresa’
fra i personaggi è una grossa sorpresa, non posso anticipare ora.
Sorry a tutti.
Passo a
ringraziare gli angeli che mi hanno aiutata nella stesura, a iniziare da Virgy che ha letto e sentito le mie mene che…. Le hanno spoilerato tutto
:re.
Scusami
ancora.
Luna,
che mi ha dato una mano nella pianificazione, in particolare nella creazione di
una caso in cui appare la protagonista della storia che sta scrivendo lui. Come
per snk, scriveremo intrecciate.
La cosa
migliore che possa succedere a una fanwriter. Escono delle
perle.
In ultima,
ma non in ordine di importanza, la mia coinquilina (madonna) Maia che ha betato
e fatto questo bellissimo banner
che io non saprei nemmeno come partire per farlo (ps, trovate anche la mia
pagina autrice nel link e no, non è un caso.)
Ok,
detto questo, smetto di scrivere.
Non avrete
voglia di leggere altro. Manna se avete avuto la pazienza di arrivare qui.
Vi invito
solo a scribacchiarmi un commentino se avete gradito o se avete odiato il primo
capitolo.
Avere un
riscontro sarebbe un massimo, ma ultimamente su efp
tira un po’ un’aria solitaria.
Si sente
nel vento (?).
Grazie
ancora, a presto.
C.L.