5 The Exorcist - La battaglia delle anime

di Sarah M Gloomy
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12
 
 
 
    Eliza si passa una mano tra i capelli, sciogliendo dei nodi con le dita. «Ora che abbiamo messo in chiaro la nostra pazzia, come ci muoviamo?»
Sono convinta che Chase sapesse che il suo piano non andasse a buon fine, con o senza il mio coinvolgimento, perché per uno che è costretto a veder morire i suoi compagni ha l’aspetto sicuro. Schiocca la lingua nervoso. «Ci serve del tempo per mettere a punto un piano.»
   «Tempo che non abbiamo.» Pigola Robert. Si massaggia il petto, esattamente come Sloth se lo teneva. Guardo il vizio seduto a terra. Sta canticchiando a labbra strette una canzoncina e, quando sente il mio sguardo, alza gli occhietti e mi guarda pieno di curiosità. Sì, sono più che convinta di dover parlare con Lie.
Chase si appoggia al piano cottura, incrociando i piedi. «Con qualche rischio possiamo ottenere qualche giorno. Se Johannes sta cercando di richiamare le nostre anime è perché non sa che siamo vivi. Se lo sapesse … ecco, credo che sarebbe del tutto impreparato.»
Warren alza un sopracciglio. «Andiamo all’Ordine?»
Non so se il tremito della sua voce è dovuto all’agitazione o se sia più eccitato di compiere un qualcosa di così drastico. Mi mordicchio un’unghia. Certo, possiamo andare all’Ordine, ma non è una soluzione. Abbiamo bisogno di tempo per stilare un piano, ma le nostre anime sono sempre in pericolo. Pensa, Bel, pensa. Quell’idea, pazza, sta prendendo forma nella mia mente. Porca. So pure come metterla in pratica, che parole usare, ma dirlo agli altri? Guardo Chase, ancora concentrato al pavimento. «Andiamo all’Ordine.»
   «Bene.» Sbocca Warren, prendendo il sacchetto dal tavolo. «Ho qualcosa per l’occasione.»
 
                                                             † † †
 
      Siamo completamente pazzi. È l’unico pensiero sensato che riesco a collegare. Siamo pazzi perché stiamo andando all’Ordine, volontariamente e convinti pure che sia un buon modo di ottenere tempo, e lo siamo ancora di più perché stiamo scegliendo l’auto. Cammino tra quelle parcheggiate, puntando in quelle grandi ma non troppo appariscenti. Ho già scartato una bianca e una grigio metallizzato. Ora credo di aver scelto la mia bambina. Mi inumidisco le labbra con la lingua, guardando attraverso il vetro oscurato. È una classica macchina a cinque posti, con un ampio bagagliaio. Sul sedile posteriore ci sono delle semplici carte. Warren, non molto lontano da me, sta sbavando su un qualcosa a quattro ruote che, a meno di non essere così ignorante, non può contenere più di due persone.
Picchietto al finestrino. «Lie, aprimi la portiera.»
Con uno sbuffo il mio vizio attraversa il metallo, sedendosi nel sedile davanti. Sblocca la sicura e io mi intrufolo dentro. Non l’ho mai fatto, ma qualcosa mi dice che è una menzogna. Mi piego sul volante, con Lie seduto nel sedile del passeggero. Okay, sento dei fili. Mi devo preoccupare per il fatto che ho scelto una macchina di un modello vecchio, in cui ero certa che le mie esperienze passate mi potessero essere d’aiuto? Giro la testa per guardare Lie. «Mi faccio paura da sola.»
Lui alza le spalle. «Muoviti, Dalila.»
Ho preso una leggera scossa ai polpastrelli. Stringo i denti. I miei piedi si muovono senza che io abbia la benché minima idea e il sedile romba. Abbiamo un’auto. Chase si appoggia alla portiera aperta, reggendo tra le mani una pistola. Ho avversione per le armi da fuoco, più per trasmissione genetica che per aver subito veri e propri danni. Non credo nell’omicidio, per quanto davanti a Johannes o a uno degli altri due le mie convinzioni siano inutili. Sta controllando se ci sono pallottole.
   «Credevo che andassimo là solo per prendere tempo.»
   «Precauzioni.» Ammette.
Abbiamo passato l’intera giornata a sistemarci per l’attacco. Il che significa che sono uscita di casa e ho rubato un po’ di soldi per beni di prima necessità, e per della biancheria. Abbiamo la convinzione di tornare all’appartamento. Il frigo è pieno di cibo, Eliza avrà bevuto una decina di caffè e la vedo vicina a Warren, nel tentativo di spiegargli che non possiamo prendere un’auto così vistosa. Maschi.
Abbiamo deciso di prendere tre auto, guidate rispettivamente da Philippe, Warren e Chase. Sinceramente non abbiamo pensato a quando sferrare il nostro attacco all’Ordine. È naturale muoverci di notte. Quando tutti dormono, noi possiamo essere certi di passare inosservati. Chi mai guarderebbe un gruppo di otto ragazzi, dai quindici ai trent’anni, che si muovono in maniera furtiva di notte? La domanda è molto ironica e credo di essere invidiosa di Philippe e Eliza: sono gli unici due vistosamente grandi. Anche Warren, per quanto massiccio, ha inconfondibilmente l’espressione di un poco più che ventenne.
Chase mi fa cenno di passare al sedile del passeggero e, con il cambio e il freno a mano piantati nella schiena, riesco a spostarmi. Lie è passato alle mie spalle e è impegnato in una discussione senza parole con Arrogance. Controllo il vano portaoggetti. Assicurazione, carte, fazzoletti, un blocco per gli appunti, il navigatore. Prendo l’ultimo oggetto in mano, soppesandolo. Okay, sono crudele, ma un oggetto del genere, se ben piazzato, può far fruttare qualcosa. E noi siamo al verde.
La portiera del passeggero si apre, Robert fa capolino con Sloth. «Lie, vai nel bagagliaio.»
   «Sono uno dei vizi più vecchi!» Rimbrotta, con quello che definisco il suo orgoglio troppo umano. Robert sghignazza quando ripeto l’ordine e Lie è costretto a eseguire. Per quanto stretto possa stare, è impensabile una disposizione diversa. I nostri vizi devono stare con noi, sono i nostri punti di forza e allo stesso tempo le nostre debolezze. Non mi allontano da Lie, se non strettamente necessario. Robert si appoggia al mio sedile. Sento un leggero odore di sudore e di deodorante. «Warren vuole una decapottabile.»
Chase si è infilato la pistola su una tasca del mantello. «Philippe?»
   «Loro sono già in auto.» Indica un punto davanti a noi, oltre a Eliza che colpisce al petto Warren. Trattengo a stento un sorriso quando lo tira per le orecchie e si avvicina a un’auto. Con un tirapugni rompe il vetro e si infila nell’auto, trascinando con sé il ragazzo contrariato. «Julia ha deciso di andare con loro. Ha detto che tra Eliza e Warren sembra esserci qualcosa e non vuole fare la terza incomoda.»
Dubito profondamente che sia quello il motivo. Sospetto di più che abbia detto una frase del genere per indurre Robert a non venire con noi. Tra Eliza e Warren non c’è proprio nulla. Mi porto i capelli davanti al viso per nascondere il rossore. Chase sorride. «Andiamo.»
L’auto scivola lungo la strada, altre due seguono la nostra scia. Appoggio il navigatore per terra, per ricordarmi di recuperarlo dopo questa nottata. Sì, sono del tutto convinta che ne usciremo vivi. Beh, qualunque cosa siamo in questo momento.
Mi sento tutto sommato bene. Molto meglio di come mi aspetto, in verità. Mi sono tolta la tuta e quelle dannate scarpe da funerale. Sotto indosso dei pantaloni neri, piuttosto stretti alle gambe così da essere quasi una seconda pelle, e una maglia stretta al collo. Il mio bacino ci naviga, ma quando l’ho presa avevo poco tempo. Ho optato per un colore nero, il resto non mi importava. Sopra a tutto, Warren ci ha fatto un regalo. È stato molto gentile, perché tutti conosciamo la sua avidità. Abbiamo tutti otto mantelli, semplici e con il cappuccio. Non molto dissimili di quelli usati nella nostra vita passata, se non che non sono così logori e pesanti. Mi sta a pennello, se l’intenzione era quella di avere pure lo strascico. Abbiamo tutto l’aspetto di esorcisti.
Usciamo dalla città, tiro appena giù il finestrino per annusare l’aria. Sa di pioggia e neve. La temperatura è sotto zero, una patina bianca ha ricoperto i bordi della strada. La guida di Chase è sicura e non sbandiamo. Imbocchiamo il sentiero per il bosco, quello che solo la sera prima ce lo siamo fatti scarpinando. Ho contato ogni sassolino incontrato, cercando di dimenticare che la meta era ancora lontana. Tutte e due le volte.
Parcheggiamo davanti alla cattedrale. Ci sono un sacco di auto, per essere così tardi. Chase sospira. «Andiamo.»
Ci muoviamo come un sol uomo. Ho iniziato a odiare la cattedrale. L’impressione di esservi legata aumenta a ogni passo. Prima o poi, distruggerò pezzo per pezzo questa brutta copia. C’è un qualcosa che mi fa male, un qualcosa che è sbagliato. Anche solo il camminare tra Chase e Warren, precedendo gli altri, anche solo quei semplici gesti mi sembra che qualcosa sia sbagliato. Li sto portando a morire? Posso comprendere la paura di Chase, il fatto che ci voglia il più lontano possibile, ma credo in noi. Credo nella libera scelta. E credo che, dopotutto, loro sceglieranno ancora noi.
Ci introduciamo lungo il corridoio. C’è stato un tempo, in un palazzo simile a questo, in cui avrei chiamato quelle mura casa. Mi piaceva camminare, al ritorno da una missione, crogiolandomi in un silenzio senza spiriti e richieste, cercando di vivere quel poco che mi era concesso come una persona viva. Adesso, non mi è rimasto nulla.
Chase apre la porta: la stanza degli esorcisti è gremita di elettricità. Sguscio davanti a lui, precedendo i miei stessi compagni. Sa di incenso e abiti sudati. Sono seduti tutti, ad eccezione di Johannes e, in un angolo, Susan. La vedo impallidire mentre incrocia il mio sguardo. Sì, sono più che convinta che abbia visto il mio cadavere. Un ultimo saluto alla sua cara cuginetta. Posso anche vederla fare qualche lacrima, giusto per ribadire che la nostra famiglia è sempre unita nel dolore.
Retrocede di un passo e, nello stesso momento in cui aggancio la mia mano a quella di Lie, lei esce dalla stanza. Un problema alla volta. Sanno di noi, perché non sono intimoriti dalla Falce. Li vedo solo leggermente perplessi. Sì, in effetti siamo tornati dal mondo dei morti. Tutto prevedibile.
Chase è stato chiaro. Lui parla, gli altri eseguono gli ordini, io impedisco che qualcuno faccia delle mosse sconsiderate. Come se fossero in grado di recarci danni.
Padre Samuel è pallido e ha gli occhi sbarrati. È seduto nella sedia di Daulus. Sì, posso supporre che l’invidia è uno dei suoi vizi. Al mio posto c’è un uomo massiccio, l’unico che si è alzato in piedi alla vista della Falce e che ora si sta muovendo per venirmi incontro. Non vedo altra somiglianza tra di noi, se non che entrambi respiriamo. Ha gli occhi nocciola, così scuri che il mio stesso mantello sembra perdersi alla sua vista. È alto dove io sono bassa; è massiccio, dove io sono magra. Non abbiamo niente in comune, per cui non so perché quello dovrebbe essere il possibile contenitore della mia anima. Qualcosa ribolle al mio interno.
No.
Sferzo l’aria e un taglietto cremisi si forma sopra il colletto della sua camicia. Oh, guarda. Ho appena graffiato il collo di quello in cui la mia anima dovrebbe entrare. Mi sento colpevole? No. Lo voglio rifare? Senza dubbio.




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