Avatar: The Legend of the Universe

di Marge
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LIBRO PRIMO: ACQUA



III
Dimostrazioni



Non era facile trovare il momento giusto per parlare a Mahi.
Doveva essere un momento intimo, certo, in cui fossero solo loro due ed anche tranquilli, ma senza conferire al tutto un’aria troppo solenne, o l’avrebbe spaventata davvero. Non poteva dirle: “Devo parlarti”, perché Mahi avrebbe subito pensato che volesse lasciarla o che volesse farla finita con la vita, il che, per lei, era più o meno lo stesso.
Avrebbe voluto trovare un momento in cui, entrambi rilassati, lui avesse potuto buttarla là: “Sai, l’altro giorno mi è successa una cosa strana, mentre facevo Tai Chi.” Mahi non gli avrebbe creduto, ovviamente, perché era una cosa folle e senza alcun senso, così si sarebbero fatti una risata, lui si sarebbe convinto e sarebbe finita lì.
Il problema stava nel fatto che Shui ci aveva riprovato ed ora, oltre a far spirali e sfere, riusciva a far volteggiare l’acqua quasi in qualsiasi forma volesse. Riusciva perfino a farle fare un movimento in avanti, simile alla coda di una frusta. E poteva fermare l’acqua. Vi aveva provato sotto la doccia: gli bastava alzare le mani, respirare, concentrarsi, e d’un tratto era avvolto da una cupola bagnata senza che alcuna goccia gli arrivasse addosso. Ovviamente aveva provato tutte le mosse che conosceva del Tai Chi e aveva cercato anche di impararne di nuove. Goya era soddisfattissimo dei suoi progressi nelle ultime due settimane, e Shui aveva scoperto che a ogni mossa corrispondeva un movimento dell’acqua. Se quella era pazzia, era sicuramente caduto ben in fondo al pozzo.
Era giunto il momento di parlarne a Mahi. Forse lei si sarebbe finalmente convinta dell’utilità di quelle due pilloline azzurre.
Shui era sotto la doccia. Ormai, quasi senza accorgersene, formava la cupola sopra di sé, faceva accumulare l’acqua e poi se la rovesciava sulla testa tutta insieme. La pressione nelle tubature di quella nave era sempre al minimo e impiegava almeno mezzora a bagnarsi e risciacquarsi i capelli a dovere, e la soluzione della cupola sembrava davvero fatta apposta.
Si era appena fatto inondare dalla cascata che la porta della cabina si aprì e Mahi sgusciò dentro. Ridacchiando si strinse a lui. “Ho finito prima il turno giù in mensa” disse. Shui sentì le punte dei suoi seni premergli sulla schiena e in un altro momento non si sarebbe fatto pregare a prenderli in mano e cominciare a massaggiarli. Invece sospirò mentre si voltava. Le circondò il viso con le mani e le piantò gli occhi nei suoi.
“Lo sai che sei la donna della mia vita, vero?”
Mahi tremò perché, nel movimento, il sottile getto d’acqua della doccia l’aveva colpita ed ora era per metà bagnata. Sorrise e annuì. “Ma certo. Ora esci dalla doccia, così posso lavarmi a dovere. Ti raggiungo a letto.” Shui uscì dalla cabina e si avvolse un asciugamano attorno alla vita. Mentre lei canticchiava sotto il getto si pettinò con cura i capelli, li tirò all’indietro e li legò: in questo modo, asciugandosi, non si sarebbero gonfiati.
Lei aprì la cabina tremando da capo a piedi. “Dai, passami l’asciugamano!” lo implorò. Shui rimase in piedi un momento, a guardarla.
“Devo parlarti” disse serio.
Gli occhi di lei di spalancarono, proprio come aveva temuto.
“Apri l’acqua” disse. Lei scosse la testa, senza capire il collegamento.
“Dai su, fidati, apri l’acqua. Non sto per lasciarti, sta’ tranquilla.”
Mahi aggrottò le sopracciglia. “È uno scherzo?”
Lui negò e lei allungò un braccio di lato verso la maniglia. Con l’altra si strinse i seni, coperta ormai di pelle d’oca. Istintivamente Mahi chiuse gli occhi non appena lo scorrere del getto si fece udire. Dopo un momento, la mancanza d’acqua sulla propria pelle glieli fece aprire, incredula. Il gorgogliare era ancora lì, sopra la sua testa, e davanti a lei Shui era fermo in una delle posizioni del Tai Chi. Spostò allora gli occhi verso l’alto e quello che vide glieli fece spalancare oltre ogni possibilità.
“Ora chiudila” ordinò Shui. Lei lo fece, perché non aveva alternative che fare ciò che lui diceva, vista la situazione incredibile.
Non appena il getto si fermò, Shui ruotò su se stesso, raccolse una gamba verso l’altra e formò una sfera con le braccia; l’acqua accumulatesi sopra la testa di lei lo seguì, docile, e rimase a girare davanti a lui, una palla perfetta e vibrante. Poi Shui si mosse ancora, l’acqua si raccolse in una lama e si diresse verso di lei, o meglio, le sembrò che Shui la guidasse verso di lei, fino a circondarla in una spirale. Mahi lanciò un gridolino e si chiuse in un abbraccio. Shui alzò ancora le braccia per far salire la spirale, poi la fece scendere pian piano fino a adagiarsi sul piano della doccia; nel movimento l’asciugamano che aveva in vita si allentò e cadde a terra.
Quando ebbero finito, entrambi svuotarono i polmoni e rimasero ritti, in piedi, a guardarsi per qualche momento.
Anni dopo avrebbero riso fino allo sfinimento, pensando a quella prima volta in cui Shui aveva dominato l’acqua davanti a lei finendo completamente nudo, come un vero Maestro; e, ovviamente, questo piccolo particolare non passò mai alla storia.






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