cap 4
La festa era finita ed io e Illa stavamo dando una mano a Rosa per mettere un po' in ordine.
Illa aveva intuito che qualcosa non andava nonostante io avessi cercato
di nasconderlo sforzandomi di parlare per distrarla. Probabilmente fu
proprio quello a insospettirla, io non amavo parlare.
Quindi stanca di sforzare la mia natura ed esauriti gli argomenti
possibili di dialogo, mi concessi di concentrarmi sui miei pensieri
mentre caricavo un numero imprecisato di bicchieri in lavastoviglie.
Subito Illa cominciò a parlare a raffica mettendo un' enfasi
eccessiva nelle sue parole. Lei odiava i silenzi, non li sopportava al
punto che avrebbe parlato di tutto e all'infinito per colmarli. Io però la
ignoravo consapevole che lei non si sarebbe fatta condizionare dal mio
disinteresse.
Pensavo al fatto che la mia sfortuna continuava a perseguitarmi.
Tra tutti quegli invitati doveva interessarsi alla mia conversazione
con Mattia proprio quel ragazzo estremamente osservatore e
impertinente?!
E proprio quel ragazzo doveva non solo trasferirsi nella mia città, ma doveva anche iscriversi alla mia scuola?!?!
Le scuole a Leone erano poche. Un solo liceo umanistico, un solo liceo
scientifico e pochi altri tipi di licei professionali, poi c'erano due
tipi di scuole che comprendevano elementari e medie: quella pubblica e
quella privata. Fu così che conobbi Camilla, lei era
l'unica della sua famiglia ad aver frequentato la scuola
pubblica.
Mattia e Nadia fecero irruzione in cucina ridendo e scherzando.
Entrambi molto alti, erano simili sia per la figura snella e slanciata
che per i capelli ricci color castano-miele, la pelle molto scura, adesso per giunta abbronzata,
e gli occhi verdi. Parlavano di come era vestito questo, di cosa aveva
detto quello.
Cose molto interessanti insomma.
Mentre Nadia stava aprendo il frigorifero Mattia disse -" Rosa abbiamo fame. Ci prepari un panino?"
Più che una richiesta era una pretesa, un ordine.
Ma Rosa non ci fece caso, sorridente interruppe quello che stava
facendo e si accinse a cercare gli ingredienti per soddisfare i
desideri del suo principino.
Rosa amava i suoi ragazzi, ma aveva una spiccata predilezione per
Mattia, quando si parlava di lui i complimenti scorrevano a fiumi.
Nessuno mentiva quando affermava che fosse brillante, intelligente e
incredibilmente dotato per qualsiasi sport o impiego manuale, ma quel
che mi sorprendeva era che nessuno accennava o addirittura vedeva
quanto fosse saccente o sbruffone. Se eri suo amico sapevi che il posto
riservato a te era il secondo e se eri in un qualsiasi luogo con lui era Mattia
a dover brillare.
L'unico ad aver accennato ai suoi difetti era proprio quel ragazzo.
Più osservavo Mattia, più mi rendevo conto che per
lui non provavo niente, se non irritazione e delusione. Erano finiti i
tempi in cui lo idolatravo e lo vedevo come il mio "principe".
Colsi anche un pizzico di timore in me...non sapevo perché, ma
capì che inconsciamente non volevo soffermarmi più di
tanto nel ricercare il motivo di quella soggezione che provavo nei suoi
confronti. Paragonai quella sensazione al trovarsi come davanti ad
una tigre che gioca con un gomitolo nell'angolo della tua stanza. La
tigre ti conosce e tu conosci la tigre, ma non importa che tu l'abbia
allevata e nutrita..lei rimaneva quello che era. E se avesse avuto fame
non sarebbe potuta venire meno alla sua natura e ti avrebbe sbranato,
mentre tu, incapace di fare del male al tuo cucciolo, avresti avuto la
peggio. Era così che mi sentivo. Ed era così che vedevo
Mattia, mi voleva bene ma sarebbe stato capace di farmi a pezzi se
gliene avessi dato l'occasione.
-"Non puoi fartelo da solo il panino?! Rosa è stanca!" lo accusò Illa infervorata.
Rosa le gettò un'occhiata ammonitrice. -"Non dire sciocchezze
Camilla, non sono stanca. E oggi tuo fratello è il
festeggiato." ribattè convinta.
-"Ecco vedi?! A Rosa non dispiace. Fatti gli affari tuoi scema!" rimbeccò Mattia.
Illa, che raccoglieva immediatamente qualsiasi provocazione, rispose a
tono. Non era esattamente la migliore nel lasciar correre.
Da lì capì che la miccia era stata accesa e che ormai avrebbero preso a litigare per un bel pezzo.
Mi diressi verso il bagno per togliermi le lenti e mettere gli
occhiali. Ne approfittai anche per sciacquarmi la faccia e lavarmi i
denti. Purtroppo mi ero dimenticata di avere il mascara e l'eye-liner e
quando mi guardai allo specchietto avevo gli occhi cerchiati di nero.
Stavo per uscire dal bagno anche se sembravo la moglie di Frankenstein,
ma decisi di superare la pigrizia e perdere un dischetto struccante. Mi
guardavo allo specchio scrutandomi in viso, ma non mi riconoscevo,
forse gli altri potevano vedermi bella, addirittura desiderabile, ma
per me non era così. Perché sapevo cosa si nascondeva
dietro quel viso e quel che si nascondeva non mi piaceva.
Una infelicità desolante e infinita, come un deserto arido le
cui uniche acque erano le lacrime dei desolati fiumi sotterranei.
Sorridevo, ma il più delle volte fingevo, ero brava a fingere.
Perfino Illa mi scopriva raramente. Mi chiedevo il motivo di tanta
tristezza e mi arrabbiavo con me stessa, perché ero più
di così, sapevo essere forte e coraggiosa. "Dovevo", essere
migliore.
Mi guardai allo specchio e cercavo di ricordare quando invece di quella
immagine lo specchio mi restituiva il riflesso di una persona felice.
Mi ricordai di una bambina con la testa piena di treccine e le
guanciotte piene sorridenti, gli occhi vivaci con una luce da furbetta
vispa e intelligente. Con i capelli castani pieni di nodi, i vestiti
strappati e sempre qualche livido o cicatrice nuovi. Le mie avventure,
anche se solitarie, erano stupende, ed ero felice perché ero
libera e me stessa.
Ora le ciglia erano più folte,le labbra più piene, il
naso si era allungato e assottigliato e i capelli si erano come
auto-domati. Solo gli occhi risplendevano ancora di quella luce che
sembrava spegnersi lentamente in quel viso sciupato e remissivo.
Feci due veloci passi indietro, allontanandomi dallo specchio,
spaventata dall'idea di spegnermi del tutto, sentivo già le
lacrime salire quando qualcuno bussò alla porta.
Era Nadia, lei era sensibile alle emozioni altrui, le percepiva come un
termometro percepisce la temperatura ed era abituata agli sbalzi
d'amore altrui. Non mi disse nulla, mi abbracciò e basta. Le
lacrime si fermarono subito lì dov'erano.
Non riuscivo a piangere in presenza di qualcun altro, forse
perché non volevo sembrare debole. Da quando avevo undici anni
ad eccezione di Barb ed Illa, solo mia nonna mi aveva vista
piangere una o due volte.
Dopo cinque minuti, dal corridoio arrivò un -" Cos'è un
abbraccio di gruppo?!?"- da un esaltato Mattia, che entrò in
bagno di corsa e mi abbracciò da dietro.
I gemelli erano molto alti, come tutti quelli della loro famiglia, ed
in mezzo a loro quasi sparivo, minuscola. Sentendo che stavano
invadendo troppo il mio spazio, cominciai a mugugnare di
disapprovazione, come tentando di buttarla sul ridere, e sgusciai via
da loro con fatica, perché Mattia mi tratteneva con le sue
braccia forti.
Così guardando Nadia negli occhi la ringraziai silenziosamente.
Era per me difficoltoso esporle la mia gratitudine a voce, sopratutto
davanti al suo gemello.
Lei capì al volo e mi rispose con un sorriso
-" Allora resti qui stanotte?" mi chiese
-"No, mi piacerebbe, ma....devo tornare a casa. Mi aspettano."
-"Come vuoi, lo sai che non ti devi fare mai problemi." mi rispose con un sorriso dolce.
-"Ti accompagno io", disse Mattia.
Stavo già per replicare, quando aggiunse che non voleva sentire
storie, perché alle tre di notte una ragazza non poteva andare
in giro dal sola (e altre stronzate simili).
Allora non sapendo cosa dire, annuì e andai a prendere le mie cose.
Si a volte Mattia la smetteva di essere uno stronzo e si comportava da
persona gentile e premurosa, ed era lì che ti fregava. Io ero
molto stanca così accettai volentieri il passaggio ricordando a
me stessa di stare in campana. Cercai Illa per salutarla e dato che era
con Rosa diedi un bacio anche a lei e lasciai che mi abbracciasse e mi
avvolgesse nei suoi profumi da mamma. Scendemmo le scale e andammo in
garage , Mattia canticchiava allegro o forse dissimulava allegria, non
ci feci troppo caso.
Poi uscimmo con la macchina attraversando l'enorme giardino e mentre
aspettavamo che il cancello si aprisse lentamente armeggiai con la
radio del fuoristrada.
La canzone in cui incappai mi piaceva da impazzire ma purtroppo piaceva
molto anche a lui, che cominciò a cantarla, così cambiai
ancora stazione e finì per sintonizzarmi su una radio che
trasmette musica classica.
Beethoven non mi faceva impazzire, ma sapevo per certo che non piaceva
al guidatore, quindi alzai il volume e lo osservai di sottecchi fare le
facce disgustate che non riusciva a trattenere. Sogghignai maligna
voltandomi verso il finestrino per non farmi scoprire. Quando
mancò poco per casa mia, abbassò il volume assordante e
mi guardò implorando
-"Non potremo parlare un po' Miss "Non ho gusti per la musica"? "mi chiese guardandomi sardonico, mentre svoltava nella mia via.
-" In realtà sono stanca. Non riuscirei ad intrattenere una conversazione molto brillante."
-"Ok, basta che rispondi alle mie domande" ribattè con una risata.
-" Vai"concessi con un mezzo sbuffo.
-" Ti sei divertita stasera?"mi chiese.
-" Con l'alcol si superano anche le cose peggiori"risposi con un nota ironica.
Lui scoppiò a ridere e riescì a fermarsi solo dopo qualche minuto.
-" Che tipetto. Non ti facevo una che beve.", ammiccò verso di me.
Idiota.
-"Invece mi piace bere", rispondo sulla difensiva.
-" Domani serata cinema con mia sorella e le ragazze?" Mi volto verso il finestrino e rispondo
-" No, domani devo lavorare, ho il turno delle....Che stai
facendo!?!?" domandai scioccata, con una nota isterica nella voce.
Mentre parlavo Mattia aveva cominciato a sbottonarsi la camicia e a
sfilarsela, il tuttto mentre continuava a guidare come se nella fosse.
-" Mi devo cambiare." rispose secco e tranquillo, allungando una mano verso di me.
Io mi ritrassi verso la portiera inorridita pensando che volesse
toccarmi, ma in realtà stava solo allungando una mano per
prender una T-shirt poggiata sul sedile posteriore, che non avevo
notato. Scoppiò a ridere di cuore notando la mia azione.
-"Non fare quella faccia spaventata...non hai mai visto un uomo senza maglietta?"
-"Certo che l'ho visto!" risposi prontamente tra l'arrabbiato e il sostenuto, come se fosse ovvio.
In realtà stavo mentendo. Non avevo mai visto un uomo nudo,
escludendo coloro con cui avevo in comune parte del mio DNA, uomini in
costume e attori dei film, o i vari uomini di mia madre. Non mi
ero mai trovata con un uomo/ragazzo a torso nudo in un luogo
così stretto, a pochi centimetri da me e nel buio quasi
totale.
Ad un tratto mi resi conto di quanto fossi patetica e mi irritai ancora
di più. La macchina si fermò, ormai arrivata sotto casa
mia.
-"Devo vedere una ragazza. Ha detto che stasera vuole darmi un "regalo
speciale"...che non poteva portare alla festa." spiegò con
ammiccamenti vari.
Non poteva essere più esplicito. La mia espressione passò
dalla sorpresa, al disgusto, al neutrale in pochi istanti. Mattia non
sarebbe mai cambiato, (mentre cambiavano le ragazze che gli ronzavano
intorno e che gli si concedevano con tale velocità).
-"Bene. Buonanotte e grazie per il passaggio."dissi aprendo lo sportello.
-"Buonanotte Cassandra" rispose.
-"Oh e divertiti" aggiunsi con la voce più stucchevole che riuscì a trovare.
-"Contaci" mi rispose facendomi un occhiolino d'intesa.
Chiusi lo sportello e girai le chiavi nella toppa senza voltarmi mentre la macchina si allontanava.
Angolo autrce:
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire questa storia e a
leggere in silenzio, sopportando l'eternità che passa fra un
capitolo e l'altro.
Lasciatemi un commento se volete, per me èfondamentale sapere
cosa ne pensate, segnalatemi eventuali errori o incongruenze.
Vi prometto che il prossimo capitolo arriverà presto.
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