Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.515 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua all'ultimo aggiornamento della settimana:
finalmente l'identità di qualcuno verrà svelata (e fate finta di essere
sorpresi, grazie. So che vi ho dato tanti, ma tanti, indizi sul nostro
misterioso uomo che avete capito fin da subito chi era). E intanto si
comprende anche qualcosa su ciò che è stato portato via da Shangri-la: ve
lo aspettavate questo collegamento oppure no?
Stranamente non ho nessuna informazione turistica da darvi, quindi passo
subito ai ringraziamenti.
Grazie a tutti voi che leggete, commentate (Fatevi sentire!), inserite
questa storia in una delle vostre liste, mi supportate (o sopportate,
scegliete pure voi).
Semplicemente grazie a tutti!
Adrien poggiò la penna sul quaderno,
osservando il ragazzo dall’altra parte del tavolo e ignorando i due kwami
che, incuranti dei propri umani, stavano gozzovigliando in mezzo al
tavolo: «Rinfrescami la memoria, pennuto.» iniziò il biondo, incrociando
le braccia al petto e sorridendo: «Perché sei venuto a studiare a casa
mia?»
«Perché facciamo entrambi gli stessi corsi?» domandò di rimando Rafael,
alzando la testa e fissando l’altro: «E poi Flaffy è impegnato con Plagg e
non sta a tormentarmi tutto il tempo.»
«Dura la vita per chi ha un kwami tolkeniano.»
«Disse quello che l’ha fissato con Masterchef.» brontolò Rafael,
passandosi una mano fra i capelli e sbuffando: «Devo chiedere a Sarah di
tradurmi questo articolo.»
«Questo è barare.»
«Ti passo la traduzione.»
«Questa è amicizia.» dichiarò Adrien, abbassando lo sguardo sui suoi
appunti: «Sinceramente preferirei affrontare un supercattivo, piuttosto
che continuare a preparare questo esame.»
«Occhio a quel che desideri, amico.» sentenziò Rafael, alzando la testa e
ascoltando il trambusto che si era levato al di là della porta della
grande sala da pranzo: «Ma che…?» mormorò, osservando l’uscio spalancarsi
e Marinette entrare velocemente nella stanza, chiudendosi il pesante legno
e appoggiandovicisi contro.
Adrien sorrise, alzandosi dalla sedia e raggiungendo velocemente la
ragazza: «Un’altra volta?» domandò, aiutandola a togliersi la sciarpa e il
berretto, posandole poi le labbra sulla fronte: «Devo fare qualcosa, my
lady?»
«Fuggire con me?» domandò speranzosa la ragazza, alzando lo sguardo
azzurro su di lui e poi notando l’altro ragazzo nella stanza: «Ciao,
Rafael.»
Il moro la salutò con un cenno della mano, sorridendo: «Vi faccio da
diversivo mentre fuggite via?» domandò, osservando i due sedersi di fronte
a lui e poi dando una veloce occhiata all’orologio, che teneva al polso:
«Cioè, mi piacerebbe ma…»
«Ma i pennuti abbandonano la nave prima che affonda?»
«Quelli sono i topi, gattaccio. Sai quei cosi grigi che dovresti
cacciare?» sbuffò Rafael, chiudendo il proprio libro e radunando le sue
cose: «Comunque Sarah fra poco è libera: aveva un incontro con un
professore e....»
«Oh. Giusto. Dovete recuperare…»
«Adrien!» strillò Marinette, dando una lieve manata alla testa del biondo,
sotto lo sguardo soddisfatto di Rafael.
«Che ho detto?»
«Io vado, eh!» dichiarò il moro, agguantando il suo kwami e tirando fuori
il ciondolo del pavone: «Flaffy, trasformarmi.» dichiarò, venendo
investito dalla luce del Miraculous e diventando Peacock: «A domani,
gattaccio.» sentenziò, una volta che la trasformazione fu completata e,
recuperato lo zaino, uscì velocemente dalla sala da pranzo.
«E’ normale il fatto di aver visto Peacock uscire da casa mia come se
nulla fosse?» domandò Gabriel, entrando nella stanza e rimanendo fermo
sulla porta, lo sguardo rivolto all’androne dell’abitazione, mentre Nooroo
volava all’interno della sala e si accomodava di fianco a Plagg.
«Vuoi davvero una risposta?» gli domandò il figlio, alzandosi e chiudendo
la porta della stanza, sotto lo sguardo interrogativo del padre: «Mamma.»
spiegò lapidale Adrien, indicando la fidanzata.
«Oh. Giusto.» Gabriel annuì, sistemandosi gli occhiali e facendo vagare lo
sguardo su Marinette: «Cosa ha ideato stavolta?»
«Non lo so.» sentenziò la mora, giocherellando con una ciocca di capelli:
«Appena Nathalie mi ha aperto sono entrata qui dentro.»
«Puoi fare qualcosa per fermare tua moglie?»
«E’ anche tua madre, figliolo.»
«Sì.» Adrien annuì, osservando il genitore intensamente: «Ma se tu la
tenessi…come dire? Occupata? Ecco sì, se tu la tenessi…»
«Finisci quella frase e ti akumatizzo.»
«Non puoi.» borbottò Adrien, incrociando le braccia: «Se mi akumatizzi poi
stai male. Vero che non può, Nooroo?»
«Beh, tecnicamente potrebbe. E’ ancora il mio Portatore.»
«Quand’è che mister Miyagi si decide a trovare il nuovo? Così almeno mio
padre la finirà di minacciarmi di akumatizzarmi.»
«Potrei sempre rinchiuderti in casa…»
«Ho un kwami e non ho paura di usarlo, papà.»
«Ehi, moccioso! Non parlare di me come se non ci fossi.» bofonchiò Plagg,
incrociando le zampine e assottigliando lo sguardo verde: «Potrei dire
cose di te che farebbero impallidire le signore qui presenti.»
Marinette tossì, un sorriso che le si stendeva sulle labbra, alla vista
dell’espressione imbarazzata di Adrien: «E’ camera mia.» ringhiò il
biondo, osservando male il proprio kwami: «Sarò libero di andare…»
«Ok, non voglio sapere altro.» sentenziò Gabriel, scuotendo la testa e
sospirando, voltandosi poi verso la porta della sala che veniva nuovamente
aperta: «Sophie?» domandò, osservando la moglie affacciarsi e sorridere
alla vista della ragazza.
«Marinette!» esclamò la donna, entrando e aprendo le braccia, stringendo
la mora in un abbraccio: «Mi pareva di aver sentito la tua voce.»
«Ci siamo anche noi, mamma.» borbottò Adrien, affiancandosi al padre e
sospirando: «E’ proprio vero che lo sposo non se lo caga nessuno.»
«Benvenuto nel club.» mormorò Gabriel, osservando la moglie iniziare a
dire qualcosa su delle bomboniere che aveva visto, mentre Marinette
fissava il fidanzato con uno sguardo supplichevole: «Dovresti aiutarla.»
«Sa cavarsela benissimo anche da sola.» dichiarò Adrien, sorridendo
quando, non vista da Sophie, Marinette mimò con le labbra la parola aiuto:
«Ok, forse stavolta non credo.»
«Vai a darle una mano, prima che tua madre la faccia impazzire del tutto.»
«Ti ricordo che è tua moglie.»
«Gli anni in Tibet l’hanno fatta impazzire.»
«Guardate che vi sento.»
«Scusa, mamma.»
«Scusa, Sophie.»
Fu si sistemò sulla panchina, osservando il retro della mastodontica
chiesa di Notre Dame e stringendosi nel giaccone, sentendo l’aria
invernale penetrargli nelle ossa; rimase fermo, guardando le persone
passare davanti a lui senza notarlo veramente e, da una parte, era grato
di quell’invisibilità poiché gli permetteva di pensare a lui, il fantasma
che era giunto alla sua porta pochi mesi prima.
Maus era appena stato sconfitto e lui si era ritrovato quel tipo davanti
casa che, senza tante storie, gli aveva scaraventato addosso un macigno:
se ciò che gli aveva detto era vero, i suoi ragazzi avrebbero presto
affrontato qualcosa di molto peggiore di Coeur Noir e Maus.
Proprio per questo la ricerca del nuovo Possessore della Farfalla doveva
finire.
Al più presto.
Per quanto sarebbe durata ancora quella calma?
Inspirò profondamente, alzando la testa verso il cielo: avrebbe dovuto
dare quell’incarico a Bridgette, in quanto futura Gran Guardiana, ma la
donna non aveva ancora l’esperienza né la conoscenza per svolgere appieno
quel compito.
Toccava a lui. Nuovamente.
Abbassò lo sguardo e osservò una coppia passeggiare lì davanti e fermarsi
ad ammirare la chiesa: la ragazza si allungò, mormorando qualcosa
all’orecchio del compagno e questi rise, stringendo la mano di lei e
portandosela alle labbra.
Giovani ignari di quello che sta succedendo, completamente all’oscuro
delle minacce almeno finché non si palesavano.
Non come i suoi ragazzi.
Sospirò di nuovo e quasi sobbalzò, quando sentì una lieve pressione sulla
spalla: «Ma che…?» sbottò, voltandosi e osservando la ragazza china al suo
fianco, che lo fissava con i grandi occhi scuri dalla luce preoccupata.
«Sta bene?» gli domandò, inclinando la testa e mordendosi il labbro
inferiore: «Parla francese? Sta bene?»
«Sì.» mormorò Fu, osservandola illuminarsi in volto e sorridere: «Ragazza
mia, perché pensavi che stessi male?»
«Era qua, solo soletto con un’aria…» la fanciulla scosse il capo, facendo
ondeggiare i ricci castani e sospirò: «Mi perdoni. Non volevo
disturbarla.»
Un sorriso piegò le labbra dell’anziano che, presa la mano della ragazza,
la strinse nella sua: «Grazie per esserti preoccupata per me.» dichiarò,
abbassando lo sguardo sulle loro mani di colore diverso: pallida la sua,
mulatta quella di lei.
«Mi perdoni ancora. Forse dovrei dare ascolto a mio fratello e smetterla
di…» la ragazza scosse il capo, sbuffando e liberando la sua mano da
quella di Fu: «Mi scusi ancora.» borbottò, prima di riprendere la sua
strada.
«Ehi. Ragazza.» la richiamò Fu, sorridendo e notando come lei si era
girata confusa: «Qual è il tuo nome?»
«Camille Lapierre.»
«Grazi, Camille Lapierre. Grazie per esserti preoccupata di uno
sconosciuto.» dichiarò Fu, balzando in piedi e chinando il capo: l’aveva
trovata.
Aveva trovato la nuova Portatrice del Miraculous della Farfalla.
Rafael sorrise, osservando Sarah uscire dalla facoltà e, velocemente, la
raggiunse: «Rafael!» esclamò la ragazza, ritrovandosi stretta
nell’abbraccio improvviso del parigino e alzando lo sguardo nocciola,
notando il viso arrossato dal freddo: «Ma cosa…?»
«Sto gelando.» dichiarò spiccio il moro, stringendola più a sé e cercando
di trovare conforto nel calore della ragazza: «Non sopporto il freddo.»
«Da quanto sei qui?»
«Un po’.» bofonchiò Rafael, rabbrividendo: «Marinette è venuta a trovare
Adrien e quindi…»
«Potevi aspettarmi dentro.»
«Avevo paura di incontrare mio padre.» ribatté spiccio il parigino,
posando il capo contro la spalla: «Siamo stati abbastanza insieme per
durante il periodo natalizio. E poi non volevo si mettesse in mezzo.»
«Cosa?»
«Senti, non è che possiamo andare in un posto più caldo per parlare?»
bofonchiò Rafael, sciogliendo l’abbraccio e guardandola supplichevolmente:
«Un bel café dove ti danno qualcosa di bollente, andrebbe bene.»
«D’accordo.» dichiarò Sarah, prendendolo sottobraccio e tirandolo
lievemente: «Qua vicino c’è un locale dove sono andata con una mia
compagna di corso, ce la fai ad arrivarci?»
«Non penso di morire congelato per strada.»
«Non sapevo che reggevi così male il freddo.» dichiarò la ragazza,
studiandolo: «A New York saresti già morto, mi sa. Sai che alle volte
siamo andati anche a meno tredici gradi?»
«Il mio incubo fatto città.» borbottò Rafael, stringendosi nelle spalle e
guardando dritto davanti a sé: «Come sopravvivono laggiù?»
«Beh, in quei giorni si sta in casa.»
«Mi sembra il minimo.» brontolò nuovamente il parigino, sospirando: «E’
stato freddo mentre c’eri?»
«Non tanto. Però ha nevicato.»
«La neve mi piace. Anche se è fredda.»
«La neve non può non piacere. Saresti un mostro se non ti piace.» decretò
Sarah, sorridendo e poggiandosi contro il ragazzo: «Però mi mancava casa.»
«Casa?»
«Ormai è Parigi casa mia, non New York.»
Rafael sorrise, fermandosi e costringendo anche la bionda a fare
altrettanto: «Ma cosa…?» mormorò Sarah, alzando la testa e facendo
sorridere il ragazzo, mentre si chinava e le sfiorava le labbra con le
proprie.
«Mi sei mancata.» le bisbigliò contro la bocca, catturandola in un nuovo e
più profondo bacio.
Gabriel poggiò la matita, osservando il disegno dell’abito e studiandolo
con occhio critico, segnandosi mentalmente le modifiche da fare:
«Signore.» la voce di Nathalie attirò la sua attenzione, facendogliela
spostare sulla donna ferma sulla soglia del suo ufficio: «Ha una visita.»
continuò la sua assistente, una volta che l’interesse fu su di lei.
Nathalie si fece da parte, permettendo a Fu di entrare nell’ufficio e poi
rimase ferma in attesa di ordine: «Puoi andare.» dichiarò Gabriel,
osservandola annuire e uscire velocemente dalla stanza, chiudendosi la
pesante porta dietro di sé.
«Ma è un robot?» domandò Fu, indicando con un cenno la porta dietro di sé
e l’assistente che era uscita da quella: «Mai vista una donna più fredda
di quella. Ed io sono su questo mondo da parecchio.»
«Buonasera, maestro.»
«Buonasera, Gabriel.»
«Immagino sia qui a dirmi che ha finalmente trovato il mio successore.»
Fu annuì, accomodandosi su una delle due poltroncine davanti la scrivania
e togliendosi la sciarpa e il cappello, poggiandoli sull’altra: «Proprio
oggi.» sentenziò, osservando l’uomo davanti a sé: «Vorrei non doverlo fare
e lasciare Nooroo con te.»
«Lei sa molto meglio di me che, in periodi come questi, non è buona cosa
lasciare un Miraculous inattivo.»
«Non è inattivo.»
«Io non posso utilizzarlo, come lei non poteva usare il suo quando Coeur
Noir aveva minacciato Parigi.» decretò Gabriel, abbassando lo sguardo e
sorridendo al piccolo kwami che ascoltava in silenzio: «Per questo ha
cercato Wei. E per questo ha cercato il mio successore.»
«Io…»
«Domani consegnerò il Miraculous e tornerò a essere un uomo comune.»
«Beh, non troppo comune.» dichiarò Fu, sorridendo all’uomo e al kwami: «La
persona che ti succederà è…beh, incredibilmente gentile. Sono certa che
sarà un’ottima Portatrice.»
«Portatrice? E’ una ragazza, quindi.»
«Esatto.»
Blanchet gettò i guanti sul mobile all’entrata della propria abitazione e
sospirò, osservando il proprio riflesso nello specchio posto proprio
sopra: «Xiang?» urlò, ascoltando poi il silenzio della casa e un nuovo
sbuffo gli uscì dalle labbra.
Si passò le mani fra i capelli biondi, raggiungendo velocemente l’ampio
salone e osservando la ragazza che, come una ballerina, si muoveva
aggraziata, mentre teneva una spada in mano: «Gradirei che mi rispondessi,
quando ti chiamo.»
«Sei tornato.»
«E’ casa mia.» bofonchiò Blanchet, entrando nella stanza e dirigendosi
verso il mobiletto bar: «Mi sembra il minimo tornare.» dichiarò,
afferrando una bottiglia di bourbon e versandosene un bicchiere: «Vuoi?»
«Sai che non bevo quella roba.» dichiarò Xiang, rinfoderando la lama e
fissandolo con lo sguardo scuro: «Non dovresti neanche tu. Shangri-la ti
ha dato la vita eterna, non l’immortalità e l’alcool…»
«Sì, sì.» sbuffò l’uomo, scuotendo la testa: «Hai di nuovo guardato quel
programma di medicina.» concluse l’uomo, scuotendo il capo e richiudendo
la bottiglia.
«Non c’è altro di interessante.» borbottò Xiang, poggiando la spada contro
il muro: «L’alternativa sarebbe guardare quei ridicoli programmi che…»
«Potresti uscire.» buttò lì Blanchet, buttando giù il liquore: «Non ti ho
comprato un intero guardaroba per vederlo marcire dentro l’armadio.»
«Io non ti ho chiesto niente.»
«Sai, le vesti di Shangri-la non sono all’ultima moda, Xiang.»
«Sai niente di nuovo?»
«Sei una maestra del cambiare discorso.» sbuffò Blanchet, lasciandosi
andare sul divano e osservando la ragazza in piedi, poco distante da lui:
«No, ancora niente. Il nostro amico non si è ancora mosso.»
«Le ombre lo consumano, per questo non le utilizza.» ipotizzò Xiang,
scuotendo la testa e facendo danzare la lunga chioma scura: «Ciò che ha
fatto a quegli uomini ha sicuramente richiesto il suo prezzo…»
«Pensi che le userà di nuovo?» domandò Blanchet, sospirando: «Sarebbe
veramente scocciante doversi guardare anche dalla propria ombra.»
«Non credo.» dichiarò Xiang, voltandosi verso le ampie finestre e
osservando il panorama notturno: «Ha fatto un tentativo, ma il prezzo da
pagare è stato alto, cercherà sicuramente un modo per usare il potere e
prendere i Miraculous.»
«I Miraculous…» Blanchet sospirò, poggiando i gomiti contro le ginocchia
mentre un sorriso triste gli incurvava le labbra: «Sempre lì si va a
parare.» commentò, alzandosi e andando a versarsi una nuova dose di
liquore: «Non capisco: ha la collana, a cosa gli servono i Miraculous?»
«Kang non te l’ha spiegato.»
«Penso abbia detto qualcosa, ma all’epoca ero troppo shockato di essere
ancora in vita. O troppo sbronzo.»
«La collana è solo un veicolo per il Quantum: un antico tentativo di Routo
di imbrigliare l’energia, ma non la possiede.» spiegò Xiang, osservando
l’uomo bere con lo sguardo fisso su di lei: «Ma i Miraculous sono qualcosa
di molto più potente, poiché essi contengono il Quantum al loro interno:
ecco perché danno il potere ai loro Portatori. Lo scienziato li voleva per
questo e…»
«E il nostro amico li vuole per il potere.» concluse Blanchet, buttando
giù l’ultimo sorso di liquore: «Neanche fossimo in un film di supereroi.»
Xiang lo fissò, mentre si versava un altro bicchiere: «Come puoi denigrare
ciò che sei stato?» gli domandò, fissandolo mentre buttava giù in sorso la
nuova dose: «Tu dovresti…»
«Tu, mia cara e adorata Xiang, non dovresti parlare di cose che non sai.»
«Come vuoi.» dichiarò la ragazza, raggiungendo la porta e voltandosi
indietro: «Per quel che vale: Kang ha sempre avuto grande fiducia in te ed
è per questo che ti ha mandato qui, Felix Norton.»
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