PICKING
UP THE PIECES
FASE
UNO - Siamo in crisi
"Jared,
io...sono in crisi."
Sandy
sospira e poi riordina le posate sul tavolo con fare meticoloso.
Jared
apre e chiude la bocca un paio di volte.
"Cosa
vuol dire sono
in crisi?"
domanda alla fine.
Sandy
scrolla le spalle.
"Quello
che ho detto. Sono stanca, confusa, e ho bisogno di tempo per
concentrarmi su me stessa. Tu sei un ragazzo adorabile, Jared,
davvero, ma apporti un sacco di stress alla mia vita. Me l'ha detto
anche l'istruttore di yoga del ritiro a cui sono stata lo scorso fine
settimana."
Jared
deglutisce.
"Siamo
stati nel mio appartamento fino a dieci minuti fa" scandisce
lentamente. "Non pensi che forse avremmo potuto parlare di tutto
questo prima
di uscire a cena?"
Sandy
sembra imbarazzata e non risponde. Il cervello di Jared continua a
macinare le parole dette da Sandy e arriva ad un'unica conclusione.
"...aspetta
un momento. Mi stai lasciando? Dopo un intero pomeriggio passato a
fare sesso sulla lavatrice, contro il muro, sul tavolo della cucina
e nella vasca da bagno?"
Sandy
arrossisce e gli afferra un braccio. "Jared, ti prego, non fare
scenate! Siamo in un ristorante in cui mi piacerebbe poter
tornare..."
"E
di chi è la colpa se stiamo avendo questa conversazione in pubblico
anziché in privato, eh? E chi ha scelto questo ristorante, tra
tutti, quello in cui mi sono dichiarato tre anni fa?"
Jared
è furibondo e scioccato. Non avrebbe mai pensato che la serata
avrebbe preso questa piega. Soprattutto dopo tre giorni passati senza
vedersi, e dopo l'ondata di passione con cui Sandy gli si è lanciata
in braccio. Se non fosse impossibile, penserebbe quasi che...
"Tu
mi hai tradito."
Gli
occhi di Sandy si spalancano.
"Cosa-no,
Jared, che dici! Come ti viene in mente una cosa simile?"
Il
tono, lo sguardo, la postura. Tutto sembra confermarlo, e Jared si
passa una mano sul viso.
"Smettila,
Sandy, per favore, abbi un po' di dignità. Mi hai tradito durante il
ritiro, per questo non appena sei tornata sei stata improvvisamente
disposta a fare tutto quel che in tre anni non avevi neanche
considerato. Cercavi di rabbonirmi?"
Sandy
sbuffa e gli lancia un'occhiataccia da sotto la frangia castana.
"Non
è questo il punto. Che io abbia fatto sesso o meno durante il
ritiro, non ha niente a che vedere con la crisi che sto
attraversando, sai."
Jared
alza gli occhi al cielo.
"Certo,
come no."
Sandy
si massaggia le tempie con le dita. "Vedi? A questo mi riferivo.
Il nervosismo, lo stress...non è sano per me."
Jared
digrigna i denti e stringe i pugni per trattenersi dal mollarle un
ceffone.
"Hai
ragione, tutto questo non è sano. Dovresti andare."
Sandy
sbatte le sue lunghe ciglia con aria confusa.
"Che
significa? Andare dove?"
Jared
si stringe nelle spalle.
"Non
m'interessa. Dove io non debba vederti, questo è sicuro."
Sandy
si alza lentamente, ma prima di spostare la sedia fa un ultimo
tentativo. "Non potremmo finire la cena, prima? Insomma, sai che
per riuscire ad avere un tavolo in questo ristorante ci vogliono
settimane, e le loro insalate sono-"
Se
uno sguardo potesse uccidere, di Sandy ora non rimarrebbe che un
mucchietto di cenere. La donna sospira e prende la giacca dalla
panca.
"Allora,
uhm, aspetto che mi chiami tu, eh?" mormora, prima di uscire.
Non
appena è fuori dal suo campo visivo, Jared crolla sul tavolo,
nascondendo il viso tra le braccia e singhiozzando disperatamente.
"Signore?"
Il
cameriere, con entrambi i loro piatti, si schiarisce la gola con fare
imbarazzato.
Jared
lo guarda trasognato.
"Mi
porti una bottiglia di vino" dice "anzi, due."
***
Una
coppia di ragazze sono sedute al tavolo accanto al suo e, visto che
non fanno nessuno sforzo per essere discrete, Jared è costretto ad
ascoltare le risatine e i commenti piuttosto crudi che fanno sui
ragazzi che stanno aspettando.
Una
di loro fa presente il petto
scolpito
del suo accompagnatore, l'altra sottolinea il culo
che parla
di quello che invece è destinato a lei ed entrambe si accordano sul
miglior piano d'azione per portarseli a letto.
Jared
alza gli occhi al cielo prima di tracannare l'ennesimo bicchiere
colmo fino all'orlo di chissà quale alcolico e compatisce i poveri
malcapitati, convinto in cuor suo che per essersi ridotti ad uscire
con delle arpie così i due devono essere proprio inguardabili.
Quando
poi li vede arrivare, è sconvolto dalla realizzazione che invece si
tratta di ragazzi (uomini,
piuttosto, avranno la sua età o forse persino qualche anno in più)
ragionevolmente attraenti.
Cosa
diavolo ci fanno con quelle due?!
Il
fastidio aumenta esponenzialmente quando vede il sorriso aperto e un
po' timido di uno dei due.
Il
poverino non ha idea di cosa lo aspetta, e improvvisamente Jared sa
che non può lasciare che le virago danneggino in alcun modo quel
sorriso.
Ce
ne sono già fin troppo pochi al mondo.
***
"Dai,
Jensen, forza! Ormai siamo arrivati, che senso ha tornare a casa?!
Almeno guardale, vedrai che una delle due ti piacerà. Sono
disinibite, bellissime e con senso dell'umorismo. Una ricetta
infallibile, secondo me."
Jensen
sospira.
Sa
che il suo amico sta cercando di essere collaborativo e di aiutarlo
ad uscire dal tunnel depressivo in cui si è perso recentemente, ma
lui non è proprio sicuro che un appuntamento al buio sia quello di
cui ha bisogno.
"Senti,
Ty, io ti ringrazio per lo sforzo, ma...insomma, è troppo presto."
Ty
gli dà uno scappellotto.
"Troppo
presto?! Sono passati tre
mesi,
Jensen, tre mesi da quando quella pazza della tua ex ha rifiutato la
tua proposta di matrimonio. È ora che tu esca e riscopra cosa vuol
dire avere quasi trent'anni e il mondo ai tuoi piedi."
L'amico
lascia scorrere lo sguardo sui pantaloni chiari che gli fasciano le
gambe, la camicia bordeaux semiaperta che lascia intravedere la
t-shirt color pervinca sottostante e poi gli intensi occhi verdi di
Jensen, messi in risalto ulteriormente (come se fosse necessario)
dalla sua carnagione pallida e i capelli biondi.
Ty
sghignazza. "Senza contare che se non vieni tu, io come
rimorchio?" Sa di non essere male, ma oggettivamente, se
paragonato a Jensen, non c'è storia.
Jensen
alla fine si stringe nelle spalle e si lascia condurre nel
ristorante, dove li attendono due ragazze (effettivamente bellissime)
che si presentano come Kristin e Lauren.
La
conversazione ha appena cominciato ad essere rilassata, dopo
l'iniziale inevitabile imbarazzo, quando un tornado di un metro e
novanta si lascia cadere sulla sedia vuota accanto a Jensen,
brandendo una bottiglia mezza vuota e borbottando frasi a mezza
bocca.
Jensen
lo fissa basito.
È
un uomo poco più giovane di loro, con una massa incolta di capelli
castani e due occhi cangianti, che a un primo superficiale esame
sembrano nocciola, ma immediatamente dopo assumono sfumature
verdacee.
Lo
sconosciuto si avvicina così tanto al volto di Jensen che deve
socchiudere gli occhi per metterlo a fuoco; la prima cosa che Jensen
nota è che l'alito gli puzza di alcol, chissà quanto ha bevuto. La
seconda, sorprendentemente, è che ha un neo sotto l'occhio destro.
"Tu-tu-"
L'uomo
deglutisce e chiude gli occhi.
"Non
devi essere qui. Vai via subito. Queste due sono pericolose."
Gli sussurra la parola con fare cospiratore nell'orecchio e Jensen
sposta la sedia indietro, infastidito da quanto sta accadendo.
"Vogliono
usarvi solo per il sesso!" esclama lo sconosciuto, con gli occhi
che mandano lampi "ma io non glielo lascerò fare! Voi donne
siete tutte uguali" aggiunge, fulminando le ragazze che
tossicchiano imbarazzate "non ve ne frega nulla della gente che
ferite per ottenere quel che volete!"
"Magari
noi vogliamo
essere usati?" si intromette Ty, ma l'uomo lo ignora
completamente.
Torna
a voltarsi verso Jensen, afferrandogli un braccio con forza.
"Il
tuo sorriso è puro e sincero. Non permetterò che queste due
ninfomani se lo portino via. È tuo. Non darglielo."
Jensen
continua a non capire dove questo tipo voglia andare a parare, ma non
può fare a meno di sorridere all'appassionata arringa in difesa
della sua purezza.
"Non
sono abbastanza ubriaca o disperata per sopportare i vaneggiamenti e
gli insulti di questo fuori di testa" dice Lauren, quando si
rende conto che la serata è effettivamente rovinata.
"Andiamo,
Kristin."
La
più giovane delle due si alza e la segue, non prima però di aver
fatto scivolare un biglietto da visita sul tavolo fino sotto alle
dita di Ty.
"Chiamami"
gli sillaba prima di agitare una mano in cenno di saluto ed
affrettarsi verso l'uscita.
Ty
è raggiante, Jensen un po' meno, visto che lo sconosciuto ha
ricominciato a blaterare sottovoce e gli sta praticamente svenendo in
braccio.
"Cameriere,
mi scusi? Conoscete quest'uomo?" chiede, fermando uno degli
uomini in divisa che sciamano intorno a loro e indicando la forma
accasciata contro la sua spalla.
"Oh,
sì, signore. È un cliente abituale. Sono davvero spiacente se vi ha
creato dei fastidi. La cena sarà a carico del ristorante,
naturalmente."
"Splendido!"
esclama Ty.
Jensen
gli lancia un'occhiataccia.
"No,
non sarà necessario. Volevo soltanto sapere se potete caricarlo su
un taxi e assicurarvi che torni a casa tutto intero."
Il
cameriere annuisce.
"Certamente,
signore."
"Grazie."
Jensen
si districa da sotto lo sconosciuto, adagiandolo con cautela sulla
panca, e poi si volta verso Ty.
"Io
direi che possiamo andare, no?"
***
L'ultima
cosa che Jared vorrebbe, arrivando in redazione la mattina dopo con
un mal di testa atroce che gli dà l'impressione di avere un martello
pneumatico nel cervello, è parlare con Genevieve.
Ovviamente,
Genevieve è seduta alla sua scrivania.
"Vorrei
stare solo, se non ti dispiace" le dice seccamente, entrando.
Grazie
alla sua statura imponente, è facile che la gente si senta in
soggezione, davanti a lui, ma sfortunatamente con Genevieve non ha
mai funzionato.
La
donna sbuffa, alzandosi a fatica dalla sedia, e ondeggia verso di
lui, appesantita da un pancione di almeno otto mesi.
"E
perché mai?" ribatte. "Non capisco perchè devi essere
così melodrammatico. Sandy è una brava ragazza, siete una coppia
stupenda. E poi andiamo, uno sbaglio lo commette chiunque, no?"
aggiunge poi, cercando di rabbonirlo.
Jared
fa una smorfia.
"Non
difenderla solo perché è tua sorella" le dice "si suppone
che tu sia mia amica. Cerca di vedere le cose da una prospettiva
oggettiva, per favore."
Genevieve
scrolla le spalle e ignora il commento.
"Va
bene, va bene, lasciamo perdere. Comunque, tutto questo ha a che
vedere con quello di cui sono venuta a parlarti."
Jared
si siede alla sua scrivania, rassegnato al fatto che, volente o
nolente, dovrà ascoltarla per forza.
"C'è
un guru argentino che pare sia il migliore in circolazione, e si
occupa di aiutare le coppie in crisi. Bastano sei giorni in ritiro
con lui in un luogo mistico e pieno di magnetismo e qualsiasi
problema la coppia abbia, puff!" fa un eloquente gesto con la
mano.
Per
quanto gli scocci ammetterlo, Jared è interessato.
"E
lo fa perché è buono di cuore?" domanda.
Genevieve
incrocia le braccia sul petto.
"No.
Veramente, il corso costa venticinquemila
dollari."
Jared
sbarra gli occhi.
"VENTICINQUEMILA?!"
"Già."
"E
tu ti aspetti che io spenda una cifra simile per risolvere la crisi
con Sandy?! L'unica soluzione al nostro problema è comprarle una
cintura di castità, che secondo me costa molto meno."
Genevieve
ridacchia.
"No,
quello che volevo proporti, veramente, è un viaggio spesato dalla
rivista."
Jared
la guarda a bocca aperta.
"Stai
scherzando."
"No."
"Beh,
dammi una buona ragione, perchè ora come ora non mi sento dell'umore
giusto per viaggiare. E no, il fatto che tu sia il mio capo non
vale!" aggiunge quando vede che sta per cominciare a parlare.
"In
realtà questa sarebbe già una ragione sufficiente, ma quella che ti
darò è un'altra. Vedi, sono anni che il nome di questo guru gira di
bocca in bocca, ma nessuno è mai riuscito a strappargli
un'intervista o a spiegare in cosa consista questo suo metodo
infallibile. Tu potresti infiltrarti nel prossimo gruppo in partenza
ed essere il primo a realizzare un servizio dall'interno, sotto
copertura. Che te ne pare?"
Jared
si odia per un momento, quando si accorge che sta valutando
l'ipotesi.
Un
articolo sotto copertura, essere il primo ad arrivare dove nessuno è
mai arrivato...non può negare che sia stimolante.
"E
dovrei andare con Sandy, allora, eh?" domanda, anche se crede di
sapere già la risposta.
Genevieve,
invece, lo gela con un'occhiataccia.
"Ma
mi stai ascoltando o no?! Ti sto parlando di lavoro! Se tu scrivi,
qualcuno dovrà fare le foto! Come pensi che quella svampita di mia
sorella potrebbe esserti d'aiuto?"
Jared
sospira di sollievo.
"Oh.
Oh, bene."
Poi
però gli viene un dubbio.
"Aspetta
un momento. Se non vado con Sandy, con chi andrò? E come
giustificherò che ci sia una persona diversa dalla mia fidanzata con
me?"
Il
sorriso di Genevieve non lascia presagire niente di buono.
"Semplice:
perchè sarà la persona che verrà con te che gli altri
considereranno la tua dolce metà."
Jared
apre e chiude la bocca, cercando di ordinare le idee.
"Mi
stai-mi stai dicendo che dovrò andare con una sconosciuta che
fingerà di essere la mia ragazza?!"
Genevieve
tossicchia.
"Non
esattamente."
Jared
socchiude gli occhi in attesa di una spiegazione. C'è qualcosa di
sospetto.
"Ecco..."
Genevieve giocherella con il bordo della sua camicia "Il guru
lavora solo con coppie gay."
"CHE
COSA?!"
ruggisce Jared, diventando rosso dalla testa ai piedi "SEI
IMPAZZITA?!"
Genevieve
si stringe nelle spalle.
"Oh,
andiamo, Jared, che sarà mai! Non è che dovrete stare lì a
sbaciucchiarvi tutto il giorno! Siete una coppia in crisi, quindi si
aspetteranno che teniate le debite distanze, e basta che Olmo, il
guru, creda che stiate insieme ed il gioco è fatto. Senza contare
che la persona che ti accompagnerà è un fotografo eccezionale,
freelance, che è difficilissimo accaparrarsi, e che quindi già da
solo vale la metà del servizio. Dai, Jared, dimmi di sì!"
Genevieve
lo guarda con gli occhi imploranti da cerbiatto spaventato e Jared sa
che non potrà rifiutarsi.
Dannate
donne manipolatrici
pensa, e tutto sommato forse il fatto di imbarcarsi in questa follia
con un altro uomo non è poi così male. Almeno si capiranno e non ci
saranno sciocchezze inutili.
"Dov'è
che si tiene questo seminario super segreto, comunque? Le piramidi
d'Egitto? Il deserto del Sahara? Le cascate del Niagara? Le rovine di
Pompei?"
Genevieve
scuote la testa.
"Di
più. Molto di più."
FASE
DUE - Stiamo un po' meglio
Santiago
de Compostela, Galizia, Spagna
Jensen
si appoggia alla parete di una delle rustiche casupole che lo
circondano, cercando di prendere fiato.
Intorno
a lui, gente in bicicletta, pellegrini con cappa e bastone e turisti
stranieri già arrostiti dal sole.
Le
strade brulicano di attività; sembra che questo tipo di
pellegrinaggio sia davvero di gran moda come gli hanno detto.
Jensen
vaga per un po' alla cieca, cercando di orientarsi un minimo, con la
mappa in una mano e un dizionario tascabile nell'altra, ma senza
successo.
Non
ha la più pallida idea di dove si trovi, e lo zaino comincia a
diventare pesante.
"Escuse,
senyora"
balbetta, avvicinandosi a un'anziana autoctona vestita di nero e con
aria arcigna "camino
de Santiago, por favor?"
La
vecchia lo guarda per un paio di istanti, senza battere ciglio, e poi
gli volta le spalle e se ne va.
"Senyora!"
prova a richiamarla Jensen, ma lei non se ne dà per inteso. Jensen
prova a seguirla, ma un branco di pecore e galline gli taglia la
strada.
Sospirando,
il fotografo si rassegna alla prima chiamata internazionale.
"Genevieve?
No, non ho ancora conosciuto Jared, e del fantomatico Olmo non c'è
traccia. Io continuo a camminare, ma è tutta salita e io ormai ho
una certa età!"
Genevieve
sbraita qualcosa nel telefono.
"D'accordo,
ma a parte questo, come lo riconosco questo guru? Ha un mantello, un
cappello a punta, una bacchetta magica, un-" Jensen si ferma a
metà frase, lo sguardo fisso su qualcosa a pochi metri da lui.
"Credo
di averlo trovato. Ti richiamo dopo" bisbiglia nel telefono
prima di interrompere la comunicazione.
Davanti
a lui c'è un prato, con al centro un alto albero frondoso, e sotto
all'albero, apparentemente addormentato, sta un uomo piuttosto
tracagnotto, quasi pelato e con un sorrisino inquietante dipinto sul
viso.
Quello
che ha catturato l'attenzione di Jensen è la camicia dell'uomo: è
nera, e porta cucite sul davanti le lettere che compongono il breve
messaggio SOY
OLMO.
Anche
con la sua scarsa conoscenza dello spagnolo, Jensen crede di poter
essere ragionevolmente sicuro che quella è la persona che sta
cercando, ma per sicurezza si avvicina.
"Es
Olmo?"
chiede, dopo aver sfogliato il suo dizionario.
L'uomo
socchiude un occhio.
"Tu
che dici?" ribatte, indicando con un gesto la maglietta e
l'albero. Che è un olmo. Ingegnoso.
Jensen
tossicchia appena, imbarazzato. Avrebbe dovuto saperlo che se il guru
organizza seminari internazionali probabilmente parla inglese.
"Io
sono Jensen, piacere, vengo per-"
"Prendi
una maglietta e vatti a sedere con gli altri" ordina Olmo,
interrompendolo "ma non indossarla. Non è ancora il momento."
Jensen
fa due passi indietro e solleva la macchina fotografica, ma l'uomo,
nonostante abbia gli occhi chiusi, sembra percepirlo, perchè
aggrotta le sopracciglia.
"Niente
foto" dice seccamente.
Jensen
apre la bocca per protestare, ma Olmo ha ancora un sopracciglio
alzato e c'è qualcosa in lui che incute soggezione, quindi alla fine
si limita ad annuire, anche se l'uomo non può vederlo, e raggiunge
il resto del gruppo dopo aver afferrato una maglietta, nera, che reca
una scritta bianca che recita orgogliosamente estoy
en crisis.
"Ammettere
di avere un problema è il primo passo verso la guarigione"
borbotta Jensen. Magari l'uomo è un ciarlatano, ma almeno i trattati
di psicologia se li è letti.
Il
gruppo è formato da altre due coppie, e Jensen
deve ammettere che si tratta di individui piuttosto attraenti.
Una
coppia, che si presenta come Mike e Tom, è formata da due ragazzoni
alti, uno con la testa completamente rasata e un paio di vistosissimi
occhiali da sole e l'altro con una folta capigliatura nera e degli
occhi di un azzurro accecante.
Gli
ci vuole poi un po' per riuscire ad avvicinare l'altra coppia; i due,
infatti, non smettono per un attimo di esplorarsi le tonsille a
vicenda.
"Sposini
novelli" lo informa Mike, sghignazzando "non riescono a
tenere le mani a posto."
***
I
cinque sono seduti a tavola, godendosi la cena dopo la prima giornata
del percorso
catartico
come lo chiama Olmo.
Chris
e Steve, finalmente separati, si lanciano occhiatine piene di
sottintesi.
"A
me questo Olmo piace" argomenta Steve.
"Anche
a me. Pare un tipo a posto" conferma Mike, ma Tom gli dà una
leggera gomitata.
"Quello
è perchè a te tutti sembrano tipi a posto, Mike. A volte sembri un
po' tonto, sai."
"A
proposito, voi per quale ragione siete qui?" domanda Jensen,
curioso, cercando di cambiare argomento.
Chris
si stringe nelle spalle.
"Steve
dice che sono troppo... focoso"
risponde.
Steve
lo guarda male.
"Non
statelo a sentire, chi si lamenterebbe mai di una cosa del genere? Il
problema è che non è focoso soltanto
con me"
lo corregge.
Chris
si degna di assumere un'espressione contrita.
"Magari
durante questa settimana si sistema tutto!" esclama Mike,
sorridendo.
Tom
sbuffa.
"Per
favore, come puoi pensare che si sistemi tutto in sei giorni, e dopo
aver pagato una cifra simile?! Sei proprio un illuso."
Mike
continua a sorridere, come ignaro del commento poco carino che il suo
compagno gli ha rivolto.
Jensen,
sentendo arrivare il suo turno, è preoccupato, visto che non avendo
ancora incontrato il suo presunto fidanzato non si sono accordati su
che versione dei fatti da fornire; fortunatamente, viene salvato
dalle domande riguardo la sua situazione dall'arrivo di Olmo.
"Buona
sera, signori" li saluta l'uomo, affabilmente. "Volevo
presentarvi l'ultimo componente del gruppo, che a quanto pare si era
perso: Jared, il compagno di Jensen."
Jared,
che aveva una bottiglia di birra in mano, la lascia cadere, mentre
gli occhi gli si spalancano per la sorpresa.
Jensen,
non appena lo vede, inizia a tossire, quasi strozzandosi con la
cucchiaiata di zuppa che aveva appena mandato giù.
Dio,
è l'ubriacone del ristorante!
"Tu-!"
strilla Jared, arrossendo poi furiosamente, e Jensen capisce che deve
salvare la situazione.
"Sì,
sono proprio io, Jensen,
il tuo compagno! Che c'è, non ti ricordi neanche più di me?"
"Ce-certo
che mi ricordo" balbetta Jared, il viso ancora imporporato.
"Questi
stanno peggio di noi" sussurra Tom a Mike, che rivolge il suo
sorriso allegro al nuovo venuto.
"Benvenuto,
Jared!"
"Raccontateci
un po' di voi" dice Olmo, osservandoli. "È da molto che
non vi vedete?"
"Sì"
esclama Jensen, nello stesso momento in Jared dice "no".
Jensen
gli lancia un'occhiataccia.
"Sì
e no" spiega "la nostra è una relazione molto
complicata. Per questo siamo qui."
Jared
annuisce con forza.
***
"Non
esiste!" strilla Jensen nella cornetta "non posso fingere
di essere il fidanzato di un ubriacone!"
"Ehi!"
Jared s'intromette piccato "piano con gli insulti! Io non sono
un ubriacone! Avevo i miei buoni motivi, sai. E poi chi ha detto che
invece io sia disposto a fingermi legato a una persona con così
bassa opinione di sé da buttarsi tra le braccia della prima che
passa?"
Genevieve,
che si trova alla sua lezione di yoga pre-parto, sogghigna.
"A
me pare che l'illusione sia perfetta. Sembrate una coppia sul serio.
E comunque non c'è tempo per cambiare uno dei due: Olmo vi ha
conosciuti, perciò datevi da fare!" e con questo, chiude la
comunicazione.
"E
adesso?" chiede Jensen.
"Prima
di tutto mettiamo le cose in chiaro: qui il giornalista sono io"
risponde Jared, indignato "e quindi si fa quello che dico io."
Jensen
e Jared si fissano, perplessi.
"Letti
separati!" dicono all'unisono.
"Certo,
siamo in crisi, è normale che dormiamo in letti separati"
aggiunge Jensen, per poi incamminarsi verso l'albergo, borbottando
insulti a mezza bocca, ma Jared gli afferra un braccio e lo obbliga
a fermarsi.
"Sentimi
bene, tu" gli sibila a pochi centimetri dalla faccia "già
mi scoccia che la gente qui debba pensare che stiamo insieme...ma che
non ti venga in mente di toccarmi con un dito, altrimenti te lo
taglio."
Jensen
sbarra gli occhi.
"Che?!
Prima di tutto, io non sono gay. E secondo poi, se lo fossi, tu
saresti l'ultimo uomo sulla faccia della terra con cui andrei a
letto."
I
due si scrutano con odio malcelato per qualche istante, prima di
voltarsi e rientrare per due porte diverse.
Si
prospetta una lunga
settimana.
FASE
TRE - Siamo più vicini
La
mattinata non inizia nel modo migliore: non appena svegli, i sei
componenti del gruppo
di recupero
si incontrano nella hall dell'albergo, dove li attendono le magliette
per il secondo giorno, marroni, che proclamano estoy
un poco mejor.
Certo,
come no
pensa Jensen.
Ma
se già la situazione si prospettava ridicola, non è niente
paragonato a quello che Olmo ha preparato per loro; una volta fuori,
il guru li fa mettere in fila indiana e lega con una corda da
montagna ogni coppia, caviglia destra dell'uno con la sinistra
dell'altro.
"Non
sono sicuro di capire" borbotta Steve, aggrottando un
sopracciglio.
"Non
c'è molto da capire, direi" ribatte Tom "siamo legati.
Suppongo voglia essere una metafora."
Olmo
mette una mano sulla spalla di Tom.
"Non
legati, ma uniti.
C'è una bella differenza."
"Quanto
tempo dobbiamo restare così? Perchè è un po' scomodo..." si
lamenta Jared.
Olmo
lo guarda di sottecchi.
"Qui
nessuno vi obbliga, lo sapete. E capisco che possa essere fastidioso,
all'inizio, ma questo esercizio vi aiuterà a rendervi conto di
quanto sia importante sostenersi a vicenda."
Una
volta conclusa la sua spiegazione, l'uomo batte le mani.
"Bene,
e ora in marcia! Oggi dobbiamo arrivare fino al Porto di Santa
Maria."
***
Verso
la fine della giornata, Olmo li conduce ad un ampio spiazzo erboso
circondato da pietre.
"Stanotte
dormiremo qui" annuncia. "Niente fa meglio all'anima di una
notte sotto le stelle."
Mentre
ogni coppia svolge la propria parte (c'è chi raccoglie la legna, chi
va a cercare dell'acqua e chi si preoccupa di aprire i sacchi a pelo
ordinatamente intorno al punto in cui ci sarà il fuoco) Jensen si
avvicina a Jared.
"Senti,
io non credo alla magia e quant'altro, ma il dato di fatto è che..."
gli passa la macchina fotografica "non c'è una
foto che sia venuta bene! O si gira all'ultimo momento, o è
controluce, o la foto viene sfocata...Guarda, in questa addirittura
ha un ramo davanti e posso giurarti che non c'era!"
Jared
lo guarda dubbioso.
"O
forse semplicemente il fotografo è un incapace" argomenta,
sorridendo, in modo che Jensen capisca che sta scherzando.
Jensen
ricambia il sorriso, ma la sua espressione resta comunque
preoccupata.
"Ah
ah ah" dice "ridi quanto vuoi, ma resta il fatto che io non
ho una foto decente del santone e tu non hai nulla di concreto da
scrivere!"
Jared
annuisce, distrattamente, mentre torna indietro nell'archivio di foto
fatte da Jensen durante i primi due giorni.
C'è
qualche scatto precedente al suo arrivo, con Tom che alza gli occhi
al cielo e Mike che saltella sul posto, un primo piano delle mani di
Steve e Chris nelle tasche posteriori dei rispettivi pantaloni, e
poi...una foto di Jared, seduto sul muretto, che guarda l'orizzonte.
Dopo
quella, ci sono altre foto sue, artistiche e toccanti. Jared che ride
con la testa rovesciata all'indietro, Jared che cerca di infilarsi in
bocca un involtino primavera intero, Jared che si bagna i capelli ad
una fonte...
Jensen,
quando si accorge che Jared non gli risponde, torna a guardarlo e si
rende conto di cosa abbia catturato la sua attenzione.
"Le
altre foto sono personali" dice, e gli strappa la macchina
fotografica dalle mani.
Jared
lo guarda.
"Quando
mi hai fatto tutte queste foto?" domanda.
Jensen
arrossisce appena, balbettando qualcosa sul servizio.
"Aspetta,
aspetta. O sono private, o sono per il servizio" gli fa notare
Jared, mentre il suo sorriso si addolcisce.
Jensen
sembra cercare la cosa giusta da dire.
"Senti,
io sono un fotografo. Faccio foto. E-non ti devo spiegazioni."
si volta e si allontana, verso il resto del gruppo che li sta
chiamando a gran voce.
***
Non
appena sono tutti seduti attorno al fuoco, Olmo propone un gioco
chiamato il
momento più bello della nostra relazione.
Jensen
e Jared impallidiscono, ma fortunatamente il guru chiede a Mike di
parlare per primo.
"Io
credo che il momento più bello della nostra relazione è stato la
prima volta che ho visto Tom come l'uomo con cui avrei condiviso la
mia vita. Lo ricordo come fosse ieri: mia sorella aveva appena
partorito, e la neonata era nella culla accanto al letto. Io stavo
dormendo in una seggiola di plastica all'angolo della stanza
d'ospedale, e mi sono svegliato; quando ho guardato verso la culla,
ho visto Tom che teneva Anita tra le braccia, ed era così bello che
per un attimo non sono riuscito a respirare. Il fatto che un uomo
così avesse scelto me, mi ha riempito di gioia ed orgoglio."
Il
gruppo è ammutolito, l'intensità del momento descritto da Mike
quasi palpabile.
È
come sempre Olmo a rompere il silenzio, chiedendo a Chris di
condividere la sua esperienza.
"La
prima volta che Steve e io siamo usciti insieme, abbiamo bevuto un
sacco e siamo finiti a fare sesso nel bagno del bar. L'abbiamo fatto
quattro volte, quella notte, in tutte le posizioni possibili, e Steve
mi ha fatto il miglior pompino che abbia mai ricevuto. Ha pure
ingoiato. È stato un gran momento, quello."
Steve
nasconde il volto tra le mani, imbarazzatissimo, e Tom tossicchia.
Ancora
scioccato dal racconto di Chris, Jensen, cosciente del fatto che ora
è il suo turno, balbetta qualcosa sul non ricordare nulla di
particolare al momento.
"È
un peccato perdere questa opportunità" argomenta Olmo,
guardandolo fisso, e Jensen prende la sua decisione.
"Oh,
mi è appena venuto in mente."
Jared
lo guarda sorpreso.
"Davvero?"
Jensen
annuisce.
"Il
momento più bello della nostra relazione, per me, è stato la prima
volta che l'ho visto. Ti
ho visto" si corregge, voltandosi verso Jared.
"Ero
in un ristorante, cercando di rimorchiare una ragazza, e Jared si è
avvicinato e ha fatto di tutto per rovinarmi la piazza." Jensen
ridacchia.
"All'inizio
ho pensato che l'avesse fatto apposta, perchè era ubriaco, o geloso,
o tutti e due, però poi mi ha guardato e mi ha detto che il mio
sorriso era troppo prezioso per essere sprecato con una ragazza come
quella. E aveva ragione! Ovviamente io sul momento l'ho odiato,
perchè si era intromesso senza che nessuno gli avesse chiesto la sua
opinione, però poi ho dovuto ammettere che...mi piaceva. Era un
impiccione ignorante ed infantile, questo senza dubbio, però mi
piaceva. "
"Perchè?"
domanda Jared in un sussurro, come se avesse paura di rompere
l'incantesimo che sta forzando Jensen a dire cose simili, e Jensen si
stringe nelle spalle.
"Non
lo so. Forse perchè ti sei buttato così, senza pensare
all'impressione che avresti fatto, per difendermi. O forse è stato
perchè mi sono sentito attratto da te dal primo istante in cui ti ho
guardato negli occhi. La chimica è una cosa potente, non si può
controllare o spiegare."
Jared
è a bocca aperta, ed è grato per l'oscurità e il riflesso del
fuoco, perchè sa per certo che è arrossito.
L'aria
è carica di aspettativa, ed è evidente per entrambi che non stanno
più recitando.
"Dici
davvero?" chiede quindi "davvero hai pensato questo la
prima volta che ci siamo incontrati?"
Lo
sguardo di Jared lo prega di essere onesto, e Jensen sa che non può
negarglielo.
Non
lì, non in quel momento.
"Sí."
***
"...Jensen?"
"...sì?"
"Quella
cosa...il fatto che ti sono piaciuto la prima volta che mi hai
visto...perchè l'hai detto?"
Jared
bisbiglia, nel silenzio della notte, per evitare che gli altri
possano sentirli.
Ogni
coppia sta dividendo un sacco a pelo, e quindi Jensen è così vicino
che Jared può sentirlo respirare.
"Dovevo
dire qualcosa, altrimenti non avrebbero mai creduto che siamo una
coppia. Non avrai mica pensato che parlassi sul serio, vero?"
"Oh...no,
certo che no."
La
voce di Jared sembra delusa, e Jensen sa che non dovrebbe, diamine,
sa che sta scherzando col fuoco, ma si volta ugualmente verso di lui.
"Perchè
tu non mi attrai affatto" gli sussurra, a pochi centimetri dal
viso.
Jared
socchiude gli occhi.
"Ah
sì?" risponde, scivolando più vicino. "Beh, sappi che tu
nemmeno. Neanche un po'. Sul serio."
Jensen
solleva una mano e accarezza la guancia di Jared, rabbrividendo alla
sensazione nuova di una pelle ruvida sotto i propri polpastrelli.
Sono
così vicini ora che quando Jensen parla le loro labbra si sfiorano.
"Non
mi attrai affatto" sibila, afferrandogli i capelli della nuca.
"L'hai
già detto" ribatte Jared, sporgendosi quel millimetro che
mancava perchè finalmente le loro bocche si fondano in un bacio così
intenso che fa girare loro la testa.
Jensen
muove la testa di Jared fino ad ottenere l'angolo ideale e forza le
sue labbra aperte con la propria lingua.
Il
sapore di Jared è così diverso a qualsiasi cosa abbia mai
assaggiato che Jensen sa da subito che ne sarà dipendente, e quando
le lunghe dita del ragazzo si fanno strada oltre l'elastico dei suoi
boxer, Jensen semplicemente chiude gli occhi e smette di pensare.
FASE
QUATTRO – Nessuno è perfetto
"Jensen,
posso parlarti un momento?"
Jensen
si volta e si trova faccia a faccia con Mike, che gli sorride
incoraggiante.
Indossa,
come Jensen, la maglietta del giorno, con scritto estoy más
cerca.
Perchè
mai le magliette sono in spagnolo se tutti i componenti del gruppo
sono Americani, poi, è un mistero.
"Certo,
Mike, dimmi" risponde Jensen, distogliendosi dai propri
pensieri.
"Vorrei
solo capire una cosa. Mi è chiarissimo che tu e Jared non state
insieme; quello che non so è per quale motivo state facendo finta."
Jensen
impallidisce, fermandosi di botto, e si guarda intorno.
"Tranquillo,
tranquillo, non c'è nessuno. Siamo i più lenti, a quanto pare."
Mike non smette di sorridere.
"Non
ho intenzione di dirlo a nessuno, credimi. Siamo amici ormai, no? Te
lo chiedo solo per curiosità. Se non vuoi dirmelo, non fa niente."
Jensen
ci pensa per un momento.
Ha
un bisogno disperato di parlarne con qualcuno, altrimenti rischia di
diventare pazzo.
Perciò,
si avvicina a Mike e gli racconta tutta la storia, dal vero
primo incontro al ristorante alla notte appena trascorsa, passando
per il lavoro, l'articolo, le foto e i letti separati.
"E
ora io non so che fare, davvero" conclude, dando un pugno al
tronco di un albero.
"Non
ho mai neanche valutato la possibilità che potessero interessarmi
gli uomini, e ora non riesco a pensare ad altro che a lui!"
Mike
gli mette una mano sulla spalla.
"Ti
sei preso una sbandata con i fiocchi, amico" dice. "Finché
non è una sbandata a senso unico, andrà tutto bene, vedrai."
Gli fa l'occhiolino e poi riprende a camminare.
Finalmente
intravedono il resto del gruppo, ma Jared non c'è; ed è strano non
vederlo, perchè il ragazzo è un dannato gigante.
Chris,
Steve, Tom ed Olmo si sono fermati al ruscello; Mike raggiunge il suo
compagno e Jensen decide di mettersi a cercare Jared.
A
un certo punto lo sente parlare e si avvicina, capendo dal tono della
conversazione che sta parlando con Genevieve.
"Questo
non è il mio stile!" esclama "Io non posso lavorare così!
Come perché. Perché le cose con Jensen...perché Jensen e
io...insomma, non posso, ecco."
Genevieve
probabilmente chiede maggiori dettagli e alla fine Jared sbotta.
"Perchè
la scorsa notte io e Jensen abbiamo fatto sesso, Gen! Sesso nel sacco
a pelo!"
Il
ragazzo si lascia cadere a terra, con la schiena appoggiata ad un
albero.
I
gridolini eccitati di Genevieve devono essere ultrasonici, visto che
tutti gli uccelli nel raggio di cento metri si alzano in volo
contemporaneamente.
"Male,
malissimo!" continua Jared, che intanto si è alzato e cammina
nervosamente su e giù "malissimo perchè io ho una fidanzata!
Ricordi? Sandy, tua sorella? Quella con cui sto da tre anni, la
stessa che mi hai pregato di perdonare? Senza contare che..."
Jared deglutisce rumorosamente.
"Anche
se non ci fosse Sandy di mezzo, Gen, io non sono gay. Per favore,
siamo seri! Ti pare possibile?!"
Jensen
china il capo per nascondere una lacrima traditrice che non ammetterà
mai di aver versato.
Neanche
lui è gay, anche lui è confuso, cosa crede il ragazzino? Di essere
l'unico con dei problemi?
"È
tutta colpa tua! Se non mi avessi messo in questa situazione, non
avrei mai sentito niente di simile e non sarei andato a letto con un
uomo!! Portami via da qui, oggi stesso."
Ovviamente
Genevieve si rifiuta, e le preghiere di Jared si fanno più
patetiche, perciò Jensen lo lascia solo.
Tanto
ha già sentito abbastanza.
FASE
CINQUE – Sulla buona strada
Jared
guarda Jensen, che è seduto dall'altro lato del tavolo, con aria
confusa.
Il
fotografo non gli ha rivolto la parola durante l'intera giornata, e
ha passato la notte precedente in camera di Mike e Tom.
Jensen
ricambia lo sguardo, con gli occhi socchiusi e scuotendo la testa.
Tutte
le coppie sono sedute uno di fronte all'altro, e Olmo è a
capotavola.
Il
guru è l'unico con davanti un piatto di carne e patate, gli altri
componenti del gruppo si devono accontentare del bicchiere di vino
del pellegrino che è stato loro concesso.
Fa
tutto parte dell'ennesimo esercizio di Olmo: un membro di ogni coppia
(nello specifico Chris, Tom e Jensen) devono presentare delle scuse
sentite al proprio partner.
Solo
quando questi ultimi le avranno accettate, il gruppo potrà mangiare.
"D'accordo,
dai, comincio io" si offre Chris, alzandosi in piedi.
"Steve,
ammetto di non essere perfetto" inizia, indicando la scritta
sulle loro magliette, che afferma esattamente questo "e so che
ogni tanto sono un po' egoista. Non sempre ti tratto come
meriteresti, e per questo ti chiedo scusa."
Chris
si siede di nuovo, soddisfatto.
"Accetti
le sue scuse, Steve?" domanda Olmo.
Steve
sospira.
"No.
Non mi sembrano sincere."
Vedendo
che Chris sembra a punto di protestare, Steve continua.
"Non
la vedo, la tua sincerità, Chris! Mi tratti sempre con quella tua
aria di superiorità, e ora che hai finalmente l'occasione di
riconoscerlo pubblicamente cosa fai? Mi parli come se ti ritenessi
migliore di me. Non è il tuo egoismo, il problema, e sai benissimo
che non vorrei mai un compagno perfetto. Mi accontenterei di un
compagno che mi amasse almeno quanto lo amo io, uno che mi rispetti e
che quando gli viene chiesto qual è il momento più bello che
ricorda non si vanti del sesso tra ubriachi, ma di qualcosa che
abbiamo condiviso o costruito insieme. Perciò no, le tue scuse te le
puoi mettere dove meglio credi, ma io non le accetto."
Chris
inarca un sopracciglio, sorpreso.
Steve
non si è mai comportato così, e lui non sa come reagire. Quello che
sa è che lo sta rendendo ridicolo, e la cosa lo fa incazzare a
morte.
"Senti,
Steve, io qui sto facendo uno sforzo. Va bene? Mi sono alzato,
davanti a tutti, e ho detto un paio di stronzate, ma se tu non le
accetti, qui non si mangia e Cristo, io ho fame!"
L'ultima
parola la sibila tra i denti, sbattendo con forza i pugni sul tavolo.
Steve
non muta la sua espressione di un millimetro e Chris si sente
ribollire il sangue nelle vene.
"Non
so capire se sei deficiente o proprio ritardato!" gli grida,
sbattendo le mani sul tavolo di nuovo, per poi sporgersi verso Steve
come se volesse picchiarlo. Mike e Tom lo afferrano e lo obbligano a
sedersi di nuovo.
Olmo
fissa Chris severamente.
"Per
favore" dice.
Chris
china il capo e si tranquillizza, seduto al suo posto.
"Questo
è il mio compagno" commenta Steve, la voce rotta e venata di
delusione.
Tom
si schiarisce la voce e si alza a sua volta.
"Voglio
provare io" dice.
"Allora,
Mike, ammetto che a volte sono poco gentile, e forse ti dico cose che
non dovrei. Inoltre, quando ho le palle girate per fatti miei, mi
sfogo su di te. Certo tu non sei d'aiuto, con la tua aria da Heidi in
mezzo alle caprette; vivi in un mondo tuo, come tua madre, e questo a
volte mi fa uscire di testa. Però ti amo, sul serio, e mi dispiace
di non essere perfetto. È che sei...moscio, tu, tiri fuori il peggio
di me e non so come evitarlo! Comunque, mi scuso pubblicamente."
Olmo
inarca un sopracciglio.
"Ti
va bene, Mike?" chiede.
Mike
sorride.
"Non
arrabbiarti, Tommy, ma a me questo tutto sembra tranne che delle
scuse."
"Di
questo passo non ceneremo mai"
borbotta Chris, fulminato da un'occhiataccia di Olmo.
"Beh,
Jensen, sei rimasto solo tu. Avanti" lo invita il guru.
Jensen
si alza, i pugni serrati così forte da sbiancare le nocche.
"Io
riconosco di essere un idiota. Credevo che tra me e Jared ci fosse
qualcosa di speciale, ma visto che ovviamente mi sbagliavo, credo di
poter dedurre di essere totalmente imbecille."
Jared
ridacchia nervosamente.
"Jensen,
ma di che parli?"
"Sai
benissimo di cosa parlo. E se davvero hai così tanta voglia di
essere da qualche altra parte con qualcun altro, vai! Mi sembra che
qui nessuno ti trattenga."
Jared
cerca di calmarlo, ma l'unica cosa che ottiene è farlo infuriare di
più.
"Ti
ho sentito, sai, parlare con la tua amica Genevieve e dirle che ti
pentivi di essere stato a letto con me, che ti mancava non so chi,
e-"
"Mi
hai spiato?!"
esclama Jared, alzandosi in piedi a sua volta.
"Sì.
Ammetto che" indica la scritta sul proprio petto "non
sono perfetto
e ti ho spiato. Ma non è questo l'importante. L'importante è che
sei un bugiardo, e capisco perfettamente che la tale Sandy ti abbia
mollato. In realtà, la compatisco per averti dovuto sopportare per,
quanto? Tre anni? Dio mio."
Jared
sbarra gli occhi.
"Come
ti permetti!" strilla.
"Ci
sono moltissime cose che ci differenziano, ma la prima, e la più
importante, è che io sono un professionista.
Non un uomo inutile e patetico come te, non solo a letto, ma anche in
tutti gli altri campi! Non sai neanche mettere a fuoco una maledetta
macchina fotografica digitale!"
Jensen
serra la mascella.
"Sei
un manipolatore. E un falso. Per questo ti sei intromesso, quella
sera al ristorante: non sopportavi l'idea che qualcun altro potesse
essere felice."
Jared
lo fissa a bocca aperta, scioccato, incapace di dire una parola.
"Io
credo che tu abbia esagerato" dice Mike, afferrando la manica
della maglietta di Jensen, ma Jensen non lo ascolta.
Il
suo sguardo è fisso su Jared, i suoi occhi colmi di rimpianto.
Jensen
si libera dalla stretta di Mike con uno strattone ed esce dalla sala,
lasciando Jared a chiedersi cosa diavolo è appena successo.
Non
gli ci vuole comunque molto per farsene una mezza idea ed andare a
cercare Jensen: è sempre stato un ragazzo sveglio.
***
Lo
trova seduto in un campo poco distante dalla cascina dove si sono
fermati per la notte, che beve il vino del pellegrino direttamente
dalla bottiglia.
"Ti
stavo cercando" dice, sedendoglisi accanto.
"Si
sono rovesciate le parti" borbotta Jensen, bevendo un altro
sorso "ora sono io l'ubriacone."
"Senti,
Jensen, ammetto che-che non sono perfetto, ok? E ammetto che sono
arrabbiato, e quando mi arrabbio non ragiono. Ma non sono arrabbiato
con te. Ce l'ho con me stesso."
Jensen
ancora non lo guarda, ma per lo meno ha smesso di bere, segno che lo
sta ascoltando, e questo gli basta per continuare.
"Ce
l'ho con me stesso perchè non so cosa sto facendo, Jensen. E
soprattutto perchè...mi è piaciuto. Stare con te. Ieri notte."
Jensen
solleva la testa e si volta verso Jared, sorpresa evidente sul suo
volto.
Jared
crede di vederci anche della speranza, ma forse è solo quello che
vorrebbe vederci, quindi non gli dà troppo peso.
"Scusami,
Jared, magari sarà perchè ho bevuto, ma la situazione non mi è
chiara. Se ti è piaciuto sul serio, perchè sei arrabbiato? Perchè
hai detto a Genevieve che volevi andartene il prima possibile e ti
pentivi di tutto?"
"Perchè
non voglio che mi piaccia!" strilla Jared, per poi nascondersi
il viso tra le mani.
"Non
voglio che mi piaccia, perchè io non sono...io ho..."
Jensen
gli afferra una mano.
"Jared,
guardami." Gli mette due dita sotto il mento per sollevargli il
viso.
"Neanche
io sono gay. E anch'io ho avuto una ragazza. Per essere sinceri, le
ho chiesto di sposarmi tre mesi fa. Lei mi ha riso in faccia e da
allora non l'ho più vista né sentita. Ma questo?" indica le
loro dita intrecciate "Questo non ha niente a che vedere con
Danneel. O Sandy. O il servizio. Non ha neanche niente a che vedere
con il fatto che siamo uomini entrambi."
Jensen
si porta la mano di Jared che ancora stringe alle labbra e la bacia
con riverenza.
Jared
trema al contatto che solo poche ore prima si era ripromesso di non
cercare mai più, e si arrende, cingendo il collo di Jensen con le
braccia e sdraiandosi nell'erba, in modo da averlo sopra di sé.
"Credo
di amarti" gli sussurra Jensen, prima di baciarlo.
FASE
SEI - Siamo persone nuove
Quando
la mattina successiva Jensen si sveglia, Jared non è con lui.
Non
appena entrato nel salone della cascina, Olmo gli si avvicina con
aria grave.
"Jensen,
Jared se n'è andato."
Jensen
lo guarda basito.
"Come-dove?"
Olmo
si stringe nelle spalle.
"Non
so. Mi ha solo detto di dirti che gli dispiace. Ora coraggio,
dobbiamo metterci in cammino; saremo a Santiago in poche ore, il
nostro viaggio sta per finire."
Il
guru gli dà una pacca sulla spalla e poi si dirige a completare le
ultime formalità con i proprietari della cascina.
Jensen
è distrutto. Si lascia cadere su una panca e si prende la testa fra
le mani.
"Dove
ho sbagliato?" sussurra affranto.
"Da
nessuna parte" risponde Mike, sedendoglisi accanto.
"Scusami
sai, ma non ho potuto fare a meno di ascoltare. Non hai fatto niente
di male, Jensen, davvero. Jared se n'è andato perchè ha avuto
paura."
"E
cosa posso fare allora?" chiede Jensen, pendendo dalle labbra
dell'amico.
Mike
scuote la testa.
"Niente.
Conosci il vecchio detto? Se ami qualcuno, lascialo andare. Se torna,
sarà tuo per sempre. Se non torna, non lo è mai stato."
Jensen
china il capo: non è molto confortante.
"Abbi
fede in lui, Jensen. Tutto andrà bene, vedrai."
Jensen
non può fare a meno di rispondere al perenne sorriso di Mike.
A
proposito...
Jensen
si guarda intorno: Tom è seduto a un tavolo coi loro zaini e gli
sorride raggiante, agitando una mano in segno di saluto, e Chris e
Steve sono di nuovo attaccati come due sanguisughe.
"Mi
sono perso qualcosa?" domanda quindi a Mike.
Mike
annuisce.
"Dopo
che sei uscito in quel modo dalla stanza, Olmo ci ha riuniti nel
cortile dietro alla cascina e ci ha dato delle bende per gli occhi,
ingiungendoci di non toglierle fino al mattino. Ha detto che solo
nell'oscurità ognuno di noi avrebbe trovato il proprio cammino."
Fa
un cenno con la mano.
"Sembra
proprio che ci siamo ritrovati."
Jensen
si mordicchia il labbro: forse, se avessero partecipato anche loro...
"C'è
un motivo per cui nessuno è venuto a cercarvi" aggiunge Mike,
come leggendogli nel pensiero.
"Olmo
ha detto che voi due il vostro l'avevate già trovato." gli
strizza l'occhio e se ne torna a sedere accanto al suo compagno.
Jensen
sospira: lui è sicuro di averlo trovato, il suo cammino, ma non può
dire lo stesso di Jared a quanto pare.
***
La
cattedrale di Santiago si erge maestosa in tutta la sua gloria.
Mike,
Tom, Chris e Steve lo abbracciano, e c'è uno scambio di numeri di
telefono, indirizzi email e promesse di rivedersi.
Chissà,
magari per una crociera, la prossima estate.
Il
pomeriggio sta lasciando spazio alla sera, e Jensen è rimasto solo.
Sulla
guida di Santiago che ha letto prima di partire c'era scritto che
guardare la cattedrale stando sdraiati nel centro della piazza si ha
la miglior visione possibile; più a terra di come si sente non può
sentirsi, comunque, quindi ci prova e si sdraia.
La
cattedrale è bellissima, ma Jensen non può fare a meno di chiedersi
quanto più bella gli sarebbe sembrata se Jared fosse stato con lui.
Dei
passi si avvicinano.
"Si
può sapere che diavolo stai facendo sdraiato per terra, eh?"
Jensen
scatta a sedere: riconoscerebbe quella voce tra mille.
"Sei
tornato" dice, la voce incerta.
Jared
si guarda le scarpe, imbarazzato, poi si sdraia accanto a Jensen.
"Non
me ne sono mai andato, veramente" confessa.
"Vedi,
volevo mandarti questa cartolina, ma quando l'avevo già pronta per
essere spedita mi sono accorto che non avevo il tuo indirizzo.
Quindi, ti ho aspettato per dartela direttamente."
Mentre
finisce di parlare, gli preme la cartolina sul petto.
Jensen,
piuttosto perplesso, la guarda: è una semplice cartolina della
cattedrale.
Poi
la gira e il cuore gli salta un battito.
La
lascia cadere e torna a guardare il cielo.
"Molto
bella" dice.
Jared
si solleva sui gomiti.
"Ma
come! Non mi dici niente della dedica?" chiede, sorpreso.
Jensen
si sforza per mantenere il viso impassibile.
"No"
ribatte.
"Ma-tu
conosci un po' di spagnolo, vero?" chiede quindi Jared,
rendendosi improvvisamente conto che sì, c'è il rischio che Jensen
non abbia capito
il suo messaggio.
È
a questo punto che Jensen non può più fingere, e si volta verso di
lui.
"Ho
studiato spagnolo per tre anni, Jared. Posso baciarti, adesso?"
Jared
gli fa un sorriso immenso, e annuisce.
Jensen
si sporge in avanti, ma si ferma poco prima di raggiungere le labbra
di Jared.
"Niente
più Sandy?" domanda.
Jared
scuote la testa.
"Niente
più Sandy."
Jensen
finalmente sorride di rimando.
"Solo
io e te."
E
si baciano così, per un tempo infinito, alla presenza del santo,
della cattedrale e delle centinaia di pellegrini che sciamano intorno
a loro, con passo svelto, per sfruttare quel poco che resta del loro
viaggio.
Per
Jensen e Jared, invece, il viaggio è appena cominciato.
FINE
Disclaimers:
fic
ispirata dal film spagnolo "Al final del camino" e alla
canzone omonima tratta dalla colonna sonora della serie tv inglese
“Britannia High”.
Note:
le
frasi scritte sulle magliette dei protagonisti sono tradotte nei
titoli delle varie fasi. La traduzione della dedica sulla cartolina è
anch'io.
Picking
Up The Pieces
Britannia
High Cast
My
mind is full of all I'm not and my heart reminds me of what I forgot,
so I try to change my point of view: we all have disappointments and
things to learn, so we're picking up the pieces.
For
a moment I was lost, and in a moment I was found again: we all need
second chances, 'cause we all will make mistakes.
I
can make it better this time around: nothing's gonna stop me or break
me down, now that I know I'm gettin closer, I'm almost there, I know.
I
think it's gonna be alright, I think it's gonna be ok: I can see the
skies are slowly changing, I see light behind the rain and I'm
picking up the pieces.
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