° Quello Che
Avverrà°
Atto.8
“Mi
dispiace.
Ero
così concentrato dall’uscire da qui che
non
ho veramente badato a te…”
<<
Ib, Ib che fai lì
impalata? Dobbiamo cercare una via di fuga.>> ripeteva
Garry in preda
all’agitazione, cercando a tentoni nel buio
l’interruttore della stanza. Ciò
nonostante la ragazza a malapena lo ascoltava, era fissa su una
scultura lattea
illuminata dalle lame di luce filtranti da sotto la porta e dalla
piccola
finestra all’angolo. Aveva un’aria familiare e,
infatti, non appena la lampadina
ne rese chiari i contorni, capì il perché: si
trattava del divano di pelle
candida presentato dal museo; ne erano un tratto distintivo i cavi
rossi come
vene di un organismo che legavano le varie parti sospese, mentre un
cartello
sbeffeggiativo attaccato allo schienale li invitava a sedersi per
riposare e
abbandonare le preoccupazioni.
<< Siamo davvero all’interno
della mostra…>> mormorò lei a mezza
voce tanto era sconvolta dal
ritrovamento. Tuttavia non era troppo scioccata, visto che la
realizzazione
della verità era avvenuta in un lasso di tempo abbastanza
lungo per abituarcisi.
Aveva capito tempo prima la vera natura di quel mondo, una sorta di
universo
parallelo, dove risiedevano le ombre viventi di ciò che
aveva visto inanimato
nel suo mondo, ma il peso di quella realizzazione era stato troppo da
assimilare in precedenza. in quel momento invece, con una prova
così lampante, era
stato più facile prendere atto della cosa e accettarla. Era
così, punto.
<< Come?! >> disse
Garry comparendole alle spalle per vedere quello che gli atava
indicando.
<< Ma che…! È identico.
>>
continuò osservando più da vicino. Sembrava
visibilmente scosso e incredulo di
fronte alla scoperta, tanto che gli serviva saggiare la consistenza
dell’oggetto
per renderlo reale per la sua mente. Se poi si aggiungevano come
colonna sonora
di sottofondo i sibili e i colpi inferti sulla porta, le impressioni
negative
venivano di certo accentuate.
Intanto che il ragazzo ispezionava
minuziosamente l’artefatto lasciandosi sfuggire di tanto
intanto qualche verso
di stupore, un altro oggetto catturò l’attenzione
di Ib. Un enorme drappo
sdrucito che a malapena riusciva a tenere nascosto l’oggetto
sottostante, svettava
sulla parete alle spalle del divano rendendo impossibile non notarlo.
Così il
ragazzo, vedendo lo sguardo indagatore della compagna e mosso dalla sua
stessa
curiosità, si avvicinò a grandi falcate.
Scegliendo come spiegazione del loro
gesto la scusa di non poter lasciare nessun angolo della stanza
inesplorato,
benché meno le opere d’arte che si era visto
essere dotate di volontà propria,
decisero di scoprire cosa coprisse. Con uno strattone Garry fece
scivolare la
stoffa lungo la cornice mogano del dipinto e rimase a esaminare i due
anonimi
soggetti ritratti a grandezza naturale in completi eleganti, intenti ad
osservare l’ambiente di fronte a loro con le perfette iridi
finte. Fissò
esterrefatto l’uomo e la donna saldi nella loro posa
statuaria per la dovizia
di particolari. << Non ricordo di averli visti tra quelli
esposti e tu? >>
chiese lui ripescando tra i ricordi delle poche ore spese
all’evento dedicato a
Guertena. Ciò nonostante non trovò nessun
riscontro, così si voltò per cercare
spiegazioni da Ib che rimasta senza parole da quando aveva posto la
domanda. La
trovò più esangue della camicetta che
indossava con le braccia rigidamente premute contro i fianchi e gli
sembrò che
anche lei si potesse tramutare in una macchia di tinta sulla tela. Per
non
parlare degli occhi della ragazza sgranati a dismisura ed il tremolio
che si
era impossessato del suo labbro, tanto pronunciati da
mettere il ragazzo in allarme. << Che
c’è?! >> urlò
preoccupato.
In un primo momento non si mosse
come se non si fosse nemmeno resa conto della sua presenza, poi
lentamente,
quasi a scatti, si voltò di tre quarti.
<< Questi… questi sono i miei…
>> balbettava incontrollata. Lo sguardo era distante come
catapultato in
un altro presente e mostravano tutto il terrore che non riusciva a
esprime con
le parole.
<< Chi? Li conosci o li hai
visti alla mostra? >>. La incalzò per farla
parlare. Voleva capire cosa
le stesse succedendo e chi fossero le persone che l’avevano
sconvolta tanto.
<< Sono i miei genitori.
>> concluse in un rantolo tornando a fissare difronte a
sé ed
aggrappandosi con le iridi castane alle effigi.
Era come se l’opera fosse
improvvisamente diventata un enorme buco nero che risucchiava tutte le
sue sensazioni
e percezioni con il suo potere attrattivo, impedendole di interrompere
il
contatto visivo nonostante gli occhi le pizzicassero per le imminenti
lacrime.
Anche la voce del ragazzo le arrivava ovattata come se si trovasse a
mille anni
luce di distanza come se si stesse allontanando sempre più
dalla realtà. Non
voleva cedere e non voleva credere che anche i suoi parenti fossero
finiti in
quel girone infernale che si era dimostrato il nuovo mondo, altrimenti
sarebbe
andata in pezzi insieme agli ultimi brandelli della sua
sanità mentale.
<< Perché ci
dovrebbe essere un
quadro così da queste parti?>>
continuò il ragazzo.
Forse
non lo faceva con cattiveria o forse nemmeno si era accorto di quanto
quella
frase suonasse allarmante alle orecchie della sventurata.
<< Non sono loro, vero? Loro
stanno bene. Non sono finiti in un posto simile,
giusto?!>> disse la
ragazza afferrandolo per la manica e stringendola come se fosse la sua
unica
ancora di salvataggio. Era giunta al punto limite, aveva bisogno di
rassicurazioni e l’unico che poteva dargliele era
lì a portata di mano ma era
anche un estraneo, e per tanto non avrebbe colto il suo appello
supplichevole.
Mentre il ragazzo soppesava le
parole da usare, per Ib il tempo si dilatava opprimente, lasciando
campo libero
alla sua fantasia di elaborare scenari catastrofici finché
un unico e spaventoso
pensiero prevaricò gli altri diventando assillante:
“ Se le stesse cose che mi
sono capitate sono successe anche ai miei genitori, cosa né
è stato di loro? ”
Era insopportabile pensare alla
coppia che fronteggiava le belve la fuori. Era decisamente troppo. I
Suoi
genitori non erano per niente agili: sua madre non aveva mai fatto
sport e suo
padre a parte scartare velocemente le carte, non sapeva nemmeno come
impugnare
una scopa.
<< Dove sono non lo so, ma
vedrai che stanno bene. >> cercò di
rassicurarla Garry, vedendo la
disperazione e il terrore affiorarle sul viso. “ Pensavo
fosse un tipetto duro, ma questo
sconvolge anche
lei”, pensò, “forse è meglio
cambiare argomento ”.
<<
Ib, non sembra anche a te che i manichini si siano calmati? Magari
riusciamo ad
uscire da qui. >> esordì costringendola a
ritornare dagli abissi oscuri
della paura. Tuttavia il suo sforzo fu parzialmente invano
perché non riuscì a
scacciare nemmeno un briciolo dello shock dal volto della compagna.
Nonostante
questo non si diede per vinto e anzi raggiunse la porta in un lampo e
sbloccò
la serratura con decisione. Prima lasciavano quell’inferno e
meglio sarebbe
stato per tutti.
<<
È UNO SCHERZO?!>> sbraitò per la
frustrazione nel vedere che nonostante
non ci fossero blocchi la porta non si smuoveva. Garry
infierì in tutti i modi
che poteva sulla maniglia, ma non ottenne nessun risultato.
Un
sonoro clack echeggiò all’esterno, seguito subito
dopo da gorgoglii sommessi e
il rumore di oggetti strascicati e distrutti, poi qualcosa venne
scagliato sul
muro, facendo sobbalzare i ragazzi e oscillare il quadro sul suo
chiodo. A quanto
sembrava i mostri erano tornati dalla loro pausa.
<<
Ib stai indietro >> scandì Garry e spostando
la ragazza alle sue spalle per
farle da scudo, evitando anche di non sostare
troppo vicino alla porta.
Ripiombò
un silenzio pesante e carico di tensione.
Il
cuore del ragazzo galoppava impazzito per l’ansia e la
consapevolezza di essere
in trappola senza nemmeno un arma per difendersi. Per cui se qualsiasi
cosa
fosse entrata nella stanza, erano spacciati. A dispetto di tutto Garry
era
deciso a trovare almeno il modo di far scappare la ragazza, voleva che
almeno
lei si salvasse e non solo per restituirle il favore. I suoi pensieri
di gloria
però ebbero vita breve. Una donna-dipinto sfondò
l’unica finestrella,
trascinando con sé parte del muro di cartongesso, irrompendo
prepotentemente
nella stanza schioccando le mascelle chiostrate di denti aguzzi.
Garry
si spostò subito per togliersi dalla linea di tiro della
creatura e frapporre
tra loro il divano niveo.
<<
Ib mentre io la distraggo tu raggiungi il buco e
scappa.>> la istruì
senza ottenere risposta. << Ib. Ib!! >>
cercò di farsi sentire,
tuttavia la ragazza doveva essere ancora molto scossa. In quelle
condizioni non
poteva permettersi di perderla di vista, sarebbe stato come mandare un
bambino
allo sbaraglio e peggiorando ancora di più la situazione.
Senza perdere il
contatto visivo con il mostro che avanzava con gli occhi spiritati, il
ragazzo face
lavorare il cervello per trovare la salvezza.
“
Questa non ci voleva, maledizione!” imprecò con
ira quando la situazione
precipitò ulteriormente.
Esattamente
a pochi centimetri dai coniugi si aprì un ulteriore squarcio
nell’intonaco,
lasciando emergere l’ennesima e famelica dama schiumante di
saliva. La coppia
fu costretta a fare una brusca virata e ripararsi con uno angolo del
sofà.
Avevano pochi istanti per decidere la loro mossa prima di essere
circondati e sbranati
vivi. Garry attese qualche secondo, nel frattempo che la seconda
arrivata si
avvicinasse loro il più possibile, per poi giocarsi il tutto
per tutto. Al
momento giusto strattonò Ib per un braccio nel saltare sulla
mobilia per poi
scagliarsi con tutto il peso sullo schienale. Il mobilio
cigolò sui piedini e
crollò rovinosamente all’indietro con un boato
assordante che rimbalzò sulla
pareti. Il ragazzo non attese il risultato della sua impresa, gli
bastava
sentire le grida disperate della mostruosità a cui aveva
distrutto il supporto
con il peso dell’istallazione e il ringhio di rabbia
dell’altra che aveva
urtato mentre si azzuffava con la sua simile, per passare oltre a tutta
velocità. In più, rassicurato della stretta di Ib
nella sua mano e del margine
di vantaggio guadagnato, si infilò nello squarcio del muro
senza dare una
seconda scorsa alle sue spalle.
Si
precipitò verso il labirinto di specchi già
conscio sul da farsi.
Le
creature convogliavano tutte su di loro da ogni direzione, sfondando le
mura di
silice, strappando le vesti dei compagni, strattonando e calpestando
senza mai
smettere di ululare di smania e eccitazione. Ib cercava di stare al
passo con
Garry che aveva una falcata doppia rispetto alla sua, ma non
riuscì a non
voltarsi indietro per conoscere il distacco dai braccatori.
Scoprì con
rammarico che non era stata una buona idea visto lo spettacolo che si
offriva.
Vide tutti i suoi inseguitori protendere gli artigli, appendici e
qualsiasi
cosa per ghermirli. Vide la follia erompere dai loro bulbi oculari
fittizi e
l’inumanità dipinta sui volti distorti da ghigni
idrofobi e continuò ad
osservarli per parecchi metri. Percepì il vetro
scricchiolarle sotto i piedi
senza curarsi da dove provenisse o ad evitarlo. Non udì
nemmeno la voce distante
dell’amico che la incitava a concentrarsi sulla corsa, tanto
era ipnotico il
branco degli scempi che brulicavano come una massa delirante. Anche il
suo
stesso grido le sembrò incorporeo quando
uno degli esseri, un manichino, riuscì a staccarsi dal
gruppo con lo slancio di
un felino e lanciarsi su di lei ad artigli scoperti. Sentì
Garry aumentare di
conseguenza l’andatura, forzando i muscoli
all’inverosimile mentre stringeva
con veemenza il suo polso, con l’intento di portarla fuori
dalla portata del
mostro che mancando la presa ruzzolò malamente a terra
spaccandosi in diversi
punti. Non era ancora abbastanza. Corsero a perdifiato, superando tutte
le
crepe lasciate dai vandalici abitanti del labirinto che li aveva
ostacolati
all’inizio fino ad arrivare alla quinta tappa. La maniglia si
arrese subito
alla presa del ragazzo e Ib si sentì catapultare
all’interno con un unico
movimento senza interrompere lo sprint, poi il rumore sordo
dell’assito che
sbatté per una sola manata ben assestata ed infine lo
strappo del nuovo scatto
della fuga. Ib avvertì solo lampi candidi di facce
opalescenti che sfrecciavano
ai lati del campo visivo, diventavano via via più nitidi man
mano che il passo
scemava in marcia ed infine si arrestava.
<<
Do… dovremmo essere abbastanza lontani.>>
boccheggiò Garry appoggiandosi
alle ginocchia per costringere grandi boccate d’aria a fluire
nei suoi polmoni
al collasso. << Siamo stati fortunati. Wow …
beh. Meglio continuare a
muoversi per sicurezza.>> decretò a corto di
fiato intanto che riguadagnava
la posizione eretta per massaggiarsi il fianco. Però Ib non
riusciva ad
afferrare il senso del discorso, le sembravano così assurde
le sue parole. “
Continuare? A che scopo” si ripeteva come un disco rotto.
Visto come stavano le
cose, chi c’era ad aspettarla? I suoi probabilmente erano
diventati parte
integrante di una tremenda esposizione e a breve lei li avrebbe
raggiunti in un
modo o nell’altro. ecco quello che succedeva a chi restava
imprigionato lì!
Lentamente si stava convincendo dell’inesorabilità
della disfatta, tanto che
nemmeno i piedi volevano assecondare la folle scelta proposta dal
giovane. Si
accorse solo in quel momento di un fastidioso fischio nelle orecchie e
la
pesantezza che le schiacciava le membra a terra come la pressione di
Venere. Cercò
con lo sguardo il compagno, ma Garry le sembrava così
distante e sfocato con i
vivaci capelli lilla che stemperavano in un nero indefinito. Non si
rese
nemmeno conto di collassare verso il pavimento finché non
vide la macchia
indistinta che era Garry sbilanciarsi verso di lei urlando. Tuttavia
l’unica
cosa che sentì fu un gran dolore alla testa inghiottito da
un vuoto nero e
assoluto che l’avvolse.
Una
voce le fece riprendere
conoscenza, era il familiare tono del suo suggeritore
nell’ombra. Colui che le
aveva dato indizi per poter proseguire e spiegarle, seppur con delle
limitazioni, ciò che non capiva. Sebbene le apparizioni
dell’essere fossero
sporadiche, servivano sempre a qualcosa, perciò che voleva
da lei?
Riaprì gli occhi ma invece di
trovarsi con Garry era sdraiata su un pavimento marmoreo, sovrastata da
due
porte speculari di una stanza quadrata. Tutto lo spazio era stato
graffitato da
cerchi e disegni infantili fatti con pastelli a cera i cui colori
litigavano
gli uni con gli altri per tonalità e accostamento.
“ Ib, di qua. Presto o ti prenderanno.”
la chiamava la voce dalla porta alle sue spalle, con il tono urgente di
chi ha
il tempo contro.
<< Perché, chi sta
arrivando? >> chiese confusa mentre un dolore martellante
le comprimeva
il lato sinistro del cranio.
“ Sbrigati! Non c’è …
” rispose accorata
la voce mentre si affievoliva in lontananza.
Nello stesso istante in cui
l’uomo smise di parlare, l’uscio opposto venne
squassato da violenti urti. Con
un movimento rapido dettato dai riflessi, Ib si precipitò
alla porta scura e
avanzò nella nuova stanza identica. Anche qui
sentì l’uomo suggerirle di
affrettarsi, ma non riuscì a muoversi se non dopo aver
sentito ancora i colpi
con l’aggiunta di grida e strilli identici a quelli di
qualche momento
addietro. Si inoltrò nell’ennesima stanza e qui si
arrestò agghiacciata. Non
c’erano più porte con cui sfuggire agli
inseguitori inferociti ed il panico di
Ib aumentò insieme alla forza dei colpi sul tavolato.
“ Devi raggiungermi, se no non
potrò aiutarti. ” supplicava l’uomo
oltre il muro.
<< Come?! non c’è un
passaggio. Se mi prendono che mi faranno?!>> gli chiese
appoggiandosi
alla parete di fondo nella speranza di trovare un qualsiasi passaggio.
“ Raggiungimi, fai in fretta. ”
continuava imperterrito l’altro come se non ci fosse
nessun’ostacolo ad impedire
il loro incontro se non la volontà della ragazza.
La porta saltò dai cardini e si
schiantò sul pavimento con una pioggia di schegge
irregolari. Quello che entrò
fu niente di meno
che un esemplare di
mostro per ogni tipo di quelli incontrati. Come l’ultima
volta in cui vi era imbattuta,
questi tentarono di afferrarla e strapparle con i loro artigli e denti
aguzzi, un
pezzettino di pelle, una ciocca di capelli o un lembo di stoffa da
tenere come
trofeo. Fortunatamente non ebbero il tempo di raggiungere il centro
dello
spazio, che una voragine si aprì ai piedi di Ib e la
inghiottì in un sol
boccone con le fauci zigrinate di marmo e striate di cera. Era la
seconda volta
che veniva ingollata e la viscida sensazione che ne derivava era sempre
troppo
intensa. Serrò le labbra e le palpebre cercando di contenere
il terribile senso
di vuoto nell’addome con la speranza che le viscere non le
venissero
strappate mentre precipitava in un tunnel
buio come
l’inchiostro e senza fine come l’universo.
“ Finalmente possiamo parlare”. Si
fermò un attimo la voce e con lei si arrestò
anche la caduta di Ib che rimase a
galleggiare a mezz’aria come un palloncino d’elio
sgonfio. “ Non abbiamo molto
tempo e quello che ti devo dire è importante per quello che
deve avvenire”.
“ Ti prego, ricorda quello che
vedrai o perderai una persona per te molto importante.
Finché ricorderai …
finché lo farai andrà tutto bene.” le
sussurrò l’uomo invisibile con l’affetto
e malinconia che riempivano le sfumature del suo timbro vocale.
<< Aspetta, ma che succede!
Ti prego spiegami meglio.>> supplicò Ib.
“ Mi dispiace è l’ultima volta
che ci vedremo. Lei è sempre più vicina e non mi
permetterà di avvicinarti,
perciò Arrivederci Ib. Ricorda ciò che
vedrai.” la voce si spense
definitivamente.
<< Aspetta ti
prego!>> le sue parole furono espresse troppo tardi ed in
quell’esatto
momento il buio intorno a lei si crepò come pittura secca.
La spaccatura più
grossa iniziò ad allargarsi a dismisura, fino a quando non
raggiunse il doppio
dell’altezza della ragazza e si spostò al di sopra
alla sua testa. Non appena
tutto fu in posizione la testa della ragazza scattò
all’insù verso la scheggia,
insensibile ai comandi della proprietaria di abbandonare la posizione
dolorosa.
Si afferrò le guance con i palmi, affondando le dita nei
capelli, per
costringere la parte interessata a smuoversi, ma non ci
riuscì. Intanto sopra
di lei la superficie della crepa mutava, diventava liquida e nebulosa,
virando
verso una tonalità di grigio perlaceo, poi iniziò
un flusso frenetico di
immagini.
Le sfrecciavano d’avanti agli
occhi la scena di lei e altre due persone, di cui una le infondeva una
sensazione spiacevole, perché sapeva che quella stessa
persona non doveva
trovarsi lì; il trio si separò e via verso altri
scenari e nuove prove, si
profilarono scelte importanti da fare fino ad arrivare alla
più importante dove
per un attimo le parve di sentire di nuovo la voce familiare:
“ Ti prego, stai
attenta quando arriverai qui.” diceva mentre la sè
stessa delle proiezioni si
sporgeva oltre il bordo di qualcosa. “ Non separarti da loro,
tienile strette
mentre cadi o lo perderai!” la rimproverava con la voce
straziata dalla
tristezza, mentre le sue parole venivano accompagniate da due chiazze,
rossa e
blu che precipitavano nel vuoto. Alla fine la blu si disintegrava in
piccole lacrime
per svanire per sempre.
Sentì un pianto disperato
riempirle la testa, seguito da un lancinante dolore al petto che
minacciava di
spezzarle in due il cuore. Si portò le mani al torace
cercando un modo
qualsiasi di tenere uniti i lembi, ma il dolore era talmente intenso
che il gesto
non diede nessun effetto.
Urlò piegandosi su se stessa,
cercando di dare un spiraglio di sollievo alla sua anima stretta nella
tenaglia
di dolore.
Il
suo grido riecheggiava ancora contro le pareti del locale in cui si
trovava,
quando finalmente riprese i sensi. Era seduta sul pavimento, avvolta in
un
caldissimo cappotto blu scuro. Gocce di sudore freddo le imperlavano il
viso e
la nuca, intanto che la vista lentamente metteva a fuoco il circondario.
<<
Ib era un incubo, tranquilla, sei al sicuro. Come ti senti? >> cercava di
calmarla una figura
maschile inginocchiata al suo fianco. Dopo un primo moto di repulsione,
riconobbe
la folta chioma bizzarra, anche se non ricordava di avergli visto
addosso la
canotta verde acido. Si sentì improvvisamente in imbarazzo
non solo nel
realizzare di essere svenuta di punto in bianco.
<<
Ehm, scusami .>> balbettò nascondendosi dietro
la cascata di capelli
castani per nascondere il live rossore che iniziava ad arrampicarlesi
dalle
orecchie fino agli zigomi.
Voleva
nascondersi sotto il cappotto e diventare un bruco pur di sfuggire
all’imbarazzo della situazione ed in più a
peggiorare il tutto c’era il sogno. Lo
ricordava a pezzi di cui i più nitidi riguardavano la prima
parte, dell’altra
restavano solo vaghe sensazioni e poche immagini offuscate come una
polaroid
venuta male. << Ora sto bene, davvero. >>
aggiunse rapidamente alla
fine del resoconto onirico nella sua mente.
<<
Sul serio? Grazie al cielo. Mi sono spaventato da morire, non ti
svegliavi. Per
fortuna ho trovato questa stanza altrimenti saremmo stati
spacciati.>> la
informò lui accomodandosi sul pavimento per poterla
osservare meglio. Garry le
guardò attentamente il viso facendo scorrere le dita tra i
capelli fino alla
tempia sinistra.
<<
Hai preso una bella botta, per fortuna c’è solo un
bernoccolo e nient’altro di
grave>> disse strofinando la gobbetta con il pollice.
<< Ti fa
male? >>.
Ib
sbiancò ed arrossì contemporaneamente, facendo
allarmare il ragazzo per il
repentino cambio di colore. Scosto subito la mano. <<
Potresti guardare
nella tasca del giubbotto per favore? >> le chiese
d’un tratto facendo
sobbalzare la ragazza ancora concentrata sulla sensazione del tocco di
lui
sulla guancia. Assecondando la richiesta pur di non doverlo guardare in
faccia,
perché le si sarebbero letti in faccia i suoi pensieri,
estrasse una cartina
gialla. Era rigonfia ed il logo, con alcuni favi che gocciolavano miele
su un
limone tagliato delle lettere a ghirigori, chiariva il gusto. La
ragazza lo
guardò perplessa tenendo il confetto sul palmo della mano.
<<
Puoi tenerla. Mangiala e vedrai che ti tirerà su.
>> le sorrise
rimettendosi in piedi pensando di lasciarle un po’ di tempo
per riprendersi.
<< Che ne dici se restiamo ancora un po’ qui a
riposare prima di
ripartire? Non ci guasterà un attimo di pausa e puoi dormire
se vuoi, questa stanza sembra
sicura. Se hai
bisogno di me mi trovi di là.>> disse alla
fine e si allontanò per
riprendere quello che aveva interrotto, dopo averle dato un’
ultimo sguardo per
assicurarsi che stesse bene.
Ib
aveva un mucchio di emozioni che la tormentavano, per cui decise che
era meglio
seguire il consiglio del ragazzo, anche perché non era
pronta affrontarlo in un
novo faccia a faccia. Allora più che mai si sentiva
consapevole della presenza di
Garry e non solo per la premura che le aveva riservato. Inoltre questa
nuova
coscienza veniva accentuata dal terribile sentimento di colpa per come
si era
comportata difronte al pericolo. Si era lasciata sopraffare dal panico
e dalla
paura proprio nel momento in cui doveva restare lucida per mantenere
fede alla
decisione di aiutare Garry. Come aveva potuto lasciare che accadesse?
Non
voleva essere un peso.
Quando
finalmente si calmò, aveva la testa posata sulle ginocchia
ancora avvolte nel
cappotto del ragazzo. Non riusciva a capacitarsi come un estraneo
potesse
essere così gentile con una perfetta sconosciuta, forse era
solo dovuto alla
situazione e perché era una ragazzina, eppure tra tutte le
persone le era
capitata proprio l’unico che aveva catturato la sua
curiosità alla mostra e in
qualche modo si sentiva fortunata.
“
Forse è meglio se glielo riporto… magari ha
freddo.” Pensò Ib ricordandosi del ragazzo
rimasto a giro-maniche. Le sembrò una buona scusa per
troncare sul nascere
pensieri e fantasticherie non necessarie.
Si
alzò lentamente, aveva ancora mal di testa e nel punto della
tempia che aveva
picchiato a terra c’era già un grosso bernoccolo
come annunciato dal ragazzo,
tuttavia riusciva a camminare e la vista era normale perciò
non era nulla di
serio. Girò tra gli scaffali della libreria in cui si
trovava, sotto lo sguardo
severo dello stesso cartellone che si ripeteva in continuazione
strombazzando
con le austere lettere in grassetto il comportamento da tenere nel
luogo:
“
Regole
della galleria. Non parlate a voce alta, non fate fotografie, non
introducete
cibi e bevande. Non toccate le esibizioni, non uscite mai e poi mai
…”
L’ultima
frase la lasciò un attimo interdetta. Era da quando aveva
incontrato Garry che
non si chiedeva più chi l’avesse portata
lì, ma un’unica sentenza lasciata a
metà le fece tornare i dubbi: volevano tenerla
lì? Perché? Istintivamente portò
la mano alla tasca che conteneva la sua rosa, ma al suo posto
trovò il post-it
giallo. Doveva parlare al compagno anche di quello, ma prima doveva
ritrovare la sua rosa. Da quando si era
svegliata aveva la netta sensazione che il sogno ruotasse in torno a
qualcosa
che le era molto caro, perciò poteva trattarsi anche del suo
alter ego floreale,
ma non sapeva dire per certo cosa dovesse temere ne cosa dovesse
evitare.
L’ansia prese di nuovo il sopravvento, facendola correre per
la foresta di
carta come una forsennata pur di trovare l’oggetto perduto.
Che fosse arrivato
il momento annunciato?
Svoltò
l’ennesimo angolo e finalmente trovò il ragazzo
seduto sul pavimento e con la
schiena appoggiata ad uno scaffale intento a leggere, almeno
finché non la
scorse.
<<
Che c’è Ib?! Hai avuto un altro incubo?
>> disse allarmato lasciando
cadere la sua lettura per correrle in contro, quasi inciampando nei
suoi stessi
piedi.
La
ragazza si appoggiò alle ginocchia per non perdere
l’equilibrio a causa di un
capogiro dovuto allo sforzo.
<<
La … Rosa. La mia Rosa …
dov’è? >>
scandì con irruenza tra un respiro e l’altro sotto
lo sguardo sbigottito del
ragazzo per l’improvvisa reazione.
<<
È qui. L’ho messa con la mia nel vaso.
>> rispose mostrandole il
tavolinetto che ospitava i due esemplari a bagno ed in salute. I loro
petali
dai vivaci colori accostati brillavano sotto la luce fredda dei neon,
incuranti
di quello che accadeva intorno a loro. Si avvicinò e
circondò la corolla con le
palme, sospirando di sollievo e sentendo parte della tensione
abbandonarla,
tranne per quella viscida sensazione di inquietudine che le restava
aggrappata
allo stomaco.
<<
Scusami. >> si lasciò sfuggire chinando il
capo, in un lieve inchino e
affrontando il ragazzo rimasto alle sue spalle.
Si
stava comportando come una pazza e non sapeva nemmeno lei
perché. Forse era
l’insieme di tutto ed alla fine era esplosa grazie al colpo
finale del quadro
dei suoi genitori, ma non era una giustificazione per i suoi continui
sbalzi
d’umore, doveva darsi un contegno come le era stato
insegnato, altrimenti era
condannata a restare lì per sempre come il misterioso
burattinaio continuava a
ricordarle.
<<
Perché ti stai scusando? >> le
domandò Garry, inginocchiandosi per portare il suo sguardo
al livello di quello
della ragazza. << Ib, senti … mi
dispiace
e non solo per aver preso la rosa senza permesso. Ero così
concentrato
dall’uscire da qui che non ho veramente badato a te. Scusami.
Oltretutto
potremmo aver bisogno di continuare a camminare per un po’ e
so di non essere
la persona più affidabile per queste situazioni, ma se
all’improvviso pensassi
di non farcela più, dimmelo ok? Se ce ne sarà
bisogno ti porterò sulle mie
spalle. Non voglio essere di nuovo inutile e vederti crollare ancora.
Ho
pensato a quello che è successo e non ho capito che, quando
hai visto il
quadro, mi stavi chiedendo di aiutarti. Siamo compagni, se non ci diamo
una
mano a vicenda non possiamo farcela a risolvere la situazione,
perciò va bene
se vuoi fare affidamento su di me. e io posso contare sul tuo appoggio?
>>
disse di getto, prendendole una mano tra le sue.
La
ragazza rimase a bocca aperta per la sorpresa e in rinnovato imbarazzo
nel trovare
i modi del ragazzo troppo espansivi, ma non in senso
negativo.
<<
Scusami, forse sono stato un po’ precipitoso, ma quello che
ho detto lo penso
davvero. >> cercò di spiegarsi impacciato
grattandosi una tempia improvvisamente
a disagio.
Ib
era rimasta immobile incapace di trovare qualcosa di sensato da dire.
Si
limitava a fissare quell’alta e magra figura che le si
stagliava davanti
cercando di capirne il carattere. Era un ragazzopremuroso e aperto, su
questo
non c’erano dubbi; a questo punto non serviva a nulla
mantenere una certa
distanza.
<<
Direi che siamo pari per quanto riguarda le scuse.>>
ridacchiò lei,
stringendo a sua volta la mano del ragazzo per siglare il loro accordo.
<<
Direi di sì. Ti senti meglio dopo la caramella?
>> cambiò discorso, rallegrandosi
al pensiero dell’utilità del suo dono.
<<
A dire la verità non l’ho mangiata.
>> disse costernata, vedendo vacillare
il sorriso di lui.
<<
Perché non ti piace il gusto? In effetti è un
po’ particolare se non sei
abituato. >>
<<
No, non è per quello… >> si
schermì lei. Non aveva nemmeno preso in
considerazione di assaggiarla, tanto era stata presa dai suoi pensieri,
ma non
voleva dirglielo per non ferirlo. Sembrava così contento di
essere stato d’aiuto
che non se la sentiva di smontarlo.
<<
Hai ragione, scusa. Puoi mangiarla quando vuoi. Sai, siccome sono le
mie
preferite, tendo a farle conoscere a chiunque, perdonami.
>> eruppe in
una timida risata, grattandosi la base del collo.
<<
Continui a scusarti. Non ce né bisogno, siamo una squadra
no? >> lo
rimproverò affettuosamente lei decidendo che era inutile
cercare di essere
forti ed imperturbabili, le situazioni lo avevano dimostrato, poteva
andare
sempre peggio e senza nessuno che potesse capirti poteva sarebbe stato
estremamente duro. Per cui tanto valeva cercare di aiutarsi a vicenda
senza sentirsi
in colpa per la minima cosa anche scherzare se ci fosse stata
l’occasione.
Inoltre con la sua genuina premurosità era impossibile
restare arrabbiati o
turbati per troppo tempo, anche il suo viso cordiale riusciva a
tranquillizzarla solo a guardarlo. In quel momento capì che
la loro relazione
sociale era passata ad un piano diverso rispetto a semplici
sconosciuti, adesso
poteva considerarlo il suo complice.
<<
Scus… hai ragione>> rinnovò il
sorriso questa volta sicuro e pieno.
<<
Grazie. Perché è tutto rovinato? >>
gli chiese restituendogli il cappotto
dagli orli slabbrati, separando le loro mani. Visto che avevano un
po’ di tempo
per riposare, un po’ di conversazione per conoscersi meglio
non poteva
danneggiare nessuno.
<<
No, è fatto apposta. È il suo design, ma non ne
sono sicuro lo indosso ormai da
anni.>> raccontò infilando le braccia lunghe e
snelle nel soprabito e
andando a recuperare il volume trascurato e sghembo sul pavimento.
<<
C’è qualcosa di interessante? >> gli
chiese Ib abbracciando le ginocchia
e sedendosi accanto a lui con le spalle che sfioravano appena, per
poter
sbirciare le frasi sulle pagine.
<<
Parla di Guertena. Da questa biografia sembra che non abbia avuto una
vita
molto agiata nonostante fosse molto famoso come artista. Inoltre
era parecchio tormentato e per questo è un
po’
triste come libro, ma si lascia leggere.>> la
aggiornò brevemente della
travagliata e breve esistenza del pittore, senza staccare mai gli occhi
dai fogli
se non per capire che impressioni dava alla ragazza. <<
Non ha mai
trovato la pace e si pensa che sia suicidato all’apice della
malattia che lo ha
reso pazzo.>> finì il resoconto.
<<
Mi dispiace un sacco, ma non credo sia come dicono le voci.
>> rifletté Ib
ad alta voce, appoggiando il mento alle ginocchia e cercando di capire
cosa le
facesse dire ciò senza indizi. Era solo una sensazione
latente, ma aveva l’impressione
che quello che aveva detto non fosse vero.
<<
Perché? >>
<<
Sono solo voci giusto? Chiunque potrebbe aver mal interpretato le cose,
secondo
me amava il suo lavoro e non penso che volesse togliersi la vita ed
abbandonarle le sue opere. >> espresse i suoi pensieri in
modo logico e
razionale, per avvalorare la sua tesi. Si ricordò
improvvisamente della
struttura e non poté evitare di controllare la sua piantina
personale
mollemente immerse nell’acqua curativa. C’era una
netta somiglianza tra i due
vegetali, ma una rosa poteva essere uguale a mille della sua specie.
<<
Molte sono curate minuziosamente, come la rosa gigante. L’hai
vista? >>
<<
È possibile che tu abbia ragione. Sì, era molto
bella e poi assomiglia un po’
alla tua rosa. Il rosso nei fiori significa amore e
felicità, lo sapevi? >>
le disse distrattamente Garry, seguendo
il suo sguardo.
<<
E la blu allora?>> chiese raddrizzandosi ed incuriosita
dalla sua conoscenza
del linguaggio floreale.
<<
Il suo non è un colore naturale perciò ha doppio
significato. C’è quello positivo
di fiducia e onestà e quello negativo, invece, è
legato all’indifferenza e
all’altezzosità.>>
assecondò la sua desiderio di sapere con
un’espressione malinconica e ferita.
<<
Ma alla fine esiste ed ha un colore magnifico, come il cielo appena
dopo il
tramonto. Mi piace, è rilassante. >> Ib non se
la sentiva di tirare furi
il vero significato delle loro rose, non dopo aver visto
l’espressione
abbattuta di Garry. Probabilmente non c’era nemmeno motivo di
spiegarlo perché
il ragazzo se n’era già accorto che i fiori non
erano soltanto tali. Tuttavia il
silenzio si protrasse, rotto solo dallo scricchiolio delle mensole
piegate dal
peso della cultura che portavano, mentre entrambi seguivano il percorso
dei
propri pensieri. Ib non sapeva che fare, forse si era spinta troppo
oltre con
la confidenza o magari Garry non l’aveva nemmeno sentita,
staccando l’udito
dalla realtà per rinchiudersi in se stesso. In tal caso non
c’era nulla che
potesse fare se non aspettare il suo ritorno, così la
ragazza prese un libro
dallo scaffale dietro di sé e iniziò a
sfogliarlo. Guardava distrattamente le
figure sulle creature d’alto mare che dovevano incutere
terrore, ma a lei
sembravano solo grossi esseri abbandonati a loro stessi ed allontanati
dalla
timorosa umanità.
“
Chi sa a che pensa? Immagino che anche lui abbia i suoi
problemi.” Riflettè accarezzando
l’ennesimo ritratto della rana pescatrice. Come poteva
essergli d’aiuto e
ricambiare la sua stessa gentilezza? Non voleva alleviare le sue pene,
non era
tanto presuntuosa da volersi attribuire un ruolo simile, ma per lo meno
calmare
le sue angosce, zittirle quel tanto che bastava per permettergli di
ritrovarsi.
Stava
ancora decidendo sul da farsi quando fu lo stesso ragazzo a rompere la
quiete.
<<
Sai, mattina mi sono alzato presto e adesso sono un po’
stanco, ma non vedevo
l’ora di venire alla mostra. Poi è successo questo
e onestamente credo di averne
abbastanza delle gallerie a questo punto. Perché
è successo, che senso ha?!>>
vomitò come un fiume in piene altre gli
argini per sfogarsi.
Ib
non lo sapeva, una vera risposta non ce l’aveva, ma poteva
solo immaginare e
mettere insieme gli indizi che le erano stati lasciati come le briciole
di pane
di pollicino. Intanto il fogliettino giallo pesava come un macigno
nella sua
tasca e cercava in tutti i modi di reclamare l’attenzione che
gli spettava.
“
Devo dirglielo o no?” si tormentava lei sgualcendo un lembo
della gonna adibita
a vittima della sua frustrazione. “ Ho deciso di affidarmi a
lui. Eppure non
voglio addossagli altri problemi. Sembra già afflitto di
suo.”
<<
Forse non c’è un motivo. Chi lo sa. Tra
l’altro non mi spiego l’esistenza di
quei mostri. E pensare che li avevi già visti e hai
viaggiato tutta sola prima
di incontrarmi. Non è affatto male, voglio dire, sei stata
molto coraggiosa. Se
fossi stato al tuo posto non sarei durato a lungo, vedi come
è andata a finire
con la donna dipinto.>> rise sarcastico abbandonando le
braccia lungo i
fianchi dopo un gesto di stizza.
Man
mano che parlava e si apriva ad Ib, questa si sentiva sempre
più in colpa di
non riuscire a confessargli tutto … e poi non si sentiva
affatto coraggiosa.
Aveva perso il conto di quante volte si era scoraggiata ed aveva
pianto, di
quante volte era stata sul punto di gettare la spugna e cedere, farsi
catturare
e finire la partita.
<<
Ehi, Ib?! Cos’è quella faccia. È colpa
mia perdonami, non volevo
rattristarti.>> cercò di rallegrarla,
spostandosi di lato per essere
faccia a faccia.
Lei
scosse la testa con decisione e senza pensare cacciò la mano
in tasca per
porgergli poco dopo il foglietto spiegazzato. Il ragazzo lo prese
stupito e
lesse le poche parole riportate, sbiancando di colpo. Ora la quiete era
ancora più
opprimente di quando il ragazzo era perso nel suo mondo,
perciò fu lei a
prendere la parola quella volta. << Mi dispiace tanto.
Dovevo dirtelo
prima! l’ho trovato, in una delle sale di prima e
>>
Garry
la fermò subito prendendola per le spalle <<
Non hai fatto niente di
male. Perché ti scusi per questo? Eri e sei spaventata,
è normale che non
sapessi che dirmi. È tutto così vago e poi
nessuno avrebbe potuto prevedere che
le cose finissero in questo modo. Andiamo sorridi! È un
peccato se il tuo viso
ha quell’espressione.>>
<<
Ma Garry … >> recriminò lei.
<<
Grazie, di avermelo mostrato. Questa è la prova che
c’è qualcuno che è a capo
di questo scherzo di cattivo gusto, anche se non sappiamo il
perché. Va bene è
un inizio ed è sempre meglio di niente. >>
rifletté serio perdendosi in
un punto lontano oltre la schiena di Ib. << Affrontiamo
una cosa alla
volta e concentriamoci su quello che possiamo fare. Così non
perdiamo la testa
e non facciamo il gioco di questo simpaticone. Poi se è
questo posto è collegato
alla galleria d’arte, gli altri presenti, per quanto ne
sappiamo, potrebbero
essersi persi qui. Se ce ne sono spero di trovarli perchè
più siamo e meglio è!
Dobbiamo anche trovare i tuoi genitori >>
esordì tirandosi in piedi e
porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
<<
Ti si addice proprio il blu, per quanto non ti piaccia >>
sussurrò lei
con un sorrisetto sghembo.
<<
Come?>>
<<
Ho detto andiamo! >> ed afferratogli il palmo lo
trascinò verso la
porta della biblioteca. Aveva avuto ragione su di lui fin dal primo
istante in
cui l’aveva visto alla mostra: era una persona interessante
ed eccentrica, ma
non solo. Era davvero speciale, per quel suo modo di riuscire sempre a
rasserenarla ed infonderle il coraggio perduto. Non poteva sperare in
un
compagno migliore.
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