Aldilà del tempo

di Les_Dames_Blanches
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Lallybroch, giugno 1746

Non so perché lo sto facendo, Sassenach… non so cosa mi spinga a provare a raccontare con le parole la devastazione che ho nel cuore ma so che se non mi fossi risolto a fare qualcosa questa sofferenza avrebbe finito col farmi impazzire.

A dire il vero non ero nemmeno più certo di ricordare come si scrive… sono rimasto preda del dolore fisico e della febbre così  a lungo che fino a pochi istanti prima di impugnare la piuma d’oca ed intingerla nell’inchiostro ho avuto la convinzione che la nebbia che avvolge la mia mente e mi preclude il ricordo di quella dannata battaglia avesse avvolto anche ogni mia capacità, compresa quella di scrivere, di pensare, di sentirmi ancora vivo.
Poi, guidate da un istinto lontano, le lettere si sono rincorse sulla carta e le parole, lucide e nere, hanno cominciato a descrivere il vuoto infinito che alberga nel mio cuore.
Non è passato giorno da quando mi sono risvegliato su quella spianata infernale che non mi sia domandato per quale ragione l’Onnipotente abbia deciso di voler preservare la mia vita, dopo avermi privato di tutto. Perché lasciarmi vivere, se mi ha reso un esule ed un ricercato, perché lasciarmi vivere se non posso più essere d’aiuto alla mia gente, perché costringermi a vivere, se devo farlo senza di te?
Non sai quante volte me lo sono domandato e non sai quante volte ho rimpianto di non essere morto, di non aver potuto almeno dare inizio al cammino che ci porterà a ricongiungerci.
L’unica risposta che sono stato in grado di darmi è che QUESTO sia il mio Purgatorio.
Questa vita, che devo vivere, anche se non vorrei, vuota di te e del tuo amore. La stessa pena cui ti ho condannata, a nighean, quando ti ho chiesto di attraversare le pietre e tornare nel tuo tempo.

Da quando questo pensiero ha preso corpo dentro di me, una nuova febbre ha cominciato a bruciare ogni mio respiro: la consapevolezza devastante che avrei dovuto convivere per ogni istante che mi rimaneva col desiderio di te ed il rimpianto di averti perduta, senza averti perduta davvero… perché, mia sassenach, io so, non chiedermi come perché non saprei dirtelo  ma so, con assoluta certezza che tu, oltre le barriere del tempo ancora vivi, e ridi e piangi, e lotti ed imprechi  come solo tu sai fare. So che sei in salvo, lo sento, sento il tuo cuore e quello minuscolo e forte della creatura che porti, l’unica prova tangibile di ciò che noi siamo stati, anima nell’anima,  infinite volte.

E so di aver fatto la cosa giusta, salvandoti da questo incubo che è diventato il nostro vivere quotidiano, in questa povera terra martoriata, sottraendoti alla fame, al freddo, agli stenti cui cerchiamo di resistere, giorno dopo giorno… 

Ma anche aggrappandomi a questa consapevolezza ed alla certezza tanto forte quanto inspiegabile di saperti al sicuro, è così grande il dolore di avervi perduto, Claire...
Mi avvolge implacabile e non mi lascia tregua, ogni maledetto giorno, non appena abbandono le acque agitate del sonno che spesso non mi portano altro che sogni angosciosi e dolenti dove ogni cosa mi grida di te.

È stato proprio l’ultimo di questi sogni, vivido e reale come pochi altri, a spingermi a cercare il conforto delle parole per provare a non impazzire: un sogno che mi ha lasciato addosso un senso di abbandono freddo come il ghiaccio, quasi un’altra barriera si fosse frapposta tra noi, oltre a quella dei secoli… ho visto una di quelle macchine di cui mi raccontasti, quelle che nel tuo tempo usate per solcare il cielo, e ne ho udito il rombo, possente come il marciare di cento eserciti e ho sentito il tuo dolore, lacerante, come quello dell’abbandono a Craight-na Duhn… ho visto i tuoi occhi ed un mare infinito riflettersi in essi poi l’ombra immensa di una città sconosciuta e la tua paura, la tua solitudine, il grido muto del tuo corpo che mi invocava e mi sono svegliato urlando, disperato e furioso…

Dove sei Claire? Dove sei amore mio?




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