GAWYN
D’EVIN
Cucendo lentamente, la giovane si godeva il
fuoco scoppiettante del grande camino in pietra.
Quell’anno, l’autunno era più freddo del solito e stava aprendo le
porte a un inverno nevoso e gelido.
Il vento che spazzava continuamente i boschi del nord, non toglieva
mai del tutto il nevischio che regnava su quel ducato.
La ragazza sospirò, mentre la
sua domestica rintuzzava la legna nel camino.
Sorridendo, continuò a parlare col padre.
L’alto uomo di mezza età fissava il panorama oltre la grande finestra,
muto.
Le mani intrecciate, dietro la schiena, sotto gli
abiti in pesante broccato rosso ornati di pelliccia.
«…E, padre mio, si dice che malgrado sia di una famiglia nobiliare
lontana dalla schiatta reale, il suo onore e il suo coraggio siano imbattibili!»
«Mi è stato riferito, Marianne, che però egli non ha appreso da abili
maestri né l’arte della guerra e dei tornei, né quella della politica» riferì,
freddamente l’uomo, senza neppure voltarsi.
Marianne fissò il filo teso tra il ricamo e
l’ago, soppesando le parole da dire: «E’ pur vero, ma queste doti vengono
spesso eguagliate, in battaglia, dalla prontezza di spirito e dal valore»
Il marchese Pierre Duroche si girò vero
l’unica figlia e rise bonariamente: «Parli come se fossi stata ancora in guerra,
figlia mia adorata»
«Ma mio signore, tutti nel regno parlano del grande atto di coraggio e
d’ardimento del giovane D’evin» Marianne disse quel
nome con un tale enfasi da far sorridere il padre e
preoccupare la domestica: «Marianne!Contegno!» la rimproverò.
«Ma balia cara, è un così bel giovane!»
«Che dici!Davanti a tuo padre!» ammonì timorosa l’altra, sbirciando il
suo padrone.
Marianne proseguì:«Oh padre, vorrei poterlo
sposare!»
Pierre sorrise accondiscendente. «Certo che
ti sposerai, ragazzina vanesia!E con l’uomo che deciderà tuo padre per il tuo
bene» commentò la balia.
Marianne fissò dapprima l’anziana e
grassottella balia, poi il padre. Abbandonò il lavoro di cucito e si lanciò tra
le braccia del genitore, implorando:«Oh ti prego
padre!Decidi di farmi maritare con lui!E’ ormai diventato il protetto del
nostro signore, il lord Damodred. Sarebbe un ottima scelta!Ha solo sedici anni ed è già stato nominato
cavaliere!Padre mio!Ed è anche nobile!»
«Marianne…» l’uomo le accarezzò i capelli intrecciati in lunghe ed
elaborate trecce nere:«Non temere. Sceglierò il
miglior partito per te. Ormai sei nell’età adatta da sposarti»
La ragazza annuì felice.
Aveva tredici anni e una grandissima fiducia nella decisione del
padre. Praticamente l’unico uomo che avesse mai
veramente frequentato.
«Penserò io al tuo futuro» aggiunse il nobile, soprappensiero.
***
Il salone dei banchetti era illuminato con più di cento candele e lumi
a olio. Un grande camino scaldava l’ampio locale in pietra. Arazzi e grandi
stendardi ornavano le pareti. Le insegne del re, del Lord, e dei
vari nobili presenti quella sera, erano appesi dietro la lunga tavolata
a cui si sarebbero seduti.
Il banchetto era stato organizzato dal sommo Lord del ducato, per la
fine della lunga guerra e la raggiunta unità delle regioni interne.
Impresa agognata dal popolo da oltre trent’anni, e
da ben cinque consecutivi duchi.
Deceduti tutti di morti violente.
Solo una mano salda e una mente astuta avrebbero potuto far finire le
lotte intestine tra i vari feudatari. E quest’uomo, dal grande ingegno, era
stato il sesto lord Damodred, duca di Glamont.
Suo padre, e quasi tutti i suoi parenti maschi erano morti nel
tentativo di riportare la pace. Ma solo lui, Einon Damodred, vi era riuscito.
Terzo nella linea di sangue reale.
Quella sera finalmente si sarebbe festeggiata la sua più grande
vittoria.
La tavola era imbandita delle più succulente vivande che il regno potesse offrire. Cinghiali, cervi, fagiani e
ogni bene che quella terra produceva.
La maggioranza dei nobili li radunati, erano
già seduti ai lunghi tavoli. Molti sorseggiavano vino in eleganti coppe dorate,
parlando tra loro.
Le donne tacevano, vicino ai rispettivi mariti.
Vi era un gran affaccendarsi di servitori e
camerieri, per sistemare le ultime vivande, mentre alcuni menestrelli
allietavano gli ospiti con stornelli e melodie liete.
Tutto il salone era un vocio sommesso, in attesa dell’arrivo del lord signore Damodred.
La stranezza di quella sera era che, attorno ad una delle famiglie
nobiliari meno abbienti, vi era una gran folla.
L’unico giovane rampollo di questa casata,
cercava di destreggiarsi tra le domande
poste dagli altri nobili.
Non era bravo nell’arte dell’oratoria, e di certo non era pronto per
una simile accoglienza, al ritorno della guerra.
Aveva quindici anni quando vi era partito in veste di scudiero, e solo
un anno dopo era ritornato con la vittoria e con il titolo di cavaliere.
Tutto il suo mondo era cambiato velocemente. Sembrava che tutti adesso
si aspettassero grandi cose da lui. E che la sua opinione fosse molto
importante.
Di quei cambiamenti non sapeva se averne paura o esserne lieto.
«Messeri, madonne…Il lord
signore di Glamont!» annunciò l’araldo alla porta del
salone:«Salutate Einon Damodred!»
Un applauso ammirato scese nel salone, mentre l’imponente duca di Glamont entrava nella sala, accompagnato da alcuni nobili
di sangue reale, e da due leggiadre donzelle, riccamente abbigliate.
Lo sfavillio delle sete preziose e delle pellicce pregiate era
stupefacente, anche per gli ospiti d’alto rango lì radunati ma, senza dubbio,
solo una persona su tutti attirava gli sguardi ammirati di tutti : Lord Damodred.
L’alto uomo era completamente vestito di broccato nero. Dalla giubba sfasata in vita, agli stivali. I lunghi capelli
neri, non rendevano il volto meno duro mentre gli occhi azzurri scrutavano la
sala con intensità e intelligenza.
Sorrise ai nobili li presenti e fece un lieve
inchino, esclamando: «Miei signori…Benvenuti al castello di Glamont.
Mettetevi pure comodi. Stasera siete miei ospiti, e spero vi divertiate!» Detto ciò, fece un cenno ai suonatori e la musica subito
riprese.
Con eleganza, accompagnò le dame a sedersi, indi prese
il suo posto al tavolo centrale del salone.
E il banchetto poté iniziare.
***