Isabella-Rose
Poldark, chiamata affettuosamente Bella dai fratellini, aveva
compiuto un anno poche settimane prima e ora si apprestava a
trascorrere la sera della Vigilia di Natale nel lettone.
Ross
aveva preso l'abitudine, ogni sera, di giocare coi suoi figli nel suo
letto, in attesa che Demelza li raggiungesse per la notte. I loro
giochi erano abbastanza spericolati e spesso terminavano in battaglie
con cuscini o lotte furibonde che rendevano il letto simile a un
campo di battaglia.
Jeremy,
che ormai aveva nove anni, cercava in Ross il suo alleato fedele per
combattere il potere delle due sorelline di sei e un anno che
sapevano soggiogare e ammaliare il padre con un semplice battito di
ciglia.
Ross
si accasciò sul cuscino, dopo l'ennesima battaglia fra i due
figli
più grandi. Era una Vigilia di Natale serena, fuori nevicava
e
all'interno della casa c'erano calore e affetto. I bambini, assieme a
Demelza, avevano addobbato tutta la casa e ora Nampara ed era un
tripudio di colori e fiocchi color porpora. Nella camera da pranzo
avevano decorato un grosso abete e durante la notte lui e Demelza vi
avrebbero posto i doni per i figli.
Sua
moglie era al piano di sotto con Prudie, a preparare un non ben
precisato dolce di Natale per il giorno successivo e le sentiva
ridere divertite. In realtà aveva avvertito Demelza che
sarebbe
stata una missione suicida tentare di far cucinare Prudie ma sua
moglie, testarda come sempre, aveva deciso di coinvolgere la loro
serva nella preparazione del pranzo di Natale e dubitava fortemente
del risultato.
La
piccola Bella, gattonando, si arrampicò sul suo petto,
abbracciandolo e dandogli un bacio umido sulla guancia.
"Pa-pààà"
– esclamò, ridendo.
Ross
sorrise, accarezzandole i ricciolini mori che le ricadevano sulla
guancia. Bella era la figlia che gli somigliava di più, coi
suoi
capelli scuri e pieni di boccoli, le guance rosse e piene e
l'espressione perennemente attenta e vivace. Era una bimba con
l'argento vivo addosso, sempre contenta, sempre sorridente e curiosa,
che seguiva senza sosta, gattonando, ogni movimento dei fratelli.
Ancora non camminava, se non tenuta per le manine, ma era velocissima
a gattonare ed arrivava praticamente dappertutto. Spesso gli si
avvicinava di soppiatto, si aggrappava ai suoi pantaloni, rideva e
poi si arrampicava sulle sue gambe per essere presa in braccio. E
allora lui la prendeva, la lanciava per aria e lei scoppiava in una
fragorosa risata, mentre Demelza gli lanciava dietro una serie di
rimproveri per la sua avventatezza nel maneggiare la bambina. Beh,
visto che sua moglie ancora non era in camera da letto, comunque...
Prese Bella, la guardò, le fece la linguaccia e poi la
lanciò in
aria, prendendola al volo. La bimba scoppiò a ridere
divertita,
muovendo eccitata le gambine. Sentire Bella ridere lo faceva sentire
di buon umore, aveva una risata contagiosa. Anche Jeremy, accanto a
lui, rise. Clowance invece si imbronciò, guardò
storto la sorellina
e poi, con un balzo, si sedette sul suo stomaco.
Ross
trattenne il fiato... La sua piccola principessina cominciava a
diventare pesante e il suo stomaco, assieme alla cena, rischiavano
seriamente di uscirgli dalla bocca, se avesse provato di nuovo a
saltargli addosso. "Cosa c'è tesoro?".
Clowance
tentò di spingere giù Bella. "Anche io voglio che
mi lanci in
aria".
"Certo,
lo farò. Ma devo alzarmi in piedi per farlo con te, sei
pesante,
così coricato non riuscirei a farlo".
Clowance,
a quelle parole, si mise a frignare. "Non sono grassa! Bella
è
grassa, guardala bene!".
Ahhh,
se Clowance piangeva per qualcosa che lui aveva detto, immediatamente
si sentiva in colpa. Si mise a sedere, mettendo la figlia
più
piccola fra le braccia di un perplesso Jeremy. "Ma no, non sei
grassa tesoro! Sei semplicemente più grande!". Si
alzò in
piedi, la prese in braccio e la lanciò in aria, talmente in
alto che
per poco non le fece picchiare la testa contro il soffitto.
"Contenta?".
Clowance
lo guardò un po' stranita, fissando prima lui e poi il
soffitto.
"Sì... Credo...".
"Ross!".
La
voce di Demelza, comparsa dal nulla sull'uscio della porta, fece
girare marito e figli. Ross deglutì, il suo sguardo
prometteva
tempesta. "Tesoro...".
Demelza,
con le braccia incrociate, lo fulminò con lo sguardo.
"Tesoro
un accidenti! Quante volte ti ho detto di non lanciare i bimbi per
aria? Se perdessi la presa, se ti scivolassero, se...".
Ross
mise a terra Clowance, le si avvicinò e con un bacio sulle
labbra,
lungo ed appassionato, interruppe il suo discorso. Era il modo
migliore per farla stare zitta, quello, e il fatto che ci fossero i
bambini non era un problema per lui, per loro. Spesso si erano
scambiati gesti d'affetto e d'amore davanti ai bimbi, carezze, baci,
abbracci, era un qualcosa che volevano insegnar loro, l'assoluta
naturalezza con cui vivere i sentimenti, senza vergogna o imbarazzo,
in modo assolutamente naturale. "Come vedi, sono tutti e tre
vivi, sani e vegeti. Tu invece, sei sopravvissuta alla sessione di
cucina con Prudie?".
Demelza,
mascherando un sorriso, lo spinse indietro di alcuni passi.
"Sì,
più o meno. Anche se non so garantirti sul risultato. E'
abbastanza
probabile che il dolce sia immangiabile". Guardò il letto,
le
coperte erano tutte stropicciate e in disordine, i cuscini per terra
e in quella stanza sembrava appena passato un uragano. "Che
è
successo qui?".
"Abbiamo
fatto la lotta" – rispose Jeremy. "Io e papà
contro
Clowance e Bella! Abbiamo vinto noi maschi".
Demelza
sospirò, avvicinandosi al letto e sedendosi accanto al
figlio. "Che
scoperta, due maschioni grandi e grossi contro due innocenti e
piccole bimbe". Prese Bella in braccio, attirando a se anche
Clowance. "Domani sera vi aiuterò io a vincere, piccole! Non
lasceremo loro scampo!".
"Siiii"
– esclamò Clowance, abbracciandola.
Ross
si sedette sul letto con loro, godendosi la ritrovata pace giunta con
l'arrivo di Demelza. Era la Vigilia quella, un anniversario
importante per loro. In una Vigilia di Natale lontana, si era accorto
di amare Demelza... In un'altra Vigilia, a Londra, l'aveva ritrovata
per non lasciarla mai più. Essere in quella stanza, su quel
letto
con la sua famiglia, era il più bel dono per lui, un dono
che, ora
lo sapeva, non avrebbe mai più dato per scontato.
Accarezzò i
capelli rossi della moglie, dandole un tenero bacio sulla tempia. "E
allora, signora Poldark, che cosa vuoi per Natale?".
"Un
marito meno scavezzacollo" – rispose lei, a tono.
Ross
rise, scuotendo la testa. "Vorresti un marito noioso?".
Demelza
fece per rispondere ma poi scosse la testa, scoppiò a
ridere, prese
un cuscino e glielo tirò in faccia.
Clowance
si mise fra loro, attirando l'attenzione su di se. "Mamma, sai
che vorrebbe Bella per Natale?".
"Cosa?".
"Un
cane nuovo" – rispose la bimba.
"Vero,
Clowance ha ragione" – aggiunse Jeremy, sedendosi accanto
alla
sorella. Prese la piccola in braccio, la mise sul materasso e la
costrinse a mettersi a gattoni. "Bella, dì a mamma del
cagnolino! Fagli vedere che lo vuoi! Come fa il cane che vuoi per
Natale?".
Bella
guardò lui e poi Clowance e poi, ridendo, si mise a
gattonare fra
loro, facendo il verso del cane. "Bau, bauuuu" –
esclamò,
con la sua vocina squillante.
Ross
fece del suo meglio per non scoppiare a ridere. Quei piccoli fetenti
dei suoi figli avevano usato la sorellina, insegnandogli a fare il
cagnolino, per ottenere un cucciolo. Mossa astuta, dovette
riconoscere, forse davanti a Bella e al suo modo buffo di imitare il
cane, Demelza non avrebbe detto di no. Alzò gli occhi su sua
moglie
per scrutarne la reazione. Lo sguardo di Demelza, a differenza sua,
si era oscurato e ogni traccia di divertimento era come scomparsa.
Sapeva che quella era una faccenda delicata per lei e sinceramente
non aveva insistito per prendere un cane dopo il suo primo, netto
rifiuto di alcuni mesi prima. Garrick era morto in estate ed era
stato per tutti un grande dolore. Era un cane ormai anzianissimo,
amato e coccolato da tutti, pieno di acciacchi e sapevano che sarebbe
successo, prima o poi... Per i bimbi era stato il primo lutto da
elaborare, per lui un dolore sordo e allo stesso tempo acuto ma per
Demelza... Garrick era stato il suo unico amico per tanto tempo
quando, da ragazzina, lo aveva incontrato per caso, cucciolo sporco e
spaurito come era lei a quel tempo. Ricordava ancora il loro primo
incontro, la lotta fra cani dove lui era intevenuto per salvare
quella ragazzina malconcia e il suo cucciolo e la testardaggine di
Demelza che, quel giorno, si era rifiutata di seguirlo per vivere una
vita forse faticosa ma di certo migliore, lontana da Illugan, se non
avesse potuto portare il suo amico con se. Garrick era stato colui
che gli aveva permesso di conoscere Demelza e con essa il vero amore.
Era stato il fedele compagno della loro vita insieme, aveva visto
sbocciare il loro rapporto, nascere i loro figli, era stato accanto a
Demelza durante gli anni in cui era vissuta a Londra e anche con
Bella, benché vecchio e malandato, aveva passato ore
accucciato
sotto la culla, a vegliare la piccola.
Era
stato lui a trovarlo morto, una mattina assolata dell'estate
precedente. Si era alzato all'alba per andare alla miniera e Garrick
se ne stava lì, accucciato davanti al camino, come
addormentato. E
quando non gli era andato incontro come al solito, in lui era sorto
il terrore che l'inevitabile fosse successo. I bambini avevano pianto
quel giorno, tantissimo. Demelza no, si era rinchiusa in un ostinato
mutismo durato giorni e solo una sera, una settimana dopo, l'aveva
trovata con gli occhi rossi, in camera, a piangere col viso
affondato nel cuscino. L'aveva abbracciata, stretta a se e coccolata,
senza dirle nulla. Nessuna frase, nessuna parola poteva consolarla,
solo il tempo avrebbe sanato quella ferita, consentendo al dolore di
diventare un dolce ricordo pieno di nostalgia.
Demelza
guardò i figli, scosse la testa e sospirò. "Ne
abbiamo già
parlato e vi ho detto di no! Non voglio altri cani, lo avete visto
anche voi come si sta male quando muoiono".
Il
tono di voce di Demelza era freddo, sembrava risentita da quella
improvvisata dei bambini. Ross prese Clowance in braccio, baciandola
sulla nuca. "Su, avrete tanti regali domani e alla fine vi
piaceranno come vi sarebbe piaciuto il cucciolo".
"Ma
papà..." - protestò la bimba.
"Andate
a letto, è tardi!" - la rimbeccò.
Jeremy
sospirò e poi, rendendosi conto di quanto Demelza fosse
turbata, la
abbracciò. "Fa niente, tanto abbiamo i vitellini nella
stalla"
– disse, affondando il viso nel suo ventre.
Ross
osservò suo figlio. Jeremy era il più sensibile
dei tre e aveva
un'empatia unica con Demelza. C'era amarezza nella sua voce ma
nonostante questo si sentiva in dovere di consolare la mamma. Era
notevole per un bambino di soli nove anni, un comportamento che
denotava una grande nobiltà d'animo e una
maturità non comune,
sviluppata probabilmente negli anni in cui lui non c'era, a Londra,
quando Jeremy era stato l'ometto di casa.
Il
bimbo saltò giù dal letto e poi prese Clowance
per mano,
costringendola a fare altrettanto. "Andiamo a letto, se no
domani non avremo regali".
Clowance
si imbronciò nuovamente, fissando Bella con aria di sfida.
"Perché
io nella mia cameretta e lei qui con voi?".
Demelza,
con un sospiro, si alzò dal letto. Prese la piccolina di
casa fra le
braccia e la mise nella culla, ponendo fine a ogni discussione. "Lei
è ancora piccola per dormire in stanza con voi, ma come
potete
vedere, starà nel suo lettino".
"Su,
a nanna adesso!" - aggiunse Ross. "O niente regali,
domani".
Con
un sospiro, Clowance si arrese all'evidenza. Prese la mano di Jeremy
e dopo averli salutati, se ne andò con lui nella loro
cameretta.
Demelza
sorrise, si chinò ad accarezzare il pancino di Bella per
farla
addormentare e poi tornò a letto.
Ross
la abbracciò, attirandola a se. "I bambini non volevano
renderti triste, lo sai?".
"Lo
so. Ma non voglio parlar di cani, non ne voglio altri!".
"Va
bene, non ne parleremo più. Anche se, personalmente, sarei
più
tranquillo se ci fosse un cane a guardia vostra e della casa, quando
non ci sono".
Demelza
sbuffò. "Ci sono Jud e Prudie, siamo al sicuro".
Ross
alzò gli occhi al cielo. Prudie e Jud guardiani della casa e
della
sua famiglia? Demelza e i bimbi sarebbero stati più sicuri
con un
vitello a far da guardia... Però era il caso di lasciar
cadere il
discorso, non aveva voglia di rovinare la Vigilia a sua moglie con
ricordi tristi... La attirò a se e la baciò,
facendole intendere
che aveva ben altri progetti per passare la serata e che non aveva
affatto voglia di parlar di cani. "Sai che far l'amore la notte
di Natale è di buon auspicio?".
Demelza
lo guardò negli occhi e poi scoppiò a ridere. "E
chi lo
dice?".
"Io!
E sono un uomo molto saggio".
"E
avventato...".
"Ma
soprattutto saggio" – la corresse lui, divertito. La
baciò
sulle labbra, facendo scivolare le mani sotto la sua camicia da
notte. Le sfiorò i fianchi nudi, la pelle liscia come
avorio, il
seno, baciandola prima sulle labbra e poi sul collo. Improvvisamente
però dovettero fermarsi...
L'uscio
si aprì e Clowance, di soppiatto, comparve davanti a loro.
La
piccola li osservò, con le mani sui fianchi.
"Papà, ma stavi
ancora baciando la mamma?" - chiese, un po' scocciata.
Ross
e Demelza si allontanarono di colpo, rossi in viso. "Tesoro, che
ci fai ancora qui?".
Clowance
si avvicinò, saltò sul letto e si mise fra di
loro. "Ho
pensato una cosa e dovevo dirtela, papà!".
"Cosa?".
"Sono
la tua figlia preferita, sai? Ora l'ho capito".
Ross
guardò Demelza negli occhi e poi la figlia.
"Perché?".
Clowance
scosse la testa, stupita che non capisse una cosa così
ovvia.
"Perché Jeremy e Bella non somigliano a mamma! Io
sì e siccome
tu ami la mamma e la baci sempre e io sono come lei, allora io sono
la tua preferita. Bella puo' arrampicarsi sulla tua pancia quanto
vuole, ma tanto non ha speranze!".
Beh...
Doveva ammettere che il ragionamento non faceva una piega... Sorrise,
scompigliandole quei capelli rossi che sì, in effetti erano
identici
a quelli della madre. "Va a letto, ne riparleremo un altra
volta".
Demelza
le pizzicò gentilmente una guancia. "Papà vuole
bene a tutti e
tre allo stesso modo".
"Ma...".
Ross
la prese fra le braccia e la sollevò, proprio come aveva
fatto con
Bella un paio di ore prima. "Ti dico un segreto Clowance, ma
deve restare fra noi! Sei davvero la mia preferita, sai?" - le
sussurrò, baciandola sulla fronte ed ignorando le
occhiataccie di
sua moglie. Poi la mise a terra, strizzandole l'occhio. "E ora
su, a nanna! E' tardi".
Soddisfatta,
Clowance annuì. "Certo, ora vado!". Fece due passi, ma poi
si voltò. "Ricordatelo sempre papà! Sono la tua
preferita!"
- lo ammonì, puntando l'indice contro di lui.
Ross
mascherò un sorriso. Era adorabile, bellissima, la luce dei
suoi
occhi. "Me lo ricorderò, sta tranquilla".
Clowance
sorrise, corse via e chiuse la porta dietro di se. Una volta rimasti
soli, Ross si voltò verso Demelza per proseguire quanto
iniziato
poco prima. Peccato che lo sguardo della moglie, in quel momento,
fosse tutt'altro che accomodante. "Che c'è?".
"Non
avresti dovuto dirle una cosa simile! E non dovresti avere figli
preferiti".
Ross
le accarezzò la guancia. "Volevo solo tranquillizzarla e
farla
dormire serena, è così gelosa di Bella. E poi,
non so, ma con
Clowance mi sento sempre in debito... Io non c'ero quando è
nata,
non c'ero quando ha fatto i primi passi o detto la prima parola. E
lei è la figlia che mi cerca di più, mi guarda ed
è come se fossi
il suo eroe... Io amo tutti i miei figli con la stessa
intensità e
allo stesso tempo in modo diverso l'uno dall'altro, ma con Clowance
ho indubbiamente un'affinità diversa rispetto a Jeremy e
Bella".
Lo
sguardo di Demelza si addolcì a quelle parole. Gli
accarezzò la
guancia, lentamente, baciandolo sulle labbra. "Ross, tu sei un
ottimo padre e anche se ti sei perso due anni con Clowance, hai
annullato ogni debito morale nei suoi confronti. Non hai nulla da
dimostrarle e lei ti adora perché sei un papà
meraviglioso che la
ama alla follia e la segue in tutto quello che fa. Credo di capire
cosa vuoi dire, si tratta di affinità. E sì, con
lei ne hai avuta
tanta, da subito, più che con tutti gli altri. So che ami
tutti i
nostri figli, sta tranquillo".
"Certo
che li amo, sono la mia vita!".
Demelza
sorrise, accarezzandogli il mento e il collo con l'indice, in modo
seducente. "Che dicevi prima, circa quanto sia di buon auspicio
fare l'amore la notte di Natale?".
Ross
sorrise con fare furbo. "Credo che sia più facile se te ne dessi una dimostrazione pratica..." - sussurrò al suo orecchio.
Poi
soffiò sulla candela, la luce si spense e attesero la
mezzanotte
amandosi senza riserve.
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