Tvcda
E me ne
ricordavo di quei concerti, certamente!
I biglietti erano messi uno sopra l'altro in una piccola pila,
e li guardavo uno dopo l'altro.
Mi ricordavo di quei concerti,
e di Laura che voleva sempre di accompagnarmi,
nonostante non fosse appassionata di musica.
Lei stava lì con lo sguardo assente,
non sapeva mai chi andava a vedere ma
alla fine diceva sempre "mi sono divertita molto",
sorrideva e rendeva il tutto ancora più grottesco.
L'importante, almeno per lei, era fare qualcosa.
Era così, vivevamo insieme da un po' di mesi
e funzionava.
Non per merito mio, probabilmente.
Laura aveva tanti interessi nei campi più disparati,
e cercava di trasmettermeli con un entusiasmo che sembrava un po'
forzato.
Mi portava da una parte e dall'altra, cercava a tutti i costi di
riempire la nostra vita.
E andavamo avanti così, sul serio!
Io non potevo dire niente, perché effettivamente non avevo
niente da dire.
A me in realtà non interessava il fatto che stesse scrivendo
un libro,
così come a lei non interessava accompagnarmi ai concerti,
ma mica dicevamo qualcosa, no,
Laura sorrideva e io rimanevo in silenzio.
Era una situazione stabile e lei era contenta così;
in quanto a me, pensavo che tutto andava come doveva andare.
Ecco che cosa mi ripetevo:
"Tutto va come deve andare".
Capitò, un giorno, che andammo a trovare una coppia di suoi
amici.
Erano persone a cui Laura era molto legata,
io li avevo incontrati qualche volta ed erano persone, come dire,
normali.
Sì, ecco, erano normali.
Lei si chiamava Alice, lui Giacomo,
ed erano entrambi abbastanza loquaci.
La cosa che più mi rimase in mente di quell'incontro
è stato un discorso,
sbucato fuori praticamente per caso.
Si misero a parlare di come sarebbe stata la loro vita quando sarebbero
invecchiati.
Provai a pensarci su anche io,
ma il pensiero, per qualche motivo, mi inquietava,
e comunque non riuscii a immaginarmi nulla,
neanche una piccola ipotesi.
Giacomo a un certo punto si alzò,
e torno poco dopo con del whisky
e quattro piccoli bicchieri.
Laura bevve abbondantemente,
non era la prima volta che lo notavo.
Effettivamente quella fu un'altra cosa che mi rimase impressa,
insieme al fatto che, prima di andarcene, Alice si appartò
per un attimo insieme a Laura
e, erroneamente sicura che io non potessi sentirla, le disse:
"Il tuo uomo non parla molto, vero?"
e fece una piccola risata.
Io, comunque, il whisky quella sera non l'avevo toccato,
come sempre.
Era un inverno più freddo del solito,
Laura ormai aveva praticamente terminato il suo libro
ed era entusiasta come non mai.
Io aspettavo non so bene che cosa:
un cambiamento?
Una svolta?
O forse un evento che portasse uno stravolgimento radicale nella nostra
vita?
Non che ne avessimo bisogno, però...
No, forse non ne avevamo affatto il bisogno.
Il libro di Laura era stato consegnato e ormai non mancava molto alla
pubblicazione
Pensavo che quello potesse essere un cambiamento,
o comunque qualcosa che mi avrebbe dato una risposta,
sul perché continuare, perché andare avanti come
facevamo noi,
con quelle giornate piene che in realtà piene non lo erano
affatto,
nonostante entrambi pensavamo che andava bene così.
E, in effetti, qualcosa accadde.
Era il contratto, era solo quello che c'era scritto nel contratto.
L'editor di Laura probabilmente si sarebbe giustificato così,
ma lei non sorrideva più quando lesse la versione finale del
romanzo,
che l'editor aveva modificato pesantemente:
diverse parti tagliate, altre cambiate in modo tale che Laura non le
riconosceva più.
Arrivarono le giustificazioni, che variavano da "snellire la
narrazione" a "donare un tono più accattivante e sferzante
all'opera";
sì, insomma, cose del genere.
Quel giorno Laura parlò poco,
confrontava continuamente la sua versione del romanzo a quella
modificata,
non capiva più niente.
Quella sera mi disse che non aveva un'altra possibilità,
poi si sforzò di sorridere e balbettò qualcosa
sul come l'editor avesse probabilmente ragione
e sul come lui fosse più esperto e conoscesse il pubblico
dei lettori
e...
Smise di parlare e si coprì il volto con le mani per
nascondere la sua espressione.
Tenevo gli occhi chiusi, cercando di non pensare a niente.
Era domenica mattina, Laura era ancora immersa in un sonno profondo,
sentivo il suo respiro di fianco a me.
E, proprio mentre cercavo di non pensare, mi tornarono in mente quei
suoi amici
e il loro discorso a proposito dell'invecchiamento.
Davvero, non so perché mi venne in mente, ma ci pensai
e, in quel momento, non riuscivo a immaginarmi nulla.
Dovevamo andare avanti così, a comportarci come due attori
di teatro?
Che fine avremmo fatto? Dove diamine saremmo finiti?
Mentre preparavo la colazione, lei si alzò e mi raggiunse in
cucina.
"Ciao caro" mi disse. "Non ho dormito molto bene. Non so davvero cosa
fare per il libro".
Si sedette e mi chiese: "Che programmi abbiamo per oggi?"
Già, che programmi abbiamo per oggi?
Che cosa ci inventiamo questa volta?
"Nessuno" le risposi, e subito dopo rimasi stupito di questa
affermazione.
Eppure sentivo che era la cosa più giusta da dire,
e se Laura in un primo momento rimase sorpresa, subito dopo
annuì.
Ripensai alle domande che poco prima mi giravano per la testa,
ma senza avere una risposta.
Forse Laura avrebbe pubblicato il suo libro, nonostante tutto.
Forse saremmo andati avanti come avevamo sempre fatto fino a quel
momento,
senza veri e propri problemi, ma sempre con l'illusione di vivere una
vita che potrebbe non essere quello che volevamo.
Forse avremmo trovato qualcosa per cui poter vivere veramente, come
fino ad ora provavamo a fare,
o forse io avrei trovato un'altra donna
e Laura un altro uomo.
E ci saremmo dimenticati di questo periodo passato insieme, salvo
ripensarci qualche volta,
con una punta di malinconia ma senza nessun rimpianto.
Mi sedetti e bevvi il caffè.
Nota:
Era da tanto che non scrivevo qualcosa. Per diversi motivi
mi sono tenuto lontano dalla scrittura ma, in quest'ultimo periodo,
complice anche il fatto che ho ripreso a leggere libri con
più frequenza, ho deciso di tornarci.
"Tutto va come deve andare" in teoria doveva essere un racconto, ma
quello che avevo scritto non mi soddisfaceva e allora ho deciso di
tramutarlo in un componimento (o, se vogliamo, un racconto in versi),
stile che mi piace molto.
Spero che il risultato vi sia piaciuto, grazie per aver letto.
The Sorrow
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