La pace del mio cuore

di matisse91
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La pace nel mio cuore.
 

 
Ero immersa in una pozza di fango e detriti. Una trave del soffitto di ciò che era stata la mia casa mi bloccava la gamba destra condannandomi all’immobilità.
I miei ultimi pensieri, perché so che saranno gli ultimi, volano a lui, il mio nemico-salvatore, colui che mi ha cambiata per sempre ma che contemporaneamente ha decretato la mia morte.
Guardo la mia gamba sepolta, sotto di essa un lago di sangue si mescola alla pastosità del fango che segna la nostra miseria. Non mi fa male, non provo proprio nulla, solo un senso di vertiginoso stordimento e irrealtà.
Perché è capitato a me?
Il respiro mi esce a singulti. Provo a muovere un braccio, ma esso è scosso da violenti tremiti a causa dell’ingente perdita di sangue. A fatica riesco a portamelo al petto, lì dove un enorme sbarra di ferro mi ha trafitto.
Un rumore improvviso squarcia il silenzio di quella morte che ci è piovuta dal cielo. Cerco di individuare la provenienza di quel rumore, ma il buio della mia dimora mi culla nell’oblio della fine.
“NURA! NURA DOVE SEI?!...”.
È lui. È venuto a salvarmi. Ma è troppo tardi.
“Nura amore…no… no! MALEDETTI BASTARDI! NURA RESISTI, NON ABBANDORMI… RESISTI MALEDIZIONE! Tieni gli occhi aperti per me, okay?... così, brava la mia bambina. Ti porto fuori da qui… in ospedale”.
Ospedale… non c’è più nessuno ospedale e lui lo sa. Questa guerra ha reso arida questa terra, ostile alla stessa vita che ha coltivato nei secoli. Non c’è possibilità di salvezza in questo inferno conteso da questi stranieri.
“Gabriel…”, sussurro il suo nome, il nome di uno degli angeli del suo Dio. Un nome bellissimo e armonico, dolce come lui, forte come lui.
“Nura…amore…mi dispiace…mi dispiace così tanto… Non lasciarmi ti prego… resisti solo un altro po’”.
Ho resistito in quest’inferno per anni. Ho resistito fino al suo arrivo. Il suo amore è stato la ricompensa alla mia sofferenza.
Mi sforzo di alzare una mano fino al suo viso, di costringere i miei occhi a dissetarsi ancora per una volta della sua vista.
“Gabriel… ti amo…”.
“Anch’io ti amo Nura… tantissimo”.
La vista mi si annebbia impedendomi di vedere la tristezza incolmabile della perdita stravolgere il suo volto.
“Salva questa terra Gabriel…”.
La mia ultima preghiera va al mio paese, martoriato da un genocidio silenzioso quanto letale. Sorrido al pensiero di ricongiungermi con la mia famiglia, con i miei vecchi amici: tutti morti sotto i costanti e indiscriminati bombardamenti russi. Tutti sacrificabili per una pace che, toppo cara, miete vite di bambini indifesi, di giovani pieni di speranze.
Anch’io avevo un futuro, dei sogni, eppure non sono stati tenuti in considerazione, mi sono stati strappati via insieme alla mia vita, a soli vent’anni.
Chiudo gli occhi su questo mondo e prego Allah di mostrarmi cosa sia effettivamente la pace, perché non l’ho mai vissuta.




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