Capitolo
Dieci: La verità svelata
“I
problemi sono come onde: c'è la risacca
ma
poi... Un'altra ondata ti colpisce”
~Sidney
Heron, “Grey's anatomy”
Natasha
sollevò le palpebre senza sbatterle, la luce era intensa ma dolce ed
inondava la stanza.
Leggeri
vagiti attirarono l'attenzione della donna che si diresse verso la
culla, su cui pendeva un bellissimo acchiappasogni.
Si
sporse verso di essa con un dolce sorriso, che scomparve velocemente
com'era apparso. La culla era vuota.
Natasha
si volse sconcertata, sentendo i gemiti del bambino forti e disperati
che parevano provenire da ogni parte di quella casa dai contorni
soffusi. Si mise a correre lungo il corridoio; suo figlio la stava
chiamando.
Si
fermò a pochi passi da una figura femminile voltata completamente
verso la vetrata da cui entrava una luce violentissima, tanto che fu
costretta a coprirsi gli occhi con la mano, ferita da
quell'intensità.
L'altra
donna si voltò, curata ed elegante nell'aspetto. Dopo un attimo di
smarrimento Natasha la riconobbe come la sua addestratrice alla Red
Room; il suo cuore smise di battere completamente nel vedere che le
sue braccia stringevano il bambino.
«Ridammi
mio figlio» sibilò pericolosa;
l'altra
donna sorrise benevola in direzione del piccolo che gorgogliava
calmo, sempre sorridendo pacatamente estrasse un lungo pugnale,
l'espressione imperturbabile.
Natasha
tremò e si scagliò in avanti, ma le sembrava di essere troppo
lenta.
«Ogni
debolezza va estirpata, Natalia...».
Natasha
si tirò su rapida, lo sguardo sgranato e il respiro affannato.
I
suoi occhi smeraldini e lucidi indugiarono su ogni elemento della
stanza. La luce che filtrava attraverso le tende chiuse le fece
capire che il sole era già alto.
Con
una sottile vena di panico si chiese dove fosse Steve, perché non
fosse lì, accanto a lei; inspirò piegandosi su sé stessa serrando
le labbra dolorante. Rapida fu costretta ad alzarsi dal letto e a
chiudersi in bagno.
Quando
i conati terminarono, Natasha restò per qualche secondo con la
fronte poggiata al water per calmarsi. Strinse i denti lasciando che
quel dolore feroce facesse il suo corso, tirò poi un lungo sospiro e
si alzò.
Infilò
direttamente la testa sotto il getto d'acqua fresca, raccogliendo poi
i capelli umidi in uno chignon morbido, cercò di fare del suo meglio
per mascherare le occhiaie che gravavano sotto i suoi occhi. Si
sentiva spossata come se avesse passato la notte a correre invece che
riposare.
Nel
tentativo di distrarsi dal dolore cercò di fare un po' di
stretching, come le aveva insegnato Laura stando bene attenta a non
compiere nessuna mossa troppo rapida o rischiosa. Era più forte di
lei, non avrebbe mai potuto passare l'intera gravidanza stesa a letto
nella più totale immobilità, il suo corpo aveva bisogno di
muoversi... Sentiva che quella era la cosa giusta da fare.
Afferrò
una delle camice azzurre di Steve ed iniziò ad abbottonarsela, ma
quando arrivò all'altezza del ventre si soffermò guardandolo
attraverso lo specchio.
Le
sue mani si mossero lievemente tremanti sulla pancia che aveva perso
la piattezza che l'aveva sempre connotata, ora era leggermente
gonfia, con il dito Natasha ne delineò la curva perfetta, ancora
possibile da celare eppure ne avvertiva tutto il peso.
C'era
una buona parte di lei che non desiderava sentirsi così, era ancora
troppo presto si diceva, ancora tutto troppo incerto... Perché
un'altra parte di sè invece, quella che tentava di tenere sotto
stretto controllo, era felice.
Semplicemente. Ogni giorno passato con quel bambino che resisteva e
le cresceva sereno in grembo la accendeva segretamente di speranza;
quella parte di lei se ne fregava delle conseguenze, dei pericoli
desiderando solo poter stringere a sé quel bambino alla fine di
tutto.
Da
quando l'aveva scoperto non si era mai soffermata a pensare alla
maternità, era qualcosa che si era imposta di non fare. Non voleva
cedere alla speranza perché sapeva quanto la vita potesse essere
crudele e travolgerti all'improvviso. Inizialmente aveva pensato di
non meritare qualcosa di così puro, innocente e bello come poter
portare dentro di sé una nuova vita. Ne aveva avuto paura, le prime
notti erano state costellate da incubi orrendi, il suo ventre
dilaniato e una mostruosa creatura aveva preso il posto del suo
bambino... Si svegliava madida di sudore e sull'orlo delle lacrime
avendo il timore che nel suo ventre stesse crescendo davvero un
mostro.
Poi
quella paura era scemata, le visite di Cho le dimostravano che era un
bambino vero quello che si stava formando nel suo ventre, e poi Steve
e quel suo sguardo dolce, luminoso così vivo l'avevano sempre
rincuorata ricordandole che sì, stavano avendo un figlio.
Poi
per Natasha era iniziata una nuova paura, quella di poterlo perdere.
Nel momento in cui si era resa conto che la gravidanza era reale,
quel timore, forse ciò che la spaventava maggiormente, era proprio
non riuscire a portarla a termine, scartare l'ultimo regalo della Red
Room. Questo era il motivo per cui non voleva sperare, per cui non si
lasciava completamente andare a quel sentimento dolce ed avvolgente,
per cui lo sguardo di Steve da una parte la cullava e dall'altra
l'angosciava. Perché sapeva che se la vita le avesse strappato
quella piccola vita lei non sarebbe sopravvissuta, non avrebbe retto
il colpo e avrebbe trascinato con sé nel baratro della disperazione
anche l'uomo che amava sopra ogni cosa.
Ora
però, essere lì ad osservare il proprio ventre ingrossarsi perché
suo figlio, suo e di Steve, stava crescendo la faceva sentire felice.
Ne percepiva il dolce sapore in bocca, e sempre più forte era il
desiderio di poterlo un giorno accogliere fra le sue braccia;
malgrado non si sentisse per nulla pronta a divenire madre non
nascondeva a sé stessa che anelava conoscere suo figlio.
Paura
e speranza si affrontavano furiose dentro di lei, senza che nessuna
delle due sensazioni fosse vincitrice; questo insieme agli ormoni che
la travolgevano come onde durante un maremoto minavano seriamente il
suo ferreo autocontrollo.
Scrollò
le spalle e terminò di abbottonarsi la camicia, si infilò un paio
di comodi pantaloni neri; sbuffò ecco un'altra cosa che non le
andava per nulla a genio: tutti i suoi abiti cominciavano ad andarle
stretti sul giro vita. Avrebbe dovuto arrendersi all'evidenza... le
sarebbero serviti al più presto degli abiti premaman.
Natasha
raggiunse il soggiorno, dove il resto della squadra si era riunita.
«Ecco
qui la futura mamma...» la salutò Stark ricevendo in risposta
un'occhiata al vetriolo dall'adorabile futura mamma.
La
donna si sedette, accanto a Sharon, sul divano lucido e bianco
incrociando le braccia; scacciando infastidita il piacevole brivido
che l'aveva colta alla parola 'mamma'. Iniziava a piacerle più del
consentito.
«Buongiorno
anche a te raggio di sole!» ridacchiò Clint, comprendendo benissimo
lo stato d'animo dell'amica. Steve uscì dalla cucina con una tazza
di tisana allo zenzero e un bicchiere colmo d'acqua che passò alla
propria compagna con un sorriso pacato, prima di prendere posto
accanto a lei.
La
spia gli lanciò un'occhiata grata senza dire una parola; sapeva che
detestava il fatto di non poter affrontare la gravidanza insieme,
come una qualsiasi altra normale coppia, ma apprezzava quei piccoli
gesti che faceva per lei, ad esempio imparare cosa poteva mangiare o
bere e cosa no e difatti anche quella mattina le aveva preparato una
tisana alla zenzero che a quanto pare riusciva ad alleviare leggere
nausee. Lui, era conscia, pensava di non fare abbastanza ma invece
Natasha avrebbe voluto riuscire a dirgli che lo amava immensamente
per quei pochi ma indispensabili gesti che faceva per lei.
«Allora
vogliamo parlare del simpatico agente nemico incosciente?» domandò
Tony senza troppi preamboli.
«Posso
confermare che quello non è il tizio che ci ha attaccato...» fece
presente Clint poggiando pesantemente i gomiti sulle ginocchia ed
incrociando le dita fra loro.
«Che
cosa hai scoperto su di lui Tony?» domandò Steve grave; il magnate
digitò qualche tasto sul tablet e l'ologramma si materializzò in
mezzo alla stanza.
«Braccio
di ferro qui aveva ragione, abbiamo analizzato il suo DNA ed ha
subito esattamente le sue stesse modifiche... questo fa di lui un
altro-»
«Winter
Soldier» terminò per lui Bucky con un sospiro. Già lo sapeva,
ma una piccola parte di lui sperava di essersi sbagliata.
«Abbiamo
altro su di lui?» si informò Natasha «Niente dalle impronte
digitali?»
«Niente
di niente, per quanto ne sappiamo quest'uomo non esiste...»
«Ragazzo»
ribatté Steve pensieroso; gli altri lo fissarono appena perplessi.
«E'
ancora un ragazzo...» ripeté lui con un sospiro, effettivamente
l'aspetto dell'agente era giovane e non doveva superare i venticinque
anni; gli altri si ritrovarono ad annuire, consci di ciò.
«Sia
come sia, è pericoloso!» borbottò James provando un moto d'odio
verso... nemmeno lui lo sapeva dire con certezza, probabilmente se
stesso, la Red Room, l'Hydra, chiunque giocasse con la vita altrui.
Si sentiva stanco.
«Buc...»
sospirò Steve, voltandosi verso di lui «Non essere troppo duro...»
mormorò intendendo con quella frase molto più di quanto dicesse;
«E'
come me, quindi so quanto possa essere letale» replicò ostinato,
digrignando i denti;
«Bene,
se è come te vuol dire che non l'ha voluto!» ribatté il capitano
stizzito, ammutolendo l'amico.
Sharon
e Natasha, come gli altri, avevano seguito in religioso silenzio quel
breve scambio di battute e si lanciarono un'occhiata complice.
«Cap
ha ragione Bucky.» si intromise cauto Sam «Una volta gli dissi che
a mio parere tu eri una persona da fermare e non di certo da
salvare... Beh notiziona del giorno: mi ero sbagliato!» terminò con
un sorriso caldo e l'atmosfera si stemperò di un poco.
«Posso
dire che tutto ciò è molto commovente?» esclamò Stark ironico,
asciugandosi una finta lacrima dall'occhio mentre il resto del gruppo
emetteva versi esasperati.
«Dovresti
parlargli tu...» affermò Sharon osservando il Soldato di sottecchi
«Non ha emesso un fiato con nessuno»
«Mi
stai chiedendo molto» replicò piano James;
«Lo
so. Ma non è detto che non possa esserti d'aiuto...» celiò
poggiandogli la mano sopra la sua di metallo.
«Sharon
ha ragione» Natasha aveva parlato ma il suo sguardo si era fatto
lontano «Meglio che sia tu ad andare dal passato che il passato a
venire da te» disse e tutti ben intesero le sue parole visto ciò
che era capitato più di un anno addietro.
«Quando
te la sentirai» lo rassicurò l'agente 13 guardandolo con
espressione carezzevole.
«In
ogni caso è troppo rischioso tenerlo qui con noi al momento.» fece
notare Tony con tono serio, una volta tanto e si scambiò al volo
un'occhiata col Capitano, che annuì. Per quanto quel ragazzo potesse
essere una vittima quanto James era ancora potenzialmente una
minaccia che non poteva essere lasciata nello stesso edificio con
Natasha incinta e non nelle condizioni di difendersi al meglio,
l'intera famiglia di Clint, Pepper che andava e veniva e due
adolescenti alle prime armi.
«Più
tardi verrà trasferito al Playground, ho già preso accordi con
Agente»;
«Non
che sia il posto più sicuro ora come ora...» fece presente Clint
visto che la possibilità di una talpa era alquanto concreta.
«Non
che abbiamo altre alternative» affermò Steve anche lui non proprio
rassicurato «Ma mi fido di Coulson».
«Sei
sicuro che non ci veda?» domandò per la terza volta Alexandra
fissando il biondo giovane che era tenuto ben legato al lettino,
sveglio e con lo sguardo vuoto puntato dritto davanti a lui.
«Sasha
se ti inquieta tanto mi spieghi perché sei voluta venire qui?»
domandò Jace con un accenno di canzonatura nel tono.
«Mpf.
Ero curiosa, va bene?» sospirò la ragazzina, gonfiando le guance.
Gesto che il quindicenne trovò adorabile. Si schiarì la voce;
«Per
la terza volta ti dico che no, non ci vede! So che il suo sguardo
inquietante è puntato dritto verso di noi, ma sta guardando – se
sta fissando davvero qualcosa – se stesso. Noi vediamo lui ma lui
non vede noi!»
«Che
significa “se sta davvero fissando qualcosa”?» chiese
incuriosita Alex distogliendo finalmente lo sguardo dal prigioniero.
Jace si morse un attimo le labbra prima di confessare:
«Ogni
tanto capitava anche a Bucky. Sopratutto i primi tempi che vivevamo
insieme, lo trovavo a fissare un punto imprecisato esattamente con
quello sguardo... era intenso ma al tempo stesso non stava realmente
guardando ciò che gli stava davanti, era perso... nella sua mente».
Aveva cercato di usare un tono calmo, quasi leggero ma il ricordo gli
faceva comunque male.
Alexandra
abbassò lo sguardo, dispiaciuta.
«Mi
spiace... Quindi è davvero un altro Winter Soldier?».
Il
biondino si strinse nelle spalle;
«Probabile.»
poi si accorse del suo sguardo meditabondo «A cosa pensi?». La
giovane esitò un istante prima di rispondere:
«A
Bucky... A Natasha, ai miei genitori... A Yelena ed Alexei- erano
tutti parte della Red Room ed hanno subito destini così differenti»
il suo sguardo si fece triste, l'argento dei suoi occhi da chiaro si
fece denso con le nubi cariche di pioggia «Odiavo Yelena, davvero...
poi sapendo la sua storia mi è un po' dispiaciuto, anche se una
parte di me continua ancora adesso a detestarla. Però ora ho capito
e mi dispiace perché non ha avuto una vera scelta, magari col tempo
Natasha e forse anch'io e mio padre avremmo potuto aiutarla come tu e
Steve avete fatto con Bucky... Guardo quel ragazzo e vedo lei, non lo
so, vorrei solo che nessuno debba più morire, non quando qualcun
altro l'ha costretto a diventare altro da ciò che era».
Alexandra
alzò appena lo sguardo, i suoi occhioni era lucidissimi ed enormi e
Jace si sentì totalmente travolto da loro. L'abbracciò d'istinto,
facendole poggiare il capo sul suo petto – Alexandra gli arrivava
al mento – capendo bene il suo pensiero esposto con quella voce
sottile ed incerta.
«Lo
capisco, Sasha. Sono sicura che nessuno di loro lo permetterà».
Improvvisamente
un allarme si propagò per l'intero piano, Jace ed Alexandra si
staccarono e si voltarono terrorizzati verso il prigioniero, che non
si era mosso di una virgola, l'espressione immutata.
«Merda.
Andiamo Sasha, arrivano i guai!».
«Che
altro c'è?» dichiarò esasperato Tony «J.A.R.V.I.S.!».
«Si
sta verificando una strage fra gli abitanti di una cittadina del New
Mexico, nella zona sud di Las Cruces» spiegò compita
l'intelligenza artificiale.
«Origine?»
«Rilevata
fonte d'energia che emana radiazioni riscontrate nell'analisi dello-»
«E'
lo psychotron!» ragionò Steve passandosi stancamente le mani sul
volte e fra i capelli.
«Deduzione
corretta, capitano Rogers» concordò J.A.R.V.I.S.
«Fantastico!»
risposero in coro Clint e Sam.
«Hanno
iniziato ad utilizzarlo, avremmo dovuto aspettarcelo...» berciò
Bucky allacciandosi la sua divisa, che si era tolto solo la sera
precedente.
«Tutti
all'hangar tra dieci minuti! Non possiamo perdere tempo...» esclamò
il capitano muovendosi per andare a recuperare il proprio scudo,
afferrò la mano di Natasha ed entrambi si diressero nella loro
stanza.
In
silenzio il supersoldato si assicurò lo scudo alla schiena, rimase
fermo mentre Vedova con gesti decisi gli sistemava la divisa, le sue
dita abili e rapide stringevano dove necessario le protezioni;
«Non
abbassare la guardia, chiedi a Stark di fare un'analisi del
perimetro, niente azioni singole... tu sopratutto non-» le sue mani
lisciarono inutilmente la bianca stella sul petto e li si
arrestarono. Sollevò i suoi liquidi occhi di giada sui suoi, che la
stavano osservando attenti.
«Andrà
bene» sussurrò lui guardandola con sicurezza;
«Niente
cazzate Rogers» frecciò lei e lo attirò a sé per baciarlo. Lui la
strinse a sé per un attimo ancora poi si diressero verso l'hangar,
in silenzio ma l'uno accanto all'altra e le loro braccia che si
sfioravano delicatamente.
Una
volta scesi, trovarono Sam e Clint intenti a terminare di rifornire
il jet di armi, Tony era già al suo interno ad avviare i motori e
più in disparte Bucky e Sharon parlavano piano fra loro. Il Soldato,
prima di voltarsi completamente, si sporse verso di lei catturandole
le labbra in un bacio, Sharon cercò di prolungare un attimo ancora
quel contatto prima di lasciarlo andare.
Steve
si scambiò un cenno con Natasha e poi si avviò, ma a metà strada
sembrò quasi ripensarci si fermò e voltò appena la testa;
«Natasha
lo sai»; la donna inclinò il capo e piegò le labbra in un
sorriso dolce ma enigmatico.
«Lo
so. Anch'io Steve».
Il
jet inghiottì ad una ad una le figure dei propri compagni, Sharon si
avvicinò a Vedova, si scambiarono un sorriso.
«Sarai
la mia babysitter oggi?» la canzonò benevola la rossa;
«Sai
com'è avevo bisogno di una giornata fra ragazze» replicò l'altra
divertita. Le due tornarono verso il piano nobile dell'Avengers Tower
in un sereno silenzio.
«Come
stai a proposito?» domandò sinceramente interessata l'agente 13,
Natasha fece finta di rifletterci su;
«Uhm
una meraviglia: inizio ad avere fitte alla schiena, devo
costantemente andare in bagno, se mangio vomito, ho crampi al ventre,
mi sento perennemente stanca... ah e il padre di questo bambino è
appena partito in una missione potenzialmente suicida» riassunse
brillantemente e con una certa ironia, non di certo rivolta all'amica
che era sempre al suo fianco, «Oh dimenticavo, Laura tiene un corso
preparto appositamente per me» esalò fintamente sfinita. In realtà
era davvero grata alla moglie del suo migliore amico per aiutarla
psicologicamente e fisicamente a prepararsi alla nascita di suo
figlio, era lei semplicemente che non si sentiva adeguata.
«Uh
potrebbe chiamarlo “Come prepararsi alla nascita di un eroe, figlio
di eroi”» ci scherzò su Sharon cosa di cui la russa fu grata.
«Ti
serve supporto morale?» domandò poi, Natasha ridacchiò e annuì
«Ammetto che non vi ci vedo tu e Steve ad un corso preparto...»
«Perché
tu mi ci vedi madre?»
«Sì.»
affermò la bionda seria. La sicurezza della sua espressione stupì
Vedova.
«Non
sto scherzando, forse tu non te ne accorgi ma il modo in cui ti
rapporti con Alexandra è molto... materno, non trovo altro
termine per spiegarlo meglio.»
«Magari
sono stata ispirata da te e Jace» replicò dolcemente Natasha
facendo lievemente arrossire Sharon. Sapeva quanto significassero
quelle parole per lei, teneva moltissimo a quel ragazzino. Lei e
James erano la sua famiglia, malgrado Jace non li chiamasse “mamma”
e “papà”; ma infondo era poi così fondamentale?
«Vedi,
lo fai anche in questo momento. Tu sei un punto di riferimento per
tutti noi, Nat ricordatelo» celiò Sharon con sguardo lucido.
Natasha
non commentò, ma quelle parole l'avevano profondamente colpita.
«Vieni
mia partner».
*
«Buongiorno
sono qui per vedere la dottoressa Helen Cho»;
«Identificarsi
prego» rispose l'AI dell'Avengers Tower.
«Agente
dello S.H.I.E.L.D., Erica Holstein» replicò la donna con un sorriso
a trentadue denti.
Era
tardo pomeriggio, gli agenti dello S.H.I.E.L.D. avevano prelevato il
prigioniero e Natasha era stata accorta a non farsi vedere da
Melinda, si sarebbe resa subito conto del suo “stato interessante”,
e per il momento era meglio mantenere il segreto.
Si
trovava, ora, nell'ampio e soleggiato soggiorno, semidistesa sul
divano con accanto Sharon cercavano entrambe di distrarsi con un film
Disney proiettato appositamente per i piccoli Barton, presissimi,
insieme a Alexandra e Jace – che cercavano di mantenere un certo
distacco dal film ma anche loro presi a canticchiare a voce bassa le
canzoni – e Laura che cullava tranquillamente Nathaniel
addormentato. Steve e gli altri non avevano ancora dato notizie, ma
nessuna aveva detto una parola, era come un grosso elefante nella
stanza.
Improvvisamente
la tv si spense, tutto per esattezza all'interno della Tower smise di
funzionare per cinque secondi esatti.
«J.A.R.V.I.S!?»
esclamò all'erta Natasha.
Inizialmente
si percepì solo un crepitio metallico, poi la voce dell'AI proruppe
disturbata;
«Tenta-ti-vo
d-di... h-a-ckera-g-gg-io i-n -cor-so, s-si-stemi di -d-ife-sa
d-disat-tivati... a-tt-ua-re r-r-pristi-no»;
«Maledizione!
J.A.R.V.I.S. contatta Tony! Mi hai capito? Contatta Stark!» frecciò
rapida sempre la russa guardandosi attorno, ma non ci fu bisogno di
aspettare molto per l'attacco a sorpresa.
«A
terra!» urlò Sharon gettandosi insieme a Natasha dietro il divano,
mentre agenti Hydra si calavano ed irrompevano dalle ampie vetrate.
«Sharon,
sotto il divano... pistole!» mormorò la russa mentre la sua mente
lavorava rapida; la bionda agente non se lo fece ripetere le trovò
ed iniziò a sparare. Natasha si guardò attorno: Laura stringeva
Nathaniel a sé che aveva iniziato a piangere, Lila e Cooper erano
accanto a lei tremanti e Alexandra e Jace poco più distanti riparati
dietro al mobilio.
«Laura
affida Nathaniel a Lila. Jace Alex guardatemi, appena ve lo dirò
afferrate Cooper e Lila e correte a nascondervi, andate verso
l'hangar d'accordo? Intesi?» ripeté mentre loro esitarono un attimo
prima di annuire;
«Ma
Natasha tu-?» pigolò Sasha preoccupata;
«Me
la caverò! Non posso lasciare sola Sharon. Ascoltate avete un
telefono con voi? Bene, chiamate Pepper, se J.A.R.V.I.S. è stato
attaccato, Stark risponderà sicuramente a lei e poi contattate lo
S.H.I.E.L.D.! Laura tu-»
«Io
resto.»
«Non
posso chiedertelo...»
«Non
me l'hai chiesto, ho deciso io. Sono la moglie di un Avenger credi
che non sappia difendermi?» Natasha sorrise appena ed annuì.
«Mamma...»
celiò Lila sconsolata, la donna l'abbracciò rapida e sorrise
decisa;
«Forza
fate come dice zia Nat!».
Non
ebbe nemmeno bisogno di dirlo, Sharon comprese perfettamente, le
lanciò un'arma e Natasha con uno scatto iniziò a sparare agile
scoprendosi fino alle spalle e abbattendo rapida alcuni nemici.
«ORA!».
Jace
pronto balzò in avanti insieme ad Alex e proprio come da piano
afferrarono i piccoli Barton e corsero verso il corridoio, proprio
mentre dall'ascensore altri agenti si riversavano nel salone.
Laura
si scambiò uno sguardo con Natasha che le fece un cenno affermativo.
Con agilità la moglie di Clint Barton mise fuori gioco un paio di
agenti Hydra con mosse quasi circensi.
In
effetti Laura Barton non era esattamente una sprovveduta, lei e Clint
si erano conosciuti quando da adolescenti lavoravano per il Circo
Tiboldt1; lei era un'aggraziata e formidabile
acrobata finita anch'essa nei guai con la legge per esser stata
complice del ragazzo di cui si era innamorata: il suo attuale marito,
che le aveva insegnato, in ogni possibile modo, a sfruttare la sua
agilità e flessibilità, oltre che insegnarle a sparare con un
fucile o pistola nel corso degli anni. Era un'allieva straordinaria,
le diceva spesso lui.
«Oddio!
Sono questi gli effetti del pilates?» domandò sconvolta Sharon dopo
aver ingaggiato e vinto un corpo a corpo.
«No,
circo dall'età di dieci anni!» replicò lei con un sorriso mentre
veloce storceva un braccio all'avversario e lo metteva KO;
«Questo
invece me l'ha insegnato Clint!» celiò quasi esaltata.
«Ricordami
di non sfidarti mai!» asserì Natasha cercando una dopo l'altra le
varie armi che aveva disseminato per la stanza e facendo fuoco.
«Fortuna
che doveva essere una settimana di riposo assoluto» mormorò a se
stessa Vedova cercando di controllare le reazioni del suo corpo,
malgrado volesse non sarebbe riuscita ad ingaggiare un corpo a corpo.
Un
agente Hydra le si parò davanti, lei aveva appena finito i
proiettili. “Stiamo calmi” si disse mentre il suo cervello
cercava di elaborare un qualche tipo di mossa, d'un tratto il suo
nemico si accasciò privo di vita; la russa si voltò e sospirò di
sollievo.
«Scusate
il ritardo!» esclamò Niko Costantin armato di fucile e con l'aria
pericolosa. Subito accorse da Natasha;
«Tutto
okay?» le domandò gentilmente, lei annuì mestamente;
«Mi...
Ci hai salvato.» inspirò, poi il suo sguardo si assottigliò
facendosi pericoloso «Ora passami entrambe le pistole, e quel
fucile a Laura, è il momento di fargli capire chi comanda.» sibilò
letale.
*
New
Mexico, Las Cruces.
La
neve aveva appena finito di scendere, creando un sottile e soffice
strato bianco sull'intera cittadina di Las Cruces.
Una
piccola città nel sud del New Mexico che si era fatta
improvvisamente deserta. Un silenzio irreale e pesante impregnava
l'aria, mentre gli Avengers appena sbarcati dal jet si guardavano
attorno con aria circospetta.
«Rilevo
fonti di calore in direzione nord-est» dichiarò Stark avvolto
dall'armatura, mentre dati iniziavano ad apparire nella sua
interfaccia.
«Traccia
la posizione. Noi ti seguiamo...» berciò serio Steve;
«Non
serve» si intromise con tono cupo Bucky, tutti si voltarono verso di
lui che indicò a terra, sulla bianca neve imbrattata di vivo rosso.
«Oh
magnifico seguiamo la scia di sangue!» esalò Sam levando gli occhi
al cielo mentre il resto del gruppo si metteva in marcia.
«Seguiamo
il sangue! Non poteva essere seguiamo le farfalle!?» borbottò
sconsolato.
Il
gruppo continuò a muoversi piano, stando bene attenti a qualsiasi
segno fuori posto o attacco sorpresa; Sam volava a più alta quota,
mentre Tony gravitava intorno a Steve, Clint e James che procedevano
in circolo dandosi le spalla a vicenda.
«Qui!
Rilevò una fonte di calore, ma nessuna energia riscontrabile con lo
psychotron...» disse il miliardario sbuffando perché qualcosa non
andava con J.A.R.V.I.S., possibile che ci fossero apparecchi di
disturbo?
Si
trovavano davanti a quella che doveva essere la palestra della città.
Steve e Clint si accostarono alle porte lentamente e i rumori che
provenivano dall'interno non erano per nulla rassicuranti. Sarebbero
stati degni di un film horror.
«Anche
se lo psychotron non è più in funzione non significa che il suo
effetto sia svanito, questo è l'ultimo posto in cui sono state
registrate le sue radiazioni, quindi la priorità va alla distruzione
del dispositivo. State bene attenti, intesi?» disse ai compagni il
capitano poi fece un cenno a Tony.
Il
miliardario si posizionò davanti alle doppie porte d'ingresso levò
il braccio e l'energia scaturì dal palmo, distruggendo buona parte
dell'entrata.
«Oh
oh» ebbe il tempo di esclamare prima che un'ondata incazzosa e
completamente fuori controllo di persone gli si fiondasse contro.
Immediatamente
il resto della squadra si ritrovò ad affrontare un gran numero di
persone che non avevano più nulla di umano ed erano ricoperte di
sangue, alcune avevano ferite profonde o addirittura brandelli di
pelle staccati, e all'interno dello stabile la situazione era
peggiore di qualsiasi scena horror: il pavimento era ricoperto di
viscoso liquido rosso e diversi corpi erano riversi a terra, spezzati
o peggio.
«Ragazzi
non so voi, ma io credo che avrò gli incubi per mesi!» gridò Clint
combattendo quelle creature furiose, che non potevano più essere
definite umane.
«Non
guarderò mai più un film sugli zombie, lo giuro!» berciò Sam
orripilato.
Nessuno
di loro si era accorto che qualcuno stava osservando la scena,
dall'alto del tetto dell'edificio e sembrava pure godersela un mondo.
Brock
Rumlow afferrò il cellulare e rispose, mentre il sorriso sulle sue
labbra non accennava a scemare;
«Mmh.
Capisco, sì ci sono cascati in pieno, avranno il loro bel daffare.
D'accordo» poi si volse verso L che fissava lo scontro senza nessuna
espressione in particolare.
«Andiamocene.
Sin ha preso ciò che serviva, forse ha addirittura trovato qualcosa
di meglio» detto ciò non attese una risposta che non sarebbe mai
arrivata, e si voltò togliendosi dal cornicione.
Fu
un movimento impercettibile ma, l'occhio dell'arciere lo colse
comunque, alzò appena lo sguardo e fece appena in tempo a scorgere
una figura maschile. Fu talmente veloce che un'altra persona avrebbe
creduto semplicemente di esserselo immaginato. “Non
è possibile...”.
Tony,
nel frattempo come gli altri, tentava di sopravvivere a quegli
attacchi suicidi, imprecando perché J.A.R.V.I.S. non rispondeva ai
suoi comandi, c'era decisamente qualcosa che non andava. Il trillo di
una chiamata lo distrasse momentaneamente facendolo finire a terra.
«Pepper!?
Tesoro sono un tantino impegnato in questo momento...». Essendo
tutti collegati con l'auricolare fra loro, anche il resto dei suoi
compagni poteva sentire la conversazione.
«Tony!
La Tower è stata attaccata dall'Hydra!» gridò tutto d'un fiato
Pepper per nulla divertita, anzi il suo tono aveva un che di
isterico.
James,
Clint e Steve alzarono il capo in sincrono guardandosi fra loro con
occhi sgranati. Il cuore del capitano sprofondò e un terrore nero lo
assalì, fu per puro miracolo che non venne travolto dalla carica
nemica. Osservò i suoi compagni e i loro volti era stravolti dalla
stessa espressione scura ed angosciata che era dipinta sul suo volto.
“Natasha”.
*
«Ti
prego...» borbottò un agente dell'Hydra a terra e ferito
gravemente. Ma Natasha non diede segno di pietà e gli piantò una
pallottola dritta nel petto. Aveva visto, aveva capito cosa tentava
di nascondere, di proteggere.
Alzò
il capo e venne colta da un giramento, subito Niko e Sharon la
sostennero preoccupati. La mano di Vedova corse immediatamente al
ventre, si concentrò sulla respirazione per qualche secondo.
«Nat?
Tutto bene?» domandò il russo, lei annuì seria. Si costrinse a
rimettersi dritta sulle proprie gambe anche se aveva un'enorme voglia
di crollare a dormire, anche lì sarebbe andato benissimo.
Melinda
la osservò meravigliata, fortunatamente Jace e Alex erano riusciti a
contattare lo S.H.I.E.L.D. che aveva fatto immediatamente una manovra
aerea per tornare indietro ad aiutarli.
«Tu-»
«Non
ora ti prego» la interruppe la rossa esausta. Si guardò attorno
osservando l'intero salone trivellato e con corpi stesi a terra. Poi
un sottoposto di Melinda May sopraggiunse con espressione stravolta e
verdognola.
«Agente
May! C'è una donna al piano inferiore è stata... stata accoltellata
è-è piuttosto grave».
Natasha
e Sharon si guardarono ed entrambe si diressero lungo i piani
inferiori.
Una
volta giunte al piano in cui era situato l'ufficio di Helen Cho,
l'agente 13 si portò le mani alla bocca.
Vedova
si diresse da Helen riversa a terra immersa in una pozza di sangue,
il suo. Sembrava che qualcuno si fosse divertito a trafiggerla come
fosse stata un puntaspilli. Non seppe come riuscì a combattere i
conati di vomito, ma con un enorme sforzo di volontà, Natasha si
accostò alla donna, che improvvisamente aprì gli occhi e li puntò
su di lei.
«N-Natasha
m-mi dispiace...» sospirò stanca la dottoressa. Natasha si guardò
attorno non comprendendo subito, poi i suoi occhi si soffermarono
sull'intero ufficio e un brivido di puro terrore le percorse le
membra provate.
«Loro
lo sanno...» sussurrò, poi alzò lo sguardo su Sharon che la
fissava paralizzata;
«Loro
lo sanno».
1
= Circo Tilboldt è il circo in cui Clint Barton lavorò
insieme a suo fratello dopo essere fuggito di casa e dove, grazie
allo Spadaccino e Trick Shot, divenne un formidabile
arciere.
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Allora,
vi ho fatto attendere ma credo ne sia valsa la pena! (almeno lo spero)
come potete constatare no, non me ne sono stata tranquilla a lungo, in
questo capitolo dopo un inizio abbastanza riflessivo troviamo un bel
po' di azione, l'HYDRA o forse dovrei dire Sin? ha tirato un bello
scherzetto ai nostri eroi... e la fine del capitolo mostra fino a che
punto; ora anche loro "sanno". Molti si chiederanno perché Sin -
anche nello scorso capitolo - era interessata alle cartelle mediche
degli Avengers, tutto ha una spiegazione, e presto o darti vi
verrà fornita.
Spendendo due parole per Natasha:
non è stato facile immedesimarmi nello stato d'animo di una
futura madre, questo viene complicato dal fatto che la persona in
questione è abbastanza complessa. Natasha oscilla tra la
preoccupazione e la felicità a cui comunque non vuole
abbadonarsi, perché ne ha davvero passate troppe per vedere il
mondo tutto rose e fiori, inoltre credo che una gravidanza, con tanto
di ormoni al seguito, sia comunque un avvenimento, un percorso che ti
pone davanti a mille dubbi e preoccupazioni... Perciò Natasha ha
ancora un po' di strada davanti a sè prima di tornare ad avere
il suo consueto controllo e di accettare con serenità gli eventi
- sempre che tutto fili liscio - qui però vediamo dei momenti
puramente Vedova, non si fa problemi a togliere di mezzo un nemico per
proteggere la sua gravidanza e così suo figlio, l'animo da
leonessa non è solo di Sharon e anche Nat avrà modo di
dimostrarlo.
Per quanto riguarda Laura ho totalmente inventato il suo background, ma
doveva pur essere spuntata fuori da qualche parte no? E come ho scritto
è la moglie di una super spia e pure Avenger, volete davvero che
malgrado l'anonimato suo marito non le abbia insegnato a difendersi!?
Dai! In ogni caso spero che questa mia piccola libertà vi sia
piaciuta.
Bene! Anche per
questo capitolo è tutto... Per qualsiasi dubbio o
curiosità non esitate a contattarmi :) Vi invito, come sempre, a
seguire la mia pagina autore su fb "Asia Dreamcatcher".
Io ringrazio tutti voi: chi commenta, chi inserisce la mia storia nelle
differenti liste e anche chi legge semplicemente e vi do appuntamento a
VENERDI' 28 APRILE
(purtroppo per motivi di impegni sono costretta a rivedere la data di
pubblicazione!) tra 18 giorni... e credetemi non sarà piacevole
XD