“Quando
la vita ti da mille ragioni per piangere, tu falle vedere che hai
mille ed una ragione per sorridere”
(di
Benite Costa Rodriguez)
Rosalie
POV
Lessi
e rilessi tante di quelle volte quella frase, da perderne il conto.
Eppure, era una cosa difficile: ero una vampira ed in quanto tale,
possedevo la miglior memoria che si potesse anche solo immaginare.
É
solo che... non riuscivo a togliere gli occhi da quelle parole,
scritte in corsivo su un vecchio libro di Carlisle, dimenticato in un
angolo della sua fornitissima e personale biblioteca. Erano parole
brevi, ma allo stesso tempo intense e ricche di vari significati.
Erano così come si presentavano, anche ai semplici occhi
umani, senza richiedere necessariamente nessuna particolare
spiegazione. Ma nonostante questo, non riuscivo a capire il motivo di
tanto interesse da parte mia.
“Cavolo
Rose” mi dissi “É soltanto una
stupidissima frase! Capirai
quante ne avrai lette di simili in altri libri durante tutta la tua
esistenza!”. Certo, era soltanto una frase qualunque,
soltanto
parole accostate insieme a caso, ed io, Rosalie Hale, non potevo di
certo passare l'intera giornata a contemplare quella pagina, alla
ricerca del significato nascosto, sperando che questo balzasse ai
miei occhi in modo semplice, come era successo per quello letterale,
quello apparente...
Pertanto,
chiusi il libro con uno scatto, facendo propagare per la stanza un
rumore sordo. Avevo bisogno di prendere aria. Non in senso letterale,
era chiaro. Più che altro avevo bisogno di pensare ad altro.
Attraversai il corridoio del secondo piano e le due rampe di scale in
pochi millesimi di secondo, ritrovandomi nel grande e luminoso
salotto bianco. Mi ci volle un solo istante per rendermi conto che
sul divano chiaro, che occupava l'intera parete est della stanza, si
trovava mio fratello Edward, seduto comodamente sul bracciolo. Era
intento a guardare la piccola Nessie dormire, serena e
incredibilmente bella come sempre.
“Finalmente
hai chiuso quel libro!” esordì senza staccare gli
occhi
dalla figlia “Se avessi letto quella frase ancora una volta,
giuro
che sarei impazzito!” e concluse con una leggera risata. Io
feci
una smorfia. Ecco, ci mancava solo che quel simpatico di mio fratello
iniziasse a lamentarsi. In fondo che leggesse nella mente altrui, non
era affar mio.
“Come
se dipendesse da me!” mugugnò accarezzando i
boccoli ramati
di Nessie
“Dove
sono finiti gli altri?” domandai per cambiare discorso
“Mmm...
Bella, Esme ed Alice sono andate a Seattle... credo ci fosse una
specie di svendita in un grande centro commerciale. Roba da donne,
insomma!” fece con tono annoiato. Ecco, loro andavano a fare
shopping ed io rimanevo a casa, a fissarmi su una stupida frase.
Fantastico!
“Non
prendertela troppo!” esclamò Edward girando la
testa verso
di me e sorridendo appena “Lo sai che quando si tratta di
vestiti
Alice è incontrollabile. Mi meraviglia soltanto il fatto che
sia riuscita a convincere Esme e Bella... soprattutto Bella!”
e
sottolineò il nome di sua moglie per dare maggiore enfasi
alla
cosa. Già, la mia nuova sorella non era affatto un'amante
della moda. Anzi, a dirla tutta, non le interessava minimamente
neanche l'idea dello shopping, figuriamoci partire per una
destinazione precisa per imbattersi in una giornata interamente
dedicata a quella attività. Per di più in
compagnia di
Alice. Letteralmente improponibile per lei!
“Esattamente!”
confermò mio fratello con una alzata di spalle
“Jasper
e Carlisle?” domandai
“A
caccia, e a loro si è unito anche Emmet...”
rispose tornando
a concentrarsi sulla bambina
“Ma
come... ci siamo andati insieme questa mattina!” protestai
indignata
“Jazz
gli ha detto che sarebbero andati a nord... il che significa
grizzly!” esclamò soltanto. Sbuffai. Maledizione,
ero
rimasta sola, senza uno straccio di cosa da fare
“Grazie
per la considerazione, Rose!” biascicò Edward
divertito
“Sai
a cosa mi riferisco!” esclamai secca. Lo raggiunsi a passo
lento,
sedendomi sul lato opposto, sull'altro bracciolo del divano.
La
piccola Nessie dormiva tranquilla. Le spalle si abbassavano e si
alzavano lentamente, scandite dal ritmo del suo respiro. Trasmetteva
una certa tranquillità. Molta di più di quanta
avrebbe
potuto trasmetterne Jasper con il suo dono speciale.
“Lei
può fare tutto quello che noi non siamo più
capaci di
compiere. Dorme, mangia, sogna... insomma è umana a tutti
gli
effetti, se non fosse per la sua immortalità e quel dono
particolare che si ritrova!” Edward parlava assorto,
interamente
concentrato sul volto della figlia
“Sai...
delle volte la invidio!” esordì qualche istante
dopo. Non
capivo il senso delle sue parole. Lui era un vampiro. Poteva avere
tutto il meglio che la vita potesse offrire. Aveva avuto la sua
Bella, e per giunta aveva ottenuto anche una figlia meravigliosa.
Cosa voleva di più?
“Probabilmente
hai ragione... dalla vita ho avuto molto... forse molto di
più
di quanto mai potessi immaginare e meritare. Però... alcune
volte sento la necessità di qualcosa che questa natura, sono
certo, non potrà mai darmi!”
“E
sarebbe?” chiesi confusa
“Riflettici
su, per un istante... pensa a quando Nessie è di malumore,
oppure a quando le manca sua madre, o Jacob... cosa fa di solito in
questi casi?” mi chiese. Beh, facile, no? Piange!
“Esatto!”
esclamò. Lo guardai colpita. Ma dove voleva arrivare? Cosa
mi
stava dicendo? Che voleva piangere anche lui?
“Vedi,
alcune volte, mi fermo a riflettere, e mi chiedo se la mia esistenza
sarebbe diversa se mi fosse concesso di piangere!”
spiegò
“Ma...
mettiamo il caso tu riuscissi a farlo... per quale motivo
desidereresti davvero piangere?” domandai
“Semplice...”
sorrise “Ritengo sia l'unico modo per esprimere davvero
quello che
sentiamo, per liberarci di qualcosa che non ci fa vivere...”
accarezzò di nuovo i capelli di Nessie e continuò
“L'ultima volta che ho sentito il desiderio impellente di
versare
almeno una lacrima, è stato quando sapevamo dell'arrivo dei
Volturi. Avrei voluto scappare, nascondermi in un angolo buio e
piangere. Piangere per lei, perché sapevo e temevo in cuor
mio, che la mia bambina non ce l'avrebbe mai fatta. Avevo paura per
la mia Bella, per lei che era il mio unico grande amore, ed
ovviamente per la mia famiglia. Non l'ho mai ammesso, ma era
così!”
fece una pausa e concluse “Beh, a volte mi chiedo se le
lacrime in
quei momenti mi avrebbero aiutato!”
“Permettimi
di dirtelo, ma... per me, il tuo, è un discorso leggermente
senza senso!” esclamai schietta. Ma d'altronde non avevo mai
avuto
peli sulla lingua
“Potrà
sembrarti così, ma se ci rifletti davvero... un senso ce
l'ha...” alzò gli occhi nella mia direzione
“Tu ad
esempio... se potessi, per cosa vorresti piangere?” rimasi
spiazzata. Ecco, adesso sì che dimostrava davvero di essere
impazzito!
“Ma
che razza di domande sono, Edward!” esclamai interdetta
“É
una cosa stupida, e non vedo il motivo per il quale io debba
risponderti, né tanto meno farmi venire in testa un problema
come questo!” considerando il fatto di averne già
tanti a
riempirmi il cervello
“Per
me sbagli a pensarla in questo modo...” disse qualche istante
dopo
“Sei troppo rigida!” rigida? Io sarei rigida? Ma
fatemi il
favore!
“Credimi,
Rose... farebbe bene anche a te versare una lacrima di tanto in
tanto!” adesso si permetteva di darmi anche consigli. Meglio
andarsene prima di aggredirlo malamente. Così, mi alzai
scocciata e mi precipitai correndo fuori casa, inoltrandomi qualche
istante dopo nel bosco fitto. Ci mancavano solo i discorsi filosofici
di Edward a completare la giornata già rovinata in partenza.
Maledizione!
Arrivata
alla foce del fiume mi fermai, e rimasi in ascolto dei più
svariati suoni della natura che mi circondava. Era tranquillizzante
quell'atmosfera, se non fosse per quei maledetti pensieri che
continuavano a riempirmi la mente
“...Mi
chiedo se la mia esistenza sarebbe diversa se mi fosse concesso di
piangere!...” e
la tua Rose?
Sarebbe diversa la tua vita se dai tuoi occhi dorati potessero
fuoriuscire lacrime salate? Cambierebbe qualcosa?
Scossi
la testa, sperando che un semplice e quasi impercettibile gesto come
quello potesse allontanare i cattivi pensieri. Ma tutta quella
tranquillità di certo non aiutava nell'opera; anzi, a dirla
tutta era quasi snervante essere costretta a riflettere su
ciò
che io e mio fratello ci eravamo detti.
Pertanto,
rassegnata, mi sedetti sul tronco spezzato di una piccola quercia e
chiusi gli occhi. I miei sensi iper sviluppati mi avrebbero
senz'altro avvisato di qualsiasi pericolo nelle immediate vicinanze.
Le parole di Edward mi avevano turbato parecchio, ma prima di tutto
mi avevano colpito. Ero rimasta incuriosita da quel suo desiderio,
che mai e poi mai avrei potuto immaginare. Soprattutto per uno come
lui. Aveva avuto, in passato, voglia di piangere, perché
credeva fosse l'unica maniera possibile per potersi liberarsi di
qualcosa di opprimente.
“...Ritengo
sia l'unico modo per esprimere davvero quello che sentiamo, per
liberarci di qualcosa che non ci fa vivere...”
aveva detto. Nel suo caso era stata la paura per un suo caro. Per sua
figlia, e per sua moglie. L'unico modo per esprimere il suo stato
d'animo, in quell'occasione, era stata la rabbia. Cosa che facilmente
riusciamo a provare in questi casi. Ma nient'altro. Ma siamo sicuri
che la rabbia porti a qualcosa? Che sia sufficiente in determinate
condizioni, quando una semplice lacrima potrebbe fare molto di
più?
Solo e soltanto una semplice lacrima. Non ci avevo mai realmente
pensato... eppure il suo discorso, esaminato a mente fredda, poteva
anche essere ampiamente accettato. Certo, era inverosimile pensare
che un vampiro come lui, o come me, dopo aver ricevuto tutto quello
che possedeva, dopo aver ricevuto, per mano di Carlisle, una seconda
chance, chiedesse una cosa così stupida come le lacrime. Che
dopotutto erano la cosa più umana che si potesse immaginare.
Non era di certo qualcosa che avrebbe potuto rendere felici,
però,
probabilmente avrebbe potuto aiutare.
“Pensa
Rose...” mi dissi “C'è qualche occasione
della tua vita,
nella quale avresti voluto avere la possibilità di piangere
come un umano?” ci riflettei su per pochi istanti. Eccome se
ce
n'erano di occasioni. Non sarebbe bastato un pomeriggio intero per
elencarle tutte. In primis c'era quel disagio provocato dalla mia
stessa natura. Non una sola volta avevo espresso la mia
volontà
di rinnegare la mia condizione, perché per me non era
ciò
che mi meritavo, ciò che realmente desideravo.
Perché,
cos'è che desideravo prima di diventare ciò che
adesso
sono? Ah, già... volevo una famiglia, ma più di
ogni
altra cosa, avrei voluto tanto una figlia. Una creatura tutta mia, da
poter stringere e sentire parte integrante della mia anima tutte le
volte che la accarezzavo o che la guardavo semplicemente dormire
serena. Sapevo che la mia non era altro che una gelosia morbosa nei
confronti di Bella e della possibilità che aveva avuto di
diventare mamma, nonostante fosse stata lo stesso trasformata in una
vampira. Aveva ottenuto tutto ciò che una ragazza sana
potesse
desiderare. Una famiglia, un marito, una figlia, una vita felice...
ed io per questo motivo la invidiavo. So che era una cosa sciocca, ma
era così. In fin dei conti anche io avevo ottenuto le stesse
identiche cose. Una famiglia numerosa, un marito sensazionale, una
vita agiata, e anche se Nessie non fosse direttamente figlia mia,
sentivo nel profondo che quella bambina era in qualche modo legata ad
ognuno di noi. Perfino alla sottoscritta, che a parer del fratello,
era una persona rigida. Ma aveva davvero ragione? Ero così
rigida come Edward mi descriveva? Probabilmente sì,
altrimenti
non lo avrei criticato in quel modo mentre parlava. Oppure, ero
semplicemente infastidita dal sentirmi così debole.
Così
debole da aver addirittura bisogno di una cosa così umana
come
le lacrime. Eppure, ne avevo un maledetto bisogno. Solo in quel
momento me ne rendevo davvero conto. Le persone sono molto
più
deboli di come vogliono mostrarsi. In loro c'è qualcosa di
estremamente fragile che aspetta soltanto il momento giusto per
spezzarsi e per far sfociare l'intero dolore in un immenso torrente
di lacrime trasparenti.
Certo,
avrei voluto piangere una volta scoperto cosa ero diventata. Cosa
avrei dovuto fare per mantenermi in forze. Come avrei dovuto vivere
per non attirare troppo l'attenzione degli umani. Mi chiedevo
perché
fosse toccato proprio a me un destino del genere. A me che, per tutta
la mia vita, fino ai miei disgraziati diciotto anni, avevo fatto di
tutto per attirare l'attenzione degli altri, ed incentrare i loro
discorsi su di me. Su me che, secondo il mio stupido ed egocentrico
pensiero, ero la cosa più bella che si potesse immaginare.
Avrei
voluto piangere disperata, quando avevo soccorso Emmet nel bosco,
temendo che non ce la potesse fare. E probabilmente, se fossi stata
normale, avrei voluto piangere anche quando in cuor mio dubitavo
della nostra vittoria sui Volturi, proprio come temeva Edward.
Chissà, magari qualche lacrima scesa sulla guancia avrebbe
aperto una nuova visione del mondo davanti ai miei occhi sensibili.
Qualcosa che mai avrei potuto capire da sola. E fu in quel momento
che mi tornò in mente la frase che avevo letto per tutta la
mattina su quel vecchio libro.
“Quando
la vita ti da mille ragioni per piangere, tu falle vedere che hai
mille ed una ragione per sorridere”.
La mia di vita me ne aveva davvero mostrate tante di occasioni per
versare lacrime. Ma il mio stupido orgoglio mi aveva impedito di
ammettere di averne davvero un grande bisogno. Chissà se non
era troppo tardi per ricredersi. Se potevo in qualche modo iniziare
da quel momento in poi a pensarla come mio fratello, cominciando a
sentire il bisogno impellente di piangere.
In
quel momento però, una scia familiare mi fece aprire gli
occhi, allontanando per un istante i miei pensieri. Girai appena la
testa verso l'origine di quel nuovo odore, ed una volta individuata
con gli occhi la provenienza, esclamai
“Tu
guarda chi si vede... quello che si fa corrompere per un paio di
grizzly!” Emmet scoppiò in una fragorosa risata
che riempì
l'aria silenziosa del sottobosco e si avvicinò in pochi
istanti a me
“Non
mi dire che ti sei arrabbiata per questo!”
“Diciamo
che sono leggermente seccata... avresti potuto avvisarmi!”
esclamai
acida
“Ma
c'era Edward a casa... sapevo che l'avrebbe fatto lui!” si
giustificò
“Certo,
l'ha fatto... peccato solo che certe cose le vorrei sapere da mio
marito...” e gli lanciai un'occhiata storta. Lui
sospirò e
venne a sedersi accanto a me.
“Vediamo...
cosa può fare un umile vampiro per farsi perdonare dalla sua
splendida moglie arrabbiata?” mi domandò
divertito.
“Non
sei divertente, Emmet!” esclamai guardando altrove.
“Qualcosa
non va, Rosalie?” chiese curioso accarezzandomi la spalla.
Decisi
in quell'istante di esporre il mio problema. Emmet sarebbe stato il
primo a venirne a conoscenza, e allo stesso tempo sapevo che lui
sarebbe stato l'unico a cui avrei desiderato esporre il mio stato
d'animo perché non mi avrebbe giudicato ed in cuor mio
speravo
che mi avrebbe perfino compreso.
“Stamattina
è successa una cosa...” iniziai ancora con lo
sguardo
rivolto agli alberi in lontananza
“E
sarebbe?”
“Ho
letto una frase su un vecchio libro di Carlisle, che mi ha
leggermente colpito... diceva che normalmente la vita ci mette
davanti mille ragioni per piangere...” spiegai
“E
cos'è che ti ha turbato così tanto?”
“É
proprio questo il problema... non ne ho idea. So soltanto che
c'è
qualcosa dietro quelle parole che mi ha lasciato uno strano senso di
inadeguatezza dentro!” mi fermai a fissarlo “Sai
spiegarmi a cosa
è dovuta questa sensazione?” mi guardò
confuso.
Dovevo averlo spiazzato parecchio per ottenere quel risultato. Anche
perché Emmet non era proprio il tipo da rimanere senza
parole.
Era l'unico ad averne sempre in qualsiasi occasione.
“Probabilmente
ti sei resa conto che per quelli della nostra specie questa frase non
ha un fondamento!” esclamò semplicemente con
un'alzata di
spalle
“E
invece è proprio questo che sbagliavo all'inizio. Sbagliavo
a
pensarla in questi termini...” spiegai
“Non
capisco...”
“Ti
sembrerà un ragionamento stupido, soprattutto fatto da una
come me, però... oggi ho parlato con Edward e lui mi ha
fatto
ragionare su una determinata cosa...”
“Ecco
dovevo immaginare che quel leggi-mente c'entrava in questa
storia!”
biascicò
“Ti
sei mai domandato se la nostra vita sarebbe in qualche modo diversa,
magari con l'aggiunta di qualcosa di umano?” azzardai. Meglio
prendere il discorso alla lontana.
“Qualcosa
di umano? Di che tipo?”
“Umano,
Emmet! Hai presente quelle cose che facevamo un tempo, prima di
trasformarci in vampiri?”
“Quella
cosa l'ho capita...” si giustificò alzando le mani
in segno
di difesa “E che non capisco dove tu voglia
arrivare!”
“Tu
rispondi... io poi ti spiego!” esclamai. Mi scrutò
per bene.
Probabilmente se ci fosse stato anche Jasper avrebbe individuato
nell'aria un sentimento di indifferenza e curiosità
provenire
da Emmet
“Umano,
eh?” chiese, poi ci rifletté per qualche istante e
continuò
“Probabilmente se potessimo sognare sarebbe una cosa
divertente!”
“Sognare?”
ripetei
“Sì...
chiudere gli occhi, addormentarsi ed essere catapultati in un mondo
diverso... totalmente costruito in base alla nostra fantasia!”
“In
effetti, sarebbe un'esperienza interessante...” constatai
“Tu,
invece, se potessi, cosa aggiungeresti di umano alla tua
vita?”
bene, adesso che l'argomento era ampiamente avviato, potevo esporre
la questione
“Beh,
mi sono accorta proprio stamattina, di sentire la mancanza delle
lacrime!” lui spalancò gli occhi sorpreso
“Lacrime?”
domandò confuso
“Già...
non ci avevo mai realmente pensato... probabilmente sarà
stata
quella frase del libro a farmi tornare in mente questa cosa!”
“Ma
a cosa ti servirebbero, scusa?”
“Le
lacrime servono a tutto, Emm! Esprimono, nascondono, feriscono,
liberano... ci sono così tanti significati dietro, che noi
molto spesso siamo portati ad ignorare completamente!”
“Sì,
ma... piangere è di per sé, qualcosa di
negativo... si
piange per paura, per dolore, per insoddisfazione... perché
mai uno che ne è esente, dovrebbe chiedere di nuovo la
possibilità di piangere?” il suo ragionamento era
degno di
lode. Quando ci si metteva, Emmet era davvero bravo ad esprimere i
concetti. Solo perché amava più l'azione dei
libri, non
significava che li disprezzasse completamente, anzi...
“Perché
magari, il non piangere ci fa sembrare esseri freddi...
insensibili... rigidi!”
“Rose,
noi non siamo affatto così... certo, non piangiamo,
però,
ci sono tanti altri modi per esprimere gli stati d'animo che
proviamo!”
“Per
esempio?” domandai scettica
“Si
può sorridere!” esclamò semplicemente.
Rimasi senza
parole. Sorridere. Certo, quello lo potevamo fare eccome. Forse,
molte volte, un sorriso sincero veniva molto più facile di
un
discorso concreto. E soprattutto era di gran lunga più
apprezzato.
Solo
allora mi resi conto di una cosa. Una cosa che avevo totalmente
ignorato per tutto quel tempo. La frase che avevo letto, e che mi
aveva assediato la mente, non si limitava a dire che le lacrime
servissero nelle varie occasioni che la vita ci pone davanti...
aggiungeva che spesso, le occasioni per sorridere erano molte di
più,
e soprattutto più gratificanti
“Un
sorriso rende di più... preferiresti vedere una persona
piangere disperata per la perdita di qualcuno, oppure vederla
sorridere speranzosa di ritrovarla?” mi chiese allora
“Ovviamente
la seconda!” esclamai convinta.
“Ebbene...
cerca di vedere del positivo in tutto quello che ti succede...
cos'è
che ti turba di più di tutto? Cosa ti opprime al punto di
sentire il bisogno di piangere?” mi chiese. Mi sentii d'un
tratto
sciocca. Avevo passato tutto quel tempo a chiedermi cosa sarebbe
cambiato se fossi stata capace di versare lacrime, senza prendere in
considerazione le cose belle che in fondo potevo fare ancora,
nonostante di umano in me, non fosse rimasto poi molto.
“Beh...
per esempio ho sentito un desiderio impellente di piangere quando ho
scoperto cosa ero diventata!” esclamai sincera
“Perfetto...
e riflettici su, per un istante... cosa ti ha donato questa nuova
esistenza, che prima non avevi, e che ripensandoci ti farebbe
sorridere?” non mi ci volle neanche il tempo di rifletterci,
che
già avevo pronta la risposta
“Mio
marito!” lui sorrise
“Risposta
esatta!” poi aggiunse “Qualcos'altro che ti rende
triste?”
“Avrei
voluto piangere per te... ho temuto che non ce l'avresti fatta,
quando ti ho soccorso nel bosco!”
“Ah,
ma questa è facile... guardami!” e si
indicò allegro
“Ti sembra che adesso valga la pena disperarsi per
me?” io risi
appena
“E
come la mettiamo con la questione dei Volturi... non dirmi che non
hai avuto paura anche tu quando li hai visti arrivare armati e
compatti e schierarsi di fronte al nostro piccolo ed insignificante
esercito!”
“Certo,
ho avuto paura... come ne avranno avuta tutti! Solo che, guardandomi
attorno, ho visto una cosa incredibile, che mi ha dato speranza e di
conseguenza mi ha fatto sorridere!”
“Cioè?”
“Rose,
non capisci... eppure è facile!” e mi
incoraggiò con
un sorriso. Io ci pensai. Feci rivivere alla mia memoria quei momenti
interminabili, durante i quali, io ed il resto dei Cullen, insieme ai
due branchi di licantropi, ed altri vampiri, ci trovavamo nel bosco,
di fronte al nostro più grande e temibile avversario: i
Volturi. Cos'è che aveva visto Emmet? Cosa c'era
lì, in
quel bosco, che era stato capace di renderlo felice anche solo per un
istante? Cosa era riuscito ad allontanare la paura dal suo animo e
dargli la forza di sorridere? Poi un'illuminazione. C'eravamo noi.
Tutti quanti. La nostra famiglia, la sua... la mia. Era l'unione che
faceva la forza. Eravamo compatti, fieri di essere un'unica grande
famiglia, anche se composta da razze diverse, ma pur sempre schierati
uno accanto all'altro per un obbiettivo comune. Ed in quel caso era
salvare la piccola Nessie da fine sicura.
“La
nostra famiglia ti ha dato la forza...” sussurrai
“Vedo
che segui il mio ragionamento alla perfezione!”
esclamò
soddisfatto. Io sorrisi di rimando
“Capisci
adesso cosa voglio dire? Le lacrime non servono. A parer mio anche
gli umani potrebbero benissimo farne a meno. Abbiamo qualcosa di
più
prezioso da mostrare, ed è il sorriso!”
“Devo
dire che il tuo ragionamento non fa una piega!” esclamai
sicura
“Bene...
quindi la prossima volta che ti troverai a pensarci, ricorda che...
Quando la vita ti da mille ragioni per piangere, tu falle vedere che
hai mille ed una ragione per sorridere!” rimasi sorpresa. Sul
mio
volto si allargò gradualmente un sorriso ampio
“Ma
quindi tu...”
“Diciamo
che non sei l'unica che spulcia i libri di Carlisle quando non sa
cosa fare!” esclamò sorridente. Scoppiammo a
ridere insieme.
Dopo qualche istante esclamai
“Grazie
Emmet... senza di te probabilmente sarei ancora qui a contorcermi il
cervello con quegli inutili pensieri!”
“Semplice
dovere coniugale!” affermò e mi fece l'occhiolino
“Bene,
io direi di andare...” scese dal tronco e mi porse la mano.
Io la
accettai con un sorriso ed insieme ci incamminammo a passo umano
verso casa Cullen.
Dopo
una semplice chiacchierata con mio marito, le cose avevano assunto
una prospettiva diversa. Avevo pensato per un istante che la mia
esistenza avrebbe assunto una piega migliore se fosse stata scandita
dalle lacrime. Pensavo, ed ero quasi arrivata ad esserne del tutto
certa, che le lacrime avrebbero fatto una differenza enorme, e che
quella cosa che tanto mancava per rendere tutto perfetto, era proprio
un gesto così insulso ed umano come il piangere. Ma non era
così. Come Emmet mi aveva fatto notare, certo, noi non
potevamo piangere, ma questo non comprometteva niente, anzi aiutava.
Perché senza la possibilità di compiere un gesto
del
genere, non ne sentivamo neanche la necessità quando si
presentava l'occasione. Bastava sapere semplicemente trovare in ogni
occasione la giusta prospettiva, ed analizzare le cose sempre da una
diversa angolatura. Sempre con il sorriso pronto. Perché era
questo che rendeva tutto diverso: il sorriso.
Certo,
magari alcune cose non si potevano risolvere semplicemente
sorridendo, però, almeno la vita sarebbe stata molto
più
facile. Non potevo esaudire il mio sogno e diventare madre, e di
conseguenza creare una famiglia completa, come aveva fatto Bella, e
non potevo fare nulla al mondo per impedirlo o per modificare il mio
destino. Era così, punto e basta.
Però,
una cosa mi era ancora concessa, e niente e nessuno al mondo me
l'avrebbe negata. E per questo mi girai verso Emmet, gli strinsi
forte la mano e lo costrinsi a fermarsi. Lui mi guardò
confuso. Ed io in quel preciso istante feci l'unica cosa che potevo
ancora fare, senza limiti o eccezioni, senza freni, e senza neanche
pensarci. Sorrisi. Sorrisi come non avevo mai fatto prima. Mi sentii
quasi diversa, una donna nuova. Un vampira migliore...
“Cosa
c'è, tesoro?” mi chiese curioso. Evidentemente il
mio
repentino cambio di umore doveva averlo leggermente scosso; ma
d'altronde, come dargli torto. Ero passata dal confuso, allo
scettico, fino all'euforico nel giro di pochi minuti. Un essere
normale avrebbe potuto benissimo prendermi per pazza.
“Sono
felice!” esclamai semplicemente
“E
per quale motivo, di grazia?” mi domandò divertito
“Ma
come, Emm... non capisci? Eppure è facile!”
esclamai
sorridendo “Grazie a te ho trovato la mia ragione per
sorridere...”
“E
sarebbe?”
“Sei
tu, sciocco!” e mi lasciai trasportare dall'istinto,
alzandomi
leggermente sulle punte dei piedi per raggiungere le sue labbra e
baciarlo.
“Quando
la vita ti da mille ragioni per piangere, tu falle vedere che hai
mille ed una ragione per sorridere!” ed io... non
potrei essere
più d'accordo di così!
Ciao
a tutti... e finalmente anke io mi butto in qst mega universo ke
è Twilight... Spero ke la storia vi sia piaciuta anche
soltanto un pochetto... (e daiii solo un pochino... XD) fatemi sapere
mi raccomando... e dire che all'inizio leggendo il primo
libro della Meyer, Rosalie manco mi piaceva.. ahaha...
p.s.
Un mega ringraziamento va ad Amimy x la sua valutazione e x il
magnifico banner... un bacio... qst storia è anke x te...
;)... recensite, mi raccomando!
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