Note:
Questa storia
è ambientata nel nostro mondo, in un ipotetico futuro, in cui nel 2012
la stirpe demoniaca, composta da demoni, vampiri e mutaforma (di cui
fanno parte anche i mannari), ha rivelato la sua esistenza agli umani
perché un gruppo di consiglieri del Consiglio dei Dodici (il supremo
organo del governo demoniaco, che ha sede a Torino) ha cercato di
sopraffare gli uomini. Da allora demoni e umani convivono con qualche
problema di accettazione.
I Guardiani
sono sempre esistiti, ce ne sono due per ogni città, ed erano
incaricati, prima del 2012, di evitare che i demoni si
mostrassero agli umani. Dal 2012 diventano una specie di polizia, in
attesa che i governi umani addestrino adeguatamente delle squadre
speciali che si occupino delle due razze, perché i demoni non hanno
forze dell'ordine.
C'è una
differenza tra streghe e maghi, in questo universo: le streghe sono
umani con grandi poteri sovrannaturali, i maghi sono gli umani che
evocano demoni pur non avendo capacità magiche.
.-.-.-.
Eurinome
Abbandonai il plico di
fogli sul tavolo, sbuffando, e spinsi indietro la poltrona, per poi
farla girare su se stessa, mentre raccoglievo le idee. Ma quali idee?
Mi stavo annoiando, non avevo la minima voglia di lavorare e la mia
mente era vuota. Si poteva sentire l’eco delle pale del ventilatore,
tanto era deserta. Eppure ero costretta a star chiusa nell’edificio
principale dell’A.K. a far cosa? Leggere rapporti! Neanche un po’ di
sano movimento, nessun’esecuzione di androidi, niente di niente!
Intanto fuori faceva caldo, il sole picchiava forte e l’afa soffocava
Los Angeles. Era ovvio che non avessi voglia di star chiusa in ufficio
a far nulla.
La sedia smise
di ruotare e rimasi ad ammirare la parete sgombera alla destra della
finestra, cui c’era accostato un tavolo per stampante, fax e
cianfrusaglie varie. Mi riportai alla posizione iniziale e godetti
della vista della mia scrivania, una selva di fogli, rapporti, giornali
e penne. Una macchia di caffè sul quotidiano del giorno prima destò la
mia attenzione e il mio bisogno di caffeina.
Misi le mani
sui braccioli della poltrona girevole, mi alzai in piedi e la porta si
aprì prima che potessi allontanarmi dallo scrittoio. Dannazione, visite!
«Megara!» mi
salutò Nakano, entrando.
Mi lasciai
andare sulla sedia, sorpresa. Inarcai le sopracciglia e guardai il
vampiro, coi capelli neri legati in una treccia, avvicinarsi alla
scrivania. Si tolse gli occhiali da sole e li infilò nel taschino della
camicia grigio scuro, mentre si tenne addosso i guanti di pelle.
Il mio
cervello non comprese immediatamente il significato di
quell’abbigliamento. Quando lo fece, mi raggelai. Era un vampiro, il
sole gli bruciava la pelle e conoscevo Nakano abbastanza da sapere
quali fossero i suoi metodi per uscire di giorno senza sfigurarsi.
Chiusi gli occhi e inspirai per calmarmi. Non ci dovevo pensare o avrei
dato di matto.
Nel frattempo,
lui aveva fatto un po’ di spazio sulla scrivania per potersi sedere.
«Da quanto
tempo non metti in ordine?» mi domandò, fissando con lieve disgusto il
mio tavolo di lavoro.
«Sempre a
criticare» lo liquidai, svogliata. «Tu, piuttosto, che ci fai qui?» gli
domandai. Non ero tanto sciocca da credere che il secondo vampiro più
potente di Los Angeles si scomodasse in pieno giorno per farmi una
semplice visita di piacere. Per queste aveva tutto il tempo al calar
della sera. Se Nakano era lì, gli ero utile per il mio lavoro, non come
Megara Yamakura. Era più che giusto informarsi.
«Se guardi la
posta, mi eviterai di parlare» fu la sua risposta. Si mise in piedi e
liberò le mani dai guanti. «Vuoi un caffè?»
Mi piegai di
lato a recuperare la borsa del portatile, posata per terra, e lo tirai
fuori. «Ovvio» replicai, poggiando il PC sulle gambe. La scrivania era
troppo disordinata perché potesse esserci abbastanza spazio per lui.
Nakano uscì
dal mio ufficio silenzioso, mentre io accendevo il computer. Il
ventilatore mi mandava aria fresca in viso, mentre la stanza era
immersa nella penombra a causa delle tende abbassate. Eppure stavo
morendo di caldo. Perché
diavolo voglio un caffè, bollente, con tutta quest’afa?,
mi chiesi, intanto che il portatile caricava il sistema operativo. Misi
quella domanda da parte quando apparve sul monitor la notifica di un
nuovo messaggio di posta ricevuto. Nessuno mi mandava mail, non
all’indirizzo privato. Non so neanche perché lo avessi, dato che quello
di lavoro era il più utilizzato da me e gli altri.
Aprii la mail
e mi sorpresi nel vedere chi fosse il mittente. Allegra Pellegrino. Una
delle Guardiane di Torino. Una specie di poliziotta che controllava la
popolazione demoniaca, affinché non creasse problemi a quella umana.
Come lei, c’erano due Guardiani per ogni Città Magica del mondo. Negli
States, c’era San Francisco. Ma i suoi Guardiani mi davano piuttosto
fastidio. Anzi, ci detestavamo a vicenda. Con quelle di Torino andavo
d’accordo, Allegra e Serena erano delle tipe piuttosto strane. Quasi
quanto me.
Lasciai
scorrere lo sguardo sul testo della mail.
Ciao
Megara, scusa se non ho chiamato, ma il lavoro (e Morgan…) mi toglie
tutto il tempo libero. Perciò ti farò la mia richiesta in poche righe.
Tre settimane
fa è stato ritrovato il corpo di una sirena su una spiaggia in
provincia di Lecce. E’ un demone, quindi è stata scomodata la squadra
per i crimini sovrannaturali e persino io, solo perché sono di origini
salentine, ma le indagini non proseguono ed io non ho tutto questo
tempo a disposizione per occuparmi di umani incapaci.
Visto che da
soli non combineranno mai nulla e che io confido nelle tue capacità
(son venuta a sapere delle tue indagini a Belo Horizonte, io so
tutto!), vorrei chiederti di prendere una vacanza sulla costa adriatica
e capitare, del tutto casualmente, a Baia dei Turchi a fare un bagno.
Accetterai, lo
so, perciò chiamami per maggiori informazioni.
Ci si sente
presto, eh,
Allegra
Pellegrino
P.S.: il mare
del Salento è stupendo! ;-)
Battei le palpebre,
perplessa da quanto avevo appena letto. Controllai ancora la mail,
perché era strano che Allegra avesse deciso di chiedere aiuto a
qualcuno. L’avevo conosciuta abbastanza da sapere che lei, per
orgoglio, non l’avrebbe mai fatto. Però utilizzava la gente ed era
proprio quello che capii alla seconda lettura. Lei non aveva voglia di
occuparsi di quel caso, non c’erano altri motivi. Sentii l’irritazione
crescere in me e strinsi i pugni per calarli sulla tastiera, ma fui
distratta dal ritorno di Nakano.
«Ecco il
caffè» mi annunciò, venendomi incontro. Aveva in mano un bicchierone di
plastica e lo agitava appena, con un sorrisetto divertito stampato in
volto. Non ebbi tempo di domandarmene il motivo, che me lo mise davanti
agli occhi. Mi aveva riempito il caffè di cubetti di ghiaccio.
«Maledetto! E’
annacquato ora!» inveii, scaricando parte della mia rabbia.
Nakano non
fece una piega e mi mise una mano gelida attorno al collo. Trasalii e
lo fulminai con lo sguardo.
«Se ti dai una
mossa, non si scioglie troppo il ghiaccio ed è meno “annacquato”. Su,
forza» m’incitò, portando il bicchiere più vicino al mio viso.
Con un gesto
secco, presi il caffè e lo bevvi tutto d’un sorso. Mi andò quasi di
traverso e iniziai a tossire con la mano sinistra davanti alle labbra,
abbandonando il bicchierone vuoto sul tavolo. Il vampiro mi tolse il
portatile dalle gambe, per salvarlo e lanciò uno sguardo alla mail.
«Oh, ecco
perché tanto irritabile» commentò, rivolto a se stesso. Chiuse il
portatile e lo lasciò sulla scrivania. «Pronta a partire?» mi domandò,
mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni neri.
Lo guardai
inferocita, con una mano ancora davanti alla bocca.
«Allora lo
sapevi già!»
«Mi pare
ovvio» replicò candidamente. «Quindi?»
«No, no e no.
Ho di meglio da fare» replicai stizzita, mettendo le braccia conserte e
le gambe accavallate.
Nakano si
poggiò contro lo scrittoio e ghignò, facendomi intendere di avere in
mente altro. «Una vacanza non ti farebbe male. Tanto ci sono io, no?»
Roteai gli
occhi e sbuffai. «E con questo? Sei un traditore, non mi avvisi nemmeno
di quel che mi aspetta e mi mandi allo sbaraglio. Mi avessi detto cosa
vuole Allegra, non avrei aperto quella mail e la mia giornata non si
sarebbe guastata».
«Lo sapevo,
per questo l’ho fatto».
Gli lanciai
uno sguardo assassino.
«Dai
andiamoci, non ci sono mai stato in Italia».
«Balle»
replicai, secca, pestando un piede per terra. Era un vampiro da
duecento anni e veniva dal Giappone. Era stato lui stesso a dirmi che
aveva viaggiato parecchio, Italia compresa, al seguito di Alastor, il
rappresentante dei demoni nipponici, quindi non poteva venirsene fuori
con quella storia.
«Hai
congiurato con Allegra alle mie spalle» lo accusai.
Nakano fece
spallucce. «E con questo? Hai bisogno di staccare, andiamo».
Aprii la bocca
per replicare, contrariata, ma lasciai perdere. Lui aveva già deciso
prima che io sapessi qualcosa. A quanto pareva, si era divertito da
morire durante la prima indagine, quella in Brasile, e non aveva
esitato ad accettarne una seconda. Conoscendolo, aveva già prenotato
aereo e albergo.
«Chiamo
Allegra» annunciai, allungando la mano verso il telefono. In Italia
dovevano essere all’incirca le sei del pomeriggio, un orario
ragionevole. Aprii il contatto della Guardiana di Torino salvato sul
portatile, dopo aver sollevato il coperchio, e digitai il numero lì
trovato.
Dopo un’attesa
infinita, sentii la segreteria telefonica. Assurda, ovvio. Come poteva
Allegra essere una donna normale?
«Ma che peccato, non ti ho
risposto!» esclamò la voce registrata della Guardiana,
strafottente. «Sono una
donna impegnata, abbi pazienza. Perciò, appena libera, mi degnerò di
ascoltare il tuo messaggio, che lascerai dopo il… Beep» e
il segnale acustico mi perforò l’orecchio.
«Sono Megara e
non accetterò la sua proposta, a meno che tu non mi dia un ottimo
motivo per farmi attraversare l’oceano» dissi, tamburellando le unghie
sul bracciolo della poltrona girevole.
Dall’altro
capo del telefono, sentii sollevarsi la cornetta. «Meg cara» mi salutò
una voce acuta e beffarda. «Sapevo che avresti ceduto».
«Non l’ho
fatto, Allegra» ribattei, piccata.
«Certo, certo»
finse di concedermi. «Volevi un buon motivo? Qua in Europa non sei
molto conosciuta, a parte da noi Guardiani. Saresti molto utile per
l’addestramento degli idioti che hanno messo nelle squadre speciali da
queste parti, la tua conoscenza del mondo demoniaco raggiunge i livelli
miei e di Serena, solo che tu sei più disposta di noi a collaborare
dietro compenso».
Attesi che
continuasse e lanciai uno sguardo a Nakano, che sorrideva placido.
«Purtroppo,
nessuno in Europa ha avuto modo di conoscere il tuo lavoro, le notizie
dell’indagine a Belo Horizonte non sono arrivate fin qui e sei una
simpatica sconosciuta. Questo caso della sirena ormai è diventato
piuttosto famoso, se ne parla nei talk show, i politici bisticciano
riguardo ai demoni e così via. Se tu arrivi e trovi l’assassino, avrai
una pubblicità non indifferente. Questo significa soldi. E sai che gli
euro valgono più dei dollari, quindi doppio guadagno».
Rimasi in
silenzio. Avevo voglia di strozzarla al solo pensiero che mi aveva
gettato quell’esca deliziosa solo per la sua pigrizia. Però era
un’ottima occasione. E significava viaggi e soldi, ossia niente più
giornate estive passate in ufficio mentre gli altri si dedicavano
all’azione, magari anche una mia attività indipendente dall’A.K. Era
una prospettiva di vita troppo bella e desiderabile perché potessi
rifiutarla.
«Perché fai
tutto questo? Tu o Serena potreste risolvere il caso senza troppi
problemi».
Allegra sbuffò
alla cornetta del telefono. «Megara, sii ragionevole. Devo ricordarti
che mentre lì in America fate la bella vita, qua a Torino ci sono più
demoni da pelare che in tutto il resto del mondo? Inoltre, si mettono
pure gli estremisti umani a ostacolarci e sta diventando impossibile
sistemare il governo demoniaco. Non possiamo permetterci, noi Guardiane
di Torino, di lasciare la giungla della politica demoniaca per
dedicarci a un idiota che non è riuscito a controllarsi e ha ucciso per
futili motivi. Ho unito utile e dilettevole ed eccoti qui al telefono
con me». Si schiarì la gola e continuò, «Ci vediamo dopodomani?».
Guardai
Nakano, che annuì. Aveva già prenotato. E probabilmente Allegra ne era
stata già informata.
«A dopodomani».
Agitai la mano
davanti al mio viso, per farmi aria. Se mi lamentavo di Los Angeles,
era solo perché non avevo conosciuto l’estate dell’Italia meridionale.
Mortale. Come potevo aver accettato un lavoro simile? I soldi, sterco del demonio,
rammentai detestandomi. Mi voltai a guardare Nakano e sentii caldo
anche per lui, che non poteva provarlo: era più simile a un tuareg,
avvolto in un mantello nero, con gli occhiali grandi e scuri che
nascondevano gli occhi blu e i guanti che proteggevano le mani.
Mossi qualche
passo nella sabbia sottile e bollente, che finì nelle infradito.
Strinsi i denti e andai avanti. Mi avvicinai al gruppo di agenti che mi
stava attendendo, su richiesta di Allegra, che non si era ancora fatta
vedere. Aveva detto di aver avuto contrattempi, ma non ci credevo.
Secondo me, il suo era solo un dispetto. Il che peggiorava il mio umore.
«Buongiorno,
miss Yamakura» mi salutò in inglese quello che doveva essere il
detective, dato che non era in uniforme, ma indossava una camicia a
maniche corte, con cravatta, e pantaloni lunghi. Di sicuro stava
morendo dal caldo. «Il mio nome è Giacomo Cavone» si presentò ancora
nella mia lingua, porgendomi la mano. La strinsi e lo guardai in attesa
di sentirlo parlare ancora.
Nakano
comparve al mio fianco e il detective ripeté la presentazione, dopo
aver osservato perplesso l’abbigliamento del vampiro.
«Parla
italiano, ti capisco» gli ordinò. Non mi sorpresi più di tanto, sapevo
che i demoni parlavano una lingua che poteva essere compresa da
qualsiasi essere umano, persino un indios dell’Amazzonia, per il
semplice fatto che ognuno sentiva il proprio idioma uscire dalla loro
bocca. E così io avevo il mio interprete.
Cavone tirò un
sospiro di sollievo. Non conosceva bene l’inglese, era palese. Ma non
importava ormai.
«Sono io a
occuparmi delle indagini e ho trovato tre sospetti, che sono in libertà
vigilata e ‘sto pomeriggio vi porterò a fargli visita» disse il
detective e Nakano tradusse tutto. Io avevo seguito divertita l’uomo,
perché raddoppiava alcune consonanti e aveva un accento marcato. Mi
ricordava la parlata di Allegra, dopotutto lei era nata da quelle parti.
Annuii e
Cavone continuò.
«Di sicuro la
signora Pellegrino vi ha informato…»
«No» lo
interruppe Nakano.
Il detective
sembrò colto alla sprovvista. Ma si riprese in fretta. Meno male, non
lo avrei sopportato altrimenti.
«Sapete
qualcosa riguardo al ritrovamento del cadavere?»
«Solo che era
su questa spiaggia». Con un gesto del braccio indicai la distesa di
sabbia che ci circondava.
«Mh, è già
qualcosa». Cavone si massaggiò il mento. «La vittima è una sirena di
nome Nyla, aveva deciso di vivere tra gli umani e trovarsi un lavoro».
Il detective deglutì e tormentò il nodo della cravatta. «Aveva scelto
di fare… l’accompagnatrice, la prostituta insomma». Persino una sirena
poteva fare un lavoro simile. Dopotutto le sirene erano una specie
particolare di mutaforma, che poteva trasformare la coda in gambe, con
la stessa facilità con cui gli altri mutaforma passavano dalla forma
animale a quella umana.
Scrutai l’uomo
attentamente. Il suo tono di voce era duro, quasi di accusa, nel
terminare l’ultima frase. Pregiudizi, mentalità chiusa. Che noia. Lo
incitai a proseguire.
«E’ stata
trovata qui la mattina di venerdì 29 giugno, tre settimane fa, di
preciso. E’ stato molto difficile confermare la sua identità, è stato
un suo “amico” che l’ha riconosciuta».
«E chi era
quest’amico?» domandai, spostando il peso sull’altra gamba. Mi stavo
scocciando a rimanere in piedi, volevo sedermi, ma quello stupido
detective non aveva accennato a farmi mettere comoda. Oltre che noioso,
per niente gentile. Me le stavo segnando tutte.
«Lo stesso che
l’ha ritrovata e uno degli indiziati. Roberto Danese, un mannaro orso.
Ve lo faccio incontrare ‘sto pomeriggio».
«Come mai
avete avuto problemi nell’identificazione?» chiesi, per farlo andare
avanti.
«Le mancavano
la coda e le mani, che erano state strappate a morsi, e aveva il volto
sfigurato, e anche i denti glieli avevano tolti» replicò Cavone,
rivolgendomi i suoi occhi scuri.
«Quindi, per
identificarla, vi siete basati solo sulle parole del mannaro?»
intervenne Nakano, che si era limitato a ripetermi le parole del
detective. Eccolo che iniziava. Avevo creduto che durante l’altra
indagine avesse fatto tante domande perché io ero troppo presa dal
ricordare alla tenente brasiliana che quel vampiro era di mia
proprietà. Invece, non era stato solo quello il motivo. Questa volta
non mi sarei fatta superare da lui, non c’era in giro nessuna donna con
cui gareggiare, quindi mi sarei concentrata di più sul caso.
«Purtroppo sì,
non avevamo altri indizi» rispose l’uomo.
«Per questo le
indagini non procedono. Ci sono indizi dubbi, supposizioni campate su
di essi e sospetti banali» s’intromise una voce alle nostre spalle.
Cavone assunse
un’aria seccata quando vide chi si era avvicinato a noi, mentre io e
Nakano ci voltavamo. Una ragazza, bassa e magrolina, vestita di un
prendisole nero, era ferma alle nostre spalle con le mani sui fianchi,
i ricci castano chiaro raccolti dietro la testa, gli occhi grigio-verdi
brillavano divertiti. Alla sua sinistra, un demone alto, con indosso un
giaccone blu scuro e pantaloni di pelle nera, i capelli lunghi e lisci
color indaco che gli ricadevano sulla metà destra del viso pallido, a
nascondere la benda sull’occhio mancante, mentre l’altro era color
ghiaccio, freddo e penetrante. Li riconobbi all’istante e non seppi se
essere felice o arrabbiarmi.
«Subito al
lavoro, Megara» commentò Allegra, distendendo le braccia e sorridendo.
Al suo fianco, Morgan Connor, l’Antenato dei demoni, ghignò. Era lui a
farmi più paura. Non avevo idea di cosa gli frullasse in mente e aveva
sempre quell’aria beffarda e gelida che mi spingeva a stare sempre in
guardia.
«Così pare.
Non sei un po’ in ritardo, Allegra?»
Lei inarcò le
sopracciglia e sbuffò. «Quante storie. Sei proprio una mocciosa, hai
bisogno della mammina affianco!».
Strinsi i
denti. Non potevo ribattere che la mocciosa era lei, che dimostrava
diciotto anni, mentre io ne avevo venticinque. Lei aveva il doppio
della mia età, se non di più. Solo che aveva fatto un patto con Morgan
Connor e ora si ritrovava ultrasessantenne in un corpo giovanissimo.
Così ne approfittava per ribadirmi quanto lei fosse più grande di me,
quanta più esperienza avesse, mentre io ero solo una povera umana
destinata a morire di vecchiaia, se avessi avuto quella fortuna,
considerando il genere di vita che facevo.
Allegra
rivolse uno sguardo di sufficienza al detective Cavone. «Vedo che avete
fatto sua conoscenza. Lascialo stare, ti do io le informazioni
necessarie». Anche lei, quando parlava, lo faceva nella lingua
demoniaca e l’effetto era lo stesso di sentir parlare un demone.
Quell’idioma non era possibile impararlo da umani, solo se trasformati
in creature sovrannaturali, si poteva conoscerlo. Allegra era per metà
un demone, da quanto sapessi, e condivideva la mente di Morgan Connor.
Per lei era normalissima quella lingua.
Cavone strinse
gli occhi, irritato. «Mo che è arrivata la Guardiana di Torino, allora
vi saluto, signorina Yamakura e signor Nakano III. Ci vediamo ‘sto
pomeriggio» si congedò con una vena d’astio.
Il detective
si allontanò di cattivo umore, ma gli agenti che erano con lui
rimasero. «Dobbiamo controllare che non inquiniate le prove»
spiegarono, tacendo per il resto del tempo, come avevano fatto prima.
Mi rivolsi ad
Allegra, che aveva la mascella contratta e fissava negli occhi Morgan,
immobile vicino a lei. Mi era capitato di vederli altre volte così
chiusi in se stessi e Nakano mi aveva spiegato che stavano parlando tra
di loro, telepaticamente. E’
più o meno quello che faccio io con te, solo che tra noi è a senso
unico: tu non puoi entrare nella mia testa, ma solo io nella tua,
aveva detto, quasi godendo di tutto quel potere su di me.
«Lascia stare
quell’idiota, Megara. Ce l’ha praticamente col mondo: odia i demoni e
le donne. Mi chiedo se un giorno di questi si ammazzerà, vedendo che
ormai è solo circondato da questi».
«Un brutto
scherzo del destino per lui doversi occupare di questo caso» commentai,
lanciando uno sguardo alla sagoma che si allontanava sullo scoglio da
cui si accedeva alla spiaggia.
«No, una
rottura di scatole e basta. Il suo lavoro lo deve fare per bene, non
che si lascia trascinare dai suoi pregiudizi e dalla sua vita privata.
E poi non sa parlare. Comunque,» ribatté Allegra, sospirando. «Vi porto
a vedere dove è stato trovato il corpo e finisco di raccontarvi la rava
e la fava».
Ci
incamminammo e superammo gli agenti. Sentii un brivido percorrermi la
schiena, mentre afa e vento svanivano, e rivolsi uno sguardo
interrogativo a Nakano. Per quel che ne sapevo, quella era la
sensazione che provavo oltrepassando delle barriere. Mi guardai attorno
e notai che non c’era nessun nastro della polizia a circondare l’area.
Strano, molto strano.
«Allegra,
perché c’è una barriera e non un nastro attorno alla scena del
delitto?» chiesi, affrettando il passo per raggiungerla. Mi ritrovai
tra lei e Morgan Connor, sentendomi un po’ a disagio.
Lei ruotò il
capo verso di me, sorpresa.
«Se fai così,
mi dai altri motivi per amarmi» disse, prima di rivolgere uno sguardo
davanti a sé. «La barriera, oltre a impedire che le condizioni
meteorologiche rovinino le prove, mantiene al suo interno possibili
incantesimi e strascichi di energia demoniaca».
Ci fermammo e
Allegra m’indicò la sabbia colorata di sangue, su cui si trovavano i
soliti cartellini numerati vicino i vari schizzi. Inarcai le
sopracciglia, perché non c’era molto da vedere. Era evidente che, prima
della disposizione della barriera, il vento aveva mosso la sabbia.
Senza il cadavere lì disposto non potevo farmi nessuna idea. Ma c’era
un cattivo odore che stagnava, appena una traccia di quello che doveva
esser stato un puzzo tremendo. Sembrava un misto di fognatura e
spazzatura. Era ributtante. Provai a concentrarmi su altro.
«Riguardo alle
tracce di aura?» domandai ad Allegra.
Lei sorrise
soddisfatta. «Ne sono state trovate tre risalenti al giorno
dell’omicidio, quelle dei tre sospetti, che sono il fidanzato di Nyla,
uno degli ultimi clienti e una femmina demone che è stata vista in
compagnia della sirena quello stesso giorno».
«Perché non è
stato ancora trovato il colpevole?»
Morgan Connor
ghignò e non ne compresi il motivo. Nakano, a qualche passo da me,
ruotò il capo verso l’Antenato. Anche lui sembrava confuso dalla
reazione del demone.
«Che domande.
Te l’avevo detto prima no? E’ tutto campato in aria: si sono basati su
quanto detto dal mannaro per stabilire l’identità della vittima, hanno
catturato tre persone seguendo strascichi d’aura e tutti pensano al
fidanzato mannaro come colpevole, solo che non possono provarlo, se non
attraverso testimoni molto convinti che è andato a recuperare il
detective da non so dove. Questo posto è isolato, bisogna camminare un
bel po’ per giungerci e non credo proprio che un venerdì sera di giugno
ci fosse qualcuno qui ad assistere a un assassinio. La maggior parte
della gente lavora».
«Il vero
problema qual è?» insistetti.
Allegra roteò
gli occhi e portò le mani sui fianchi. «Se con queste premesse si
dovesse incolpare una creatura demoniaca solo per razzismo – è questa
l’aria che tira nella squadra per i crimini sovrannaturali – questo
creerebbe un piccolo incidente “diplomatico” che guasterebbe la
situazione già pessima a Torino. Perciò, se tu trovi l’assassino e
provi la sua colpevolezza, andrebbe già meglio. Dopotutto sei amante di
un vampiro, non puoi esser sospettata di nulla».
«Ah, ecco cosa
c’era dietro». Inspirai, ripetendomi di star calma. «Costava tanto
dirmi la verità sin da subito?»
«Sì. Il mio
motto è mai dare informazioni in più. Ora che sai in che situazione mi
trovo, ti prego di metterti seria e fare il tuo lavoro».
Rivolsi uno
sguardo a Nakano, di cui non riuscivo a vedere il volto sotto il
mantello e gli occhiali da sole, e m’innervosii. L’unica persona cui
facevo affidamento se ne stava dietro di me, nascosta sotto un mucchio
di tessuto, ed era totalmente inutile.
Sai che ti posso sentire. Non
fare la vittima, mi rimbeccò il vampiro.
«Altri
particolari utili o devo tirarteli fuori a furia di domande?» chiesi ad
Allegra.
Lei strinse
gli occhi, truce, e sollevò appena il labbro superiore in un ringhio.
Aveva un che di ferino quella Guardiana, forse perché passava più tempo
con i demoni che tra gli umani.
«Porta
rispetto» sibilò Allegra. «Riguardo alle indagini ti avrei detto tutto.
E’ sulle mie motivazioni che voglio tacere».
Non replicai,
volevo solo che proseguisse. Litigare non m’interessava in quel
momento. Prima terminavo quel lavoro, meglio era. Dovevo mettermi
d’impegno perché, come aveva detto Allegra, da quel caso dipendeva
l’equilibrio tra umani e demoni. Poteva sembrare una cosa banale, ma
non era frequente che così tanti esseri demoniaci fossero indiziati per
la morte di un altro di loro. Eppure non mi quadrava qualcosa. Perché
tanti problemi per una sirena uccisa, con ogni probabilità, da un
mannaro? Era una cosa che potevano sbrigare tra di loro i demoni, senza
aver neppure bisogno dell’intervento della polizia umana.
«Perché è
stata coinvolta la squadra per i crimini sovrannaturali?» domandai.
«E’ stato il
mannaro, Roberto, a chiamarla. Era convinto che l’assassino fosse un
umano. Ma se tu vedessi il corpo, allora avresti anche tu dei dubbi».
«Il cadavere
non lo posso vedere?»
Allegra scosse
il capo. «Purtroppo, è possibile vedere solo le foto e te le mostrerà
Cavone».
«Quindi, fammi
capire, ti sei scomodata solo per farmi fare un giro in spiaggia?».
«E già. Anche
se non ti sembra di avere abbastanza indizi ora?»
Guardai
perplessa la Guardiana. «Che indizi? Tracce di aura, racconti del
ritrovamento, aggiornamenti sulla situazione a Torino. Praticamente
nulla!»
Allegra lanciò
uno sguardo a Morgan Connor. Lui mi venne davanti e sollevò le mani,
portandole alle mie tempie. La sua temperatura corporea era più bassa
di quella umana, nonostante fosse molto vestito sotto il sole estivo.
«Presta
attenzione a quel che ti sto per mostrare» mi disse, la voce bassa e
roca. Mi umettai le labbra. Non lo avevo mai sentito parlare prima
d’ora, ma era incredibile. Sembrava quasi mi stesse sussurrando
nell’orecchio, come se il suono delle onde e del vento non potesse
interferire con le sue parole.
Non mi sentivo
del tutto sicura così vicina a un Antenato, per di più riconosciuto in
tutto il mondo come il peggior male che potesse capitare a un demone.
Certo, io non lo ero, ma non mi fidavo. Morgan non aveva aspettato che
Allegra accettasse di fare un patto con lui: glielo aveva imposto e lei
non aveva potuto ribattere. Quel fatto faceva parte della storia
contemporanea, risaliva al 2012, ma chiunque lo conosceva. Come potevo
fidarmi di lui con tali premesse?
Eppure
abbassai le palpebre. Morgan vi posò i pollici sopra, per poi
strofinarli su tutta la loro lunghezza permeandole di magia, e li
ricongiunse alle altre dita. Smisi di sentire i rumori attorno a me e
delle immagini confuse si formarono davanti ai miei occhi. Li aprii e
non vidi il mare e la sabbia di Baia dei Turchi, ma ero immersa nella
semioscurità e un corpo sventrato giaceva ai miei piedi, il volto
sfigurato, i denti assenti. Cercai le mani e vidi che erano state
divorate. Rabbrividii e l’immagine davanti ai miei occhi mutò.
«Basta! Ho capito!»
gridai, al nono cadavere. Di solito, non ero così impressionabile. Ma
era troppo anche per me. Per tutti era stato seguito lo stesso modus operandi
utilizzato per Nyla, almeno da quanto mi era stato raccontato. Un
serial killer?
«Era l’ultimo»
mi disse Morgan, facendo un passo indietro.
Libera
dall’incantesimo dell’Antenato, potei finalmente aprire gli occhi e mi
guardai attorno, persino contenta di trovarmi lì.
Ho visto, mi
annunciò Nakano. Non
credevo la situazione fosse così grave.
Neanche io,
concordai.
Mi rivolsi ad
Allegra, che era scura in volto.
«Ecco
l’indizio che nessun altro ti avrebbe dato, Megara» mormorò la
Guardiana. «Per questi delitti hanno chiamato noi Guardiane, convinti
che fosse colpa di un demone, ma si sono rifiutati di accostarli a
quello della sirena. Qualcuno sta facendo in modo di deviare le
indagini».
Strinsi i
pugni. Perché i pezzi del puzzle non mi venivano dati tutti d’una
volta? Di solito si trovavano tutti nella stessa scatola e si
rovesciavano insieme sul tavolo. Invece per quel caso mi stavano
passando i tasselli in disordine, quando andava a chi li possedeva.
Perché?
Quando entrai
nel salotto dell’albergo, fui colpita per prima cosa dal tanfo. C’era
una puzza tremenda, già sentita, ed ero profondamente disgustata. Poi
vidi i presenti: il detective Cavone, tre poliziotti e quelli che
dovevano essere i sospetti. Salutai tutti con un cenno e raggiunsi il
divano occupato da Nakano, che seguiva i miei movimenti con lo sguardo.
Puzza, pensai,
sperando fosse in ascolto.
La stessa della spiaggia,
mi fece notare.
Allora se
n’era accorto anche lui? Sapevo che nessuno dei demoni aveva bisogno di
respirare, quindi escludevo a priori che sentissero gli odori.
La prima cosa che faccio è
perlustrare il territorio con l’olfatto, ricordatelo,
intervenne Nakano.
Come i cani. Quel
pensiero mi fece venire un’idea. Questo
odoraccio è di sicuro dell’assassino. Facile smascherarlo così.
Chiunque se ne renderebbe conto.
No, sbagliato. Primo, questa
puzza la possono sentire solo le persone con un forte potere
sovrannaturale. Secondo, l’odore impregna chiunque allo stesso modo,
sarebbe impossibile capire da chi proviene, mi spiegò,
afferrandomi oziosamente una ciocca di capelli per giocherellarci. Prova per crederci.
Lo guardai
perplessa, ma volli verificare. Mi piegai verso di lui e affondai il
viso nell’incavo della sua spalla, noncurante della gente presente in
quella stanza. Tanto erano tutti presi da altro. Il tanfo mi fece
ritrarre di scatto, con un moto di disgusto.
Hai ragione,
ammisi. Dannazione,
tutta questa puzza per nulla!
Nakano sorrise
e infilò le dita tra i miei capelli, raggiungendo il collo. Lo
accarezzò e rabbrividii, perché era freddo mentre io morivo dal caldo.
Su, dai, si rivelerà utile.
Basta pensare cosa potrebbe provocarla e proseguire in quella direzione,
cercò di rassicurarmi. Anche se sembrava mi stesse sfottendo.
La fai facile, tu,
e con queste parole chiusi il discorso. Ero stata zitta troppo a lungo,
di sicuro Cavone e compagnia se n’erano accorti.
«Allora,
detective, cominciamo?»
Cavone sembrò
piuttosto infastidito dalle mie maniere e lo vidi muovere le labbra,
bofonchiando qualcosa. Era troppo lontano perché lo potessi sentire e
mi dava un po’ fastidio.
«Cominciamo
dagli indagati?» chiese il detective e Nakano me lo ripeté all’istante,
come aveva fatto quella mattina.
«Non hai le
foto del cadavere?» domandai. Era lì che volevo andare a parare, ma
quell’uomo non sembrava averlo capito. Anche se mi sembrava ovvio
vedere per prima cosa il corpo della vittima.
Cavone si
tormentò il nodo della cravatta – non si era cambiato, come faceva con
quel caldo? – e annuì. Si voltò verso il tavolo alle sue spalle e aprì
una cartellina, da cui prese una busta di carta. Mi venne vicino e me
la porse.
Presi
l’involucro senza ringraziare, ho questa brutta abitudine, e il
detective corrugò la fronte, irritato. Non poteva essere così
suscettibile, avevo la mente occupata da altro e non potevo pensare
pure ai convenevoli.
Iniziai a
sfogliare le fotografie e notai che il cadavere di Nyla era proprio
come mi era stato descritto e che l’assassino si era comportato con lei
nella stessa maniera delle altre vittime mostratemi da Morgan Connor.
Solo che alla sirena era stata divorata la coda e non ne vedevo il
motivo. Era una specie di vendetta eliminare la caratteristica tipica
della sua razza?
Osservai le
foto scattate a morsi e unghiate e quasi non trovai strano che molti
pensassero al mannaro come l’assassino. Ma ero abituata a dubitare dei
luoghi comuni e questo lo era. Ovvio che la maggior parte degli omicidi
era commessa da conoscenti intimi della vittima, però era troppo
scontato che il fidanzato, per giunta mannaro orso, che aveva pure
trovato il cadavere, fosse il colpevole. Lo avrei interrogato comunque,
ovvio. Per precauzione.
«Mi è stato
detto che sono stati trovati testimoni… avete le deposizioni?»
Cavone grugnì
e mi portò dei fogli scritti al computer. Gli lanciai uno sguardo e
vidi che un’ombra gli era calata sul volto. Sembrava di pessimo umore e
neppure tanto in forma. Visto così da vicino e dal basso potevo notare
quanto fosse pallido e tutte le rughe che gli si erano formate sulla
fronte e agli angoli della bocca, nonostante non fosse così vecchio.
Anch’io avevo segni del genere, abilmente nascosti da un briciolo di
fondotinta, ed erano causati dallo stress.
Qualcuno dei
presenti sbuffò sonoramente e cercai il maledetto con gli occhi. Non
poteva essere uno dei poliziotti, perché erano abituati a quel genere
di cose. Infatti, uno dei sospetti guardò l’orologio, la bocca storta
che contribuiva a dargli un’espressione scocciata. Lo fissai, finché
non mi rivolse il suo sguardo.
«Tu saresti,
signore?» chiesi. Dato che gli indagati erano tutti di stirpe
demoniaca, mi avrebbe capito anche senza il mio traduttore di fiducia.
«Ferrante
Marco» replicò, inarcando le sopracciglia, annoiato.
«E’ il
vampiro» precisò Cavone.
«Bene. Signor
Ferrante,» dissi, «sarai interrogato per ultimo, dato che hai tanta
fretta». Sorrisi, amabile. Peccato che lui non fosse dello stesso
parere.
«Brutta
stronza» ringhiò Ferrante, i pugni stretti, proteso in avanti e i denti
in bella mostra, i canini appena più lunghi di quelli umani. Già
arrabbiato, che tipo nervosetto.
Decisi di
ignorarlo e mi dedicai alle deposizioni dei testimoni. Non le avessi
lette e mi fossi fidata delle parole di Allegra, non avrei perso tempo.
Tutti ripetevano la stessa pappardella: avevano visto un uomo che
corrispondeva alla descrizione del mannaro – per conferma, lo osservai
man mano che leggevo le fin troppo precise indicazioni – che iniziava a
gridare contro Nyla, facendo una scenata di gelosia, e che si
trasformava in orso per la rabbia. Quasi come Hulk. Solo che lui invece
di distruggere palazzi, si era mangiato metà sirena. Alle trote,
l’orsetto preferiva pesci più rinomati, come le sirene. Mica scemo.
Stufa di tutte
quelle chiacchiere inutili e ripetitive, abbandonai i fogli sul divano,
tra me e il bracciolo, e decisi di dedicarmi ai sospetti. Tanto valeva
toglierseli davanti. E cominciare dal più ovvio. Senza pregiudizi,
verificando che il mannaro era innocente, avrei potuto concentrarmi
meglio sui due restanti. O andare alla ricerca di qualcun altro. Non
era detto che fossero gli indagati corretti quelli, anche se lo erano
da tre settimane.
Mi rivolsi a
Cavone, che trovai occupato a tormentare la cravatta. Che se la
togliesse, piuttosto! «Iniziamo con i sospetti, detective».
Lui annuì. «Da
chi cominciamo?»
«Il fidanzato».
Cavone assentì
ancora e fece un cenno agli altri poliziotti. «Portate fuori Ferrante e
Priscilla».
«Non è
necessario che rimanga nessuno qui, me la so cavare da sola» intervenni
e tirai una pacca alla fondina assicurata ai fianchi.
«In qualsiasi
caso, ci sono io» aggiunse Nakano.
Gli lanciai
un’occhiataccia. Non ero una donnina debole. Potevo stendere uno
stupido mannaro pure senza l’utilizzo della Beretta. Purtroppo quel
vampiro era vecchio stile e le smanie da macho protettore delle donne
erano rimaste anche nella nuova vita.
Cavone non
sembrava entusiasta della richiesta, ma l’accettò e così io e Nakano ci
trovammo soli col mannaro, che feci accomodare su una poltrona vicino
al nostro divano. Lo osservai attentamente, era magrolino considerando
la bestia in cui si trasformava. Di solito i mannari ereditano molte
caratteristiche del loro animale. Almeno così sapevo e avevo visto.
E’ un neofita, ovvio che lui e
la bestia non siano ancora tutt’uno, mi spiegò Nakano.
Per il resto,
l’orsacchiotto aveva una nuvola di capelli ricci e occhi castani.
Vestiva una maglia blu e dei bermuda, con scarpe di ginnastica.
Sembrava piuttosto nervoso e il volto era segnato da borse sotto gli
occhi.
«Nome?» chiesi.
Il mannaro si
umettò le labbra. «Danese Roberto» replicò, non del tutto a suo agio.
Non era
all’asilo, perciò non m’interessava il benessere del bimbo. Avevo solo
bisogno di risposte.
«Eri il
fidanzato di Nyla, vero?» Non gli diedi il tempo di replicare, perché
era inutile. «Come hai ritrovato il suo corpo?»
Danese chinò
il capo, il labbro inferiore stretto tra i denti. «Ero andato a
trovarla, come tutte le mattine, ma avvicinandomi ho sentito un cattivo
odore, lo chiamano d’Inferno tra i demoni, anche se in realtà…»
Lo fermai
prima che mi tenesse una lezione sul gergo demoniaco. «Conosco queste
storie, sebbene non sapessi che fosse questo l’odore d’Inferno.
Continua».
«Allora mi
sono affrettato e avvicinandomi alla grotta, che lei aveva scelto per
ricevere i clienti – secondo lei faceva più “sirena” di una normale
stanza in un qualsiasi edificio, l’ho trovata come hai visto nelle
foto». Detto questo, Danese si passò una mano sul volto, senza
guardarmi.
«E hai
chiamato la squadra per i crimini sovrannaturali. Perché?».
Il mannaro
sollevò lo sguardo e batté le palpebre, sorpreso. So di essere un
genio, ma certe dimostrazioni di stupore potevano sembrare fuori luogo.
Giusto perché non somigliavo a un topo di biblioteca, non potevo essere
per forza scema.
«Sono andato
nella grotta, prima di chiamare i poliziotti, ho pensato subito che era
stato un demone evocato e che Nyla fosse stata la vittima sacrificale
perfetta. Da un po’ di anni c’è questa moda tra le streghe», e con
questa parola intendeva gli umani con grande potere sovrannaturale, «di
invocare demoni per futili motivi e gettare loro in pasto dei loro
simili, come offerta, quasi fossero divinità».
Devo
ammetterlo, quell’ipotesi m’intrigava. Anche se sembrava alquanto
improbabile. C’erano stati troppi morti in seguito a Nyla. Ma i colpevoli li hanno trovati?,
mi domandai, di colpo.
Mi sono informato prima del tuo
arrivo: hanno lasciato tutto in mano alle Guardiane e se ne sono
disinteressati, replicò Nakano.
Vero. Dopotutto l’aveva detto
Allegra che questo caso è capitato in mano agli umani solo perché
Danese ha sporto denuncia, concordai.
Proprio
così.
Danese ci
stava osservando, gli occhi nocciola che guizzavano dal mio volto a
quello di Nakano e viceversa, come se seguisse i nostri pensieri. Ma
non era così, grazie al cielo. «Potete ascoltarvi» commentò, esitante.
«Purtroppo non è nelle capacità dei mannari. Però Nyla riusciva ad
ascoltare i pensieri altrui e usava questa sua capacità per indovinare
i gusti dei clienti. Ha dovuto proprio a questo il suo successo da
queste parti. Voleva trasferirsi a Roma, per avere un maggior
“mercato”, come diceva sempre».
Seguii quel
ricordo del mannaro e registrai ogni particolare utile. Se la sirena
poteva sentire i pensieri altrui, allora aveva notato di sicuro
l’intenzione omicida del suo assassino, in caso di premeditazione.
«Nella grotta
cos’hai trovato?»
«Segni di
lotta e sangue per terra. In piccola quantità, però» replicò Danese,
pronto.
«Niente di
che, quindi».
Il mannaro
annuì, poi lanciò uno sguardo alla porta e si sporse verso di noi.
«La squadra
non ha controllato, nonostante io gliel’abbia fatto presente, ma
sentivo odore di incantesimo» mi disse, con tono di cospirazione.
Certo, erano
tutti convinti della sua colpevolezza. Almeno così mi aveva fatto
intendere Allegra. Un po’ mi dava fastidio basarmi sulle parole della
Guardiana. Lei non era del tutto obiettiva, benché cercasse di esserlo.
Per lei gli umani erano ipocriti e schifosi, mentre i demoni
commettevano bestialità senza fingersi ciò che non erano. Io, finché
non conobbi Nakano, non amavo la sua stirpe, mentre gli androidi
continuo a odiarli. Ma questo è dovuto al mio passato, non a una mia
filosofia.
«Quindi, cos’è
successo secondo te?» Avevo intuito che tipo era Danese: di sicuro in
quelle settimane non si era girato i pollici, piangendo l’amata morta,
ma si era impegnato alla ricerca di una soluzione. Ormai avevo capito
che quel mannaro o era innocente oppure era un ottimo attore, il che
gli avrebbe procurato la mia ammirazione, perché ce ne voleva. Anche
se, per quanto ne sapevo, nei crimini passionali l’assassino non era
mai in possesso della freddezza necessaria a farlo recitare. Se aveva
ucciso per incontinenza, allora era impossibile. Doveva avere buoni
motivi per aver ucciso Nyla, la sua fidanzata.
«Ho pensato a
un incantesimo che richiede un tributo in sangue. Anche se non capisco
perché scegliere proprio Nyla».
«Era una
sirena, tale sangue si usa per afrodisiaci e filtri d’amore» intervenne
Nakano.
Lo guardai
perplessa. Da quando in qua si interessava di magia?
«Uccidere una
persona per un motivo così idiota è quasi peggiore del movente
passionale» commentai.
«Forse
volevano un po’ del suo sangue, ma lei si è rifiutata ed è sfuggita la
situazione di mano. Nyla era lontana dalla grotta, quindi ha provato a
fuggire» continuò Danese, convinto della sua idea.
Scossi il
capo.
«Io ho pensato
che possa esser stata quella Priscilla, il demone, a chiederle il
sangue» insistette il mannaro.
«Un demone non
ha bisogno di intrugli. I demoni conoscono le arti magiche meglio di
chiunque, non hanno bisogno di tali sciocchezze» obiettai.
«Allora è
stato un umano» tentò Danese.
«Trovamelo,
allora».
Solo così
riuscii a farlo tacere. Lo salutai e lo accompagnai alla porta, per
chiamare il secondo sospetto.
«Cavone, la
donna» chiesi al detective.
Cavone guardò
Danese uscire, la fronte corrugata e la bocca piegata in una smorfia di
disprezzo. Certo che far occupare una persona che detesta i demoni di
un caso in cui la vittima e i sospetti sono di stirpe demoniaca, è
davvero controproducente. Quanto più andava, più trovavo i motivi per
cui non si stava risolvendo nulla.
Ferrante mi si
parò davanti, infuriato.
«Interroga
prima me, fra tre quarti d’ora ho un appuntamento che non posso
mancare!» mi ordinò il vampiro, con arroganza.
«Che me ne
frega? Levati». Gli misi le mani sul petto e lo spinsi indietro.
Però Ferrante
non si mosse. Sentii una presenza alle mie spalle e seppi subito che
era Nakano. Mi dava fastidio, molto.
Potevo sbrigarmela da sola, che diavolo!
Il potere del
vampiro giapponese inondò la sala, lasciato libero giusto il necessario
per spaventare quello che doveva essere l’ennesimo neofita. Perché ce
n’erano così tanti? Non era finita la moda? Dopo il 2012, quando i
demoni si erano rivelati a tutto il mondo, c’era stato un boom di
neofiti, umani che entusiasti da quelle nuove creature, volevano
diventare come loro. Erano passati quarant’anni da allora, ma quella
moda sopravviveva. Che cagata.
«Ho capito»
balbettò Ferrante, indietreggiando.
Rivolsi la mia
attenzione a Cavone. «Allora, detective, la signora?» insistetti.
«Voglio
entrare pure io».
Acconsentii,
purché si desse una mossa.
Entrammo nel
salotto e indicai la poltrona alla donna, il demone per quanto ne
sapevo, mentre Cavone rimase in piedi. Io e Nakano tornammo al nostro
divano e cominciai il secondo giro di domande.
«Nome».
«Priscilla»
replicò la donna, accavallando le gambe e incrociando le dita sul
ginocchio. Notai le unghie lunghe e smaltate alla perfezione di
magenta. Lo smalto era abbinato con la canottiera che indossava, mentre
i fuseaux erano bianchi. I capelli rosa pallido erano ben pettinati e
gli occhi rossi erano pesantemente truccati. Di solito erano i vampiri
ad avere occhi di quel colore, i diurni per esser precisi. Strano che
fossero di un demone.
Intanto ero
ancora in attesa di un cognome.
«Cognome?»
chiesi, allora.
«Sono un
demone antico, non ne ho. Solo quegli stupidi neofiti lo mantengono»
rispose Priscilla, placida. Non sembrava per nulla toccata da quel che
stava accadendo. Meglio, forse.
«Anche i
membri delle Famiglie dei nobili ce l’hanno» precisai.
«Ti sembro una
nobile?»
Mi stava
seccando.
«Sei indagata
perché sei stata l’ultima persona a incontrare Nyla. Per quale motivo
sei stata in sua compagnia?»
Priscilla
lanciò uno sguardo a Cavone, che aveva le mani in tasca e
un’espressione infastidita sul volto. Poi tornò a guardarmi.
«Devo proprio
rispondere?»
Digrignai i
denti. Era troppo. «Mi spieghi cosa cazzo hai detto alla polizia?» Mi
stavo arrabbiando e divento scurrile in questi casi. Cioè, più scurrile
del solito.
«Non c’ha
parlato, perciò volevo sentire ‘sto interrogatorio» si intromise Cavone.
«Bene, questo
significa che per me sei una colpevole. Dirò che volevi il sangue di
Nyla per un filtro d’amore, lei si è rifiutata e l’hai uccisa per
averlo. Tanto con gli artigli che ti ritrovi, sei perfetta per il ruolo
dell’assassino bestiale».
Priscilla
sgranò gli occhi e guardò di nuovo Cavone, che era piuttosto perplesso.
«Ma…» cominciò
il detective.
«Fuori, tutti e due!»
gridai, indicando la porta. I due fecero quanto ordinato, rivolgendomi
solo sguardi infastiditi. «Ferrante,
entra e datti una mossa!»
La mano di
Nakano mi afferrò una spalla e me la strinse, spingendomi contro il suo
petto. Ferrante fece il suo ingresso e vide il vampiro che mi
abbracciava, mentre io – ne sono certa – avevo un’espressione
indemoniata.
Calmati, accusare a caso
qualcuno che ti ha dato fastidio, va contro la richiesta di Allegra,
mi disse Nakano.
Vaffanculo Allegra e i suoi
problemi! Non doveva mettermi in mezzo, me ne frega un cazzo dei
problemi a Torino e del successo in Europa! Mi basta esser conosciuta
negli States!, ribattei infuriata.
Sai che non è così,
e sentii Nakano invadere la mia mente per placarmi. Lentamente, mi
ripresi. Quella maledetta Priscilla era troppo per la mia
sopportazione. O forse si erano sommati tutti i casini della giornata.
Poco importava, ora mi ero sfogata. Nel peggiore dei casi, me la sarei
presa con Ferrante, che ci attendeva ostentando un’aria annoiata,
seduto sulla poltrona.
«Avete
terminato il vostro siparietto intimo?»
«Ferrante» disse
Nakano, minaccioso.
Se lui avesse
continuato a intervenire per proteggermi, mi sarei incazzata di nuovo.
Mi faceva fare la figura della donna incapace, che ha bisogno di un
cavaliere per sopravvivere.
Ferrante si
placò.
«Il nome lo so
già, purtroppo» iniziai, massaggiandomi le tempie. «Spiegami perché sei
legato a Nyla».
Il vampiro si
mosse sulla poltrona. «Tanto per cominciare, sono un vampiro diurno e
politico. Faccio parte del consiglio regionale e mi sono fatto creare
da uno dei seguaci di Vicious, il consigliere là, di Torino, per
restare nel campo più a lungo degli umani. Perciò, essendo in vista, ma
senza una donna – fissa, beninteso, mi sono fatto spesso accompagnare
da Nyla dove serviva. E proprio il giorno del suo omicidio sono andato
da lei a fissare un appuntamento per la sera dopo. Quando ho saputo
della sua morte, sono finito nella merda perché mi sono ritrovato
invischiato in questa indagine che non mi aiuta a lavoro».
«Questo è
tutto?» domandai, un po’ avvilita perché mi aspettavo di più. Che cazzo
di sospetti erano quelli? Ops,
volgarità, mi sgridai.
«Sì. Non so
perché sono ancora nella lista dei sospetti. Secondo me, qualcuno ha
pagato questi qui perché infangassero il mio nome e mi rovinassero la
carriera».
Ignorai le
successive chiacchiere di Ferrante, era troppo preso dalla politica per
avere un buon motivo per uccidere Nyla. Per di più, lei gli era stata
utile per fare bella figura. Non gli chiesi neppure quale fosse il suo
parere e lo lasciai andare al suo appuntamento.
Prima di
andarmene in camera con Nakano, per raccogliere le idee, andai a
parlare a Cavone.
«Danese e
Ferrante sono innocenti, ma Priscilla deve rimanere qui, sotto
controllo» gli ordinai.
Il detective
mi guardò diffidente. «Perché la donna?»
«Perché non ha
detto nulla di utile e voglio sentirla di nuovo».
«Non possiamo
incolpare lei?» mi suggerì Cavone, portando le mani al nodo della
cravatta. Mi irritava quel suo tic. Non riusciva proprio a star fermo?
Capisco lo stress e tutto, ma a un certo punto basta! Fui tentata di
bloccarlo, però evitai. Meglio farmi i fatti miei.
«No. Non sono
venuta qua per giocare» replicai, secca. «L’avreste potuta incolpare
prima, se volevate chiudere il caso alla cazzo. Ora che ci sono io, si
fa quel che dico e basta».
Cavone fece
per ribattere.
«Se hai
qualche problema nei miei confronti, dimettiti. Non ho bisogno di te»
lo fermai.
«Non c’ho
problemi…»
«Arrivederci,
detective» lo salutai, per nulla intenzionata a rimanere lì con lui. Mi
stava un po’ sulle palle. E poi avevo altro da fare.
Tipo chiamare
Allegra. Avevo un paio di dubbi che solo la più grande esperta di
demoni poteva risolvere.
Non fui
costretta a usare il telefono, perché Allegra mi aveva battuta sul
tempo e la trovai nella hall dell’albergo, da sola. Chissà che fine
aveva fatto Morgan. Non m’interessava, al momento. Le andai incontro e
la presi sottobraccio.
«Andiamo in
giardino, devo chiederti un paio d’informazioni» le sussurrai,
trascinandola con me. Dopo pranzo, mi ero studiata la mappa dell’hotel,
quindi sapevo dove andare.
All’aria
aperta, il caldo era tanto, sebbene stesse calando la sera. Dovevo
sbrigarmi, non volevo sciogliermi.
«Allora?» mi
sollecitò Allegra.
Le raccontai
brevemente l’interrogatorio con Danese e lei scoppiò a ridere.
«Uccidere per
un intruglio, ridicolo!» esclamò. Poi tornò seria e abbassò la voce,
«Anche se l’idea del sacrificio di sangue non è male. Soprattutto
considerando i morti successivi».
La guardai
senza capire.
Allegra
sospirò e mi mise l’indice sinistro davanti al viso. «Un demone evocato
che richiede un tributo di sangue», prese ad agitare il dito a ogni
parola, «il mago che perde il controllo ed ecco spiegati i morti
successivi. Magari Nyla non è bastata a sottomettere il demone e questo
va a farsi i suoi porci comodi un giorno sì un giorno no. Però così non
c’è alcun legame con Nyla e la sirena potrebbe essere stata solo una
vittima casuale».
Riflettei
sulle parole di Allegra, non più intontita dal movimento del suo
indice. «In effetti, messa così ha senso» concordai. «Ma secondo me,
Nyla non è un caso».
«Oppure un
demone ha posseduto un umano e l’ha usato come marionetta per aumentare
il suo potere. Ci sono demoni che diventano più potenti in questo modo».
«Però così
Nyla sarebbe solo vittima del fato» obiettai.
L’attenzione
di Allegra fu catturata da qualcos’altro. Vidi la sua testa scattare a
destra, verso l’albergo. «Detesto chi origlia» bofonchiò a denti
stretti e mosse qualche passo in quella direzione.
Sentii un
gemito soffocato e il tonfo di un corpo che cadeva al suolo. Io e
Allegra ci affrettammo a raggiungere il luogo da cui erano provenuti
quei suoni e trovammo Cavone disteso per terra, le mani sul petto.
«Un infarto?»
domandai, perplessa. Mi chinai affianco al detective e cercai si
scostare i suoi arti.
Cavone
socchiuse gli occhi, ansimando e grondando sudore.
«Allegra, fai
chiamare un dottore» le suggerii, lottando contro il detective, che non
ne voleva sapere di levare di torno le mani.
Allegra si
allontanò senza una parola ed io ne approfittai per tirare uno schiaffo
a Cavone.
«Metti giù
queste cazzo di mani» sibilai e con uno strattone liberai il suo petto.
Slegai il nodo della cravatta e sbottonai la camicia. Nel farlo,
percepii la presenza di una fonte di calore sul torace di Cavone. Lo
denudai e vidi uno stemma pieno di curve e simboli che non comprendevo,
impresso nella sua carne, a fuoco. Però avevo intuito cosa fosse.
Senza farmi
troppi problemi, abbandonai il detective nel giardino – tanto sarebbero
arrivati i soccorsi – e corsi in camera, da Nakano, a confrontare le
mie idee con le sue. Forse avevo una mezza idea di cosa stesse
succedendo lì.
Cavone era
stato portato in una stanza dell’albergo, perché i medici non avevano
trovato nulla di grave – nessun infarto come avevo creduto in un primo
momento – però preferivano che non si muovesse.
Così, dato che
lui si trovava confinato là dentro e che io ero giunta a una
conclusione, che era stata considerata logica e plausibile da Nakano,
ordinai ai poliziotti di portare i sospetti dal detective, mentre
chiesi ad Allegra di sigillare con la magia le finestre e la porta, una
volta tutti all’interno della camera.
Quindi ci
trovammo tutti lì, compresi Danese e Ferrante, che avevo fatto
richiamare. Quest’ultimo mi aveva chiesto di registrare il mio
“discorso” per usarlo come prova per dimostrare la sua estraneità
all’omicidio. Avrei voluto dirgli di non illudersi, sia per il
contenuto di quel che avrei detto, che per la sua carriera politica.
Forse lui stesso sapeva di essersi rovinato, ma si comportava così per
negarlo, per dimostrare a se stesso che era possibile rifarsi un nome.
Però, dei drammi personali di Ferrante me ne fregava un bel niente.
Danese aveva
notato Allegra che sigillava la stanza, era un tipo sveglio quando si
metteva d’impegno, ed era piuttosto diffidente, quasi si sentisse
tradito da me. Eppure non gli avevo fatto nulla, per ora.
Priscilla era
la calma fatta persona. Si era seduta sulla sedia della scrivania posta
nella camera d’albergo e aveva lo sguardo fisso su Cavone, ancora privo
di sensi.
Quando decisi
che era tutto pronto, feci cenno a Nakano di risvegliare il
bell’addormentato, non con un bacio ovvio. Le sue mani gelide attorno
al collo, che è proprio la parte più sensibile, hanno un effetto
immediato. Infatti, appena le dita del vampiro scivolarono sulla gola
del detective, le palpebre fremettero e aprirono di scatto.
«Cos…»
cominciò Cavone, sobbalzando nel vedere Nakano chinato sopra di sé, con
un ghigno per nulla rassicurante dipinto sul viso pallido.
Il vampiro
giapponese lasciò andare il detective e indietreggiò fino a raggiungere
la finestra per poggiarsi.
Io ero ai
piedi del letto matrimoniale su cui giaceva Cavone, sveglio, ma non
ancora seduto.
Allegra,
affianco a Nakano, aveva incrociato le braccia sul petto, in attesa che
io cominciassi.
Mi guardai
attorno, studiando le facce dei presenti, e mi decisi a iniziare.
«Come saprete,
sono stata chiamata qui per risolvere questo caso irrisolto per troppo
tempo. Da queste indagini non dipende solo la vita del colpevole, ma
anche…».
«No, Megara,
tu non puoi fare discorsi come Cicerone. Arriva al punto» mi interruppe
Allegra, alzando la voce.
Le lanciai
un’occhiataccia, ma decisi di seguire il suo suggerimento.
«Ho
interrogato i tre sospetti e non sono riuscita ad ottenere nessuna
informazione utile. Più o meno. Per prima cosa, ho confermato la mia
sensazione che Danese fosse innocente».
Vidi
chiaramente il sollievo del mannaro, che rilassò i muscoli delle spalle
e assunse una posizione più comoda, pur rimanendo in piedi.
«Ferrante,
anche se mi sarebbe piaciuto molto rovinarlo, era un banalissimo
cliente preso dalla propria vita, cui non interessava nulla di Nyla,
sennonché fosse presente quando gli era utile per fare bella figura
davanti ai colleghi».
Il vampiro
diurno storse la bocca, stizzito dalle mie parole. Fermò la
registrazione che stava facendo col cellulare e lo infilò nella tasca
del completo. «Posso andare ora?» mi chiese.
«Hai da fare?»
«Ovvio che sì,
sono un uomo impegnato, io».
«Allora no,
rimani qui fino alla fine» replicai. Lo avrei tenuto lì in qualsiasi
caso, non avevo fatto sigillare la stanza ad Allegra per nulla. Niente
e nessuno doveva uscire da quella camera finché non lo avessi deciso
io. Far credere a Ferrante che lo facevo perché ero una gran stronza mi
divertiva parecchio, comunque.
Cavone mi
guardò attentamente. Rimaneva solo Priscilla, che era placida sulla sua
sedia, senza fare una piega, per nulla preoccupata di quel che le
sarebbe potuto capitare.
«Ebbene, sono
giunta a una conclusione: nessuno dei tre indagati è colpevole»
annunciai.
Cavone sgranò
gli occhi e i tre poliziotti si guardarono perplessi, senza fiatare.
Priscilla si mise in piedi.
«Ci puoi
lasciar andare, dunque. D’ora in poi sono fatti tuoi, no?»
Roteai gli
occhi.
«Mi dispiace,
Priscilla, ma l’arma del delitto solitamente non se ne va a zonzo».
Vidi il demone
guardarmi senza parole, gli occhi fuori dalle orbite. Le sorrisi e
rivolsi la mia attenzione a Cavone.
«Testimoni
d’accordo, indizi inconsistenti, sospetti assurdi. Solo qualcuno
dall’interno poteva organizzare un’indagine così male. Per non
concluderla e lasciarla cadere nel dimenticatoio, oppure incolpando un
innocente. E’ stata una disgrazia per te, Cavone, occuparti di un guaio
che tu stesso hai combinato, vero?»
Nakano ghignò
e sapevo che era pronto a intervenire se il detective avesse provato a
far qualcosa contro di me. Ma Cavone era ancora troppo scosso per
reagire.
Priscilla, al
mio fianco, si era ripresa e guardava l’uomo ora seduto sul letto, con
uno sguardo annoiato.
«Da come ho
capito, tu sei una strega, un umano con grandi poteri magici, e mi pare
anche logico, dato che fai parte della squadra per i crimini
sovrannaturali» cominciai.
«Non tutti
quelli della squadra hanno poteri, Megara. Basta che tu riesca a
intravedere uno spirito e che sia capace a distinguere un demone da un
umano per entrarci» mi interruppe Allegra, tenendoci a precisare, come
sempre.
Annuii e
continuai, «Il simbolo sul petto rende palese una sola cosa: hai
evocato un demone per vendicarti di Nyla, che ti ha fatto un qualche
torto a me sconosciuto. Purtroppo il suddetto demone ti è sfuggito di
mano e, dopo la sirena, ha ucciso anche molti altri demoni, per avere
energia a sufficienza per mantenersi nel corpo creato dalla tua magia».
Cavone non
fiatò, ma vidi che stringeva con forza le lenzuola del letto. Lanciai
uno sguardo a Nakano, che nonostante l’espressione rilassata era
concentrato sulla sua preda.
«Giacomo, a
quanto pare ti hanno scoperto» gli fece notare Priscilla, piegando il
capo di lato. La guardai e vidi le sue labbra tirate in un sorriso
soddisfatto.
«Chi sei in
realtà, Priscilla?» domandai, ruotandomi verso di lei.
Il demone
chiuse gli occhi un attimo, poi sollevò le palpebre e mi fissò. Ora le
iridi non erano più rosse, ma nere. Il suo viso cominciò a spellarsi ed
io indietreggiai.
«Hai studiato
demonologia, piccola?» mi chiese con voce maschile.
Annuii e
captai con la coda dell’occhio il movimento di Allegra. La puzza che
permeava la stanza svanì. Lo notai come avevo notato quel fetore
entrando nel salottino. Mi ero ormai abituata e non ci avevo prestato
molta attenzione. Che la trasformazione di Priscilla stesse avvenendo
nello stesso momento in cui il tanfo spariva, era un particolare che
confermava quanto da me sostenuto.
«Eurinome, il
Principe della Morte. Ecco chi sono. Ecco chi quello stupido e debole
umano ha osato evocare» si presentò il demone, mentre il corpo si
disfaceva, come una crisalide che lasciava spazio alla farfalla.
Eurinome si
portò le mani ai capelli, lunghi fino agli zigomi sporgenti, li ravviò
e mi guardò con un ghigno. Gli occhi erano neri, come li avevo visti
prima. Quindi era questo il loro vero colore. Avevo avuto ragione a
trovare strane delle iridi rosse in un demone.
«Quella puzza
a cos’era dovuta?» domandai, indietreggiando ancora. Non mi fidavo di
quel tipo. Lanciai uno sguardo a Cavone, il cui volto si stava
deformando per l’ira. Digrignava i denti, scoperti dalle labbra, la
fronte era corrugata e gli occhi bruciavano di rabbia. Forse bisognava
temere di più un umano incazzato, di un demone appena libero.
«Tutti i
demoni evocati in un corpo che non è il loro emettono l’odore
d’Inferno» spiegò Allegra, precedendo Eurinome, che era a qualche passo
da lei.
Sentii
scattare la sicura di una pistola e vidi che il demone sollevava le
mani all’altezza delle spalle. Ruotò il capo appena per vedere Allegra
che gli puntava la Smith&Wesson di Nakano alla nuca. Lanciai
uno sguardo al vampiro,che era tranquillo. Era stato lui a dargliela,
quindi. Avrei voluto sapere cosa avessero in mente quei due.
Un movimento
alla mia sinistra, mi fece portare la mano alla Beretta. Prima che
qualcuno potesse fare qualsiasi cosa, Nakano saltò addosso a Cavone e
lo immobilizzò sul letto con un braccio premuto alla gola.
«Sta’ buono»
gli ordinò il vampiro, la voce bassa e minacciosa.
Cavone, per
tutta risposta, si agitò. Mi avvicinai al detective e mi poggiai con un
ginocchio sul materasso.
«Allora,
Cavone, spiegami un po’ perché hai evocato un demone per uccidere una
mera sirena. Voglio sperare che il movente non sia passionale, perché è
troppo banale e assurdo fare tutto questo casino per incontinenza».
Il detective
serrò la mascella e Nakano aumentò la pressione del braccio sul collo,
togliendogli il fiato.
«Non vuoi
rispondere, forse?» gli chiese il vampiro.
Ferrante si
fece avanti. «Spiegatemi una cosa: la mia carriera politica è andata a
fanculo a causa di cretino del genere?»
Lanciai uno
sguardo al vampiro diurno. Tremava di rabbia. Potevo usare tutta questa
furia per far parlare Cavone. Non male come idea.
Anche Danese
si fece avanti. «Detective, voglio sapere perché ha ucciso Nyla!»
intervenne, stringendo i pugni. «Porca puttana, avevo l’assassino
davanti agli occhi e non ho mai sospettato di nulla!» Pure il mannaro
stava cedendo all’irritazione. Evvai, tutti incazzati! In realtà Nakano
e Allegra erano freddi e impassibili, o per carattere o per
deformazione professionale. Solo nella vita privata la Guardiana
provava rabbia, quando lavorava no.
«Quello
stupido non parlerà» ci informò Eurinome, tranquillo anche con una
pistola puntata al cervello. Dimenticavo il demone, pure lui
indifferente all’ira generale.
«Oh, sì, che
lo farà» dissi e tirai un pugno sul volto di Cavone. Battei le nocche
sui suoi denti, che s’incrinarono, e sentii un po’ di male. Non avevo
usato tutta la mia forza, però.
Il detective
scosse il capo e Nakano allentò la pressione giusto il necessario per
fargli prendere una boccata d’aria. Gli occhi di Cavone si puntarono su
di me, accusatori.
«Allora, ti si
è sciolta la lingua?» lo provocai, portando le mani sui fianchi. In
questo modo le avevo anche vicine alla pistola.
«Non vuoi
sperare che ci credono?» mi chiese Cavone e Nakano me lo ripeté per
farmelo sentire in inglese.
Sorrisi a
quelle parole, ma sentii Allegra sbuffare. Non capii il motivo e le
lanciai uno sguardo. Lei ed Eurinome erano fianco a fianco, in attesa
di vedere come avrei risolto la situazione. A quanto pareva, la
Guardiana si era convinta che il demone fosse inoffensivo. O peggio,
aveva trovato giusti gli intenti e le motivazioni di Eurinome. Ciò
significava che se lui avesse cercato di uccidere o punire in qualsiasi
altro modo Cavone, lei lo avrebbe lasciato fare e lo avrebbe protetto
persino. Spesso mi domandavo come potesse esserci una Guardiana simile.
Era un mostro, non una donna umana!
«Non credo
vivrai abbastanza per imparare a parlare, Cavone» sbottò
Allegra, pronunciando il cognome del detective con disprezzo. Ora
capivo perché aveva sbuffato. Era fissata col ben parlare, ecco qual
era il problema. Niente che avesse a che vedere con l’indagine, che
dovevo concludere.
«Parla o
troveremo modi più persuasivi per ottenere le informazioni che
vogliamo» insistetti, stringendo gli occhi fissi su Cavone.
«Posso
occuparmene io, senza problemi» intervenne Eurinome.
Il detective
sgranò gli occhi e li puntò sul demone. «No, non lasciatemi a lui! So
di quali bestialità è capace, non voglio, non voglio!» gridò
Cavone, con una nota d’isteria nella voce.
Bene, avevamo
trovato il punto debole su cui far leva. Feci cenno a Eurinome di
avvicinarsi e lui mi accontentò immediatamente, quasi felice di esser
preso sul serio.
«Perciò parla.
Sennò potrei stufarmi e lasciarti nelle mani di Eurinome» lo minacciai.
Era stato uno sciocco, non si deve mai rivelare il proprio punto
debole, mai, in nessun caso. Prima o poi qualcuno se ne servirà per
utilizzarti e tu non potrai far altro che accontentarlo.
«Quella donna
mi ha usato, ha fatto la carina, mi ha riempito di attenzioni e belle
parole, mentre aveva già un fidanzato e chissà quanti altri clienti!»
disse Cavone, stringendo i pugni.
Nakano mi
lanciò uno sguardo e mi vide mordermi il labbro inferiore per
trattenermi. Sapeva che odiavo quel genere di omicidio. Perché nessuno
aveva motivi più materialisti per uccidere? Ammazzare accecati dai
sentimenti, era assurdo! Come si può aver così poco controllo di sé?
Certo, anch’io spesso cedo all’ira, ma non vado a far stragi per
questo!
«Ma che storia
banale!» commentò Allegra, raggiungendoci attorno al letto.
Danese colpì
il materasso con i pugni. «L’ha uccisa solo perché faceva il suo
lavoro? Ma quest’uomo non ha chiaro che un’accompagnatrice non prova
mai sentimenti verso i propri clienti? Da dove viene fuori? Porca puttana, Nyla è morta per
un motivo così idiota!»
Osservando
come il mannaro era teso e pronto a uccidere, pensai che più che
Eurinome, sarebbe stato peggio per Cavone affrontare un fidanzato che
ha perso l’amata a causa di un uomo che non è stato capace di accettare
la realtà, troppo preso dal suo mondo mentale per uscire un minimo dai
suoi rigidi schemi. Avevo detto che aveva una mentalità chiusa e questo
lo aveva portato a uccidere ed evocare un demone per farlo. Aveva un
po’ esagerato. Ma è a questo che portano i pregiudizi e la chiusura
mentale.
«Bene, abbiamo
risolto il caso» annunciai, battendo le mani. Nakano lasciò libero
Cavone, che si gettò giù dal letto e corse alla porta. Danese e
Ferrante gli furono dietro, pur consci che Allegra aveva sigillato
qualsiasi via di fuga. Sentii un corpo battere contro il muro.
«Ehi, voi,
calmi per ora! Mi serve per far conoscere a tutti il colpevole» gridai,
senza muovermi per andare a controllare.
«Un demone
ucciso da un mago per mezzo di un altro demone: questo è uno dei casi
che sono lasciati alla comunità demoniaca» mi informò Allegra.
«Dovranno venire a Torino e il Consiglio dei Dodici deciderà cosa
farsene. Con ogni probabilità, lasceranno che le parti lese si
vendichino come meglio credono». Detto questo lanciò uno sguardo a
Eurinome, che ghignava pregustandosi la vendetta.
«Guarda che
dovrai dividertelo con un fidanzato e un politico fallito» lo avvisò
Nakano, venendomi affianco.
«Non c’è
problema, lo lascerò vivo per loro» replicò Eurinome, passandosi la
lingua sulle labbra.
Sfogliai il
quotidiano, seduta nella sala vip della Air One all’aeroporto di Roma.
Nakano mi stava facendo il caffè dalla macchinetta posta nell’angolo
bar. C’eravamo solo noi due lì. Generalmente gli uomini d’affari non
prendono l’aereo alle tre di mattina di metà luglio.
Nella pagina
di cronaca, vidi una gigantografia di me, Nakano e Allegra durante la
conferenza stampa che avevamo tenuto per spiegare del caso. Era stata
organizzata da Lucius, il demone protettore di Torino e capo delle
Guardiane, così su due piedi. Decisi di leggere l’articolo, per vedere
quali boiate avessero tirato fuori i giornalisti.
Risolto il caso della
sirena
La cacciatrice di
androidi americana risolve il caso in un giorno
Megara
Yamakura, la più grande cacciatrice di androidi degli U.S.A., è
arrivata in Italia il 13 luglio e ha trovato il colpevole dell’omicidio
della sirena Nyla nella provincia di Lecce.
Dopo settimane
di indagini infruttuose e dibattiti televisivi, dal Nuovo Mondo è
arrivata una ragazza minuta, con i capelli rossi, e ha risolto il caso
in meno di ventiquattr’ore.
L’omicida è
Giacomo Cavone, lo stesso detective che si stava occupando delle
indagini, che ha comprato falsi testimoni, ha incarcerato il fidanzato
mannaro della vittima, Roberto Danese, un vampiro impegnato in
politica, Marco Ferrante, e il suo stesso complice, «l’arma del
delitto», il demone Eurinome nelle spoglie di Priscilla.
Il movente:
passionale. Essendosi servito di Nyla, Cavone se n’è innamorato senza
tenere in conto della sua professione e, quando l’ha vista con altri
uomini, tra cui il fidanzato, ha concepito l’assassinio. Ha evocato
Eurinome, detto anche «Principe della Morte», perché spesso evocato
dalle streghe per dare una morte atroce a chi odiavano.
Così ha
spiegato il caso la signorina Yamakura. «Il processo sarà lasciato
nelle mani del Consiglio dei Dodici, a Torino» ha concluso.
La comunità
demoniaca salentina si è congratulata con la cacciatrice di androidi
per il suo lavoro e Morgan Connor in persona, il gran re dei demoni, ha
ringraziato la giovane Yamakura.
[…]
F.
Pandolfo
Non finii l’articolo,
mi stava annoiando, né lessi gli approfondimenti che erano stati
distribuiti nelle due pagine. A me non era arrivato un euro da tutta
quella storia. Mi dava un po’ – molto – fastidio. Lanciai il quotidiano
sulla poltrona affianco alla mia e vidi il caffè sul tavolino. Sollevai
lo sguardo e trovai Nakano seduto di fronte a me.
Prima che
potessi parlare, sentii le porte scorrevoli aprirsi e un rumore di
tacchi sul pavimento, che si zittì appena sulla moquette.
«Non avrai
letto il Times, spero» esordì Allegra, avvicinandosi a salottino in cui
ci trovavamo io e Nakano. Indossava una maglia nera, dei Nightwish da
quanto potevo leggere, con chiodo, jeans stretti e anfibi. A vederla,
sembrava proprio che anche lei non sentisse più le variazioni di
temperatura come i demoni.
«Guarda chi si
vede, la Guardiana» la salutai.
Morgan Connor
arrivò poco dopo di lei, vestito col suo solito giaccone blu, pantaloni
di pelle e stivali. Si sedette su una poltrona, noncurante di Allegra
che era in piedi.
«Pandolfo è un
appassionato di queste robe, non sai quante volte mi ha rotto le
scatole per un’intervista» disse Allegra, prendendo il giornale.
«Guarda un po’ te, i giornali americani hanno accettato uno dei suoi
articoli idioti». Fece scorrere gli occhi sull’articolo e lanciò il
quotidiano sulla poltrona. «Come se Morgan fosse venuto per vedere te»
concluse.
Morgan ghignò
e allungò le mani, per prenderla per i fianchi e farla sedere sulle sue
gambe. Allegra non oppose resistenza e proseguì.
«Ora siamo
venuti davvero a ringraziarvi» ci disse.
«Il caffè si
raffredda, Meg» mi fece notare Nakano.
«Vero!» Presi
la tazzina e buttai giù il contenuto. Era appena tiepido, che diavolo,
quanto tempo lo avevo lasciato lì? «Comunque, spero che gli effetti di
questo caso da te presentati avvengano. Non voglio aver fatto tutto
questo viaggio per niente».
«Se gli umani
non si convincessero con le dolci parole di Pandolfo, i demoni hanno
già accertato le tue capacità. Per te non è un problema il datore di
lavoro, no? L’importante è il compenso e i demoni in secoli di vita ne
accumulano di soldi» replicò Allegra, mentre infilava la mano
all’interno del chiodo. Ne estrasse una busta spiegazzata che mi porse.
«Ecco qui, da
parte del Consiglio.»
Presi la busta
e la sentii piena e pesante. Dovevo resistere, non potevo guardare il
contenuto davanti ad Allegra che mi parlava. Sarei sembrata troppo
avara e materialista. Un minimo di contegno lo voglio mantenere,
sissignore.
«Hai evitato
casini, soprattutto perché è stato incolpato un umano e non un demone.
Un fatto del genere ha ripercussioni non indifferenti sull’opinione
pubblica: un umano che uccide un demone, usando un altro demone, è
qualcosa che fa riflettere chi ha un minimo di cervello» continuò la
Guardiana.
Aveva ragione.
Quel caso dava da pensare. Magari qualcuno che non vedeva di buon
occhio la stirpe demoniaca si sarebbe ricreduto. I razzisti no, lo
avrebbero considerato un unicum, nonostante ci fossero stati altri casi
simili in precedenza, perché se qualcuno non vuole vedere qualcosa, è
inutile sforzarsi. Comunque, i più moderati si sarebbero posti una
semplice domanda: i veri mostri sono gli umani o i demoni?
.-.-.-.
Questa storia
ha partecipato al contest "The survey of a Vampire", indetto
da Marian Yagami e Ghen.
Ho raggiunto
il quarto posto, ma mi ha soddisfatta il buon punteggio riguardo
l'originalità e, soprattutto, la caratterizzazione dei personaggi.
Di seguito
riporto i giudizi:
4°
POSTO
Eurinome di Kanako91
Giudizio
di Marian
ORTOGRAFIA,
PUNTEGGIATURA E GRAMMATICA --> 9.2
ORIGINALITA’
--> 9.5
IMPOSTAZIONE
DELLE SCENE --> 8
LETTURA
SCORREVOLE --> 8.6
CARATTERIZZAZIONE
DEI PERSONAGGI --> 9
DESCRIZIONE
AMBIENTE --> 8.7
GIUDIZIO
PERSONALE --> 9.3
TOTALE
--> 62.3 /70
Il racconto è molto originale, mi è piaciuto il fatto che umani e non
umani convivessero, e mi ha stupita anche perchè hai ambientato la
vicenda in un anno di cui si parla molto spesso ultimamente, quando si
fa riferimento alla fine del mondo... E se invece accadesse quello che
hai immaginato tu?
I personaggi sono ben definiti, soprattutto Megara e Allegra, di cui si
comprende subito il carattere, un po’ meno Morgan (complimenti per il
nome! ^^), ma forse per il fatto che è un tipo misterioso…
La tua scrittura è chiara e fluida, ma in diciotto pagine hai dato solo
quattro stacchi di scena. Gli stacchi sono importanti, non solo per far
riposare gli occhi del lettore, ma anche per dare pause ad effetto al
momento giusto, per tenere in sospeso, e anche per separare momenti in
cui si passa da un ambiente ad un altro…
La grammatica è pressoché esatta, tranne alcuni errori da non
sottovalutare.
Per prima cosa, in una frase di Allegra hai scritto: - ...hai bisogno
della mammina affianco! -
La parola "affianco" è la prima persona del verbo affiancare, ovvero
'io affianco', mentre nella frase è un errore, in quanto si dovrebbe
scrivere 'a fianco', nel senso di 'stare al suo fianco'.
Ci sono altre incongruenze o frasi poco comprensibili, per esempio, in
un discorso tra Megara e Allegra, Megara prima gli da del lei, poi del
tu.
Altre frasi di cui sinceramente non ho capito il significato (ci sono
arrivata a deduzione) sono queste: - ...l’odore impregna chiunque allo
stesso modo, sarebbe impossibile da chi proviene... – e "Osservai le
foto scattate a morsi e unghiate..."
Per la prima, penso che tu abbia solo dimenticato un verbo, ma nella
seconda, che cosa volevi scrivere?
Per il resto non ho trovato altri errori, mi sembra tutto corretto.
Giudizio
di Ghen
ORTOGRAFIA,
PUNTEGGIATURA E GRAMMATICA --> 9,4
ORIGINALITA’
--> 9,7
IMPOSTAZIONE
DELLE SCENE --> 7,8
LETTURA
SCORREVOLE --> 7,9
CARATTERIZZAZIONE
DEI PERSONAGGI --> 9,8
DESCRIZIONE
AMBIENTE --> 8,8
GIUDIZIO
PERSONALE --> 9,8
TOTALE
--> 63,2 /70
Non riesco a trovare le parole adatte per cominciare il discorso.
Questa storia ti lascia a bocca aperta. Mi è piaciuta tantissimo, dalle
prime righe alle ultime, e non è tanto per la storia – che sì è bella –
ma mi riferisco maggiormente ai personaggi; ne parlerò dopo.
La prima voce è praticamente perfetta: grammatica e ortografia sono
impeccabili, purtroppo ho trovato qualche segno di distrazione – niente
di grande importanza –, e la punteggiatura a volte mi ha fatto storcere
il naso. Non ricordo di aver visto punti e virgola, o forse uno; i due
punti lo stesso si sono fatti vivi pochissimo. In alcune frasi questi
servivano eccome; usi maggiormente il punto e la virgola e si sente
troppo l’assenza di altri segni per migliorare la lettura.
La punteggiatura è la chiave della lettura, ci dice come leggere. Se
questi segni non sono usati correttamente la lettura viene intoppata e
di difficile comprensione. Non è il tuo caso che la lettura non sia
molto comprensibile, ma di certo ha aiutato a rendere quella voce
piuttosto bassa.
Per il resto, anche la tua è un’introspezione e come tale anche questa
è alle volte giustamente colloquiale, inoltre la protagonista non è il
massimo della finezza, i termini usati quindi sono giusti e certamente
hanno alzato la voce riguardante ai personaggi.
Molto, molto originale questa storia. Si parte da un futuro alternativo
della nostra amata Terra, dove le creature sovrannaturali vivono come e
con noi umani, e tutto ha la loro struttura.
Esistono diverse specie di creature ed ognuno ha le loro
caratteristiche che li differenziano dagli altri. Poi vi sono dei
“vigilanti” – se così li posso chiamare – che hanno il compito
importante di mantenere la pace e l’ordine tra umani e queste creature.
Anche i nomi dei personaggi sono originali e ben riusciti.
E’ una storia sovrannaturale coi fiocchi, che non riesce a stancarti.
Purtroppo le scene sono troppo, veramente troppo, appiccicate. Vi sono
pochissimi stacchi, pause – solo quattro –, e quando compaiono sono
piccole: una sola riga è veramente poco. Questo è stato senza dubbio il
punto più debole di questa magnifica storia, perché con una lunghezza
come quella gli occhi del lettore si offuscano e si perdono. Non
trovano pause per fermarsi un secondo nel caso debbano farlo, le scene
sono tutte insieme; non è possibile trovare riposo.
Inoltre non vai nemmeno molto spesso a capo, e questo non aiuta.
Sono stata però piacevolmente contenta nel vedere che tu tornavi a capo
ogni qual volta che doveva parlare un nuovo personaggio, e questo è un
bene: aiutava la comprensione e la lettura si faceva più fluida.
La lettura scorrevole era senz’altro intralciata dal quasi
“monoblocco”, aiutata però come ho detto dagli stacchi dei dialoghi.
Ora passiamo ai personaggi che sono la parte della storia che più mi è
piaciuta. Anche i tuoi personaggi sono vivi e affascinanti nelle loro
sfaccettature.
A partire dalla protagonista, Megara, che ci accompagna nella sua
introspezione in tutta la shot. Questa ragazza è una fonte continua di
sarcasmo puro; dice di essere una bastarda, stronza, e si diverte
nell’esserlo, fiera. Sembra non temere nulla e odia essere protetta dal
suo ragazzo. Ha un carattere forte e sa farsi rispettare, sa il fatto
suo. E’ in gamba, insomma. E’ il mio personaggio preferito.
Parte in Italia solo per profitto personale e risolve il caso in una
giornata; ammetto che questa decisione di far terminare tutto in una
giornata non è stato il massimo, però.
L’aspetto fisico non ci viene rivelato – a parte qualche piccola nota
qua e là – fino a quando, azzeccatissimo direi, non compare nel “Times”.
Tu nelle note dici che l’introspezione, essendo a cura di Megara, non
presta molto attenzione agli ambienti in cui si trova, al contrario, io
invece ho notato una descrizione abbastanza curata da far capire
perfettamente al lettore cosa la ragazza avesse davanti o con chi
stesse parlando. A volte fin troppo.
Questa è stata una piccola macchia che non mi ha consentito di mettere
voto più alto la caratterizzazione dei personaggi; in compenso, però,
ne ha guadagnato la descrizione dell’ambiente.
Poi c’è Nakano, un vampiro giapponese che può sembrare un po’
riservato, a volte ironico, e tende a proteggere la sua compagna anche
e soprattutto – sempre – quando essa non vuole. E’ un bel ragazzo ed ha
un ruolo abbastanza fondamentale nella storia.
Allegra Pellegrino (ammetto di essermi messa a ridere non poco quando
ho letto il suo nome e quello della sua collega: Serena) è un
personaggio che ci viene svelato quasi subito, anche se non
direttamente: Megara ne parla e anche leggendo la sua lettera, la
segreteria telefonica, ci fanno capire subito di che tipo di persona si
tratta.
Compare poi al suo fianco Morgan Connor, che è un personaggio un po’
ambiguo, secondario e rivelato quanto basta.
Appaiono poi il detective Cavone – importante e messo abbastanza in
rilievo da farlo capire – con i suoi atteggiamenti e il modo di parlare
non proprio corretto; i tre sospettati dell’omicidio commesso, ognuno
di loro con una personalità forte e chiara; il cadavere, la sirena
Nyla, anch’essa – anche se morta, appunto – è riuscita ad arrivare
chiara al lettore dagli altri personaggi che parlano di lei; e infine
Eurinome, demone un po’ oscuro che viene rivelato solo in fine storia.
Questa storia è veramente un bel lavoro, sotto molti aspetti.
Brava che hai messo le parentesi in una lettera, che la fanno “reale” a
come una persona scrive, e non le hai usate da nessun’altra parte; odio
vederle nella narrazione (non mi piacciono).
Inoltre, mi chiedevo, l’uso del 2012 per una data di tale importanza è
forse legata all’arrivo, annunciato, degli alieni?
Ho concluso, non penso di dover aggiungere altro, bravissima! =^^=
Totale: 62,3 + 63,2 = 125,5
|