La Ladra di Mutande

di emme30
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La Ladra di Mutande



Yuri Plisetsky non lo avrebbe mai pensato possibile, eppure il trasferimento da Mosca a San Pietroburgo non lo aveva turbato più del necessario. Da fiero moscovita quale era, aveva immaginato che avrebbe vissuto il cambio di città in modo più fastidioso e che tutte le novità del trasloco lo avrebbero irritato all’infinito.

Fortunatamente, tutto ciò non accadde.

Yakov gli trovò un piccolo appartamento nel quartiere Primorskaya, alla periferia della metropoli. Nonostante i grossi palazzoni grigi eredità del periodo sovietico, a Yuri piacque subito: si trattava di un posto molto tranquillo e facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. La fermata della metropolitana era dietro casa e la linea verde lo portava direttamente in centro e in università in un tempo ragionevole. Persino il palazzetto del ghiaccio non era particolarmente distante e il tragitto gli dava la possibilità di controllare tutti i suoi social media senza insoliti disturbi.

La casetta si trovava al piano terreno e dava su un bel giardino; la cosa fu una novità piuttosto piacevole e ben accolta, visto che Yuri aveva sempre vissuto ai piani alti di grossi edifici. Persino la sua gatta, Koshka, fu entusiasta della nuova sistemazione, dato che ciò le dava modo di uscire dalle mura domestiche e poter gironzolare per il vicinato. Yuri la lasciava fare in tutta serenità, anche se spesso gli portava insoliti regalini in casa come animaletti morti o piccoli oggetti di proprietà dei suoi vicini.

Inspiegabilmente, la cosa lo divertiva moltissimo, per cui non le intimò mai di smettere. Permise a Koshka di continuare a rubacchiare suppellettili di poco valore dai giardini dei suoi vicini… insomma, che male poteva mai fare?
 

*

 

Yuri era sdraiato sulla schiena e concentrato a leggere lo schermo del proprio cellulare quando sentì Koshka salire sul letto e depositargli qualcosa ai piedi.

Si tirò su di scatto con un piccolo ghigno diabolico. “Che cosa mi hai portato oggi?”

Prese tra le mani il bottino della sua gatta, ma si ritrovò ad alzare all’istante le sopracciglia perché ciò che stava stringendo tra le dita era un paio di boxer da uomo neri con le cuciture bianche e un forte odore di ammorbidente alla lavanda.

“Koshka, ma questi dove-“

Non riuscì a finire di parlare, visto che il suono del campanello interruppe la sua domanda.

Si alzò dal letto con un balzo, abbandonando le mutande sconosciute sulle coperte sfatte e chiudendo la zip della felpa che stava indossando.

Guardò dallo spioncino, però non riconobbe il viso del ragazzo dall’altro lato della porta. Dato che non sembrava particolarmente minaccioso, decise di aprire l’uscio.

L’altro abbozzò un’espressione gentile non appena lo vide. “Ciao! Scusa se ti disturbo, ma... credo che il tuo gatto mi abbia appena rubato il bucato?”

Yuri lo osservò per un paio di attimi, squadrandolo dalla testa ai piedi.

Era un poco più alto di lui, aveva gli occhi dal taglio vagamente orientale e capelli neri acconciati nel modo in cui andava così tanto di moda ultimamente: rasati cortissimi dietro e ai lati e con il ciuffo lungo sul davanti rigorosamente tirato all’indietro. Aveva un fisico scolpito fasciato da una maglietta nera attillata e indossava un paio di jeans scuri. Yuri pensò immediatamente che fosse davvero bellissimo.

Incrociò le braccia al petto e lo fissò annoiato. “Stai per caso dicendo che il mio gatto è un ladro?”

L’espressione del ragazzo non mutò a quella domanda. “E’ esattamente quello che sto dicendo. L’ho visto con i miei stessi occhi prendere qualcosa dalla mia cesta del bucato pulito ed entrare dalla finestra di casa tua.”

Yuri scrollò le spalle. “Aspetta un secondo.”

Tornò qualche istante dopo con l’indumento incriminato tra le dita e quasi lo lanciò al ragazzo sul pianerottolo. Lui lo afferrò prontamente e lo appallottolò nel palmo destro quando si rese conto che si trattava di un paio di boxer.

“Grazie,” mormorò un po’ imbarazzato.

Yuri sorrise. “Carini, anche se un po’ anonimi.”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, leggermente stranito. “Sono mutande, come altro dovrebbero essere?”

A quella domanda Yuri fece un ghigno e spostò l’elastico dei pantaloni che stava indossando, mostrando un pezzo della stoffa leopardata del suo intimo. Il ragazzo di fronte a lui non riuscì a non ridacchiare a quel gesto.

“Che esibizionista.”

“Puoi anche chiamarmi Yuri.”

Il ragazzo fece un’espressione sorpresa e imbastì un mezzo sorriso. “Otabek.”

Yuri annuì e si appoggiò allo stipite della porta con un braccio, osservandolo attentamente per un paio di attimi. “E perché non ti ho mai visto da queste parti, Otabek?”

“Mi sono trasferito qui la settimana scorsa.”

“Da quale strano paese in cui si parla russo ma che non è la Russia?”

Otabek si lasciò scappare una risatina e scrollò le spalle. “Non si capisce dall’accento?”

Yuri si sistemò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. “Mmmm, dici le o chiuse… quindi potrebbe essere la Georgia o uno di quella miriade di Paesi che finiscono in -Stan.”

Si rese conto solo in un secondo momento che quello che aveva detto sarebbe potuto risultare offensivo, però Otabek sghignazzò di cuore e, davanti a quella visione, anche lui permise alle sue labbra di distendersi in un sorriso.

“Kazakistan.”

“Ah, visto che ci ho preso?”

Otabek annuì e gli fece un cenno con il capo, allontanandosi. “Tieni a bada il tuo gatto! Ci si vede!”

“E tu stai attento al tuo bucato!” gli urlò di rimando Yuri con un sorriso prima di chiudere la porta di casa. Ci si appoggiò contro tutto sconvolto con la schiena e fissò la sua gatta, seduta immobile come una statua in mezzo al corridoio.

“L’hai fatto apposta, dillo che l’hai fatto apposta! Porca miseria, che fico.”

Koshka gli rispose semplicemente leccandosi una zampina felpata.

Yuri sogghignò e le fece segno di seguirlo in cucina. “Vieni, amore. Oggi ti meriti la carne buona.”
 

*

 

Due giorni dopo, Koshka tornò a casa con un altro paio di mutande e Yuri non poté che essere entusiasta della cosa. Premiò ovviamente la micetta per l’ottimo lavoro svolto dandole i suoi bocconcini preferiti.

Poi attese impaziente che Otabek suonasse il campanello di casa sua e si obbligò a non precipitarsi ad aprire la porta quando, una decina di minuti dopo, udì il trillo che stava aspettando.

Aprì l’uscio con i boxer tra le mani e un ghigno dipinto sulle labbra, ricevendo in cambio uno sguardo un po’ contrariato da parte di Otabek.

“Lo sai che il tuo gatto è un ladro?” esordì, afferrando al volo le mutande lanciate da Yuri.

“Gatta, prego,” lo corresse il ragazzo. “La mia Koshka è semplicemente molto territoriale. Sei tu che non dovresti lasciare le cose in giro nel tuo giardino!”

Otabek incrociò le braccia al petto e Yuri apprezzò moltissimo quel gesto, visto che poté ammirare da vicino i bicipiti e i tricipiti che tendevano da sotto la stoffa della sua maglietta. “Hai chiamato la tua gatta… gatta?”

Yuri alzò le spalle, spalmandosi sullo stipite della porta. “Un paio di anni fa ero molto ribelle e avevo deciso fosse un nome fighissimo.”

“Onestamente non mi sembra che tu abbia mai smesso di esserlo.”

Yuri fece un piccolo sorrisetto diabolico e si tirò su il cappuccio della felpa, coprendosi i capelli. “Yo, non hai idea.”

Otabek ridacchiò scuotendo la testa e si allontanò, salutandolo con una mano. “Ci si vede, ribelle.”

Yuri ringraziò che il ragazzo si fosse voltato dandogli le spalle, altrimenti avrebbe visto le sue guance rosse dall’imbarazzo.
 

*

 

Quel curioso e bizzarro rituale continuò col trascorrere delle settimane. Ogni due o tre giorni, a seconda del tempo da bucato, Koshka tornava a casa con un paio dei boxer di Otabek e poi veniva puntualmente ricompensata dal suo padroncino con del cibo.

Spesso i due ragazzi si fermavano sul pianerottolo di Yuri a chiacchierare del più e del meno, a punzecchiarsi e a flirtare senza ritegno.

Almeno Yuri era convinto di stare flirtando con lui, ma non riusciva mai a comprendere fino in fondo se le sue attenzioni nei confronti di Otabek fossero ricambiate. Era sempre così serio e misterioso, molte volte Yuri non sapeva come interpretare i suoi sguardi e le sue parole. L’unica cosa certa era che gli piaceva davvero tanto parlare con lui.
 

*

 

Quel pomeriggio, Koshka tornò a casa con un altro paio di boxer di Otabek tra le fauci. Non appena Yuri li vide, il cuore gli saltò un battito al pensiero che avrebbe potuto nuovamente scambiare due parole col suo incantevole vicino.

Attese con impazienza che Otabek gli suonasse il campanello, ma i minuti passavano senza alcun segnale da parte dell’altro. Quasi un’ora dopo, Yuri perse completamente la pazienza; afferrò con rabbia le mutande del ragazzo e si diresse a passo di marcia verso casa sua.

Otabek abitava nel piccolo condominio accanto al suo e i loro giardini erano comunicanti. Era così che Koshka poteva fare avanti e indietro tra i due palazzi praticamente indisturbata.

Trovò il portone aperto e si incamminò verso l’appartamento del ragazzo, ignorando quanto il suo battito cardiaco fosse irregolare. Suonò il pulsante sotto la scritta Altin e aspettò per qualche minuto, ma non udì alcun movimento. Premette di nuovo il bottone e il silenzio che ne seguì lo convinse definitivamente del fatto che Otabek non fosse in casa in quel momento.

Stava per tornare al proprio appartamento con umore amareggiato quando sentì una voce familiare chiamarlo per nome poco fuori dal portone. Si voltò di scatto e quasi si strozzò con la sua stessa saliva.

Otabek gli corse incontro in tenuta da jogging, con le braccia e i fianchi lasciati scoperti da una canottiera larga e molto scollata. Tentò in ogni modo possibile di non far indugiare lo sguardo sulla linea di pettorali sudati che si intravedeva sotto la stoffa leggera, ma fu davvero difficile.

Il ragazzo si tolse le cuffiette dalle orecchie e si asciugò la fronte sudata con un braccio. “Cosa ci facevi nel mio palazzo?” domandò con il fiatone.

Yuri realizzò in quell’istante che stava stringendo tra le mani le mutande di Otabek e sperò che le sue guance non fossero diventate porpora dall’imbarazzo.

“Ti dovevo dare queste… tieni, ci vediamo!” fu tutto ciò che riuscì a dirgli. Gli lanciò i boxer e si voltò, imboccando la strada di casa.

“Okay! Grazie, Yuri!”

Fece un gesto con la mano in risposta all’urlo di Otabek e si avviò in fretta il proprio appartamento, tornando a respirare solo quando si chiuse la porta alle spalle.

Koshka gli andò incontro, strusciandosi tra le sue gambe.

“E adesso io cosa cazzo faccio?” mormorò tra sé e sé, rendendosi conto definitivamente del fatto che l’attrazione per Otabek si fosse appena trasformata in una gran bella cotta. Era assolutamente e irrimediabilmente fottuto.
 

*

 

Anche il pomeriggio seguente Koshka depositò nuovamente sul suo letto un altro paio di boxer neri e Yuri diventò rosso fino alla punta dei capelli non appena li prese in mano.

Vista la figuraccia del giorno precedente, non sapeva bene come comportarsi. Era il caso di presentarsi di nuovo a casa di Otabek? Poi il suo sguardo venne catturato dalla portafinestra aperta che dava sul giardino e gli venne un’idea.

Data la sua proverbiale pigrizia, decise di restituirgli i boxer senza dover nemmeno propriamente uscire dal proprio appartamento.

Grazie alla sua figura minuta, riuscì senza problemi a trovare uno spazio in mezzo alle siepi attraverso cui passare nel giardino di Otabek. Lo spazio verde non era particolarmente curato, tuttavia a Yuri importò ben poco. Fece qualche passo verso la portafinestra aperta di casa del vicino, ma si ritrovò paralizzato non appena vide Otabek entrare nella stanza e nel suo campo visivo indossando solo un asciugamano rosso in vita e frizionandosi i capelli con un altro telo.

Yuri non sapeva cosa fare: sentì i piedi diventare radici e ancorarlo al suolo. Non riuscì a muovere un singolo muscolo nemmeno quando il ragazzo si sfilò l’asciugamano dai fianchi e rimase completamente nudo di fronte ai suoi occhi. Provò a non dare una sbirciatina, ma il fondoschiena di Otabek sembrava sodo e perfetto come quello delle statue dell’Hermitage e avrebbe volentieri ceduto un rene e vari altri organi interni per poterlo mordere in quel momento.

Assunse coscienza di sé nel momento in cui il ragazzo prese un paio di boxer dal cassetto della biancheria e se lì infilò fluidamente, dando a Yuri una visuale completa anche del suo lato A e un sacco di nuovo materiale erotico per le sue fantasie sotto la doccia. Fece qualche passo indietro verso la feritoia nella siepe da cui era passato e riuscì a infilarcisi dentro giusto un secondo prima che il ragazzo uscisse in giardino a petto nudo per poter ritirare il bucato.

Quando suonò il suo campanello qualche ora dopo, Otabek lo fissò con un sopracciglio alzato e gli chiese se per caso avesse la febbre, visto che era completamente color pomodoro in faccia.

Yuri gli rispose con un cenno stizzito, gli scagliò addosso i boxer e gli sbatté quasi la porta di casa in faccia, pentendosene immediatamente nell’istante in cui si accorse di ciò che aveva combinato.
 

*

 

La settimana seguente Koshka non gli portò neanche un regalino proveniente da casa di Otabek e ciò condusse praticamente Yuri sull’orlo di un esaurimento nervoso. Non riusciva a trovare una scusa plausibile per andare a parlargli e sentiva le guance bollenti dall’imbarazzo ogni volta che pensava al suo viso. Era davvero senza speranza.

Era sdraiato sul letto, tutto impegnato ad autocommiserarsi, quando sentì il suono del campanello. Andò ad aprire con piglio innervosito, certo che si trattasse di qualche vicino inopportuno. Rimase sorpreso nel momento in cui dischiuse l’uscio e tutto ciò che incontrò fu lo sguardo caldo di Otabek.

“Ciao,” lo salutò timidamente Yuri. Cercò con tutte le proprie forze di non arrossire, visto che l’ultima volta che lo aveva visto aveva potuto ammirare in pieno la bellezza del suo lato B. “Che ci fai qui?”

Otabek piegò le labbra un sorriso. “Secondo te?”

“Guarda che Koshka non mi ha dato nulla ultimamente. Ne sei sicuro?”

“Abbastanza... ti dispiacerebbe controllare?”

Yuri alzò le spalle e aprì ancora di più la porta, facendogli cenno di entrare. “Vieni pure, ma mi sa che stai prendendo un abbaglio.”

Il ragazzo lo condusse in camera e cominciò a cercare in giro, provando a ignorare le capriole che stava facendo il suo cuore nel petto al pensiero che Otabek fosse lì, nella sua stanza insieme a lui. Molte delle sue fantasie cominciavano proprio in quel modo, in fondo.

Cercarono avvolti nel silenzio per una manciata di minuti, però la stanza di Yuri era in ordine e non trovarono nulla in giro.

“Che strano. Avrei giurato ci fosse qualcosa.”

“Te lo avevo detto che hai preso un abbaglio,” commentò Yuri, osservandolo scorrere con lo sguardo alcuni dei libri sulla mensola sopra la scrivania e fermarsi proprio sull’unico volume che non avrebbe mai dovuto vedere. Fu troppo tardi per bloccarlo, visto che il ragazzo lo prese in mano per mostrarglielo.

“Dizionario Russo-Kazako? A che ti serve?”

“A niente!” esclamò Yuri, conscio di essere diventato paonazzo. Gli andò incontro per sfilargli il tomo tra le mani e appoggiarlo violentemente sulla scrivania. “Scusami, ma adesso ho molto da fare. Mi devo fare la doccia… se non vuoi assistere, ti conviene uscire e tornare a casa.”

Si aspettava che Otabek si scusasse e si avviasse verso la porta, eppure il ragazzo rimase fermo dov’era a guardarlo fisso.

Yuri corrugò la fronte, un’espressione confusa in viso. “Non… te ne vai?”

“Se proprio devo essere sincero, non mi dispiacerebbe assistere alla cosa,” spiegò Otabek con voce calma e profonda. “Ma mi levo subito dai piedi se vuoi che me ne vada.”

Yuri dovette ricordarsi di respirare: non riusciva a credere che il ragazzo dei suoi sogni avesse appena pronunciato quelle parole. L’intento era di chiedergli delle spiegazioni articolate, ma tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu solo un elegantissimo: “Eh?”

Otabek ridacchiò, infilando le mani in tasca. “Beh, non so più cosa fare per farti capire che mi piaci. Tanto valeva approfittarne ed essere diretti.”

“Io.. ti piaccio?”

“Ebbene sì,” sussurrò Otabek, facendo poi un passo verso di lui e squadrandolo in modo penetrante. “Potresti dirmi se ho qualche chance o se è meglio che non mi faccia più vedere in giro dopo ciò che ho appena detto?”

Yuri gli rispose annullando la distanza tra loro due in meno di un secondo con un paio di falcate rapidissime. Gli allacciò le braccia attorno al collo e lo baciò in modo irruento sulle labbra. Otabek rise sorpreso contro la sua bocca, ma assecondò all’istante i movimenti di Yuri, sfiorandolo con lentezza e piegandosi verso il basso per avvicinarsi di più a lui e ai suoi baci.

Yuri fece scorrere le dita tra i capelli di Otabek e si beò del calore e del sapore di quelle labbra. Riusciva a percepire perfino il gusto del tè nero che il ragazzo doveva aver sorseggiato prima di essere andato da lui.

Avvertì per caso lo stipite della porta premere contro la sua schiena e sorrise nel bacio, obbligando Otabek ad allontanarsi per qualche attimo da lui.

“Anche tu mi piaci, comunque,” commentò Yuri, accarezzandogli dolcemente il collo. “Premiavo Koshka ogni singola volta in cui mi portava le tue mutande.”

“Piccolo teppista.”

Yuri rise e lo baciò di nuovo, facendo scorrere la lingua sulle sue labbra umide.

“Perché il dizionario?” chiese poi Otabek quando si staccarono per prendere aria. “Volevi farmi la dichiarazione in kazako?”

Yuri tirò un pizzicotto sul braccio. “Figurati! L’altra sera ti ho sentito dire il mio nome mentre parlavi al telefono in kazako e ed ero curioso di sapere cosa dicessi di me.”

“Stalker,” Otabek rise di cuore. “Stavo solo raccontando a mia sorella quanto fosse stupendo il mio vicino di casa.”

Yuri si morse il labbro e attirò il ragazzo verso il basso per continuare a baciarlo come negli ultimi tempi aveva solo sognato di poter fare.

Koshka li osservò per qualche minuto dalla sua posizione sul cuscino del suo padroncino, poi scese fulminea dal letto, li superò e andò ad acciambellarsi sul divano in salotto, concedendo loro un po’ di meritata privacy.

Si leccò una zampina e si mise comoda, immaginando già tutti i prelibati bocconcini che la aspettavano.

Missione compiuta.
 


Dizionario Russo/Italiano:
 
Koshka: Gatta

Che poi in realtà la vera protagonista della storia è Koshka, inutile che ce la stiamo a raccontare uwu
Ho adorato scrivere questa storia, lo so che è stupidissima, ma mi piace sempre un sacco raccontare di primi incontri, quindi ho provato con questo what if in cui loro si conoscono grazie la bellissima miciona di Yuri.
Spero che sia piaciuta anche a voi e grazie per aver letto ❤
A presto! :3
Marti


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Beta reading: Ilaria

 




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