Capitolo
trentadue
Ricercati
«Di
che parli?» chiese Vidar, tornando subito serio e sbattendo
il
bicchiere sul tavolo.
Silye
indicò alle proprio spalle, verso gli uomini che ora si
stavano
facendo largo tra la folla, puntando proprio il loro tavolo.
«Diamine!»
ringhiò il dio. «Non si può mai stare
tranquilli in questo regno.»
«Cosa
vorranno?» chiese Silye, facendo per alzarsi, ma venne
prontamente
trattenuta da Vidar, che allungò una mano per toccarle il
polso.
«Che fai?»
«Ferma.
Vediamo cosa vogliono e se riusciamo a liberarci di loro senza
scappare, né combattere. Continua a bere come se non li
avessi
visti.»
Silye
annuì e riprese in mano il bicchiere, anche se
improvvisamente tutta
la voglia di bere il vino era totalmente scomparsa, sostituita da un
brutto presentimento. Si limitò ad abbassare il capo sulla
tazza.
«Buonasera»
esclamò una voce maschile e profonda dietro di lei. Subito
dopo
l'uomo entrò nella sua visuale, prendendo uno sgabello e
avvicinandolo al tavolo.
«Salve!»
disse Vidar, mostrando un incredibile sangue freddo. Deve
essere abituato a trattare con gente pericolosa pensò
la ladra. O
forse è il vino che lo ha reso così espansivo.
«Favorite, ragazzi? Stasera mi sento clemente: pago io per
tutti e
cinque. Non lasciatevi sfuggire questa offerta»
continuò,
sorseggiando un altro po' di vino e facendo loro l'occhiolino.
«Ti
ringrazio, ma, purtroppo, non abbiamo molta sete, anche se abbiamo
fatto molta strada per venire fin qua» affermò
l'individuo, con gli
altri quattro posizionati intorno al tavolo e dietro a Silye e Vidar,
come ad impedirgli ogni via di fuga. Sebbene la ladra avesse la vista
leggermente offuscata e non fosse nel pieno delle sue
facoltà,
aveva la netta impressione che quegli uomini non avevano affatto
buone intenzioni.
Guardò
con più attenzione l'uomo che si era seduto accanto a loro;
non
doveva avere più di quarant'anni, era calvo e di corporatura
parecchio robusta, con una lunga cicatrice sulla fronte, ormai poco
visibile, e labbra sottili, ora sollevate in un ghigno. Un individuo
del tutto normale, se non fosse stato per il modo con cui si era
approcciato a loro insieme ai suoi compagni e la stava osservando in
quel momento.
«Beh,
è davvero un peccato, perché vi state perdendo un
vino davvero
ottimo.»
Sentì
la mano di uno di quegli uomini posarsi sulla sua spalla e Silye
venne attraversato da un leggero brivido di paura. Cosa volevano
quegli uomini? Vidar fece una smorfia quando vide che uno di loro
l'aveva toccata.
«Sfortunatamente
per voi, non è il vino ad interessarci» mentre
l'uomo parlava, lo
stesso individuo che le stava stringendo la spalla in una presa
ferrea le avvicinò la lama di un coltello alla gola con
lentezza
studiata per non farsi notare dalle altre persone presenti.
Vidar
aggrottò un sopracciglio, unico segno della preoccupazione
che
cercava di non rendere manifesta a quegli uomini. «Chi
diamine
siete?» ringhiò poi, lanciando uno sguardo duro
all'uomo seduto al
loro tavolo, che aveva preso il bicchiere di Silye e aveva bevuto la
bevanda rimasta.
La
ragazza trattenne il respiro, mentre la lama si faceva
pericolosamente più vicina al suo collo, tanto da poterne
chiaramente sentire il freddo contro la pelle.
«Solo
delle persone parecchio interessate a voi. Dovrete solo seguirci e
nessuno si farà male» disse l'uomo, mentre il suo
ghigno si apriva,
divenendo un ampio sorriso.
«Beh,
questo è quello che volete voi. Noi avremmo di meglio da
fare»
ribatté Vidar, senza staccare gli occhi dall'individuo.
«Se
vi ribellerete, sarò costretto a fare del male alla ragazza,
anche
se mi servite entrambi vivi» continuò, lanciandole
uno sguardo
divertito. Al che l'uomo che teneva il coltello le strinse i capelli,
tirandole indietro la testa e scoprendo ancora di più il
collo.
«E
poi sarebbe un peccato ucciderla, Jørgen.
Sai quante cose si potrebbero fare con lei»
scoppiò a ridere
quello, avvicinandole il coltello a tal punto da penetrare la pelle e
far colare un rivolo di sangue.
«Lasciatemi
stare, bastardi» sibilò Silye, per quanto le fosse
possibile
parlare in quella posizione scomoda.
«Beh,
lei non sembra molto propensa» ribatté l'altro,
evidentemente
sarcastico.
«Lo
diventerà» sogghignò l'uomo, tirandole
di più i capelli e
strappandole un lamento.
«Sareste
così gentili da rispondere alla mia domanda e spiegarmi
perché
siete venuti a disturbarci?» chiese Vidar, con una calma che
Silye
non sarebbe mai riuscita a mantenere in una situazione del genere.
«Fai
troppe domande, ragazzo. Andiamo, abbiamo già perso troppo
tempo.
Prendete anche lui e andiamocene.»
Sebbene
da quella posizione non potesse vedere i movimenti di Vidar nella
loro interezza, Silye riuscì a scorgere gli altri due uomini
muoversi e cercare di afferrarlo, ma il dio fu più svelto.
Diede un
pugno al più basso e scansò il colpo dell'altro
individuo, dal
fisico ben più corpulento del compagno. Il terzò
sguainò una spada
e tirò un fendente a Vidar, che riuscì ad
evitarlo solo con grande
fortuna. Silye si rese conto che, nonostante Vidar avesse ben
più
forza di loro, era disarmato e gli uomini, numericamente maggiori,
erano anch'essi addestrati e abili spadaccini.
La
ladra decise di agire e conficcò le unghie di entrambe le
mani sul
polso dell'uomo che la teneva bloccata, fino a far fuoriuscire il
sangue. Quello imprecò e lasciò cadere il
coltello. Silye provò ad
alzarsi e allontanarsi da lui, ma l'uomo non aveva lasciato la presa
sui suoi capelli. Anzi, li tirò, facendola cadere a terra.
«Sporca
cagna» sibilò con sprezzo quello, recuperando il
pugnale caduto.
Silye
cercò di scappare tirando i capelli anche a costo di
strapparseli,
pur di sfuggire alla sua presa, o tentando di raggiungere la mano che
la teneva, per costringerlo a lasciarla, ma era troppo in alto. Pur
non smettendo di lottare, capì che non c'era modo di
liberarsi e
attese che l'uomo la colpisse con il coltello. Ma la pugnalata non
arrivò.
All'improvviso
sentì la presa sui suoi capelli allentarsi, fino a sparire.
Silye si
voltò e vide l'uomo accasciarsi, con cocci infranti tra i
capelli e
a terra, mentre dietro di lui sbucava una ragazza.
Era
minuta, ma dalla corporatura muscolosa e leggermente prosperosa.
Indossava uno strato di pelliccia sotto un corpetto di metallo, molto
simile ad un'armatura, e dei pantaloni scuri di pelle, sebbene le
vesti si potessero solo intravedere attraverso un lungo mantello.
L'unica cosa che in quel momento riusciva a vedere con completa
chiarezza di lei erano i capelli lunghi fino a poco sotto le spalle,
lisci e biondi, raccolti in trecce e tirati indietro, e gli occhi
grandi e verdi.
La
guardò a bocca aperta: quella piccola ragazza le aveva
appena
salvato la vita, rompendo un vassoio di coccio sulla testa dell'uomo.
«G-grazie» fu l'unica cosa che Silye
riuscì a dire.
Quella
le fece solo un cenno in risposta, prima di scostare il mantello e
svelare una spada, prima accuratamente tenuta nascosta, che
sfilò
dal fodero; quindi la superò e andò a tirare un
montante ad uno dei
tre individui superstiti. Nonostante, però, la ragazza aveva
un'arma
nettamente superiore all'uomo, che aveva in meno solo un pugnale,
quello riuscì a sviare il colpo con incredibile
agilità. Avrebbe
avuto non pochi problemi a vincerlo.
Silye
stava osservando ancora allibita la scena, quando sentì
qualcuno
tapparle la bocca con una fascia, che le legò dietro la
testa,
nonostante le opposizioni della ladra. Silye iniziò a sudare
freddo,
quando, però, vide, abbandonato a terra poco distante dalla
sua
mano, il pugnale usato dall'uomo che l'aveva minacciata e
riuscì ad
afferrarlo poco prima che l'altro le prendesse le spalle e la
costringesse ad alzarsi in piedi. «Finora siete stati
fortunati, ma
non credere che ti lascerò sfuggire così
facilmente» disse e Silye
riconobbe la voce di Jørgen. Fece per afferrarle le mani per
immobilizzarla, ma la ladra fu più veloce e gli
affondò il pugnale
in un punto imprecisato dietro di sé e del suo corpo, forse
il
ventre.
L'uomo
sussultò e Silye sentì la presa su di lei
alleggerirsi, ma non
abbastanza da permetterle di scappare; quindi, si fece di nuovo
forte, mentre Jørgen scoppiava a ridere. «Forse ti
ho
sottovalutata, ragazzina, ma sappi che
questo non
basta affatto ad uccidermi» le sussurrò,
sprezzante, lanciando un
rapido sguardo oltre lei, verso Vidar e la ragazza, ancora impegnati
a difendersi dai loro avversari. Nonostante la forza del dio fosse
superiore a quella dei due uomini, quelli avevano il vantaggio di
essere armati di spade e molto abili nel loro uso, combattendo con
incredibile precisione e concordanza tra loro. Sebbene sia lui sia la
giovane si stessero battendo con costanza, non poteva sperare in un
loro aiuto per liberarsi di Jørgen.
Poi
questo posò di nuovo lo sguardo su di lei e la fece girare,
serrandole le mani intorno al collo e iniziando a trascinarla verso
la porta del locale. «L'altro non sembra altrettanto facile
da
catturare, perciò mi accontenterò di te. Mi
permetterai lo stesso
di guadagnare un bel po' di soldi.»
Respirare
diveniva sempre più difficile man mano che aumentava la
forza con
cui le faceva presa sulla gola. Silye aprì la bocca, come
alla
ricerca dell'aria che iniziava a scarseggiare nei polmoni, mentre lo
sguardo crudele di Jørgen che aveva davanti a lei si
riempiva di
miriadi di stelline.
Aveva
capito cosa intendeva fare: voleva arrivare a farle perdere la
coscienza e sfiaccarla, fin quando non avesse avuto più
alcuna forza
in corpo per ribellarsi. Lei, però, non era una ragazza
qualunque:
era Silye Dahl, una ladra e una völva.
Radunò le ultime energie che le erano rimaste in corpo e,
attingendo
alla ferrea forza di volontà che l'aveva sempre
caratterizzata,
arrancò con le mani fino al punto in cui ricordava di averlo
colpito, trovando il manico del pugnale.
Proprio
quando erano giunti ad un passo dall'ingresso del Døkkr
Vargr,
con un unico gesto fulmineo lei lo sfilò e lo
conficcò poco sotto
la gola dell'uomo, da cui uscì un fiotto di sangue che
arrivò fino
alla sua mano quando tirò di nuovo fuori la lama dalla pelle.
Il
ghigno di Jørgen
in un attimo si tramutò in un'espressione di puro dolore e
sconcerto. Lasciò la presa sul suo collo e si
portò le mani alla
gola, spalancando la bocca come se fosse alla ricerca di aria e
stesse cercando di chiamare aiuto o urlare per il dolore. La ferita
presto si riempì di sangue, che prese a colare lungo i lati,
mentre
l'uomo si appoggiava ad un tavolo della locanda, per poi perdere la
presa e scivolare a terra.
Silye
continuò a guadrare Jørgen come se non riuscisse
a realizzare il
gesto che aveva appena compiuto. Poi, quando vide tutto il sangue
fuoriuscito e lui cadere, lasciò andare di colpo il pugnale
e rovinò
al suolo, accanto all'uomo agonizzante. Si guardò intorno e
vide i
visi allibiti dei clienti che avevano assistito all'intera scena
senza fiatare, né intervenire, per poi abbassarlo sul volto
di
Jørgen, sfigurato da una smorfia di dolore, e sulle proprie
mani
imbrattate del suo sangue.
Assassina.
Non riusciva a pensare ad altro. Nella sua mente rimbombava solo
quell'unica, tagliente parola, insieme alla nitida immagine del
momento in cui aveva decretato la fine della vita di quell'uomo,
colpendolo.
Non
si accorse nemmeno delle mani che si posarono sulle sue braccia e la
aiutarono ad alzarsi, né del volto di Vidar, che cercava di
risvegliarla dallo stato di confusione che si era impossessato della
sua mente. Assassina.
Venne
condotta fuori dalla locanda e le uniche cose di cui riuscì
a
rendersi conto furono l'improvviso freddo e la sensazione di acido
sulla bocca. Venne colta da un conato di vomito e fu costretta a
piegarsi a terra per rimettere tutto il vino che aveva bevuto e il
poco di pane ingerito. Assassina.
Quando
ebbe finito, si ripulì la bocca con la manica dell'abito,
mentre
veniva scossa da un singhiozzo. «Silye» le
sussurrò Vidar, che le
era stato vicino tutto il tempo, scostandole i capelli e tenendoli
fermi. «È
pericoloso rimanere qui. Lei ha detto che ci aiuterà, che ci
offrirà
un rifugio, ma dobbiamo sbrigarci.»
Lei
annuì, con le guance già umide dal pianto, dovuto
sia allo sforzo
impiegato duranto il vomito, sia a ciò che aveva compiuto.
Si alzò
e si lasciò portare da Vidar laddove la ragazza che li aveva
aiutati
li stava conducendo.
«Sono
Ashild» si presentò la ragazza, mentre camminavano
per arrivare in
quello che lei aveva definito “rifugio”.
«Perché
ci hai soccorsi contro quegli uomini?» domandò
Vidar, che
proseguiva accanto a Silye, che solo apparentemente asoltava la loro
conversazione, chiusa nei suoi pensieri.
«Aiuto
sempre le persone invise alla società e soprattutto... al
re»
rispose quella, riponendo la spada sporca di sangue nel fodero.
«Cosa
intendi?»
Quella
si fermò, voltandosi a guardarli. Indicò il muro
di una casa lì
vicino, dove erano infissi due fogli su cui erano spiccavano i
disegni di due volti fin troppo simili ai loro e con su scritto
Accusati
di furti e omicidi. Ricercati per ordine di sua eccellenza il
Konungr. Chi li troverà otterrà un riscatto di
novecento corone.
«Gli
uomini che vi hanno attaccati erano cacciatori di taglie e, se non vi
avessi aiutati, a quest'ora vi starebbero portando al Konungr in
persona, legati come animali.»
«Non
avevamo alcun bisogno del tuo aiuto. Ci stavo già pensando
io»
ribatté Vidar.
«Ah,
sì?» domandò quella, con aria spavalda.
«E scommetto che, una
volta usciti da quella locanda, ne avreste subito trovati degli
altri, perché questa città pullula di cacciatori
di taglie e gente
affamata di denaro. Vi sto offrendo un porto sicuro: non farmi
cambiare idea e lasciarti qui.»
Vidar
si azzittì e Silye avrebbe potuto complimentarsi con Ashild,
se solo
non fosse stata troppo sconvolta per l'orribile atto che aveva
compiuto. «Questo, però, non spiega
perché ci hai aiutati, invece
di restartene nel tuo tavolo a fregartene come gli altri.»
«Perché
sono ricercata proprio come voi, solo che io lo sono da due
anni»
affermò, senza voltarsi, mentre percorrevano le strade
strette e
anguste di Trúar.
«E
quella gente non ha fatto nulla perché qui le persone sanno
che è
meglio farsi i cazzi propri e non rimanere immischiati in quelli
degli altri.»
«Tu,
però, ti sei interessata dei nostri problemi.
Perché?»
«Perché
questo modo di pensare egoistico mi sembra una stronzata. Se qualcuno
ha bisogno di aiuto e tu hai i mezzi per soccorrerlo, perché
non
farlo?»
Vidar
non fece più domande. Sia lui, sia Silye si limitarono a
guardarsi
intorno, curiosi di scoprire dove la ragazza li stesse conducendo e
troppo presi dai loro pensieri. Dopo poco si resero conto che Ashild
li stava portando fuori da Trúar,
attraverso i campi coltivati, su cui a quell'ora non si vedeva
nemmeno l'ombra di un contadino, tutti chiusi nelle loro case a
dormire e a prepararsi ad un'altra faticosa giornata. Camminarono
lungo le terre finché non si fermarono davanti una casa
piccola,
anche se certamente più grande di quella di Silye.
Ashild
li invitò ad entrare e i due si accorsero che l'edificio era
molto
più spazioso di quanto apparisse da fuori e, soprattutto,
parecchio
confortevole. Nella stanza in cui si erano ritrovati vi erano
numerosi mobili: scaffali alle pareti colmi di libri, cianfrusaglie e
altri oggetti utili o puramente ornamentali, un tavolo con diverse
sedie, una dispensa e un camino in cui scoppiettava allegro il fuoco.
Vi erano poi due porte che dovevano portare ad altrettante camere.
Molto più di quanto Silye aveva mai posseduto.
«Proprio
una bella casa. Di gran lunga migliore di quella in cui ho vissuto
nelle ultime settimane» scherzò Vidar, rivolto
evidentemente a
Silye, che, però, non colse o ignorò volutamente
la battuta.
«Già,
sentitevi come se foste a casa vostra» disse lei, per poi
ghignare.
«Ovviamente stavo scherzando: se mi rompete qualcosa, lo
ripagate e
anche profumatamente. Se vi azzardate a rubare, vi taglio le
dita.»
«Afferrato»
ribatté Vidar, andandosi a sedere su una sedia.
«Per
cambiarvi o appoggiare le vostre robe, potete andare nell'altra
stanza» continuò Ashild, mentre si toglieva il
mantello e si
slacciava la cintura su cui era fissata la fodera, che
appoggiò alla
parete. «Ho anche un paio di pellicce. Qui ancora il clima
è
temperato, ma la notte fa parecchio freddo.»
«Grazie»
mormorò Silye, alludendo a tutto l'aiuto che quella ragazza
stava
dando loro.
Quella
si bloccò, girandosi nella sua direzione. Era dal momento
dell'attacco che Silye non apriva bocca e soprattutto non rivolgeva
la parola ad Ashild. «Non c'è di che»
rispose quella, prima di
dirigersi nell'altra stanza.
Angolo dell'autrice:
Ed ecco a voi Ashild, la nuova
co-protagonista, che fa un'entrata in scena molto rocambolesca,
accorrendo in aiuto di Silye. Cosa ne pensate di lei?:)
Tra poco pubblicherò
un suo disegno sul mio profilo facebook, a questo link:
https://www.facebook.com/Sophja99/?ref=aymt_homepage_panel
Mi preme anche rassicurarvi su
una cosa: per la gioia di tutti noi, non ci sarà un
triangolo tra i tre. So che, quando vi sono tre personaggi principali
in una storia, il più delle volte si finisce a pensare ad un
probabile triangolo amoroso; non che io sia contraria ad esso, ma ormai
siamo talmente pieni di libri, film e serie tv con questa tematica che
in un certo senso sono arrivata a non sopportarla quasi più,
soprattutto quando essa viene trattata con superficialità.
Bene, chiudo questa parentesi
augurandomi che abbiate gradito il capitolo. E, beh, posso solo
aggiungere che il prossimo sarà pieno di sorprese... ^^
A presto, carissimi!
|