Disclaimers: I personaggi degli x-men
appartengono agli aventi diritto,io li uso gratuitamente e solo per divertimento
personale!
Note:
Ambientata poco dopo la fine di x-men 3,si rifà solo ai contenuti
dei film (anche perché non ho mai letto il fumetto),non ho idea di quanti anni
abbia Rogue,ma immagino sia dai 18 in su,perciò farò come se ne avesse
20..:PP
In corsivo
I pensieri.
X-men 4 : La rivincita di
Magneto.
Cap.1: Eric
Era un pomeriggio assolato
come tanti altri, il vento leggero si muoveva tra le foglie degli alberi.
Ragazzi e ragazze correvano
lungo i viottoli alberati. Altri andavano in bicicletta ridendo e chiacchierando
di cose futili e superficiali.
A nessuno di loro sembrava
importare come la sua vita fosse finita in un solo attimo di disattenzione.
Venne distratto da un fruscio
d'abiti, un ragazzo dai corti capelli rossi si era seduto all'altro capo del
tavolo “Giochiamo a scacchi, nonnetto?” un sorriso malizioso gli illuminava il
volto dai tratti grossolani.
Eric, non lo degnò nemmeno di
uno sguardo.
Detestava quei mocciosi
arroganti e irrispettosi, se solo avesse avuto i suoi poteri... No,non
pensarci...
Erano già passati sei mesi,
sei lunghi mesi da quando aveva perso la sua battaglia contro gli umani e si era
ritrovato suo malgrado a far parte delle loro schiere.
Adesso se ne stava in uno
stupido parco a giocare a scacchi con sconosciuti dalla dubbia intelligenza: Eric
Leshnerr era proprio caduto in basso e lo aveva fatto con una tale velocità e da
una tale altezza da meritarsi un premio.
In un secondo tutto ciò che
era stato, che aveva posseduto, tutto il potere, gli ideali, la sua stessa
identità, erano scomparsi. Come fosse stato solo un lungo sogno dal quale si era
svegliato per rendersi conto di non avere nulla.
Non pensava che fosse una fine
ingiusta, probabilmente era il finale più adeguato a qualcuno come lui.
Un uomo così pieno di colpe,
di tradimenti, di inganni e violenza... aveva sempre creduto che prima o poi il
destino lo avrebbe punito, solo non aveva mai creduto che il conto sarebbe stato
tanto salato. La morte sarebbe stata preferibile a quell'umiliazione.
Aveva perso se stesso.
Non era più un mutante.
Non apparteneva più al loro
mondo.
Non sei più una di noi.
Di nuovo il volto di Mistica
tornò a cacciare i suoi pensieri.
Ultimamente non faceva che
pensarla, la ricordava così come l'aveva vista l'ultima volta: inerme e
spaventata, con i grandi occhi verdi spalancati in supplica Eric...,
l'aveva lasciata indietro senza un secondo sguardo, senza alcun ripensamento.
L'aveva abbandonata a se
stessa. In quel mondo che non l'aveva mai voluta e dal quale
l'aveva salvata tanti anni fa.
Cosa aveva provato in quei
minuti? Aveva sentito il vuoto,la confusione, la paura che aveva sentito lui?
Aveva finito con lo
specchiarsi per ore senza riuscire a riconoscersi in quel volto riflesso?
“Allora?Cos'hai, sei
sordo?”
Il ragazzino sembrava sempre
più seccato, Eric scosse la testa senza rispondergli, che se ne andasse. Non
poteva sopportare quella voce stridula e infantile.
Indifferente lo guardò alzarsi
mormorando qualcosa tra sé ed allontanarsi, tornò a fissare gli scacchi di
metallo, si concentrò con la stessa vaga speranza che provava ogni volta, ma
nulla si mosse...
La punizione è adatta al crimine... sorrise
amaramente al pensiero, mai parole furono più vere.
E, tra tutte le sue
colpe, l'abbandono di Mistica era senza dubbio quella che pesava di
più.
Quando l'aveva trovata, tanti anni prima, era solo una bambina impaurita e infreddolita. I suoi genitori
avevano cercato di ucciderla abbandonandola a se stessa.
Era fuggita per miracolo
da quella gabbia che era diventata la sua casa, con una pallottola nell'addome
che la uccideva lentamente e l'animo ferito a morte da chi avrebbe dovuto
amarla.
Tutto per una mutazione
di cui non aveva colpa, su cui non aveva controllo, ma che la rendeva un mostro
agli occhi di tutti.
Nonostante ciò aveva
vagato per le strade col suo vero aspetto alla ricerca di qualcuno che
l'accettasse per ciò che era e non per ciò in cui poteva trasformarsi e lui le
aveva dato quell'aiuto,l'aveva presa con sé senza pensarci due
volte.
Lei non aveva mai
chiesto perché la volesse tenere, perché volesse prendersene cura e lui non lo
aveva mai spiegato.
Non le aveva mai
rivelato cosa aveva visto nei suoi occhi quella notte.
Il potere,
l'orgoglio... come spiegarlo?
Aveva visto una
creatura così simile a lui, dal potere infinito.
Una mutante in grado di
capirlo, di capire il suo bisogno di mostrarsi al mondo per ciò che era, di
mostrare agli umani che sì,dovevano temerli, dovevano temere la loro
superiorità.
Mistica era tutto ciò
che cercava in un'alleata: forte, intelligente, indipendente e
bellissima.
Senza Mistica, Magneto
non avrebbe mai ottenuto nulla. Senza Magneto, Mistica non sarebbe mai
esistita.
Lui le aveva insegnato
tutto sui mutanti, l'aveva allenata, l'aveva istruita,le aveva insegnato ad
essere una regina tra i suoi simili, senza limiti né morale.
In grado di ottenere
tutto ciò che desiderava, perché le regine non chiedono mai nulla, prendono e
basta.
Ma Mistica ormai non
esisteva più, persa nella carne di un'umana qualunque, sacrificatasi per l'uomo
che l'aveva salvata anni prima e lui non aveva potuto fare nulla per
lei.
Non si sarebbe
giustificato, non si sarebbe mascherato dietro falsi motivi come il suo affetto
per Mistica o il desiderio di proteggerla, no.
Era stato del tutto
egoista, aveva pensato solo a se stesso e alla sua guerra, una guerra in cui
un'umana sarebbe stata solo un peso morto.
Eric non amava mentire
ed era stato sincero anche con la sua Mistica, non era più una mutante e per
questo doveva rimanere indietro.
Non era più una di
loro, non era più sua... purtroppo.
No, Eric odiava
mentire, al massimo poteva omettere.
Così aveva preferito
non dirle che avrebbe combattuto anche per lei, che l'avrebbe vendicata e che, forse, le avrebbe trovato una cura per farla tornare bella come prima. Non
poteva dirle tutto questo.
Perché era un capo e i
capi devono fare delle scelte, subire delle perdite e Mistica non era altro che
una perdita.
Ma adesso anche Magneto
non esisteva più.
Era solo Eric, un uomo
come migliaia d'altri.
E da umano ogni cosa si
era fatta più difficile.
Non conosceva nessuno,
non aveva niente e non sapeva dove andare o cosa farne della sua
vita.
Con ciò che aveva
creato in passato era perfino rischioso farsi riconoscere, per un po' aveva
accarezzato l'idea di ritrovare Mistica, di chiederle aiuto.
Certo all'inizio si
sarebbe vendicata, non aveva dubbi, forse avrebbe cercato perfino di ucciderlo,
ma alla fine, ne era certo, non l'avrebbe fatto.
L'avrebbe perdonato ed
aiutato senza bisogno di scuse o parole inutili, perché lei non ne aveva mai
avuto bisogno.
Ma poi ci aveva
rinunciato.
Perché, cosa avrebbe
pensato vedendolo ridotto a quel modo?
Il grande Magneto
ridotto così?
Cosa avrebbe provato
per lui... pietà? Poteva sopportare tutto da lei, rabbia, rancore, forse anche
odio, ma pietà? No.
Preferiva starsene lì
come un patetico vecchio, seduto solo al parco.
Era meglio di
quell'umiliazione.
Il sole iniziò a
tramontare. Eric sospirò guardando un'ultima volta i preziosi pezzi della
scacchiera e si alzò.
Il parco cominciava a
svuotarsi e preferiva non restare lì da solo.
Una strana sensazione
quell'inquietudine che lo avvolgeva ogni volta che si ritrovava da solo al buio,
in una strada isolata o in un quartiere malfamato, non l'aveva mai provata prima
di allora, fiero come era, sicuro di essere protetto ovunque andasse.
Si sentivano tutti così
gli umani? Costantemente minacciati da qualcosa di estraneo?
C'era da stupirsi che
sopravvivessero così a lungo...
Uscì dal parco
camminando lento lungo il muretto cinto da una ringhiera di metallo arrugginito,
desiderando do poterne sentire l'odore e la forza di una volta.
Si calò il berretto
sugli occhi cercando di attirare il meno possibile l'attenzione.
Sentì dei passi dietro
di sé, ma non ci badò troppo.
Svoltò un angolo e poco
dopo un altro, la strada era deserta, i passi dietro di lui si fecero più
rumorosi, una strana sensazione di presagio lo colpì.
Svoltò l'ennesimo
angolo cercando di percepire i passi che sembravano seguirlo, dandosi dello
stupido per la sua paranoia, ma si bloccò di colpo.
Lo stesso ragazzino dai
capelli rossi del parco lo aspettava con la schiena poggiata al
muretto.
Appena lo vide, gli si
avvicinò sorridendo “Guarda chi si rivede”.
Eric non rispose, ma
uno strano brivido si fece largo lungo la sua schiena, i passi di poco prima si
fermarono dietro di lui.
Senza riuscire a
trattenersi diede un'occhiata dietro di sé.
Altri due ragazzi più o
meno dell'età del primo, poco più che ventenni, lo guardavano
divertiti.
“Ti presento Trevor e
Stuart...” continuò il rosso “Vedi, Trevor era convinto di averti già visto da
qualche parte...”
Eric scoccò uno sguardo
seccato al ragazzo sulla destra, moro, molto alto e robusto “Forse dovrebbe
trovarsi un passatempo migliore che fissare gli anziani al parco”
Il rosso esplose in una
lunga risata “Sei divertente,ma vedi... credo che avesse ragione. Ricordi i
mutanti che mesi fa hanno attaccato l'isola di Alcatraz? Uno di loro... Magneto
credo si facesse chiamare, ha distrutto questo enorme ponte, lo ricordi? Il
problema era che c'era un mucchio di gente là sopra, ma a lui non è
importato...”
Eric alzò un
sopracciglio, come se la faccenda non lo riguardasse minimamente “E
quindi?”
”E quindi quel tizio ti
assomigliava in modo impressionante”
“Sfortunatamente non si
può essere ritenuti colpevoli per una somiglianza”
“Non da un tribunale,
ma qui non siamo in un tribunale, giusto?”
I due dietro di lui lo
circondarono in un attimo senza dargli il tempo di fare nulla, ma ad essere onesti,
non c'era molto che potesse fare contro tre ragazzi che avevano la metà dei suoi
anni.
Il primo pugno lo
raggiunse ai reni togliendogli il fiato, i seguenti lo ridussero in ginocchio con
sorprendente velocità.
Cercò di rannicchiarsi
in se stesso, di limitare i danni, ma in quelle condizioni era
impossibile.
Sentì una costola
incrinarsi sotto il peso dei colpi, gridò per il dolore, ma i suoi aggressori
non si lasciarono impietosire, anzi...
All'abuso fisico
aggiunsero anche quello psicologico.
Uno dei tre gli sputò
addosso “Schifoso mutante” gli sibilò contro.
Eric ricordò di altre
mani che lo avevano afferrato e colpito, umiliato e insultato anche se con
parole diverse, per ragioni diverse, tanti anni prima.
Ora come allora fece
appello a quella forza che aveva dentro, quel potere che chiedeva di venire in
suo aiuto, ma che era incatenato.
Tese la mano tremante
verso quel metallo che per tanti anni era stato la sua salvezza, pregò con tutte
le sue forze che andasse in suo soccorso, che rispondesse al suo comando, ma la
ringhiera rimase immobile.
Era dunque quella la
sua fine? Morire per la rabbia di tre mocciosi ignoranti e violenti? Quale
triste destino per il principe della confraternita.
Il sangue gli sgorgò
dalla bocca, prosciugando ogni sua forza, il buio lottava per calare sui suoi
occhi e ancora quella stupida ringhiera non voleva muoversi.
Ti prego
supplicò nella sua mente Ti prego!
Il braccio tremante gli
ricadde sull'asfalto, le dita ancora tese in una futile preghiera.
Finalmente i suoi
assalitori sembrarono soddisfatti “Non farti più vedere qui intorno mutante!”
gli sibilò il rosso con un ultimo calcio e tutti e tre si allontanarono di
qualche passo per osservare il loro lavoretto.
Eric li sentì
deriderlo, covando una rabbia infinita... O se solo potessi... non ridereste
così tanto...
Fu allora che lo
avvertì, un lieve formicolio lungo le dita, una sensazione così familiare nella
mente e in tutto il corpo.
La ringhiera emise un
lieve cigolio, Eric trattenne il fiato spalancando gli occhi .
Sì...
La ringhiera cigolò più
forte attirando l'attenzione dei tre ragazzi, ma era già troppo
tardi.
Il potere si risvegliò
in lui come lava da un vulcano, la ringhiera si spezzò e attorcigliò, colpì i
suoi assalitori spazzandoli via come foglie secche, si attorcigliò attorno a
loro soffocandone le urla e stritolandoli lentamente.
Eric si alzò da terra
spolverandosi i vestiti e asciugandosi il sangue dalle labbra, ad un suo gesto il
metallo lasciò andare le sue vittime che scivolarono a terra con un
tonfo.
Li guardò sorridendo
soddisfatto, le mani ancora deliziosamente formicolanti...Questa è senza
dubbio una fortunata sorpresa...
Sembrava che Magneto
fosse tornato. |