Galeotto fu il vicino

di Caroline94
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Se c’era una cosa che Raf odiava erano le scale, soprattutto quando aveva tra le mani due buste della spesa grosse quanto le ruote di un camion. Per questo aveva fatto salti di gioia quando aveva scoperto che il condominio in cui sarebbe andata ad abitare era provvisto di ascensore.
Certo, uno si aspetta che l’ascensore però funzioni.
Insomma, quando arrivò davanti le porte e lesse la scritta GUASTO, la sua reazione fu più o meno un disperato: “Ma no!”
Altra cosa peggiore? Che abitava al terzo piano, quindi sei rampe di scale a piedi. Settantadue gradini con quelle palle di ferro tra le mani.
“Grazie, Universo!” sbottò, rivolta al soffitto. Guardò le scale con disperazione infine, arresa, sospirò e cominciò la scalata: stare lì a guardarle non l’avrebbe fatta salire più in fretta.
Aveva appena superato la prima rampa di scale quando udì delle imprecazioni abbastanza colorite venire dal piano di sotto da una voce che lei era sicura di conoscere, anche se in quel momento non la riusciva ad afferrare.
“Non me ne frega un cazzo delle tue scuse, voglio quei fascicoli entro stasera o giuro che è la volta buona che ti faccio ingoiare quel dannato palmare!” sbraitò la voce, senza dubbio di un ragazzo “E dì a quella troia della tua segretaria che se non la smette di infilarsi i documenti dove sa lei per fare i suoi dannati giochini l’unica cosa che si ritroverà nel sedere saranno i miei piedi quando la sbatterò fuori a calci in culo!” esclamò, poi scese qualche secondo di silenzio “Oh, fantastico pure l’ascensore rotto ci mancava!” imprecazioni in sottofondo accompagnarono i passi che salivano agilmente i gradini delle scale e, dopo pochi secondi, un ragazzo dalla folta chioma blu e l’espressione incazzata fece la sua apparizione davanti agli occhi allibiti della ragazza che non sapeva se scandalizzarsi, indignarsi o stupirsi. Il ragazzo si fermò sull’ultimo gradino della rampa di scale e la guardò, stupito, e fu allora che Raf lo riconobbe: il maniaco col serpente!*
“Ehi… tu sei la tizia che ha scandalizzato Basilisco!” esclamò lui. Raf fece scattare in aria un sopracciglio.
Io avrei scandalizzato lui?!” sbottò, indignata “Semmai è lui che ha scandalizzato me!”
Il ragazzo scrollò le spalle “Dettagli” rispose, agitando una mano con noncuranza, per raggiungerla sul pianerottolo.
“Hai invitato una squadra di calcio a cena?” chiese, squadrando le buste.
“No” rispose lei, asciutta “E non sono affari tuoi!” aggiunse, altezzosa.
“Dai, ti do una mano” rispose lui, come se non l’avesse nemmeno sentita, e le tolse le buste di mano senza neanche darle il tempo di replicare. Raf lo guardò allibita salire le scale con nonchalance, prima di riscuotersi.
“Ehi! Dove vai!” esclamò, correndogli dietro “Guarda che il gelato non te lo offro!”
 
Ci vollero pochi secondi perché Raf trovasse le chiavi nella borsa, e dieci minuti perché aprisse la porta. Imprecando sottovoce armeggiò con la serratura nel tentativo di spalancarla mentre il maniaco era in fondo al pianerottolo ad imprecare contro qualche povero malcapitato.
“Da-nnata-porta!” sbottò la ragazza, rigirando per la settima volta la chiave nella toppa.
“Oh, certo, quindi adesso vuole uscirsene con un offertuccia di poco conto, eh?” chiese il ragazzo, sarcastico, avvicinandosi a lei a grandi passi sempre concentrato nella conversazione “Beh, puoi dirgli che può ficcarsi il suo contratto dove non batte il sole perché ero stato chiaro: non scendo oltre trentamila!” scandì, piazzandosi alle spalle della ragazza e battendo un colpo allo stipite, facendola sobbalzare “Pensi quello che vuole, non saremo noi a rimetterci” aggiunse, girando la chiave: come per incanto l’uscio si aprì sotto lo sguardo indecifrabile della padrona, che lo vide prendere le proprie buste della spesa e portarle nell’appartamento senza staccarsi dal cellulare. “Certo che tornerà da noi strisciando: ho mai sbagliato, io?”
Raf sbatté le palpebre un paio di volte, poi guardò la porta e di nuovo il ragazzo.
“Se non gli sta bene sarò lieto di fare due chiacchiere con lui in privato” concluse, chiudendo la chiamata e gettando il telefono sull’isola di marmo al centro della cucina prima di posarci le buste. Sospirò portandosi le mani ai fianchi e si voltò a guardare la ragazza ancora sulla porta.
“Beh? Devi avere il permesso?” chiese, con un sopracciglio alzato. La ragazza si riscosse.
“Come… come hai fatto?” domandò lei, indicando la porta. Il ragazzo alzò le spalle.
“La serratura è piegata da anni: la vecchia proprietaria non l’ha mai fatta aggiustare perché diceva che era utile contro i ladri” spiegò, aprendo le buste e rovesciando il contenuto sul ripiano “Gliel’ho visto fare tante di quelle volte da quando abito qui: devi dare un colpo deciso sullo stipite per smuoverla”.
La ragazza guardò un’ultima volta la porta poi la chiuse ed entrò, posando la borsa sul divano.
“Ma prego, fa come se fossi a casa a tua” invitò, indifferente, togliendosi la giacca.
“Lo sto già facendo, grazie” rispose lui, piegando accuratamente le buste ormai vuote “Quando ti sei trasferita qui?” chiese.
“L‘ho affittata due mesi fa” rispose lei, raggiungendolo “Ma ci sono venuta ad abitare solo tre settimane fa. Era la prima notte che dormivo qui la sera che il tuo serpente è venuto a trovarmi” aggiunse, prendendo i sacchetti di mozzarella dal ripiano per metterli in frigorifero.
“Avrà voluto darti il benvenuto” buttò lì, lui.
“Avrei preferito una crostata” commentò la ragazza, con la testa nel freezer. Lui lasciò vagare lo sguardo sul tavolo e prese una busta colorata da sotto una scatola di caffè. “E non mangiare i miei marshmallows!” aggiunse, una volta alzatasi, vedendolo col pacco di dolci in mano e mezzo marshmallow in bocca.
“Shcusa” bofonchiò lui, anche se continuò a mangiarli lo stesso “Comunque mi chiamo Sulfus, abito qui accanto” aggiunse.
“Raf” rispose semplicemente lei, continuando a mettere a posto la spesa.
“Lavori?”
“Studio” fu la risposta, dal fondo di un ripiano della cucina “Frequento un corso d’arte alla Golden School. Tu?” chiese, riemergendo dal mobile.
“Porto avanti l’azienda di famiglia: il vecchio sta tirando le cuoia” scrollò le spalle Sulfus.
Raf si fermò un momento a guardarlo: “Non c’è un buon rapporto, tra voi?” chiese. Il ragazzo smise di masticare, apparentemente concentrato sullo scontrino delle mele dall’aria molto interessante, esitando a rispondere.
“No… insomma, per quel che ricordo… direi di no…” mormorò, poi si drizzò di scatto abbandonando i marshmallows sul ripiano come se ardessero. “Si è fatto tardi, devo andare” informò, a disagio, afferrando il cellulare.
“Oh… ehm, si… grazie per l’aiuto” rispose lei, colta alla sprovvista da quell’improvviso cambio di umore. Sulfus fece un cenno con la mano per minimizzare la cosa poi, senza neanche salutare o aspettare un saluto, uscì così come era entrato.
 
 
 
 
*vedere capitolo 1




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