Look at you

di Sarck
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Titolo: Look at you
Rating: verde
Parole: 46
2
Tipo di coppia: shonen'ai
Pairing: Lev x Yaku
Note: questo scritto - uno scarabocchio - nasce semplicemente da un impellente bisogno psicologico di scrivere di questi due, dopo aver visto una certa fanart (qua sotto) . Zero pretese, anche se queste poche frasi sperano di essere apprezzate. 

 

Look at you

 

 

 

Il problema sta nel fatto che si è dimenticato cosa volesse dire.

Rimane con il ciuffo sottile di capelli a solleticargli i polpastrelli di indice e pollice, la bocca ancora semiaperta - secca e lievemente screpolata a causa del vento - ma tutto ciò che esce tra le pellicine appena stuzzicate del labbro inferiore, è solo un respiro. Cosa stava per dire?

Lev è, per Yaku, un groviglio di muscoli e arti, uniti tra di loro in modo scomposto. È da qualche mese ormai che lo ha visto allenarsi, prendere tante di quelle palle in testa da ricordare perfettamente il colore delle piastrelle dell’infermeria – dove puntualmente, con occhi irosi e un broncio scocciato a increspargli le labbra, Yaku lo accompagna – cadere sulle sue stesse ginocchia appuntite, sdraiarsi a terra privo di forze e poi rialzarsi, sempre. Rialzarsi e presentarsi, con la felpa della Nekoma e quei pantaloncini rossi troppo corti per quelle gambe, anche il giorno seguente, con un sorriso felino a piegare le labbra sottilissime, quasi inesistenti. Yaku lo ha tenuto d’occhio, gli ha appoggiato il ghiaccio sulle ginocchia tante di quelle volte da aver perso il conto. Eppure, non lo ha mai guardato davvero.

Memoria fallace, la sua. È bastato il volto troppo vicino di quel ragazzo, che lui stesso ha costretto a piegarsi verso il basso, tirandogli una ciocca di capelli argento, a svuotargli la testa.
Lev lo guarda e ha gli occhi così verdi -così verdi - mentre Yaku inizia a sentire i capillari delle guance ingrossarsi, euforici di pompare così tanto sangue, senza il suo consenso. Lascia la presa sui capelli, permettendo ai recettori che costellano i polpastrelli di acquietarsi, anche se, più propriamente, iniziano ad attivarsi in altro modo; gli sudano i palmi.
Il suo, solitamente disciplinato, corpo sembra non voler più seguire delle regole logiche e nel mentre Lev continua a guardarlo, con quegli occhi verdi dal taglio allungato, le ciglia lunghissime e chiare, ciuffi di capelli a cadere ovunque sul viso trasparente, in attesa di qualcosa, forse in ascolto. Cosa stava dicendo?
È la fine di tutto, perché non sta più arrivando ossigeno al cervello, zero, niente di niente, sottovuoto. In quella pericolosa condizione anaerobica, riesce a formulare un minuscolo pensiero, dettato dallo spirito di sopravvivenza che gli impone di fare qualcosa e non rimanere lì, così, rigido su quel marciapiede come se fosse accaduto chissà che cosa.

Solleva il braccio e colpisce con le nocche il mento di Lev, allontanando il volto da sé. Tanto, è quasi del tutto certo che quello che volesse dirgli, poco tempo prima, nient’altro non fosse che un rimprovero o un mezzo insulto.

No, decisamente Yaku non lo aveva mai guardato, fino a quel momento. Lo aveva solamente visto. Altrimenti si sarebbe accorto prima, di quanto fosse carino.





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