L’angolo di
Calcifer lo spirito del fuoco:
Nel caso in cui qualcuno non se ne fosse accorto l’autrice ha preso e ha
modificato l’ultima frase del capitolo precedente. Di poco, una sciocchezza, ma
a suo dire quella minuzia rende la scrittina in rosa pregna di un ulteriore
significato. Questo per pararsi il sedere con chi legge, in realtà la modifica
le è stata suggerita in un sogno come accade al professor Farnsworth.
L’autrice adora le virgole perché
sono puccine.
L’autrice adora scrivere i numeri in
cifre perché ha l’animo della contabile.
Per concludere un ameno quiz-quizzone:
Da quanti anni Sophie non legge Sailor Moon e, diciamocelo, si vede?
«Un oggetto cadrà sempre in
modo
da produrre il maggior danno
possibile»
Legge della gravità selettiva,
dal Libro di Murphy
2.
THE JUMP
(Il Salto)
Venus
si oppose fortemente al fatto che a una bambina a cui a malapena veniva permesso
di mettere il naso fuori dal Palazzo venisse concesso di seguire la regina in
quella sua prima e molto probabilmente ultima visita alla Terra, non importava
quanto l’occasione fosse importante o ufficiale. Anche le altre
guardiane non erano particolarmente contente della situazione e non avevano
mancato di manifestarlo schiettamente nel momento in cui la regina aveva
annunciato che sarebbero andate sole dal momento che non stavano partendo per la
guerra ma si andava a una visita di piacere: si erano dovute ben presto
arrendere all’idea dell’irremovibilità della sovrana. Anche loro in certe
situazioni non avevano molta voce in capitolo.
C’era poco da fare.
La regina sapeva essere ostinata.
E quando persino Luna, di solito così prudente, prendeva le
sue parti non c’era discussione, questo era risaputo. Venus invece continuò fino
all’ultimo ad esprimere i suoi dubbi in proposito senza lasciarsi intimorire
nemmeno dalle minacce di una regina ridotta allo sfinimento di destituirla dal
suo incarico in pianta stabile se non l’avesse smessa immediatamente. Fu strano
per tutti vederla tanto tenace in merito. Non s’era mai opposta a qualcosa con
tanta veemenza, anzi, ad essere proprio precisi non si era mai opposta a nulla e
punto. In genere il suo ruolo era quello di lasciar perdere, non sentire e non
vedere. Lei era la tipa che lasciava correre, l’incoscienza che equilibrava il
freddo raziocinio di Mercury. Lei era la sconsiderata, spesso e volentieri
l’imprudente, quella che spingeva la principessa sempre troppo in alto
sull’altalena per farle fare il giro della morte e le insegnava a calciare la
palla come i maschi. Era la compagna di giochi preferita della principessa
perché per certi versi si somigliavano in maniera inquietante.
Specie nella mancanza di giudizio.
In quei giorni invece non le riuscì di lasciar correre.
Aveva un brutto presentimento, disse. La guidava il suo
istinto.
Ma tutti sapevano come la pensasse la regina a riguardo di
queste cose e quei timori vennero accantonati senza con un sorriso triste che in
altro tempo sarebbe stato velato di svagata ironia, unito a un placido e
paziente scuotimento del capo. Non sarebbe accaduto nulla di più tragico di
quanto stesse già avvenendo, aveva detto, per cui non c’era bisogno di
preoccuparsi. - La morte di una regina – aggiunse – non è cosa da poco.
Serenity è stata sulla Terra una volta.
Tanti anni fa, troppi perché possa ricordarsene.
Anche perché Serenity, se non l’avesse attaccata al collo,
scorderebbe persino la testa.
I fiori nella mia testa vorticano come uno di quei pensieri ossessivi su
cui ci si deve arrovellare insistentemente anche a discapito del sonno. E’
quello che Mercury vorrebbe facessi con i problemi di matematica, ma prima
dovrebbe spiegarmi a che dovrebbe servire la matematica a una principessa e di
solito non va oltre la motivazione dell’amore per la cultura. Che con me non
attacca ma se non l’ha capito in tanti anni che mi è accanto di sicuro non lo
capirà adesso. Il sogno non è particolarmente dettagliato né avventuroso ma è di
quelli che restano impressi per la vividezza delle impressioni e la bellezza
delle immagini. E se non ricordi inventi perché tanto è così rilevante se i
fiori dal gambo lungo che fanno capolino tra ciuffi d’erba sottile tremolando al
vento sono gialli o celesti? A chi importa che siano rosa pallido i petali che
cadono danzando dal cielo come fiocchi di neve leggeri o che sia loro il profumo
trascinato dal vento?
A nessuno, ma se non riesco a
rammentare impazzisco.
La sostanza si ripete
assillante nel suo intreccio di fondo: io e
lui, che è neppure un ragazzo, ai piedi di un
gigantesco albero in boccio. I rami sottili e tinti di un nero dai riflessi
vinaccia come velluto prezioso si stagliano così in alto e attorno a noi da non
riuscire a scorgere quasi nulla al di fuori. Intravedo vagamente una porzione
del muro nord del palazzo, e la fila di Danaidi di marmo bianco del sentiero
principale. Lancio lunghe occhiate ansiose intorno a me seppur con la
consapevolezza che nel mio sogno è come se fossimo soli al mondo e non accorrerà
mai nessuno mentre lui è inginocchiato a terra tutto intento a studiare una tana
che si fa strada tra le radici.
L’ho scoperta io, nascosta
dall’erba.
E gliel’ho detto.
La cosa che più mi resta
impressa, al di là della grande bellezza di un luogo che non mi è estraneo come
dovrebbe, al di là della pace e del calore, al di là di
lui, è che tra noi avverto
un’incredibile sincronia, quell’intima vicinanza che si crea tra due persone che
condividono un segreto e che dal sogno lascia flebili strascichi persino nella
vita reale. E’ come se lo conoscessi da sempre e questo è sciocco a pensarci
perché non è permesso agli uomini di varcare la soglia del Palazzo. Gironzolano
tutt’intorno come spettri impegnati in lavori di fatica che non prevedano
l’interazione con gli abitanti della reggia a meno di emergenze vitali. Al
massimo si occupano della cura dei viali rastrellando il pulviscolo dei sentieri
o occupandosi dei cavalli nelle stalle e della manutenzione delle carrozze.
Questo deve rappresentare comunque una grossa evoluzione rispetto al passato
perché sento spesso i commenti di qualche anziana domestica che ricorda quando
ai maschi non era permesso neppure entrare nel campo visivo delle abitanti della
reggia.
Questo perché la Luna è donna.
Almeno credo. Non ci ho mai
pensato seriamente, anche perché a quel punto dovrei chiedere a qualcuno come
sono nata e non ho attorno gente molto ansiosa di affrontare l’argomento. Mi
hanno parlato di cavoli e cicogne ma una volta ho passato tutto il giorno vicino
alle voliere a dare insalata agli uccelli ma non mi è mai arrivata quella
sorellina che volevo.
Un sospiro stizzito mi distrae
dalle mie contemplazioni. Lui solleva il viso in direzione del mio e dietro
ciocche scure e scomposte uno sguardo di una durezza regale che brilla dei
riflessi dell’anello di Tanzanite della mamma. Le sopracciglia aggrottate
appena, le labbra tese in un lieve broncio dall’aria fiera. - Qui dentro non c’è
niente. – sentenzia.
- Impossibile – obietto.
Mi sporgo in avanti coi
capelli che ondeggiano pigri sospinti dalla brezza, arricciando appena il naso
all’insù per affacciarmi in quel piccolo baratro senza luce dal quale, ne sono
certa, ho visto far capolino un coniglio.
Non sono pazza, l’ho visto.
Aggrotto la fronte in un
broncio pensoso.
- Sei proprio testarda, sai?
Guarda. – sbotta con uno sbuffo. Mi prende il polso con la mano sporca di terra
e mi tira a sé in uno strattone mandandomi ginocchioni nell’erba bagnata. - Non
è più profonda di una mano – e mi guida deciso all’interno mentre io oppongo una
resistenza che sembra niente a confronto della sua forza di ragazzo, col cuore
che mi tamburella dentro al pensiero che so che sta mentendo; col la certezza
che finirà sempre nello stesso modo, con la paura di venire risucchiata al suo
interno e di venire sbalzata lontano, sola, dove non possa più raggiungermi
questa luce gialla così viva e il profumo dei fiori che sembrano invadere lo
spazio, l’anima e i pensieri. Non arrivo nemmeno a immergerci il polso che le
mie dita si immergono nella terra morbida e fresca e non posso fare a meno di
sentirmi, tutte le volte, abbastanza stupida.
La sento ancora sotto le
unghie al risveglio. Mi sveglio di colpo in preda alla tristezza: nel rivedere
la mia solita stanza e le sue solite cose della mia solita Luna la gola mi si
serra in un magone denso e mi ritrovo a premere il viso contro il cuscino per
soffocare le lacrime finché non mi viene in mente una bella scusa, di quelle
classiche tipiche di quella “piagnucolona di Serenity”, ed è solo allora che
vado in cerca di consolazione.
Al mattino alla principessa piace dormire fino a tardi, ma
naturalmente non glielo lasciano fare. L’unica cosa su cui si trovano d’accordo
tutte le guardiane è che il mattino dovrebbe avere in bocca dell’oro e farebbe
prendere vermi grassi, ma lei personalmente preferisce l’argento e i vermi le
fanno ribrezzo. Nelle serre una volta uno grosso verde e peloso le è caduto
sulla testa mentre cercava di raccogliere delle mele ed è svenuta. Mentre è nel
mezzo di un sogno beato e pacifico irrompono in camera sua gridando come se
fosse scoppiata una guerra, le strappano di dosso le lenzuola e cominciano ad
ingozzarla prima ancora che abbia sviluppato abbastanza presenza mentale da
capire cosa farci, col cibo. Ma è una buona colazione, il che è una buona cosa.
Deve cominciare i suoi impegni da principessa, cose che le spacciano come di
vitale importanza per il regno e che nel pratico si traducono in lezioni
noiosissime che la trovano nella condizione di spirito in cui al posto di
visualizzare un problema di aritmetica si visualizza ancora a ronfare tra le
coltri abbracciata al suo cuscino.
Se ne lamentava con sua madre a volte, l’unica disposta ad
ascoltarla mentre gridava il suo sdegno sbracciandosi per la stanza con gli
occhi febbrili e le guance porpora. - Questa è crudeltà! – sbottava. – Non
dovrebbe essergli permesso di farmi questo!
- Non potresti semplicemente andare a dormire prima? – le
suggeriva allora la regina con la consueta pacata saggezza.
La figlia la squadrava incredula.
- Non se ne parla neanche. La sera è il momento in cui
stiamo insieme e non ci rinuncio! Piuttosto di’ alle guardiane di diminuirmi le
ore di composizione in lingua. Tanto a che mi serve parlare nell’idioma della
Terra?
- A tante cose.
- Dimmene una allora.
Lei ci rifletteva su un momento.
- … Oh beh, a qualcosa dovrà pur servire.
E scoppiavano a ridere entrambe facendo finire lì la
discussione.
Tuttavia la regina si ingegnò per accontentare la figlia
senza perdere quelle ore preziose da passare insieme e si arrivò a un
compromesso abbastanza accettabile quando alla veneranda età di 10 anni alla
principessa venne concesso il privilegio di dormire fino alle 10:30 il sabato.
Da allora ogni venerdì sera è sua madre a metterla a letto. Le rimbocca le
coperte, un bacio sulla fronte, un sorriso, un augurio di dormire bene. Poi si
chiude la porta alle spalle, sparisce alla vista e allora la principessa
sussurra nel buio le magiche parole:
– Domani posso dormire fino a tardi.
Questa frase ha più l’aria di un auto convincimento che
d’altro perché naturalmente neanche a farlo apposta il giorno successivo
all’alba è già sveglia. Per via di quell’assurdo carattere ribelle che la porta
tra le altre cose a contraddire perfino se stessa, Serenity è fermamente
convinta di non essere mai riuscita ad andare oltre le 7 il sabato mattina in 4
anni che le viene permesso di poltrire, ma se le guardiane avessero saputo le si
sarebbero buttate addosso come avvoltoi coi loro temi e i loro quadrangoli, per
cui fingeva.
Ma fingere era un lavoro stancante.
Nello specifico la obbligava a 3 ore di silenzio e
immobilità assoluti, due cose che non sarebbe riuscita a fare neanche se ne
fosse dipeso dell’esistenza, così sono iniziate le fughe. All’inizio scavalcava
la finestra della sua camera che dava sul lato vicino alle serre: lì c’era da
compiere un salto di nemmeno mezzo metro balzando nella polvere morbida per poi
ritrovarsi nascosti da uno spesso strato di vegetazione e vetro: il delitto
perfetto, salvo evitare con manovre degne dei guerriglieri nella giungla tutta
la vasta schiera di giardinieri, domestiche, e di quando in quanto le
peregrinazioni della mamma in quei piccoli angoli di paradiso che facevano la
sua gioia, quando invece sarebbe stato molto più saggio usare la porta dal
momento che se fosse stata scoperta in uno dei corridoi avrebbe sempre potuto
fingere una corsa urgente al bagno per poi defilarsi alla chetichella una volta
svoltato l’angolo. La cosa che le piace fare di più una volta fuori è recarsi al
grande albero. In realtà lo chiama albero ma è più legna morta da ardere. Ma
volendo essere proprio petulanti il legno è come cristallizzato e non potrebbe
accendere un fuoco nemmeno con l’aiuto di tutta la magia del mondo. Rami che
letteralmente tintinnano se battuti insieme per gioco.
Delicato clangore di cristallo.
La cosa davvero affascinante però stava a guardare in
basso.
C’era un foro che si snodava tra le radici, un buco, un
accesso. Una tana, se vogliamo trovare a tutti i costi delle corrispondenze col
sogno ricorrente di una ragazzina piagnucolosa. Diametro venti centimetri o giù
di lì, profondità: poche manate, l’indispensabile. L’aveva scavato lei stessa in
preda a una cieca ispirazione. La principessa si sedeva lì e sporgendosi nel
buio trascorreva il tempo in conversazioni; parlava del più e del meno,
scherzava e si confidava nella segreta speranza che la sua voce raggiungesse
qualcuno che, sentendosi solo, tendesse l’orecchio dall’altra parte e le
rispondesse.
The
Jump
- Il Salto
(FINE)
Il cantuccio
di Sophie:
Mi piace molto, forse troppo, saggiare vie che fanno inesorabilmente scivolare
la mia storia lungo la china della piena libertà espressiva anche se mi rifiuto
di chiamare quello che faccio AU, la mia è sana sperimentazione di piccoli
particolari e non detti in quanto sono dell’opinione – strapersonale - che se
volessi leggere qualcosa di tirato fuori pari pari dall’opera originale leggerei
il manga. :D
Che è mille volte più figo della mia
storia.
Il mio libro preferito da piccola era
Alice nel Paese delle Meraviglie.
Tra parentesi qui il sogno ce l’ho
messo ed è la colonna portante del capitolo, ain’t I a stinker (chi
coglie la citazione è un genio)?
Ringrazio doverosamente perché
hai voglia a dire che uno non scrive per le recensioni ma quel numerino che si
alza anche se di poco ti fa sempre venire la voglia di metterti al PC a
smanettare: lagadema (Io sono uno spirito inquieto combattuto tra
cacchiate e pippe mentali, un pendolo che oscilla tra commedia e introspezione
emo! Non ho requie, non riuscirò MAI nemmeno se mi impegno una vita, a scrivere
qualcosa di totalmente commedia, d’altronde anche le commedie hanno i loro
picchi di serietà – sì, consoliamoci così, convinciamocene! Sono contentissima
che ti abbia fatto ridere! *_* E le virgole sono la cosa più bella del mondo!)
luisina (Finiresti per odiare anche tu un capitolo che hai dovuto
riscrivere 6 volte dopo aver buttato giù già 2 o 3 pagine di scritto perché ti
rendevi conto che la conclusione proprio non funzionava. :D Infatti l’ho
cambiata ancora, vorrei piangere, per la disperazione mi sono messa a scrivere
una yaoi! Grazie come sempre per i complimenti sei davvero carinissima, un
baciùz a te! Ma veramente la trovi azzeccata, io mentre scrivo sto sempre lì a
cercare di auto-convincermi che ci dovrebbe essere un limite sancito per legge
alla libertà da prendersi sullo scritto originale, ha ha ha! Però concordo che è
un fenomeno anche se a una mia amica sta fortemente antipatica, come tutti i
personaggi di cui scrivo.), ellephedre (Ho contenuto il mio amore per le
virgole e il mio animo ha sanguinato, almeno ne è valsa la pena! :P Ti dirò che
mentre ero lì che stavo pensando a come far andare avanti questa storia ho
pensato che, bah, quasi quasi do una letta al manga per rinfrescarmi un po’ la
memoria, ma poi ho pensato che se mi fossi messa a vincolarmi troppo
all’originale ne avrebbe risentito la freschezza. Perché insomma, di fresco e un
po’ spiritoso c’è poco nell’opera originale, questi devono morire tutti! XD Ma
non mi andava nemmeno di fare una cosa seria, insomma, sono 19 capitoli, se sono
uno più triste dell’altro abbandono il mio villaggio e mi unisco a un ninja
cattivo… Ah, no, questo l’hanno già fatto in Naruto. Con la regina mi sono
spisciata. Ho cercato di farla più seria di Usagi ma la tentazione di farle
perdere lo scettro è stata troppo potente! Dunque visto che ho cambiato
bellamente l’ultima frase no, non conto di partire col concetto espresso là. Se
non decido come al solito di cambiare tutto a seconda dei sogni che faccio la
notte dovrei affrontare il concetto nel capitolo, fammi fare i conti… 5. Forse.
E’ bello avere delle certezze! Ti ringrazio per i complimenti e mi scuso per la
rispostona che ha ritardato il postaggio della fic di un’ora buona! :P) e
maryusa (una volta in uno spettacolo a Lucca usarono lo scettro di Doremì
per uccidere il cattivo… fracassandoglielo sulla testa, è stata un’immagine
troppo potente per non adoperarla con una Queen Serenity che prende e ci spacca
le noci. :D Io sarei inorridita. Grazie mille per i complimenti e, oh, speriamo
di non diventare noiosi col passare dei capitoli! *_*
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