Desperate Times Call for Desperate Measures - A mali estremi, estremi rimedi di Sleepyheadven_ita (/viewuser.php?uid=1023484)
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Note
della traduttrice:
Buonasera a tutti,
Chiunque abbia un minimo di
dimestichezza con l’inglese sa quanto la nostra costruzione sintattica
e l’uso della punteggiatura siano diversi dai loro, per cui non vi
aspettate una traduzione assolutamente letterale, perché com’è facile
intuirlo sarebbe stata un disastro in italiano. Nella traduzione ho
cercato e sempre mi sforzerò di essere quanto più fedele possibile alle
idee dell’autrice, anche per l’appunto cercando di renderle
nell’italiano più consono.
Inoltre Sleepyheadven, essendo
statunitense, invece di “Hanji” ha sempre usato la versione americana
del suo nome, “Hange”, che io però ho cambiato in questa versione
perché per me suonava strano scrivere così.
Per domande, osservazioni,
suggerimenti o quant’altro, non esitate a contattarmi anche
privatamente.
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ha un sistema di Kudos, sarebbe a dire tipo i like di Facebook. Si
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confronti dell’autrice, basta seguire i link diretti ai capitoli che
metterò ogni volta che farò un aggiornamento e premere sul cuoricino in
basso a destra alla fine del capitolo.
Senza indugio quindi vi lascio a “Desperate Times Call for Desperate Measures”
(traduzione: A mali estremi, estremi rimedi) di Sleepyheadven, pubblicata sul sito Archive Of Our
Own il 30 agosto 2016 e terminata l’11 dicembre 2016
Buona lettura,
Fool
Dal momento in cui
il suo telefono aveva cominciato a squillare alle cinque del mattino,
Hanji aveva capito che sarebbe stata una giornata interessante.
Aveva socchiuso assonnatamente gli
occhi, il mondo attorno a lei era apparso in forme sfuocate e nei
colori del beige e del giallo, che sapeva essere il suo copriletto e le
tende alle finestre.
Hanji aveva avuto immediatamente il
sospetto di chi fosse a chiamarla così presto, specialmente
considerando che chiunque la conoscesse anche solo superficialmente
sapeva della sua tendenza a tirare tardi la sera. Sua madre raramente
le mostrava un briciolo di empatia.
A tentoni aveva cercato il piatto
marchingegno che sapeva essere sul suo vecchio e malandato comodino,
chiedendosi cosa volesse da lei stavolta quella severa donna,
considerando che le loro conversazioni telefoniche erano rare. Il
trillo era continuato prepotentemente fino a che non aveva afferrato il
freddo oggetto metallico fra le mani. Aveva fatto scorrere
assonnatamente il dito sullo schermo per accettare la chiamata.
“Buongiorno mamma” l’aveva salutata
con calore, la sua voce ancora impastata dal sonno. Aveva aggrottato le
sopracciglia quando aveva buttato un occhio all’orologio, facendo
velocemente un calcolo di quante ore aveva dormito. Due e mezza -
nemmeno troppo male considerato tutto, aveva affrontato giornate
peggiori.
“Buon pomeriggio, vuoi dire”
l’aveva corretta sua madre, con un tono sorprendentemente tranquillo.
Ah, quindi erano buone notizie quelle che le stava per dare, aveva
pensato Hanji tirando un sospiro di sollievo. Nessun favore a qualche
parente gravemente malato, come accadeva di solito.
“Giusto” le aveva risposto,
sporgendosi nuovamente verso il comodino per prendere i suoi occhiali
di forma ovale.
“Come vanno le cose laggiù?” aveva
chiesto per fare conversazione, facendoli scorrere con noncuranza lungo
il suo naso. Le forme e i colori avevano ripreso un contorno,
mostrandole la sua stanza in disordine.
Sua madre aveva lasciato uscire una
risatina allegra alle sue parole, Hanji aveva alzato le sopracciglia in
un’espressione sorpresa a quel suono così inusuale, non aveva sentito
sua madre ridere così da quando i suoi si erano trasferiti a Parigi
otto anni prima.
Oh no, forse erano cattive notizie
- tipo che suo padre era stato trovato morto quella mattina al
risveglio. Non andavano per niente d’accordo negli ultimi tempi…
“Ho delle buone notizie cara!”
aveva detto sempre ridendo sua madre, contenta come non mai. Hanji a
questo punto si era preparata per quello che stava arrivando. “Io e tuo
padre divorziamo!” aveva rivelato felicemente dopo quella pausa ad
effetto.
Hanji si era data un momento per
riflettere su quello che le aveva appena detto, quasi si aspettasse di
sentire che era impazzita e che l’aveva assassinato. Beh, di certo era
un fatto inaspettato, non avrebbe mai immaginato sua madre, così
testarda e orgogliosa, accettare di intraprendere un divorzio e far
finire così trentacinque anni di matrimonio.
“Questa è… una grande notizia,
mamma” aveva detto tutto d’un fiato, incerta su come avrebbe dovuto
reagire. Almeno non si sarebbe più trovata in mezzo ai loro litigi,
giusto?
“Certo che lo è! Sono così
sollevata di essere libera dal tuo insopportabile padre, cara, non ne
hai idea.”
Hanji poteva intendere chiaramente
dal suono della sua voce quanto fosse largo il sorriso che sua madre
doveva avere spalmato in faccia.
“Ma c’è anche dell’altro” aveva
aggiunto l’altra, pochi istanti dopo.
“… non è che torni a vivere qui,
vero?”
Hanji aveva sentito il terrore
piantarsi nel suo stomaco al solo vago pensiero che sua madre potesse
reclamare la casa che le avevano lasciato.
“Oddio, no.” Sua madre aveva messo
le mai avanti alle sue parole. Beh, la sua pretenziosa vita da
cittadina francese doveva essere troppo bella per considerare
addirittura l’idea di trasferirsi di nuovo nel vecchio e noioso stato
di Washington. Che peccato, aveva pensato Hanji seccatamente ironica.
“Mi sto per sposare!”
Hanji non aveva fatto in tempo a
fermare la caduta della sua mascella a quest’annuncio. Non aveva appena
detto che era contenta di star divorziando?
“Oh… questo, ehm, mi fa piacere di
sentirlo. Quant’è che non ci vediamo io e te?” aveva chiesto con
genuina curiosità.
“Un anno e mezzo!”
Ah, questo spiega alcune cose,
aveva pensato Hanji divertita.
“Il motivo per cui ti chiamo è che
ti voglio su un aereo nel giro di una settimana. La cerimonia non avrà
luogo che fra qualche settimana, ma voglio le tue opinioni su certe
cose, tipo la disposizione dei fiori e i porta tovaglioli. Inoltre
abbiamo la prova degli abiti e cose simili. Oh! E farai bene a portare
qui un ragazzo, non come l’altra volta, oppure vedrai.”
Aveva quindi cominciato a divagare,
in maniera non dissimile a come avrebbe potuto fare lei stessa.
Hanji aveva solo potuto annuire, il
suo cervello ancora in privazione di sonno non le stava permettendo di
fare altro che rimanere in quello stato di intontimento. Nel giro di
cinque minuti aveva scoperto che i suoi stavano divorziando e che sua madre
si voleva risposare. E inoltre, che lei era richiesta a Parigi alla
fine di quella settimana.
“Beh, mia cara, è stato bello
parlare con te, ti darò più informazioni nei prossimi giorni. Sono
richiesta altrove.” Quindi se n’era uscita con una risatina degna di
un’adolescente in preda ad una cotta.
Hanji aveva arricciato il naso con
disgusto, non volendo sapere il significato nascosto delle parole che
aveva appena pronunciato.
“Okay, mamma. È stato bello
parlarti, ciao.”
Aveva sentito uno smorzato ciao in
risposta prima di attaccare il telefono. Se l’era fatto cadere in
grembo, confusa mentre cercava di mettere insieme i pezzi di tutto
quello che era successo nel tempo di una chiamata di una decina di
minuti.
Sua madre era inusualmente allegra.
I suoi genitori si erano lasciati. Sua madre aveva avuto una relazione
per un anno e mezzo e si risposava alla fine del mese. Un modo davvero
interessante di cominciare la giornata, aveva pensato con una risatina
secca.
Aveva lasciato scivolare le gambe
lungo un lato del letto, non preoccupandosi di rifarlo mentre si alzava
e si dirigeva verso il bagno dall’altra parte del corridoio. Sapeva che
non sarebbe riuscita a mantenere la sua sanità mentale se fosse volata
dall’altra parte del mondo verso la schiacciante presenza di sua madre
in compagnia solo di se stessa.
Questo significava che avrebbe
dovuto cercare dei candidati per interpretare la parte del suo ragazzo,
in modo che sua madre smettesse di minacciarla. Uno in particolare le
era venuto in mente, ma aveva cacciato via il pensiero. Avrebbe
richiesto un sacco di tentativi di corruzione e convincimento.
Ma un piano già si stava formando
nella sua testa, le rotelline in quel momento già giravano. O forse, no.
-
Entrando sul posto di lavoro, la
priorità di Hanji quella mattina era stata quella di andare alla
scrivania di Levi. Aveva fatto un grosso sorriso quando aveva visto
quel brontolone appoggiato allo schienale della sua sedia, con un tè
d’asporto in una mano mentre scrollava qualcosa al suo computer.
“Buongiorno Levi!” lo aveva
salutato allegra, sporgendosi verso di lui.
Lui le aveva rivolto una breve
occhiata prima che il suo sguardo annoiato tornasse sul monitor. “Hai
bisogno di qualcosa, merdina con gli occhiali*?” le aveva detto.
Hanji si era schiarita la gola
cercando di attirare la sua attenzione. “Ho un favore da chiederti
perché sei uno dei miei più vecchi amici e so che posso fidarmi di te
per qualsiasi cosa.” Aveva detto, cercando di rabbonirlo con parole
dolci. Non sembrava che stesse funzionando.
“Se hai bisogno che venga a pulirti
la casa di nuovo,” e qui aveva fatto una pausa leggendo qualcosa che
era scritto sul suo monitor, “la risposta è sì perché ad un certo punto
morirai soffocata da tutta quella polvere che ti si anniderà nei
polmoni.”
Hanji aveva sbuffato per questa
risposta così drammatica. “No, non è questo. Ma se mai ne avessi
bisogno però, adesso so che cosa mi risponderesti.”
Lo sguardo di Levi era velocemente
andato sul suo, Hanji aveva riconosciuto un piccolo bagliore di
curiosità nei suoi occhi.
“Ho bisogno che tu faccia finta di
essere il mio ragazzo per qualche settimana” gli aveva rivelato
chiaramente, con un sorriso imbarazzato.
Lui l’aveva guardata a sua volta senza esprimere niente nella sua
espressione, incerto su se fosse seria o meno. Hanji era strana, per
cui ci poteva anche stare che la sua idea di fare scherzi potesse
essere questa.
“Che genere di favore sarebbe?” le aveva chiesto alzando un
sopracciglio.
“Uno grosso” aveva risposto lei incerta, scrollando le spalle. “Te la
faccio breve, i miei stanno divorziando, mia mamma si risposa il mese
prossimo e io ho bisogno di presentarmi lì con un ragazzo, altrimenti
mia madre non mi lascerà andare via. È davvero convinta che morirò da
sola” aveva detto tutto d’un
fiato, un tremito d’insofferenza le era balenato sui tratti.
Levi era rimasto in silenzio,
quindi aveva risposto esitante. “Perché mai dovrei persino considerare
di farlo?”
Hanji gli aveva sorriso. “Un
viaggio gratis a Parigi e la gioia che proveresti nel far finta di
avere una relazione con me.”
Levi si era imbronciato prima di
rimettere per l’ennesima volta il suo sguardo sul monitor. “Passo.”
Aveva detto seccamente.
“Okay, okay, va bene. Un viaggio
gratis per Parigi, mi laverò i capelli e pulirò la casa tutti i giorni,
e ti offrirò del tè ogni volta che vuoi.” Aveva replicato l’altra
alzando la posta, facendogli un sorriso dolce e guardandolo speranzosa.
Levi aveva sospirato ammettendo la
sconfitta, ruotando sulla sua sedia girevole abbastanza da poterla
guardare direttamente in faccia. “Ci penserò” le aveva detto
riluttante, già spaventandosi alle sue parole.
Dentro di lui aveva pensato che
fosse un’idea terribile, ma quando mai gli sarebbe ricapitata
l’opportunità di andare a Parigi? E persino con tutto spesato? Poteva
sopportare di far finta di essere il ragazzo di Hanji per un po’, ne
era certo.
Eppure, ripensandoci…
Prima che potesse dire qualcosa,
Hanji l’aveva abbracciato con affetto, circondandolo completamente con
le sue braccia. Era rimasto gelato al suo gesto, voleva quasi
scansarla, ma non ne aveva la forza d’animo.
“Grazie Levi di voler almeno
prendere in considerazione la cosa” gli aveva detto con sincerità. “Non
hai idea di quanto significhi per me” aveva aggiunto per poi liberarlo
dal suo abbraccio.
“…sì, sì.”
Se l’era scrollata di dosso
facilmente, internamente tuttavia era ancora infastidito per i suoi
gesti.
“Ci vediamo per pranzo al solito
posto, ti darò i dettagli, lo prometto.”
Hanji aveva riso e poi iniziato a
camminare verso la sua area di lavoro. Lui l’aveva guardata
allontanarsi, il suo sguardo era tornato distrattamente sul suo
monitor. Che Dio mi aiuti…
Qualche ora dopo Hanji era entrata
nel loro solito ristorante, sorridendo e salutando la persona che stava
all’ingresso. Aveva individuato il suo buon amico nel posto più remoto
della sala, protetto da ogni sorta di interazione umana, come sempre.
Si era seduta sulla sua solita sedia, sorridendogli quasi a scusarsi.
“Scusa il ritardo, Erwin voleva
parlarmi di alcune cose. Lo sai che di solito va per le lunghe.” Aveva
alzato gli occhi al cielo e si era sporta verso il tavolo sui gomiti,
facendogli un grosso sorriso.
“Ha avuto la scopa in culo per
tutta la scorsa settimana” aveva stilettato malignamente Levi,
dirigendo il suo solito sguardo annoiato sulla scarmigliata donna.
Hanji aveva fatto il suo ordine
alla cameriera prima di rivolgersi nuovamente a lui. “Quindi, sembra
che partirò per Parigi fra qualche settimana. O per lo meno questo mi
hanno detto stamattina alle cinque, ma chi lo sa, potrebbe essere
persino stata un’allucinazione.” Si era prodotta in un sogghigno privo
di ironia.
“La tua famiglia non potrebbe mai
diventare meno divertente per me” aveva ammesso seccamente lui,
guardandola mentre gli rivolgeva uno sguardo divertito.
Non poteva negare che il suo
aspetto fosse un disastro, non c’era dubbio che avesse dormito meno di
tre ore quella notte, glielo dicevano le sue borse sotto gli occhi.
Eppure, non poteva evitare di pensare che ci fosse un qualcosa di
affascinante in lei. Soprattutto i suoi occhi, che erano sempre molto
espressivi, al di là del suo stato di stanchezza.
“Beh, li troverai ancora più
divertenti di persona, te l’assicuro” aveva ribattuto tamburellando con
le dita sulla tavola
Levi si era rabbuiato pensando,
facendo una breve pausa. “Non capisco perché così all’improvviso ti
interessa che cosa pensa tua madre a proposito delle tue personali
scelte di vita.” Aveva dato voce ai suoi pensieri, guardandola
attentamente mentre i suoi occhi marroni si riempivano di un pizzico di
fastidio.
Hanji aveva sospirato mentre si
passava una mano tra i capelli, rendendo la sua coda ancor più
scomposta di quanto già non lo fosse. “Non lo capisco nemmeno io. Ma
preferisco non avere a che fare con l’innumerevole schiera di tizi
francesi che probabilmente ha in serbo per me in caso dovessi
presentarmi da single.” Aveva sospirato pesantemente prima di
continuare. “Ho solo… ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a far fronte
a tutto questo, che faccia in modo che non sbotti rabbiosamente contro
nessuno. E tu sei stato questo qualcuno più di una volta in passato.”
Levi aveva annuito comprensivo,
sentendo che l’ago della bilancia della sua decisione pendeva
decisamente più verso un lato che l’altro.
“Quindi vuoi che faccia finta di
essere il tuo ragazzo. Per quanto tempo?”
“Qualche settimana.” Gli aveva
rivolto uno sguardo imbarazzato. “Non è che saremo costretti a stare
insieme sempre, però. Voglio dire, per metterla semplicemente, mia
madre è ricca da far schifo. Pagherà lei per qualsiasi cosa vorremo
fare, e non ho dubbi che ti vizierà senza limiti solo perché sei il
primo “ragazzo” che ho in anni.”
“Quindi questo significa che a
Parigi posso avere cibo e tè a piacimento?” aveva chiesto, non
mostrando tuttavia un grande interesse alla cosa.
Hanji aveva annuito piano. “Sì.
Quindi, sei dei nostri?” aveva chiesto con una crescente speranza nella
voce.
Levi aveva fatto un respiro
profondo prima di annuire. “Un viaggio gratis per Parigi con fondo
illimitato per i pasti pare una ragione sufficientemente buona per
accettare, suppongo.”
Hanji si era prodotta in un
gridolino ad alto volume, dirottando l’attenzione sul loro tavolo in
disparte. “Sei il migliore Levi.”
“Fai silenzio quattrocchi, la gente
ci sta osservando.” Aveva detto esasperato, guardandosi intorno con uno
sguardo quasi minaccioso.
“Va bene, se qualcuno chiede è
perché ho appena realizzato che ho il miglior amico del mondo che è
disposto a farmi il più grosso favore della mia vita.”
Levi era rimasto in silenzio a
quest’uscita, il suo cipiglio era rimasto intatto.
Sarebbero state delle lunghe
settimane, quello era certo.
*Questa è una perifrasi che mi sono
inventata per tradurre l’espressione “Shitty-glasses”, modo in cui in
diverse fan fiction straniere Levi si rivolge ad Hanji. La traduzione
letterale, “occhiali di merda” mi sembrava un pochino eccessiva nei
toni, per cui ho cercato di renderla così e l’autrice, quando le ho
spiegato, ha approvato l’idea.
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