Una
notte e forse mai più
Si specchiò
nella luce del tramonto come se non fosse in grado di comprenderne la
bellezza. Era indefinibile il colore dei suoi occhi solitamente blu,
mescolato con il calore scarlatto del sole che lasciava quel mondo per
l’ennesima volta. Quello sguardo avrebbe potuto incantare
chiunque con facilità disarmante da quanta
profondità nascondeva, ma nessuno meritava la sua attenzione
se non il demone più amato, odiato e temuto che avesse mai
regnato in quelle terre.
Il giovane si
voltò lentamente verso il viale porticato che conduceva
all’entrata del castello. Anche da quella postazione riparata
dietro la siepe più alta ed esterna del giardino reale,
poteva udire senza alcuna difficoltà il rumore metallico
delle armature dei soldati, in uscita verso la loro abituale dimora
nelle vicinanze. Era risaputo che lasciavano il castello completamente
in mano al loro signore ogni giorno a quell’ora, ma nessuno
dei ribelli che si opponevano alla supremazia del demone aveva mai
osato approfittarne per sottrarlo al trono: il re era troppo potente.
Nessuno aveva mai
osato sfidarlo o attentare alla sua vita … fino a quel
giorno.
Tobio era il miglior
arciere della sua generazione e non ne aveva mai fatto mistero. Il
destino era stato tanto ironico con lui, da permettere che anche il re
demone stesso ne fosse a conoscenza ed avesse più volte
invitato il ragazzo a trasferirsi nella sua corte, offrendogli una vita
agiata in cambio dei suoi servigi come guardia del corpo. Il rifiuto da
parte del più giovane era stato duro agli occhi del sovrano
più di quanto non fosse stato veramente.
“Tirerò le mie frecce solo per chi lo merita
davvero,” aveva risposto con una sincerità che
aveva ridotto in cenere il suo orgoglio in un attimo. Da quel momento,
i due non avevano più sopportato la reciproca presenza alle
cerimonie ufficiali o anche solo nella loro memoria.
Quando era scoppiato
il conflitto tra i fedeli alla corona e i ribelli rivoluzionari, il re
era rimasto a guardare con compiacimento, mentre Tobio aveva meditato e
si era allenato con l’arco a lungo, prima di giungere alla
conclusione che era pronto a fare il grande passo. Avrebbe ucciso il re
demone con le sue stesse mani, proprio grazie al talento con
l’arco per cui aveva attirato la sua attenzione la prima
volta.
Presto il cielo si
tinse di viola e di blu, preparandosi a dare il benvenuto alla notte.
Tutto taceva da diversi minuti nel giardino e l’arciere
uscì dal suo nascondiglio, dopo aver controllato che
l’arco e le frecce nella faretra fossero intatti. A passo
sicuro, attraversò il portico e scomparve dentro il castello
senza emettere un fiato, nascondendosi dagli ultimi deboli raggi di
sole che sembravano persino volerlo trattenere dall’impresa
che stava per compiere.
Non era mai entrato in
quell’enorme casa, ma non si sorprese dinanzi al lusso che lo
circondò. Il re era frivolo, elegante e di stile; il luogo
in cui viveva lo rispecchiava perfettamente. Era anche bello, quel
malefico demone, dallo sguardo ammaliatore che era solito far
inginocchiare anche il più ostico dei suoi oppositori, ma
Tobio aveva rifiutato di farsene intimidire ed aveva sempre tentato di
tenersene lontano. Pensare che stavolta era lui stesso a cercarlo,
seppur per la meno pacifica delle ragioni, era ironico e fastidioso.
“È
per la mia gente.” si ripeteva spesso nella testa, per non
cedere alla tentazione di tornare indietro.
Perché
uccidere Tooru era necessario, se voleva una vita migliore per la sua
patria, ma anche terribilmente spaventoso … e se si fosse
concentrato su questo aspetto, non ci sarebbe mai riuscito.
Fu facile trovare gli
appartamenti del re e raggiungerli senza essere visto. La
servitù era ormai sparita e il ragazzo si muoveva silenzioso
e circospetto come un topo. Si appiattì contro il muro
accanto alla porta e prese un respiro profondo.
Da quando aveva
rifiutato l’iniziale interesse genuino di quel viscido
sovrano, Tobio aveva sempre convissuto con sentimenti contrastanti nei
suoi confronti. Disprezzo, ma anche ammirazione. Era un re potente che
conquistava con strategia qualsiasi cosa desiderasse e questo gli
attribuiva un certo charme, oltre al fatto che Tooru fosse un giovane
demone di bell’aspetto. Tutto ciò aveva rischiato
di distrarre l’arciere dal suo obiettivo più di
una volta, ma era arrivato il momento di mettere un punto fermo alla
fine di quella storia e ciò era possibile solo eliminando la
fonte del problema.
La porta era
socchiusa. Tobio sbirciò dalla fessura e cercò
con gli occhi attenti una fonte di luce come riferimento, ma senza
successo. Strinse le labbra dalla tensione e con più
fermezza possibile spinse la porta per entrare. Fortunatamente, senza
fare nessun rumore.
Prima di mettere piede
in quella camera già impregnata in qualche modo della
malignità demoniaca del sovrano, il ragazzo prese lentamente
in mano l’arco dalla schiena, ripetendo il gesto con una
delle sue frecce. Deglutì e mosse il primo passo nel covo
del nemico, attraversando l’anticamera. Si bloccò
e trattenendo il fiato incoccò la freccia, tenendola ancora
puntata verso il basso.
Dinanzi a
sé si estendeva la stanza reale. Mobili preziosi, specchi,
quadri e candelabri l’arredavano, ma l’attenzione
di Tobio era tutta per il grande letto a baldacchino al centro. Al
bagliore della luna, già alta nel cielo scuro, una sagoma
era distinguibile e lui la fissò col cuore in gola, le mani
scosse da un tremito.
Era lì. Il
suo acerrimo nemico era lì, apparentemente indifeso. Era
senza scorta in quel momento e non c’erano possibili guardie
del corpo nelle vicinanze che potessero impedire a Tobio di avvicinarsi
e nuocergli. Tutto era avvolto da una calma pungente che non
aiutò il giovane a tranquillizzarsi. Sapeva bene che un
inganno poteva celarsi in quell’accogliente
oscurità e il pensiero fece rallentare ogni suo movimento
per prudenza. Camminò sul tappeto a fatica, tentando
inutilmente di trattenere l’accelerazione del proprio
respiro, simbolo di paura.
Paura, sì,
anche se aveva cercato in tutti i modi di non provarne. Era
insopportabile, ma già conosceva il modo di sbarazzarsene.
Con tutti i muscoli
del corpo rigidi dalla tensione, si affiancò al letto del re
dopo un lungo minuto di inquietante silenzio. Brevi ed affrettati
sospiri ansiosi erano percepibili e il bagliore tenue della luna si
rifletteva tremante nei suoi occhi. Quando Tobio ebbe la certezza di
essere fermo e stabile sulle proprie gambe, sollevò
l’arco e puntò alla testa; il fiato sospeso e lo
sguardo tagliente.
Era fatta. Ancora un
impercettibile movimento dell’indice che si alzava e i
tormenti vissuti dalla povertà del luogo sarebbero cessati,
così come gli inspiegabili moti tumultuosi del suo cuore.
- Addio, mostro.-
furono le ultime parole appena mormorate che poté dedicare
alla causa dei suoi timori.
Un sibilo spietato
fendette l’aria, seguito da un silenzio tombale.
- Bel tiro,
Tobio-chan. Degno di te.-
Sì, se
l’aspettava quella voce. La sua mente l’aveva
preceduta come un’eco che riaffiorava dalle
profondità del suo animo all’improvviso.
L’aveva capito nel momento in cui aveva udito il rumore sordo
della freccia che si conficcava nella stoffa.
Già, stoffa
e basta.
Perché
Tooru, il malefico Re Demone, era alle sue spalle.
L’arco cadde
a terra e per un lungo momento il corpo di Tobio fu come congelato; non
seppe dire se il suo cuore avesse smesso di battere del tutto o avesse
invece cominciato a martellare all’impazzata. Realizzare di
essere stato fregato e di aver lanciato una freccia a vuoto era stato
inaspettatamente facile, ma a quel punto non sapeva con quale
atteggiamento avrebbe dovuto voltarsi e fronteggiare il nemico.
Se si concentrava,
poteva persino sentire il suo caldo respiro sulla nuca.
Era infernale e
paradisiaco al tempo stesso e non sapeva se sentirsene attratto o
disgustato.
Aggrappandosi a quel
briciolo di orgoglio che ancora si ostinava a voler tenere intatto,
strinse il pugno che si era disperatamente liberato dall’arco
e la sua schiena si irrigidì. Il giovane arciere si
sentì dilaniare dalla fatica con cui voltò lo
sguardo oltre la propria spalla, gli occhi blu che tremavano nonostante
i lineamenti duri che aveva spontaneamente assunto il suo viso.
Al contrario, gli
occhi di Tooru erano fermi e sicuri. Le belle labbra erano incurvate in
un sorriso estatico e intriso di vittoria, mentre i capelli appena
riccioluti creavano macabri giochi d’ombra sulla sua pelle
chiara alla luce della candela che reggeva in mano. Il suo aspetto non
differiva neanche di un particolare rispetto all’immagine che
aveva avuto Tobio nella sua memoria per tanto tempo.
Un’affascinante incarnazione del potere … il
giovane avvertì tutta la propria sicurezza vacillare ed ebbe
la sola forza di definirsi, dinanzi a lui, insignificante.
- Speravo solo che
fossi un po’ più educato nel farmi visita.- ruppe
ancora il silenzio Tooru, cantilenando con la sua voce sottile e
penetrante, che diede i brividi all’altro. - Ti avrei
riservato un’accoglienza migliore.-
Facendo uno sforzo
immane per non far cedere le proprie gambe, il ragazzo si
girò del tutto verso di lui e puntò gli occhi nei
suoi. Non per sua volontà; fu un riflesso incondizionato che
in tempo reale non era in grado di interpretare, ma che presto avrebbe
decifrato come attrazione fatale.
Con una maschera di
odio sul volto gli parlò, sussultando per come innaturale
suonò la propria voce:
- Non darti arie,
sudicio demone.-
Quest’ultimo
non si scompose. Aveva di fronte la più interessante preda
con cui avesse mai avuto a che fare.
Allungò un
braccio per appoggiare la candela al davanzale della finestra e fece
per dire qualcos’altro di malizioso e provocatorio, quando
Tobio forzò se stesso a svegliarsi da quel tumulto di
pensieri contrastanti e incomprensibili per raccogliere
l’arco in fretta, afferrare una nuova freccia e puntargliela
al petto nel giro di due secondi. Seguì
l’immobilità assoluta, incrinata soltanto dal suo
respiro agitato, sintomo del fatto che si era già pentito
del suo gesto.
- Diretto, come hai
sempre fatto.- osservò Tooru senza lasciar andare il proprio
ghigno, che però si trasformò e divenne presto
una smorfia di disprezzo. - Non ti smentisci mai, moccioso.-
- Di’ le tue
ultime preghiere.- si sforzò di dire l’altro,
stringendo la presa sull’arco e cercando di convincersi a
tirare quella dannata freccia il più presto possibile.
Tooru
sollevò una mano lentamente ed avvolse a sua volta le dita
intorno all’arma elegante padroneggiata dal fanciullo che
aveva di fronte. Si fece serio quando lo guardò nuovamente
negli occhi.
- Sarai tu a pregare
me, Tobio. Di lasciarti andare via o di rimanere, lo deciderai soltanto
tu.-
Il ragazzo non
comprese le sue parole. Perché mai avrebbe dovuto
considerare l’eventualità di pregarlo per poter
rimanere? Era una follia! Sì, doveva essere pura follia!
Lo fissò
confuso e in quell’istante la sua presa sull’arco
si alleggerì; Tooru ne approfittò e glielo
sfilò dalla mano senza il minimo sforzo.
- Vedi, mio caro
Tobio-chan, io ho un modo del tutto personale per punire chi osa
mettere in pericolo la mia vita … - spiegò con
voce languida, mentre annullava la distanza tra loro e la sua mano
libera si muoveva leggera come una serpe per privarlo anche della
freccia. - Decidere se goderne o soffrirne è una scelta che
affido alle mie vittime.-
Quelle insidiose
parole furono seguite dal breve movimento della lingua di Tooru che
lucidava le proprie labbra, come in preparazione per la tortura di cui
parlava. Un’idea perversa punse la mente di Tobio, che
spalancò le orbite e si sentì mancare il respiro.
Ora aveva perso del
tutto ogni possibilità di opporsi al suo nemico.
Era troppo tardi. Il
viso di Tooru era a pochi centimetri dal suo e quando si accorse di
doverlo in qualche modo allontanare, constatò che non voleva farlo.
Non aveva mai nemmeno
avuto il coraggio di ammetterlo a se stesso o anche solo considerare
che potesse pensare una cosa simile, ma ora stava accadendo.
Sì, l’aveva immaginato a lungo mentre si dava del
codardo e provava schifo nei confronti di se stesso, ma ora stava
accadendo.
Si diede del folle
come pochi momenti prima aveva fatto con Tooru, ma stavolta
quell’appellativo era meritato.
Quel demone era a un
soffio dal suo viso. E lui non voleva allontanarlo.
- No … -
mormorò con un filo di voce, sconvolto dalla sua stessa
idea. - No, non succederà!-
Fece un passo indietro
e scosse piano il capo, come se ciò potesse salvarlo. Aveva
il più puro sbigottimento e la più profonda
angoscia negli occhi sbarrati, in quelle iridi che contenevano un mare
in tempesta. Tooru se ne sentì attratto, ma a differenza di
Tobio che rifiutava quel pensiero e lo palesava inconsciamente, lui ne
era consapevole e lo nascondeva a regola d’arte.
Il demone fu abile e
non lasciò tornare la distanza tra i loro corpi, non permise
a quel giovane di respirare. La mano che si era liberata
dell’arco scivolò dietro la schiena di Tobio e
fece forza per attirarlo a sé. Nell’altra vi era
ancora la freccia, quella che avrebbe dovuto macchiarsi del suo sangue,
ma la cui punta ora si stava sollevando pericolosamente verso il viso
del moretto.
- Sei così
puro ed innocente da darmi la nausea, Tobio.- sibilò Tooru,
con gli occhi socchiusi e le labbra che si mossero appena nel
pronunciare quelle inquietanti parole. - Non ti vergogni?-
I loro addomi si
toccavano e quel contatto fu più doloroso che mai per
l’orgoglio ormai infranto in mille pezzi
dell’arciere, ma allo stesso tempo fu in grado di destare un
desiderio di cui lui non avrebbe mai accettato l’esistenza
dentro di sé.
Tuttavia,
più si affacciava in quegli occhi scuri, profondi e
penetranti, più velocemente si sentiva abbandonare da ogni
forza d’animo.
Sì, Tobio
si vergognava eccome. Ma non della propria innocenza, al contrario: al
pensiero di assecondare la volontà perversa di quel demone,
si sentiva il peggiore dei criminali.
Non seppe con quale
forza fisica riuscì a sollevare le braccia e spingere via il
corpo caldo di Tooru. Era gelida l’aria intorno a lui dopo
che l’ebbe fatto ed era pesante il respiro, disperato il
battito del cuore e palpabile la paura.
Doveva andarsene.
Doveva assolutamente andarsene.
Ancora un minuto in
presenza di quella seducente e diabolica creatura e avrebbe perso il
lume della ragione.
Barcollò
fino ad inciampare nel suo stesso arco e trasalì, mentre
cadeva seduto sul pavimento con la schiena che batté
bruscamente contro il comodino. La vista gli si annebbiò,
una coltre nera parve avvolgere ogni cosa, lasciando regnare
nell’oscurità soltanto quei due occhi impossibili
da affrontare.
Prima che potessero
però avvicinarsi tanto da specchiarsi nei due oceani di
terrore di Tobio, la punta metallica della freccia andata persa
sfiorò la sua gola da un lato, in una muta ed elegante
minaccia.
Tooru parlò
ancora con voce bassa e grave, ma essa riempì il silenzio
come un frastuono assordante alle orecchie del ragazzo:
- Non hai mai avuto
alcun potere su di me, né nel desiderio, né nella
morte. E tu lo sai, non è vero?-
Era l’unica
consapevolezza a cui ormai Tobio riusciva a credere, specie se ora
aveva il calore del corpo del demone a sovrastare il suo.
- Ma puoi considerarti
fortunato ad avere una scelta.- aggiunse Tooru, mentre gli angoli della
sua bocca si sollevavano maliziosamente. - Sii abbastanza intelligente
da fare quella giusta.-
E lui non era mai
arrivato a odiarlo così tanto, perché entrambi
sapevano che era una bugia: la scelta giusta non sarebbe mai stata
quella che Tobio avrebbe compiuto.
- Maledetto
… - disse l’arciere con astio estremo, senza
scostarsi dalla freccia pronta a conficcarsi nella carne e lasciando
che si sostituisse alle labbra tiepide e screpolate del demone.
Proprio
così, il demone aveva cominciato a vezzeggiare il suo collo
con lievi e continue carezze della sua elegante bocca, trascinando la
sua vittima in quell’abisso di peccato sul quale
l’aveva costretto ad affacciarsi.
Tobio serrò
gli occhi e lasciò andare nei riguardi di se stesso tutto il
disgusto e l’indignazione che potesse provare …
perché verso quell’attraente demone, sapeva che
non avrebbe potuto provarne mai.
*
L’aveva
capito fin dalla prima volta che i suoi occhi si erano imbattuti
improvvisamente in quelli limpidi ed orgogliosi del più
giovane: Tobio non avrebbe mai potuto essergli indifferente.
Non era mai entrato in
contatto con una tale onestà di spirito e di cuore e lo
odiava, lo odiava tantissimo per questo. La ragione stava nel sentirsi
ancora più corrotto, sporco e crudele al confronto, ma non
era necessario ammetterlo, né che Tobio stesso lo sapesse.
No, sarebbe stato
molto più divertente manovrare a suo piacimento
quell’anima libera ed ingenua, trasformandola in una maschera
d’illusione per vedere se sotto si nascondeva la stessa
malizia e lo stesso sadismo che lui, il Re Demone Tooru, covava nelle
profondità di se stesso come un tesoro prezioso.
Non avrebbe mai
pensato di dover spingere quel ragazzo su un letto e mettersi a
cavalcioni su di lui per riuscirvi, ma poco male: quel gioco lo stava
appagando parecchio.
Tooru non aveva
mentito sulla parte che riguardava la tortura riservata a chi
minacciava i suoi affari o la sua incolumità: se le sue
vittime erano interessanti, poteva anche decidere di non ucciderle e
prendersi la loro dignità – e molto spesso anche
la loro verginità – per poi lasciarle alle sue
guardie in modo che decidessero la loro sorte. Tobio era stata la sua
vittima preferita dopo molto tempo ed avrebbe goduto fino in fondo nel
spogliarlo della sua innocenza.
La luce nella stanza
non era cambiata; era solo quella debole candela ad illuminare
l’ambiente, non che Tooru avesse bisogno della vista per
togliere i vestiti di dosso a quel ragazzo.
- L-Lasciami andare
…!- lo pregò Tobio, tenendo ostinatamente gli
occhi chiusi e i denti stretti.
Intorno a
sé poteva avvertire la morbidezza del materasso e delle
coperte su cui prima aveva puntato minacciosamente lo sguardo. Il cuore
era come se si dimenasse stretto in una morsa al contatto delle mani
del demone che lo tenevano fermo, mentre veniva privato di mantello,
casacca e pantaloni. Al pensiero che quelle stesse mani
l’avrebbero costretto ancora più duramente su quel
letto, se avesse cercato di ribellarsi, rinunciò a qualsiasi
tentativo ed accettò quell’immensa vergogna da cui
si era sentito travolto.
Da parte sua, Tooru
non faceva altro che sorridergli in modo diabolico e oscuro.
- Rilassati, Tobio
… - mormorò suadente mentre si slacciava il
mantello a sua volta. - Alla fine mi ringrazierai.-
“Preferisco
morire,” pensò il ragazzo sul momento, ma quando
quelle mani così grandi e disinvolte toccarono il suo petto
e cominciarono a strisciarvi sopra, non ne fu più tanto
sicuro. Deglutì e fissò gli occhi spalancati
verso le pieghe del baldacchino, ma la vista gli fu presto oscurata da
quegli occhi maligni che tutto volevano e conquistavano.
E ad un tratto,
qualcosa cambiò.
Era tutto
nell’espressione di Tobio. Bastò un battito di
ciglia e lo spavento fu sostituito da una rassegnazione strana ed
improvvisa, che Tooru percepì e gli procurò un
brivido rapido che percorse in un attimo la sua spina dorsale. I suoi
sensi di demone parvero risvegliarsi e il suo sguardo fu trafitto da
una scintilla di desiderio che neanche lui stesso però si
aspettava.
“Perché?”
Ad ogni centimetro
della pelle liscia di Tobio che veniva scoperta, il demone fremeva un
po’ di più dall’impazienza e muoveva le
sue dita ruvide più velocemente, con lo sguardo famelico di
un predatore che sta per affondare i denti nella carne della sua
vittima.
“Perché
lo sto facendo?”
Le palpebre del
più giovane si abbassarono con una lentezza straziante,
accompagnate da un respiro che sapeva più di consenso che di
repulsione. Quella era la sua resa, la sua decisione finale, e Tooru se
ne stava impadronendo, anche se non sapeva più se lo stesse
facendo con la forza o con dolcezza.
“Perché
lo desidero?”
L’aria
circostante non era nemmeno fredda. Nessuno di loro
rabbrividì quando restarono senza alcun vestito addosso e
non interruppero neanche quel sofferto e pesante contatto visivo
– e nessuno dei due seppe spiegarsi quel fenomeno. Era come
se i ruoli della preda e del carnefice non appartenessero
più ad una sola persona tra le due e la confusione di quel
fatto li fece sprofondare in uno strano ed inquietante silenzio.
Il rifugio che
trovarono da quei pensieri scomodi fu nel solo senso del tatto. Tooru
sfiorò con le labbra e con il naso la pelle di Tobio a
partire dal collo e a finire sul petto e sull’addome, in un
lento susseguirsi di sospiri. Ad essi si confusero gli ansimi
dell’altro, ormai ridotti a reazioni involontarie
più che a manifestazioni dei suoi timori.
Perché per
Tobio era troppo tardi. Aveva rinunciato ad afferrare la luce di
qualsiasi ragione o sentimento e si era donato a quella strana frenesia
che il contatto fisico con Tooru gli procurava.
Almeno
finché non sarebbe tutto finito. Almeno finché
sarebbe sopravvissuto.
Le mani del demone
seguirono languidamente il percorso che le sue labbra avevano tracciato
un istante prima, arrivando con una lentezza pericolosa verso la zona
più sensibile del corpo di Tobio. Di solito non si prendeva
tutto quel tempo, di solito era spietato e rude per il solo gusto di
poterselo permettere. Eppure ora, dinanzi alla vittima forse
più vulnerabile che avesse mai avuto, preferiva procedere
con calma, perdendosi in ogni dettaglio, un assaggio alla volta.
Persino a lui era
difficile immaginare il perché. Lo fece e basta, guidato dal
semplice senso del potere.
Sotto il suo tocco,
Tobio sussultò e strizzò gli occhi con il fiato
sospeso. Tooru pensò che gli sarebbe stato più
facile torturare quel bocconcino se fosse stato lui ad andargli un
minimo incontro, così si mosse fino ad essergli a un soffio
dalla sua bocca. Si convinse che lo stesse facendo per rilassarlo, pur
di soffocare l’idea che invece lo facesse perché
era lui a volerlo.
Lo baciò. E
fu una morbida, dolce fiamma di luce in mezzo al buio.
Tobio
accompagnò il languido movimento delle labbra di Tooru
naturalmente, senza nemmeno il bisogno di pensarci. Era più
dolce di quanto avrebbe potuto mai aspettarsi; era più
rassicurante avere la sua morbida bocca addosso invece delle sue mani
ruvide.
Il demone lo
baciò ancora e ancora, succhiando le sue labbra tra i denti
e accarezzandole con la lingua, finché non fu il ragazzo
stesso a tirare fuori la sua e far loro intraprendere una danza fatale.
Era una passione che forse non aveva alcun vero sentimento alla base,
ma dava così tanto piacere da essere inarrestabile.
Solo quando la
mancanza di aria nei loro polmoni fu insopportabile, Tooru
ansimò sulla sua pelle mentre viziava le parti intime di
Tobio con le dita. L’unica risposta di quest’ultimo
fu un sussulto ad occhi chiusi, ma il labbro inferiore stretto tra i
denti era un segno inequivocabile del suo appagamento.
In un momento di
lucidità, Tooru pensò che quello fosse ormai
impazzito e non aveva torto.
Pensò che
non sarebbe stato male impazzire a sua volta per un po’ ed
abbassò quindi la bocca dove il piacere di Tobio sarebbe
stato più intenso. Voleva vederlo delirare.
Eppure il giovane
arciere non delirò.
Egli godette, godette
intensamente. Aprì la bocca ed emise tanti quei lamenti e
gemiti da produrre brividi e brividi lungo la schiena del demone, che
si convinse quindi a continuare la sua tortura.
Il ragazzo lacrimava,
ma la sua espressione non era più sofferente e neanche la
sua voce rotta tra un gemito e l’altro era più
pregna di disperazione.
- Tooru …
Tooru …!-
Il demone si
separò dalla sua erezione e si leccò
l’angolo della bocca. Sentirsi chiamare in quel modo era
così piacevole … una scintilla comparve nel suo
sguardo quando infilò due dita tra le labbra di Tobio e
lasciò che si bagnassero della sua saliva. Il giovane allora
aprì appena un occhio.
“Avanti,
prendimi.” diceva il suo sguardo.
E mentre abbassava le
dita verso il punto in cui presto i loro corpi si sarebbero fusi
l’uno all’altro, Tooru pensò di averlo
in pugno completamente.
*
Il mattino dopo, il re
demone si risvegliò con il calore di un raggio di sole sulla
pelle. Ogni traccia di corruzione e oscurità era svanita nel
momento in cui il cielo si era illuminato della gentile luce del giorno.
Non osò
aprire gli occhi, non ancora. La sua mente ribolliva al ricordo della
sera precedente e più dettagli scabrosi e languidi
riapparivano davanti ai suoi occhi, meno lui aveva voglia di aprirli ed
accettare che fosse tutto finito.
Tooru non avrebbe
saputo dire quante altre notti di piacere intenso aveva vissuto prima
di quella, ma era certo che l’ultima non l’avrebbe
dimenticata facilmente. Il suo corpo statuario si era armonizzato alla
perfezione con quello acerbo ma attraente della sua vittima. Ogni
sospiro, ogni gemito, ogni impulso avevano avuto un grande valore
quella notte e il demone ne aveva tratto piacere più di
quanto potesse mai ammettere.
Ma quando
sollevò le palpebre e vide il volto addormentato del giovane
accanto a lui, fu come se dimenticasse tutto per un secondo.
Tobio si era concesso
a lui come nessun altro aveva fatto prima. Tanto aveva resistito,
ugualmente tanto aveva abbracciato la sua sconfitta. Da parole aspre e
piene di odio, quel ragazzo dall’innocenza così
fastidiosa aveva riempito le orecchie del suo carnefice con frasi di
passione, facendosi ancora più succube di quanto
già non lo fosse. Aveva obbedito al suo demone ciecamente,
aveva seguito i suoi gesti e i suoi movimenti come se la sua vita
dipendesse da ciò. Era annegato nel piacere più
devastante dopo che vi si era tuffato dentro.
Tooru
guardò quel viso disteso e senza più alcuna
traccia di peccato. Di fronte ad una visione simile, sentì
persino la sua stessa anima purificarsi un po’ e ne fu preso
talmente alla sprovvista che dovette distogliere lo sguardo.
Continuava a odiarlo.
- Tobio-chan.- lo
chiamò, sbuffando e smuovendolo per una spalla. - Vattene,
non dovresti essere qui.-
Il giovane arciere ci
mise alcuni secondi per tornare alla realtà e quando vide il
volto di Tooru corrucciato in quel modo, ricordò tutto e
rimase immobile con gli occhi sbarrati e le guance rosse.
- Dai, che aspetti?-
aggiunse il demone stizzito, girandosi dall’altro lato del
letto per evitare di guardarlo.
Gli occhi di Tobio
rimasero puntati su di lui e sulla sua seducente schiena.
Deglutì e si mise a sedere lentamente, realizzando
ciò che era accaduto. Sentì il disgusto e il
disprezzo verso se stesso riaffiorare dal suo animo tormentato e si
passò una mano tra i capelli sospirando.
- Che cosa ho fatto
… - mormorò tra sé.
Rivolse
un’altra occhiata a Tooru, stavolta piena di risentimento, e
si liberò delle lenzuola per alzarsi e vestirsi.
Su una cosa erano
d’accordo in quel momento: Tobio doveva lasciare quel posto
il prima possibile, prima che le loro menti partorissero più
pensieri del dovuto e sprofondassero in un tremendo imbarazzo.
- Hai vinto questa
volta.- ammise il ragazzo senza voltarsi a guardarlo, sistemandosi la
casacca. - Ma non la prossima.-
Stentava a
riconoscersi, indossando i suoi vestiti da arciere, così
come Tooru avrebbe faticato a riconoscersi nelle sue vesti di re demone
una volta uscito da quella stanza per adempiere ai suoi doveri. Nessuno
dei due aveva il coraggio di ammetterlo, ma quella notte sarebbe stata
indelebile per entrambi.
Senza più
un gesto o una parola nei riguardi del sovrano, Tobio lasciò
la stanza e fece in modo che non lo vedesse nessuno mentre lasciava il
castello. Tentava di reprimere ogni pensiero, ogni emozione di troppo,
e si chiese fin quando avrebbe retto. Cercò di concentrarsi
sul motivo ufficiale per cui si era incoscientemente intrufolato nella
dimora del re demone, cioè la sua lotta per la
libertà del popolo, ma ciò non lo
aiutò a superare la sconfitta appena subita, anzi era ancora
più dura superarla. Avrebbe dovuto pensare ad
un’alternativa insieme ai suoi compaesani, un metodo che non
mettesse in pericolo le sue emozioni.
Tooru, da parte sua,
restò immobile a lungo sul suo lato di letto. Con il labbro
inferiore tra i denti e la fronte corrugata, si interrogò a
lungo sul vero significato che quella notte aveva avuto per lui.
Non era affatto
sembrata una tortura nei confronti dell’ennesima vittima.
Anzi, ora quello che si sentiva torturato da sensi di colpa e
sentimenti nuovi era lui stesso. Tobio si era lasciato andare tra le
sue braccia come lo schiavo più umile al servizio del
diavolo, eppure ora, alla luce candida del sole del mattino, aveva
riacquistato la sua purezza senza che fosse rimasta alcuna macchia
della “tortura” subita quella notte.
Lo odiava,
sì, lo odiava davvero tanto.
Non si mosse da quella
posizione finché non ebbe la forza di pensare che una cosa
del genere non si sarebbe ripetuta mai più e che non
c’era motivo di sentirsi così in conflitto con se
stesso. Il demone adesso poteva, anzi doveva ritrovare la sua aura di
potere incontrastato, doveva nascondere la ferita che il suo orgoglio
aveva subito.
Era stata solo una
notte. Niente di più.
*
Entrambi si
ricredettero delle loro convinzioni, nel momento in cui Tobio si
presentò giorni dopo davanti al portone del castello. Il
giovane alzò gli occhi e Tooru, dalla sua finestra, gli
sorrise.
~
Fine ~
Allora,
credo di avere un problema con l'OiKage. Non so, sarà il
modo in cui li vedo, sarà che proprio non riesco a fare a
meno di vederli così... sta di fatto che quando si tratta di
loro cerco di impegnarmi il più possibile nella scrittura e
finisco per sfornare queste cose. E' già la seconda volta
che succede: già tempo fa questa coppia mi ha fatto scrivere
qualcosa di un po' più spinto rispetto ai miei standard (di
solito sono fluffosissima al limite del sopportabile) e ora lo faccio
di nuovo. Ma giuro, ho una giustificazione! La prima volta era per una
challenge e avevo un prompt... questa volta è un regalo di
compleanno.
Ma non succederà più! Io sono fedele alla
KageHina, uffa! *mette il broncio*
A parte gli scherzi, ci ho messo molto impegno in questa one shot e
spero che vi piaccia. Grazie anche solo per averla letta, dedico un
bacino a tutti voi. :*
Eliot
;D
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