8. Storie del passato7
Storie del passato
Sono tornata in casa ed ho trovato Erik seduto sul divano a leggere un
libro, mi sono seduta vicino a lui e mi sono appoggiata alla sua spalla
per vedere che libro fosse, Frankenstein, l'aveva letto almeno otto
volte da quando era qui
-Ancora?
gli ho detto
-Cosa?
-Frankenstein!
-Mi piace!
-Non l'ha notato nessuno!
gli ho risposto ridendo e mi sono tirata un po' su
-Mi sono sempre sentita in colpa per lui...
-Chi?
-Per il dottor' Frankenstein... al posto suo mi sarei sentita molto in
colpa nei confronti della sua creatura, non aveva nessuna colpa
infondo... non ha chiesto lui di essere creato e tu, creatore, lo
chiami mostro e demone mentre l'unica cosa che ti chiedeva era di
essere amato, e se non da te da un altro come lui, credo che un po'
d'umanità nei suoi confronti fosse il minimo che potesse dargli
Erik sembrava stupito dalle mie parole, mi guardava con gli occhi
sgranati in silenzio, poi si è scosso da quel torpore e mi ha
detto:
-Ma il mostro ha anche ucciso delle persone innocenti...
-Credo che a volte le persone siano costrette a fare certe cose, non
giustifico chi uccide un'altra persona ma in alcuni casi posso
comprenderlo.
Un vicino mi ha appena raccontato di un suo vecchio amico che è
sparito da un po', mi ha detto che in passato quest'uomo ha ucciso
delle persone, ma mi ha giurato che in fondo è un uomo buono e
che in vita sua ha sopportato atrocità enormi, ecco, un uomo
così lo comprenderei, e sarei capace di perdonarlo
-Non avresti paura di lui?
-No... a meno che non me ne dia motivo, ma se lo incontrassi e chapissi
che è l'uomo di cui parlava il Persiano non scapperei, sono
convinta che le persone possano combiare, soprattutto quando gli errori
che hanno commesso in passato sono stati dettati da una
necessità... Cos'hai?
all'improvviso Erik si era messo a piangere e si era coperto il viso
con le mani, d'istinto l'ho abbracciato, ho appoggiato la sua testa al
mio petto e l'ho cullato fra le mie braccia come si fa con i bambini
piccoli; Erik continuava a piangere a vita tagliata, senza smettere
mai, se la sua risata era pace e serenità il suo pianto era la
disperazione più assoluta, vederlo così mi distruggeva
dentro, ed era più di semplice empatia, era qualcosa che mi
faceva sentire ancora peggio di lui, perchè sentivo il suo
dolore come se fosse il mio ed era accentuato dal sapere che lui
soffriva così, avrei voluto farmi carico di tutto il suo dolore
ed essere sicura che lui invece fosse felice e stesse bene, mi sarei
sentita meno male di quanto non stessi in quel momento.
Dopo un po' mi sono accorta che stavo piangendo anche io, gli ho
accarezzato i capelli nerissimi e gli ho dato un bacio sulla testa, lui
ha sospirato, un sospiro di sollievo di un'intensità che non
credevo possibile, in quel momento non sono riuscita a guardarlo in
faccia, avevo paura di quello che avrei potuto leggervi sopra, ma mi
sono fatta coraggio, aveva bisogno di me, di dirmi quello che aveva
sempre taciuto e di essere capito, era pronto, ero pronta
-Dimmi...
gli ho detto lasciandolo e riprendendogli le mani scheletriche nelle
mie, ho sentito un brivido corrermi lungo la schiena ed il cuore fare
una capriola, per un attimo, a quel contatto, il respiro mi si è
mozzato in gola
-Sofia... io...
mi ha stretto le mani più forte, ha abbassato la testa ed ha sospirato, era difficile parlarne per lui
-Erik... sono qui, non mi muovo
e gli ho stretto le mani ancora più forte, avevamo entrambi le nocche bianche
-Sono io... l'uomo di cui ti ha parlato il daroga, il Persiano, sono io
l'assassino di molti uomini, soprattutto in Persia; io uccidevo per lo
Sha e per divertire la principessa e non mi sono mai tirato indietro,
ho costruito macchine di tortura infernali, sono stato il boia
più crudele che sia mai esistito, ho fatto cose orribili solo
per il gusto di vedere la gente soffrire in modo atroce, volevo che
soffrissero quanto avevo sofferto io, volevo vendetta per me stesso,
per tutto il male che mi avevano fatto gli altri; poi mi sono reso
conto che niente placava la mia sete di vendetta, che nessuna morte
altrui metteva fine alla mia sofferenza, ma alla loro si, al dolore che
gli avevo provocato io si; volevo smettere, ma non potevo, lo Sha mi
avrebbe fatto uccidere, così continuai, ma ogni volta che
uccidevo qualcuno sentivo qualcosa morire dentro di me, mi sentivo meno
umano di quanto non fossi mai stato, mi sentivo sempre di più La
Morte Vivente, il Figlio del Diavolo, l'Angelo della Morte e sempre
meno umano, tanto da arrivare a dimenticare il mio vero nome.
Un giorno però a corte si stancarono di me e lo Sha
ordinò al daroga di uccidermi, sapevo troppe cose, avevo
costruito io i passaggi segreti del palazzo di Mazderan e lasciarmi
vivo significava avere i segreti dello Sha liberi di vagare da una
parte all'altra del pianeta.
Il daroga però mi ha fatto imbarcare su una nave diretta in
Francia e mi ha fatto promettere che non avrei più ucciso
nessuno, glielo giurai.
Tornai in Francia e conobbi un architettto, Charles Garnier, il
costruttore dell'Opera, mi feci assumere e costruii i sotterranei, i
passaggi segreti del teatro ed un appartamento vicino al lago
sotterraneo che c'è sotto l'Opera ed ho vissuto lì fino
ad adesso... Hai mai sentito parlare del Fantasma dellOpera?
ho annuito, l'avevo sentito molte volte, ma credevo che fosse una delle
solite fantasie che girano negli staff dei teatri, non gli avevo mai
dato peso ma sapevo di cosa era accusato questo fantasma...
-...Sono io Sofia... è Erik il Fantasma dell'Opera, e ho rotto
la promessa fatta al daroga! Per difendere il mio appartamento, per
fare in modo che nessuno scoprisse il nascondiglio di Erik e... per
amore...
si era rimesso a piangere e aveva appoggiato la testa sulle mie gambe,
piangevo insieme a lui e gli accarezzavo i capelli, quella era ancora
una ferita recente e viva, non volevo gettarci sopra del sale, sapevo
che gli faceva più male di tutte le altre
-Shh... basta piangere Erik, questa storia la conosco già, non
nei dettagli ma non è importante, non adesso... Non voglio
riaprirti ferite ancora troppo fresche, mi basta quello che mi hai
detto fino ad adesso... Va bene così
si è alzato piano piano, non mi guardava, sapevo che non ne
aveva il coraggio, si vergognava troppo del suo passato, soprattutto
perchè non riusciva a perdonarsi e ad andare avanti, io invece
spevo che era diverso, non era più lo stesso, non era più
ne' La Morte Vivente ne' il Fantasma dell'Opera, era solo Erik, il mio
Erik; l'ho abbracciato stretto, gli ho baciato una guancia, mi sono
avvicinata al suo orecchio e gli ho sussurrato:
-Adesso tocca a me raccontarti la mia storia...
per la prima volta mi sentivo pronta per raccontarla e sapevo che lui
era la persona giusta con cui confidarmi... una cosa però
l'avrei omessa... mi ero appena resa conto di essermi innamorata di lui.
Senza dire niente mi sono staccata da lui, mi sono girata ed ho
appoggiato la testa sulla sua spalla, lui mi ha preso una mano, come se
avesse paura che me ne andassi, per la prima volta era stato lui a
cercare un contati di quel tipo senza neppure pensarci, era stato come
un riflesso incondizionato, per lui il contatto fisico era un tabu,
quante volte lo avevo sentito rabbrividire ad un mio tocco innocente,
così l'ho stretta più forte e me la sono portata sulla
pancia.
-Io sono stata abbandonata dai miei genitori appena nata... non ho idea di chi siano, comunque dimenticavo... sono italiana.
Sono cresciuta in un convento di suore, credo non ci sia cosa peggiore
che essere cresciuti da donne che non hanno mai avuto nessuna
intenzione di diventare madri, in più erano tutte vecchie e con
una mentalità molto chiusa, volevano obbligarci tutte a
diventare suore e a passare ogni momento della nostra vita in
preghiera... io sono fedele, credo molto, ma una vita di quel tipo mi
faceva sentire in trappola e mi è capitato di sentirmi
addirittura male in certi momenti; sono sempre stata curiosa, uno
spirito libero e testardo, volevo girare il mondo, volevo studiare
musica e cantare, è sempre stato il mio sogno più grande
ma a parte alle messe non mi era permesso portare avanti questa mia
passione.
Un giorno, avevo più o meno sedici anni, mi avevano fatto uscire
dal convento per mandarmi a prender l'acqua alla fonte, così,
visto che nessuno mi poteva sentire, mi misi a cantare, un ragazzo con
la fisarmonica mi fermò per la strada e mi disse di cantare
mentre lui suonava, mi disse che lo faceva per mestiere e che se lo
avessi aiutato avremmo diviso il guadagno, così accettai, ma a
dir' la verità dei soldi non mi importava assolutamente niente.
Mi ricordo che si fermarono moltissime persone a sentirci e qualcuno ci
lasciò anche molti soldi, solo che mi scoprirono... Mi avevano
punito molte volte fino a quel momento, ma mai come quella...
Mi chiusero per due settimane in uno stanzino minuscolo, c'era solo un
inginocchiatoio dentro, non c'erano finestre e mi davano da mangiare
solo una fetta di pane duro e un bicchiere d'acqua al giorno, è
stato un inferno, loro dissero che avevo fatto un peccato molto grave,
perchè nella musica, a parte quella che si suona in chiesa, si
nasconde il demonio, e che le cantanti e le ballerine erano tutte
prostitute e che il diavolo se le andava a prendere di notte.
Io però non sono mai stata facimente impressionabile, sapevo che
vendere il proprio corpo era sbagliato, non solo nei confronti di Dio,
ma prima di tutto verso se stessi e non ho mai avuto nessuna intenzione
di fare una cosa del genere, così, in quelle due settimane
pianificai la mia fuga e scappai la notte stessa in cui mi avevano
liberata.
Andai in una città poco lontana e cominciai a lavorare come
cameriera in una specie di taverna, prendevo una miseria, ma mi davano
vitto e alloggio così mi adattai, ma appena ebbi i soldi per un
biglietto del treno per venire qui non ci pensai due volte.
Credo di aver visto di tutto durante i tre anni in cui ho lavorato
lì dentro: prostituzione, uomini ubriachi, omicidi, violenze,
furti, qualsiasi genere di cosa, alcune mie colleghe, che per
arrotondare la paga si concedevano ai clienti più benestanti, si
sono ammalate per questo e sono morte molto giovani, io ho avuto un
angelo dalla mia parte che mi ha protetto da ogni cosa per fortuna, ne
sono uscita pulita ma fidati quando ti dico che è stato un
miracolo.
Quando sono arrivata a Parigi avevo diciannove anni, cominciai a
cercare lavoro, sia come cantante che come cameriera e mi hanno assunto
subito per fortuna.
Sono stata molto fortunata devo dire, in poco tempo i padroni mi hanno
preso in simpatia, mi hanno concesso vitto e alloggio e mi hanno
aumentato leggermente la paga, perchè quando cantavo attiravo
sempre molta gente, in più qualche cliente mi lasciava qualche
mancia e, con gli straordinari che facevo, due anni fa sono riuscita a
permettermi questo appartamento; è stata una scalata e ne sono
uscita vittoriosa, ma non credere che sia stato semplice, ero da sola,
una ragazzina in balia degli eventi e, l'ho già detto,
sicuramente qualcuno dall'altro mi ha protetta, altrimenti non potrei
essere qui oggi e soprattutto non come sono.
Non l'ho mai detto a nessuno, chi mi conosce crede che io sia venuta da
un paesino di provincia per provare a far' carriera e che ha avuto
fortuna e ci è riuscita, nessuno sa da dove vengo veramente e
tutte le cose che ho fatto e le situazioni che ho affrontato per
arrivare dove sono ora e se te lo sto dicendo è perchè mi
fido di te.
Non l'ho mai detto a nessuno per non essere guardata con pietà
come "la povera orfanella abbandonata", volevo arrivare dove sono con
le mie forze e non con i favori della gente fatti per avere qualcosa in
cambio o con l'illusione di comprarsi un pezzo di paradiso per un'opera
di bene, non avrei mai potuto accettare niente del genere per nessuna
ragione al mondo.
Comunque devo dire che riguardandomi indietro credo di poter'essere orgogliosa di me stessa...
Mi sono girata verso di lui e gli ho sorriso, mi sentivo molto
più leggera dopo avergli raccontato quella storia, non credevo
di avere così bisogno di parlarne.
Erik's POV
Le avevo raccontato tutta la mia vita senza nessuna eccezione, eccetto
i fatti più recenti, ma lei diceva di conoscerli già, per
la prima volta in vita mia avevo tirato fuori tutte quelle cose che mi
portavo in fondo all'anima da un'eternità e avevo pianto come
non ho mai fatto neppure con Christine.
Lei, non solo non tremava di paura alla vista del mio volto da morto,
ma aveva anche accettato il mio passato e non mi aveva giudicato, era
rimasta accanto a me senza paura, è stata la prima, dopo il
daroga, a trattarmi come una persona qualsiasi, come un uomo come gli
altri, mi aveva persino confidato i suoi segreti, quelli che lei da una
vita teneva nascosti al mondo intero e così mi aveva salvato la
vita in ogni senso possibile.
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