Don't you worry child

di Hero_
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C'era una volta un bambino che non aveva nessuno. Viveva in un prato immenso, correva sull'erba e guardava l'orizzonte, perdendo lo sguardo tra l'oceano e il cielo azzurro.
Un giorno delle persone lo trovarono, in molti tentarono di adottarlo, ma solo uno di loro riuscì a conquistare il suo tenero cuore. Un ragazzo, secondo lui un po' piagnone, ma sinceramente affezionato a lui.
Quel bambino crebbe, forte e sano, quel ragazzo fu come un padre, un fratello, un prezioso amico.
Lo guardava negli occhi e si sentiva a casa.
Ma ormai quei giorni non torneranno più.
Continuo a guardare e rigirarmi tra le mani i piccoli, preziosi ricordi di quei tempi felici. I soldatini di legno che mi avevi regalato, il completo elegante di quando ero diventato un uomo... ma non abbastanza da essere tuo pari, vero?
Non posso ignorare la voce del mio popolo confuso, spaventato, smarrito. Non riesco ad andare avanti, i tuoi no continuano a riecheggiare nella mia testa. E io non so cosa fare. Non voglio ferirti più di quanto abbia già fatto, più di quanto tu abbia ferito me.
E rimango fermo, a guardare l'orizzonte, oltre l'oceano che mi divide dal tuo Paese, chiedendomi se tornerai, un giorno.
E il mio cuore inizia a sgretolarsi.
"Non preoccuparti, figliolo. Andrà tutto bene, Dio ha grandi piani per noi."
Mi ripete Washington, ogni volta che gli chiedo un consiglio, un aiuto per gestire tutto questo, per scegliere il minore dei mali.
E vorrei tanto credergli.
C'era una volta un bambino che viveva da solo in un prato immenso, correva sull'erba e guardava l'orizzonte, perdendo lo sguardo tra l'oceano e il cielo azzurro, nell'attesa che suo padre, suo fratello, tornasse.
Per fortuna, nella solitudine, aveva trovato un altro fratello, forse ancor più importante del primo, è difficile, se non impossibile, stabilire una classifica in questi casi.
Quando lo guardava negli occhi capiva che erano diversi, avrebbe voluto essere come lui, ma non gli era possibile. E crescendo più in fretta, vegliava su di lui, cercava di essere responsabile, nonostante sapesse bene di non poterlo eguagliare.
Ma non mi importava, sapevo che non mi giudicavi. Eravamo così giovani... ci sembrava di essere i padroni del Nuovo Mondo, anche se eravamo sotto l'ala protettiva dell'Impero Britannico.
E adesso sei così lontano, i tuoi no continuano a riecheggiare nella mia testa.
E rimango fermo, a guardare l'orizzonte, oltre le montagne e i grandi laghi, chiedendomi se un giorno ci rivedremo di nuovo, se mi sorriderai, mi abbraccerai e mi amerai ancora.
E il mio cuore brucia, come la mia casa, a cui tu hai dato fuoco. Giustamente, o forse no. Sei giustificato, o forse no. Ti ho fatto del male, questo sì, e non passerà un solo giorno senza che me ne penta e me ne vergogni.
Ma io non posso ignorare il mio popolo, questa lotta è importante per il Paese... no?
Eppure continuo a domandarmi quando siamo cambiati così tanto. Quando sono cresciuto così tanto.
E se lo chiedo a Washington, lui ripete la stessa cosa.
"Non preoccuparti, figliolo. Andrà tutto bene, Dio ha grandi piani per noi."
E io voglio credergli. Lo voglio davvero.
Una volta, incontrai un bambino. Si chiamava Davie, mi parlò di uno splendido fiore. Lo cercai per tantissimo tempo, troppo per lui.
Quella fu la prima volta che vidi morire un amico.
Non potetti fare nulla.
E adesso, davanti ai miei occhi, centinaia di uomini stanno lottando e morendo per la libertà, per rendersi indipendenti, per non dover più sottostare ai capricciosi e tirannici capi britannici.
Questa volta non potevo rimanere impotente.
Ma non volevo questo.
Non l'ho mai voluto.
Ho perso tutto quello che avevo, una casa felice e sicura, due splendidi fratelli, un popolo contento.
Per la libertà?




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