…˚*White
and Black *˚…
In
una notte di un autunno particolarmente freddo, il cielo
scuro incombeva sul corpo piegato di un uomo. La pioggia batteva
sull’asfalto
della strada. Nessuna luce sembrava illuminare, vi era solo il buio che
dominava padrone. Un grido si elevò nel silenzio in cui si
era spenta la città.
Un
urlo, di dolore.
Una
lacrima, una sola lacrima, rotolò sulla guancia
dell’uomo, con lunghi capelli rasta, steso a terra.
“Ti ho sempre voluto bene,
fratellino” sospirò in un rantolo, accennando un
tenerissimo sorriso. Poi
chiuse gli occhi, per sempre.
L’uomo
piegato su di esso, con lunghi capelli neri con
meches platinate, alzò il volto, stravolto dal pianto, al
manto scuro della
notte. Le sue lacrime si confusero con la pioggia, mentre ancora un
grido gli
vibrò dentro e lo liberò con il cuore che gli si
stringeva sentendo
progressivamente mancargli il respiro.
Continuò
a gridare senza fermasi finché non consumò le
forze
e si arricciò su se stesso cadendo sul corpo del fratello.
Due
anni dopo…
Una
mano, con unghie laccate da smalto nero, sfiorò una
tomba bianca in un piccolo cimitero della fredda Germania
dell’Est.
I
suoi polpastrelli si soffermarono sulla foto di un ragazzo
giovanissimo. Poco più di diciotto anni. In grande una
scritta, al centro del
blocco di marmo bianco: Ci mancherai tanto Tomi…Dal profondo
dei cuori della
tua famiglia e delle tue fan.
Un
ragazzo, con lunghi capelli biondo scuro che gli cadevano
sulle spalle, non si vergognava di piangere davanti alla foto del suo
fratellone.
“Mi
dispiace tantissimo…Avrei tanto voluto venire con te
così ora non sarei qui a soffrire per la tua morte. Ogni
secondo che passa non
fa altro che farmi stare ancora più male. Il tempo non serve
a cicatrizzare le
ferite. Vedi io come sono ridotto? Ho paura la notte, ho paura del
buio, ho
paura della solitudine…Vorrei tanto poter tornare indietro
per trovare il
coraggio di dirti che volevo che mi facessi compagnia così
non saresti andato e
non saresti lassù ora. Invece non l’ho fatto e ora
ne pago le conseguenze. Ma
non dimenticare che ti voglio e ti vorrò per sempre
bene”.
Si
alzò in piedi e indossò una berrettino nero per
nascondere gli occhi. Un ultimo sguardo alla tomba e poi con passo
svelto si
diresse al cancello del cimitero. Due ragazze con un grosso mazzo di
fiori
entrarono piangendo e gli passarono acconto senza guardarlo.
Il
ragazzo si fermò e le guardò inginocchiarsi
davanti alla
tomba di suo fratello, Tomi.
Flashback
“Ehi
Bill, hai sbagliato a partire!” urlò un ragazzo
con
lunghi rasta.
Un
altro ragazzo moro con meches platinate si grattò la
testa. “Scusate!”
Due
ragazzi, uno biondo e l’altro castano, scoppiarono a
ridere. “Dai forza riproviamo!”
Finito
di provare si gettarono sui loro divani neri di
pelle. “Sono stanchissimo! E ho una sete terribile! Passami
una birra
fratellino…”
Il
moro gli porse una birra e ne scolò una a sua volta.
“Salute, Tomi!”
“Salute,
Bibi!” il ragazzo con i rasta sorrise e bevve la
sua birra rinfrescante.
Fine
flashback
Il
ragazzo appena sentì le lacrime pizzicargli gli occhi si
volse e si allontanò il più velocemente dal
cimitero.
Imboccò
la strada che portava alla stazione. La percorse e
arrivò davanti ad una casa recintata da uno steccato di
legno con una grande
scritta: Bahnhofstraβe 19.
Aprì
il cancelletto e gli venne incontro sua madre
preoccupata. “Bill! Dove sei stato caro?”
“Al
cimitero, mamma”
“Oh,
tesoro, perché ti riduci così? Devi smetterla di
andarci…” disse entrando in casa.
Il
moro esitò poi fissò sua mamma negli occhi.
“Ho preso una
decisione. Parto. Vado via. Lontano. Voglio provare a rifarmi una vita,
senza
vivere con il rimorso.”
“Ma
Bill, hai già cambiato il tuo aspetto, parli pochissimo,
ormai non esci quasi più…Dalla morte di Tomi ti
sei distrutto lentamente, hai
abbandonato il gruppo, hai abbandonato i tuoi fan che ti consideravano
tutto,
per chiuderti nel tuo dolore. Ora vuoi lasciare anche me?”
“Ho
solo bisogno di pensare, lontano dal luogo in cui ho
vissuto con Tom, lontano dalla sua camera. Non posso continuare a
piangere. Mi
sono consumato abbastanza. Appena possibile torno, mamma. È
una sistemazione momentanea.
Vivere qui per me è un dolore troppo
forte…”
Simone
sospirò trattenendo a fatica le lacrime. “Sei
tutto
ciò che mi è rimasto. Non ho altro. Fai
attenzione…” disse piano.
Bill
le pose le sue mani sulle spalle. Simone abbassò lo
sguardo ancora scossa dalla notizia. Bill
l’abbracciò e solo allora Simone lo
strinse forte e scoppiò a piangere.
Bill,
pure lui, pianse. Non voleva abbandonarla, ma non
poteva fare altrimenti. Voleva andare via…Lontano da quella
vita ricca di
troppi ricordi. Da quando Tom era morto nessuna cosa aveva
più un senso. Lui si
sentiva vuoto. Aveva dovuto abbandonare tutto. Il gruppo e il suo look.
Le fan
e il canto. Senza il suo fratellone che suonava accanto a lui e gli
sorrideva
morsicandosi le labbra mentre pizzicava le corde della sua chitarra che
significato aveva cantare? Da due anni non prendeva in mano un
microfono. Da
due anni non saliva su un palco.
L’unico
suo pensiero era che era caduto nell’oblio. Nessuno
ora si ricorderà di lui, come tutti era finito
nell’ombra. Tutte le sue fan ora
erano fan di altri cantanti di altri gruppi. Ed era di nuovo solo e
senza il
suo Tomi. Le sue mani strinsero il vestito della madre e
sprofondò la testa
sulla sua spalla. Il suo dolore misto rabbia lo stava lentamente
distruggendo.
“Bill,
tesoro, non dimenticare che ti voglio bene…”
“Mamma…Anch’io!”
Si
allontanarono e si fissarono negli occhi umidi.
“Voglio
partire oggi stesso…” disse il moro in un
sussurro.
Simone
annuì asciugandosi il volto con il dorso della mano.
“Va bene. Però almeno lascia che ti accompagni in
stazione…”
Bill
acconsentì e Simone gli diede una pacca sulla spalla.
“Vado a sistemarti le valigie. Ah promettimi che mi
chiamerai!”
“Certo…”
rispose mentre un’ultima lacrima gli rotolò sulla
guancia e gli bagnò le labbra.
Simone
accennò un timido sorriso e si diresse verso le
scale.
Il
moro entrò in salotto. Era incasinato come il giorno in
cui Tom morì. Nessuno si era preso la premura di sistemarlo.
Anche perché sia
lui che sua mamma la maggior parte del tempo lo passavano in camera a
piangere
o uscivano per non incorrere in flashback di Tom.
L’attenzione
di Bill fu puntata su un sacchetto vuoto di
pop-corn.
Flashback
Tom
lanciò in aria un pop-corn e lo prese al volo in bocca.
“Guardate il grande Tom!”
Bill
rise. Ci provò anche lui ma sbagliò.
“Uffi!”
“Dai
Bill…è facile!”
“Tu
sai fare tutto…Per te è facile!”
Tom
sorrise. “Tu sei uguale a me per cui sei capace anche
te…”
Bill
lo guardò convinto. Ci provò e ci
riuscì.
“Wow!
Uno!”
Tom
fece la sua solita faccia da intenditore. “Te
l’avevo
detto, io!”
“Sei
un mito, Tomi!”
Lui
annuì. “Oh si modestamente!”
“Tomi,
se non ci fossi te, come farei?”
“Ma
io ci sono, non vedi?”
Fine
Flashback.
“No.
Non ci sei” commentò il moro preso da una strana
rabbia. Calciò il divano. Una custodia nera cadde per terra
aprendosi. Poi si
accorse che aveva fatto cadere la chitarra di suo fratello.
Si
affrettò a recuperarla e le sue mani sfiorarono le corde.
Una nota risuonò nella cassa armonica e i brividi gli
percossero la schiena. Mollò
la chitarra che cadde di nuovo rimbombando sul pavimento. Faceva troppo
male.
Uscì dal salotto con il respiro affannoso.
Aprì
la porta d’entrata e una ventata d’aria pulita gli
salì
dalle narici. Ma non servì a calmarlo.
“Bill…”
Il
moro si voltò riconoscendo la voce di suo fratello. Non
c’era nessuno. La testa quasi gli scoppiava. In preda
all’ansia uscì in
giardino e si fermò all’ombra dell’unico
albero che vi cresceva.
Doveva
andare via. Il prima possibile. Non poteva continuare
così.
Simone
uscì da casa con due valigie e si diressero alla
stazione. Il corpo magro di Bill salì sul vagone del treno
che l’avrebbe
portato lontano da casa. Si voltò e il treno
partì. Alzò la mano per salutare
sua madre che cominciò a correre per avere ancora per pochi
secondi sotto
occhio il suo unico figlio rimasto.
Capì
solo quattro misere parole dal labiale del figlio prima
che il treno uscisse dalla stazione e scomparisse alla vista:
“Ti voglio bene,
mamma…”
…˚*Fine*˚…
|