Dedico questo
capitolo a Kiarana
che è
sempre dolcissima con me
Grazie
Capitolo
VII
Le
sue crisi non si fermarono; se
l’aspettava. Erano sempre più forti e frequenti:
quando era da solo attendeva
che passassero, passavano sempre, si lasciava cadere a terra e si
concentrava
solo sulla poca aria che riusciva ad inalare, in modo da essere sicuro
di non
stare per morire, anche se i dolori ed il caldo bollente gli rendevano
molto
difficile crederlo; quando era con Otabek erano ancora più
intense del solito,
ma Yuri almeno sapeva di potersi fidare di lui e cercava di ascoltare
la sua
voce, come unico appiglio per non confondere ciò che era
reale da ciò che non
lo era.
Perché,
oltre alle fitte, adesso c’erano
anche le allucinazioni e non erano semplici immagini, ma interi episodi
appartenenti alla sua vita di prima, con dettagli conosciuti solo a
lui, che lo
lasciavano sfinito e mentalmente distrutto. Non erano sempre
particolari
macabri o tristi, a volte provenivano anche da quei pochi anni di pace
che
aveva avuto. Ricordava suo nonno che gli insegnava a cucinare,
sorridente con
le mani sporche di farina e acqua, ricordava la sua voce affettuosa che
lo
lodava e la sua mano scompigliargli i capelli. Ricordava sua madre che
gli
accarezzava la testa e, distesa accanto a lui, gli cantava delle dolci
ninna
nanne per farlo addormentare quando fuori faceva troppo freddo ed il
vento
faceva sbattere le finestre di legno. Quando tornavano quei ricordi,
Yuri
scoppiava a piangere. Erano pianti incontrollati, di quelli che
continuano fino
a quando non si hanno più lacrime da versare, fino a quando
gli occhi non
bruciano e dolgono. Yuri odiava farsi vedere così,
soprattutto da Otabek, e
spesso sperava che non tornasse più, che lo lasciasse solo,
ma se c’era una
cosa che gli faceva ancora più paura delle crisi,
irrazionalmente, questa era
perdere Otabek.
Cominciava
a capire cosa intendesse
l’uomo del diario, quando aveva detto di essere stanco della
noia, della stasi
che avvolgeva tutto il castello e le loro vite, e di voler invece
trovare
altro, senza accontentarsi solo della vita che era stata loro offerta.
Non
aveva continuato a leggere,
spaventato da ciò che avrebbe potuto trovare tra quelle
pagine, ma una domanda
a lungo dimenticata era tornata a tormentarlo, una domanda a cui non
aveva mai
voluto rispondere.
Se
la ricordava ancora, pronunciata
dalla voce di Otabek, la prima sera che si erano parlati. «Perché
mi hai
aiutato?»
Perché
lo aveva aiutato?
Pur
non avendo mai riflettuto bene sulla
risposta a tale domanda, Yuri sapeva che l’aveva fatto per
una ragione molto
semplice: Otabek aveva messo a repentaglio la propria vita per
salvarlo, la
propria e quella della sua amica, in un gesto che Yuri non aveva potuto
ignorare, sarebbe stato solo ipocrita da parte sua ucciderlo. Una vita
per una
vita, e il suo debito era stato saldato.
La
vera domanda che avrebbe dovuto porsi
era perché non l’avesse ucciso la seconda volta,
quando era tornato a cercarlo.
In quel caso non c’era remore che potesse tenere, Yuri
avrebbe detto che se
l’era cercata, eppure no. Non l’aveva ucciso
nemmeno quella volta, né la volta
dopo, né quella dopo ancora, perché era elettrizzante;
avere un segreto,
fare qualcosa che si era vietato per anni, permettersi di parlare con
qualcuno
che non fosse la Regina o Seung-gil, era una sensazione diversa,
un’emozione
che Yuri non ricordava più. Stare con Otabek era
liberatorio, perché non era
impegnativo, non era difficile: con lui, Yuri non doveva preoccuparsi
di tenere
a freno la lingua, come avrebbe fatto con la Regina; con lui, poteva
anche
stare in silenzio e fare altro, senza però sentirsi ignorato
come gli succedeva
con Seung-gil. Chiacchierare con lui non era una forzatura e Yuri aveva
imparato a conoscere le cose che lo facevano ridere e quello che lo
facevano
arrabbiare o intristire e si era stupito quando aveva notato che anche
Otabek
stava cominciando a capire cose di lui, ma al contrario di quanto si
sarebbe
aspettato, tutto ciò non faceva che stringere il legame che
avevano instaurato.
Era
piacevole e ormai capitava sempre
più spesso che la sua mente creasse scenari in cui
c’erano solamente lui ed
Otabek, magari seduti vicino ad un fuoco, dentro una casa dove il
freddo e il
vento non potevano entrare, dove la neve e lo sguardo della Regina non
potevano
raggiungerli. Yuri aveva cominciato a chiedersi come sarebbe stato se
avesse
potuto addormentarsi accanto ad Otabek, ogni sera, con il battito del
suo cuore
nelle orecchie, a scandire l’unico tempo che gli interessasse.
Erano
pensieri che gli aprivano un vuoto
nello stomaco, gli facevano sentire la testa vuota e pesante allo
stesso tempo,
come una strana sensazione di vertigine.
Erano
pensieri pericolosi, e sperava che
la Regina non ne venisse mai a conoscenza, perché sapeva che
non avrebbe
capito, che non ne sarebbe stata contenta.
Eppure…
eppure non riusciva a smettere
di indugiare in quelle fantasie, non riusciva, non voleva.
Anche quando
tutto quel disordine di emozioni dimenticate veniva silenziato dalla
voce della
sua ragione, fredda e dura, la quale gli ricordava che sarebbero
rimaste solo
fantasie; anche quando tutte le notti tornava al prato e si chiedeva
come aveva
potuto permettere che accadesse, si chiedeva cosa avrebbe
fatto nel
momento in cui il sentimento che Otabek diceva di provare per lui si
sarebbe
spento, quando inevitabilmente Otabek sarebbe diventato troppo adulto,
con la
voglia di avere una famiglia e trovare stabilità.
Ogni
volta finiva per sentire il petto
stringersi fino a fargli male, raggomitolandosi su se stesso.
Quel
giorno non aveva ancora avuto nessuna
crisi, se ne stava seduto su una delle poltrone morbide della sala da
lettura
del castello e si rigirava tra le mani il diario sporco di inchiostro,
indeciso
sul da farsi.
Non
aveva il coraggio di scoprire cosa
fosse successo a quella persona, non voleva leggere di una morte lenta
e
dolorosa, eppure non si sentiva ancora pronto a lasciar andare quel
libriccino.
Sapeva
che le risposte che cercava erano
lì dentro e doveva solo trovare la forza di affrontarle, ma
gli tremavano le
mani al solo pensiero di poter trovare qualcosa… qualcosa
che sancisse per
sempre il suo destino.
Era
talmente preso nell’osservazione del
cuoio macchiato che non captò il lieve fruscio di un vestito
che scivolava sul
ghiaccio.
Fu
la voce incuriosita della Regina a
destarlo da quel trance, e Yuri sussultò quando la sua mano
fredda gli si posò
sulla spalla, infilandosi velocemente il libriccino sotto la giacca.
«Cosa
ti rende tanto pensieroso, mio
Yurochka?» gli aveva chiesto, prima di lasciarsi andare
elegantemente sulla
poltrona di fianco alla sua.
Yuri
alzò il viso, incrociando i
lineamenti spigolosi della donna, addolciti da un sorriso che gli parve
sincero
e dalla folta coltre di capelli castani che le incorniciava il volto.
Era
un’occasione unica, vederla con i capelli sciolti e non
raccolti nella sua
solita crocchia, ma le ciocche morbide avevano il potere di farla
sembrare più
giovane e più umana, se non fosse stato per il colore troppo
verde e troppo
acceso dei suoi occhi penetranti e la pelle traslucida, quasi
opalescente e
fredda come il ghiaccio di cui era sovrana.
Yuri
scosse la testa lentamente. «Non
so.» le rispose.
La
Regina si sporse verso di lui e gli
prese un braccio, avvicinandolo a sé. «Guarda i
tuoi capelli, Yurochka, non li
tieni più intrecciati, perché?» era
evidente che non si aspettasse una
risposta.
Yuri
si lasciò tirare, la Regina non era
stata brusca, e gli fece cenno di sedersi ai suoi piedi, posando una
mano sul
proprio grembo come a invitarlo ad appoggiarsi. In realtà
non aveva idea del
perché avesse smesso di acconciarli; probabilmente
perché gli veniva molto più
semplice lavarli dopo ogni crisi, visto che ormai erano diventanti
più lunghi.
Con
un sospiro, Yuri lasciò che lei cominciasse
a passargli le dita tra i capelli con l’obiettivo di
ripulirgli la chioma da
foglioline e rametti. Era stranamente rilassante, ma Yuri non riusciva
a non
pensare alle mani di Otabek e a quanto fossero state gentili, calde e
piacevoli
contro la sua cute. Scacciò l’immagine con tutto
l’autocontrollo che possedeva.
«Cosa
non sai?» gli chiese ad un tratto
lei. Aveva raccolto diverse ciocche nella propria mano e si apprestava
ad
intrecciarle.
«Molte
cose.» voleva essere il più vago
possibile, perché non sapeva quanto e cosa la Regina
sapesse, anche se
sospettava fosse molto più di ciò che appariva.
«A
che proposito?» Insistette la donna,
assicurando un nodo alla base della sua nuca e passando alla treccia
successiva.
Di
nuovo, Yuri scosse la testa.
«Diversi.» ed era una mezza verità,
perché la fonte delle sue preoccupazioni
non era singola e lui per primo non era sicuro di quante effettivamente
fossero.
«Ha
a che fare con quell’umano, vero?»
domandò, stavolta in tono più duro, come se
stesse per rimproverare un bambino
capriccioso.
Yuri
si irrigidì, ma si rilassò subito
dopo, non voleva che lei si intrufolasse ancora di più nella
sua mente. Non
rispose, lasciò che anche la seconda treccia venisse fissata
accanto all’altra.
Le
dita della Regina raccolsero altre
tre ciocche, e a Yuri non sfuggì il modo in cui le
tirò con l’intento di
causargli una piccola fitta di dolore. Trattenne il fiato.
«Non
devi nasconderti da me, Yurochka.
Sai bene che so sempre come ti senti. Non ricordi? La tua anima mi
appartiene e
sento come sta soffrendo.» le sue parole di miele gli
carezzarono le orecchie
al pari delle dita gelide che adesso gli acconciavano delicatamente i
capelli.
La
nausea, che non lo abbandonava mai,
si fece più intensa e il respiro gli accelerò.
Non aveva paura, no, era
qualcosa di peggio.
«Certo
che lo ricordi. E ricordi anche che
basta una parola, tutto questo potrà andarsene,
vero?» Eccola di nuovo, la
minaccia nascosta da gentile proposta, da favore che gli veniva
offerto. Yuri
vedeva l’intero palazzo girare intorno a lui ed
avvertì l’impellente bisogno di
scappare da lì, forte e imperativo come non mai.
«Ti
senti come un estraneo nel tuo
corpo, no? Come se ti mancasse un pezzo di te, ma al contempo stai
anche
rigettando qualcosa. – il respiro di Yuri si mozzò
di nuovo, il ragazzo non si
voltò di scatto solo perché costretto dalle dita
che ancora gli intrecciavano
le ciocche. – Lo so, lo so, mio Yuratchka, lo sento anche io.
Ma posso
aiutarti, posso far andare via tutto.»
La
Regina s’era chinata a sussurrargli
nell’orecchio e Yuri avvertì il suo respiro gelido
soffiargli sulla nuca.
«Posso renderti felice com’eri un tempo, non
c’è un’altra soluzione, e lo sai
bene.» fissò l’ultima treccia, le dita
che gli tracciavano il profilo delle
scapole attraverso la camicia.
Gli
strinse le braccia, aiutandolo ad
alzarsi e non appena fu in piedi, Yuri si liberò dalla presa
con uno strattone.
Aveva tutta l’intenzione di voltarsi e tornarsene alla
propria radura, a
riposarsi e riflettere, e forse a leggere ancora il diario.
Non
si accorse di quanto fosse stato
brusco il proprio movimento, fino a che il rumore di qualcosa che
cadeva a
terra non interruppe quel silenzio di cristallo tra lui e la Regina. I
suoi
occhi scattarono verso il pavimento; il diario, aperto contro il
ghiaccio, era
perfettamente visibile, ma quando Yuri fece per riprenderselo
provò solo un
forte dolore ai polsi, dove la Regina aveva stretto le mani.
Non
tentò nemmeno di ribellarsi, poiché
sapeva che era tutto inutile, anche se fisicamente la donna era molto
più
debole di lui, non avrebbe mai potuto eguagliare la potenza della magia
che gli
bloccava gli arti.
«Dove
hai presto questo diario?» gli
chiese allora la Regina, sporgendosi per raccoglierlo.
L’aveva lasciato andare,
ma i suoi polsi rimasero immobili. Il viso della donna era impassibile
come al
solito, eppure a Yuri non sfuggì il modo in cui i suoi occhi
si fossero
assottigliati e come le tremassero le mani.
«Liberatemi.»
intimò, consapevole che
non avrebbe ottenuto niente; infatti, la Regina si limitò a
sollevare il
libriccino di fronte a lui. «Dove l’hai preso,
Yurochka?»
«Liberatemi…»
insistette, strinandosi i
polsi contro quelle costrizioni magiche, i pugni chiusi.
«Yuri,
parla.»
Yuri
si immobilizzò; erano anni,
decenni, che la regina non lo chiamava più con il suo
semplice nome, e non
credeva che sarebbe stato così terrorizzato di sentirlo
nuovamente. Strinse i
denti, trattenendo il ringhio che gli risaliva su per la gola.
«L’ho
trovato.» le rispose, sentendo
adesso un nuovo sentimento ribollire accanto alla paura, qualcosa che
gli
scorse nelle vene. Le ginocchia gli cedettero, anche quelle strette in
una
dolorosa morsa.
«Cosa
hai letto?» le mani della Regina
si sporsero verso la sua testa, strattonandolo in modo che la guardasse
e Yuri
non l’aveva mai vista tanto sconvolta. La solita, elegante e
regale compostezza
aveva lasciato il posto ad una rabbia nuda, una rabbia che
rassomigliava più a
terrore e Yuri si chiese cos’altro nascondessero quelle
pagine, che segreto vi
fosse celato, e quanto fosse importante o pericoloso, se la Regina
aveva perso
il senno così, al solo pensiero che lui avesse letto.
Si
rese conto solo dopo pochi secondi
che la Regina non era arrabbiata, no, era terrorizzata almeno
quanto
lui.
Yuri
inghiottì un grumo di saliva.
«Ditemelo voi, mia Signora, cosa ho letto?» la
sfidò e se ne pentì nel momento
stesso in cui lei si abbassò al suo livello, per poterlo
guardare negli occhi.
«Non
osare. Tu non sai niente. Non sai niente.»
sibilò. «Sei solo un ragazzino, Yuri, sei solo un
ragazzino che non ha mai
saputo cosa fare della sua vita. Proprio come lui.
Avrei dovuto
prevederlo, siete così simili…» la sua
bocca si torse in un sorriso amaro e
minaccioso, ma, se Yuri fino a qualche attimo prima avrebbe dato
ascolto alla
voce che gli diceva di non infierire, di star zitto in attesa che
passasse,
adesso non ne aveva la minima intenzione; le parole della Regina erano
state
più dolorose e dirette di stilettate al petto, scavavano
dentro di lui, si
cibavano della sua insicurezza e della sua paura.
Si
passò la lingua sulle labbra che gli
si erano fatte secche e parlò. «Di chi state
parlando?»
La
Regina rise piano. «Pensavo fossi
intelligente, Yuri. Parlo dell’autore di questo diario, il
mio prezioso Vitya.»
disse, la voce che suonò melliflua e triste.
«Siete così simili. La stessa
bellezza eterea – gli passò un dito sul volto, a
tracciare la mandibola. – la
stessa forza e la stessa grazia. Era un guerriero anche lui, il mio
prezioso
Vitya, il migliore di tutti, prima di te. Avrei dovuto prevederlo,
avrei dovuto
prevedere che foste simili anche all’interno.»
Si
alzò e gli voltò le spalle. «Era un
sognatore, il mio Vitya. Sin dal primo momento che l’ho
visto, sapevo sarebbe
stato diverso. Non è mai stato bene qui, rinchiuso tra i
ghiacci, ma mi sono
illusa di bastargli, pensavo che avrebbe lasciato stare quei pensieri
che gli
affollavano la mente per rimanere con me. Non mi sono mai sbagliata
così tanto;
incontrò un umano, un tale Yuuri, e
all’inizio non me ne preoccupai. Il
mio Vitya era bello, e non potevo negargli il divertimento ed il
piacere, ma
mai, mai avrei pensato che avrebbe scelto un umano
al posto
dell’immortalità, della magia. Lo credevo
più saggio di così, più
ambizioso.»
Si
voltò a guardare Yuri. «E invece sai
cosa è successo? Lo sai, non è vero? Ha
continuato a vedere quel suo Yuuri,
senza pensare alla sua salute. Ma non ti sto dicendo niente di nuovo,
Yurochka.
Tu sai bene di cosa sto parlando; della nausea, della stanchezza ed il
logoramento, della sensazione di oppressione e del respiro che ti
manca, come
se stessi affogando. Non credere che non lo sappia.»
Yuri
si dimenò di nuovo, incurante del
fatto che fosse inutile e servisse solo a stancarlo, ma non sapeva
cos’altro
fare e di sicuro non sarebbe rimasto lì fermo senza neanche
provare a
ribellarsi. Eppure non riusciva ad interromperla, perché
finalmente stava
scoprendo cosa era accaduto e la sua mente bramava quelle informazioni
al pari
della libertà, in quel momento.
«Lo
sai perché ti senti così?» gli
chiese la Regina, e senza aspettare che lui le rispondesse,
alzò una mano a
mezz’aria, disegnando un complicato arabesco con la punta
dell’indice. La magia
si lasciò dietro una scia azzurrina, come il sole attraverso
il ghiaccio.
Yuri
assistette al materializzarsi
di una piccola ampolla sferica che sembrava brillare di luce
intrinseca; la
osservò meglio, mentre fluttuava di fronte a lui, e colse
una sottile nebbia
dorata scivolare sui bordi morbidi del materiale trasparente, lo
lambiva come
il fumo si piega alla costrizione di un camino. Yuri si
sentì scaldare,
un’immensa calma lo avvolse, una pace che diede tregua alle
sue membra
contratte e scoprì di non avere bisogno della Regina per
sapere cosa aveva di
fronte.
La
donna fece ondeggiare l’ampolla
nell’aria, portandola verso di sé. «La
riconosci, vero Yurochka? Anche dopo
tutti questi anni.» gli sorrise, passando un dito sulla
superficie liscia della
sfera.
Yuri
non riusciva a distogliere lo
sguardo dalla bruma aurea, la sua anima, che
volteggiava proprio davanti
a lui, così vicina, eppure così irraggiungibile.
Nella
rinnovata pace che gli
attraversava il corpo, Yuri trovò la forza di parlare, di
chiedere. «Cosa ha a
che fare la mia anima con le crisi?» esalò, mentre
un caldo torpore gli faceva
tremare le palpebre.
«Sai
cosa c’è qui dentro a parte la
tua anima, Yurochka? La tua umanità, il dolore che ti ho
tolto, l’amore che non
puoi provare. Ahimè, nonostante la tua anima sia ormai
quella di un immortale,
c’è ancora qualcosa che manca. Puoi ancora provare
emozioni, e questo fa sì che
il tuo corpo si senta più umano di ciò che in
realtà è. Il tuo corpo ricorda
l’umanità, la tua mente ti proietta
verso di essa, bastano gli stimoli giusti.»
disse la Regina, roteando l’ampolla sulla punta delle dita.
Gli
occhi di Otabek, coperti
dall’ombra dell’albero sotto il quale solevano
sedersi, furono la prima
immagine che gli riempì la mente. Non parlò, non
si azzardò a dirlo ad alta
voce, ma non servì a nulla; la luce nella sfera
brillò più forte e ricoprì
tutta la superficie interna, come se volesse romperla ed uscire fuori,
ricongiungersi con il suo proprietario
Quasi
contemporaneamente al lampo
dorato, Yuri fu scosso da un conato che lo lasciò
boccheggiante. Poi una fitta
al petto e l’aria che gli veniva risucchiata dai polmoni.
«È
questo ciò che ti
manca, è questo ciò che il
tuo corpo brama ed è questo che la tua
mezza anima rigetta, perché sa bene che
tornerebbe il dolore. Eppure tu
ti ostini a ricercarlo, e lo vuoi. Tutto quello che hai fatto in questi
mesi,
credendo che io non lo sapessi, questa… relazione che
hai instaurato con
il tuo umano. Non hai bisogno di sentirlo dire da me, sai
già che non è un
rapporto normale.» gli spiegò la Regina e strinse
la sfera.
Yuri
alzò la testa;
aveva un filo di saliva che gli colava dal labbro e sputò di
lato. «Quindi
significa che io…» provò a parlare, ma
fu bloccato di nuovo da un conato,
mentre la luce si faceva sempre più intensa.
La
voce della Regina
pareva lontana, ma Yuri riuscì a sentirla oltre al rombo che
sentiva nelle
orecchie. «Esatto Yurochka. Significa che il tuo corpo e la
tua anima vogliono
amare, significa che se la tua anima fosse intera, saresti
già innamorato di
quel tuo umano.»
Yuri
scosse la testa ed
aprì gli occhi. Vedeva la sua anima brillare, pregare per
ritornare dove le
spettava di diritto, fluttuando arrabbiata all’interno della
sfera, e si spinse
in avanti. Non importava più niente, avrebbe sofferto
volentieri il dolore, se
avesse voluto dire scappare via da lì, mettere
più leghe possibili tra se
stesso e la follia della Regina, una follia che la spingeva a
manipolare,
giocare con le vite altrui, fingere d’essere una salvatrice,
quando invece
sapeva solo incatenare a sé le sue povere, ignare, vittime.
L’avrebbe
affrontato
con onore, e forse non sarebbe stato solo, perché
l’idea d’essere capace di
ricambiare l’amore di Otabek non era mai stata tanto reale,
la voglia d’esserne
capace non era mai stata così intensa. Nella sua mente
confusa, mentre tutto
ciò che sapeva veniva sbriciolato dal semplice, furioso
turbinio della nebbia
luminosa, era l’unica cosa che era rimasta ferma e chiara.
Lui voleva vivere,
lui voleva stare con Otabek, e anche se ancora non sapeva come,
né riusciva a
capirne il perché, quella consapevolezza risuonava
imperativa e struggente e
gli dava la forza di continuare a muoversi e lottare.
Le
catene invisibili
gli bloccavano mani e piedi, ma non gli impedivano di urlare.
«RIDAMMELA! LA
RIVOGLIO!» gridò, il fiato che gli graffiava la
gola. «Non mi interessa più
stare qui! Lasciami andare!»
«Non
osare rivolgerti
così a me, Yuri. Cosa non capisci? Non posso lasciarti
andare! Anche il mio
prezioso Vitya mi ha abbandonato, sono rimasta sola per anni! Un
secolo, prima
che Seung-ah venisse a bussare alla mia porta. Non
permetterò che succeda di
nuovo, non voglio vivere ancora in quel modo…» Se
Yuri non fosse stato così
arrabbiato, si sarebbe accorto della tristezza che tingeva la voce
della
Regina.
«Come
ha fatto ad
andarsene? L’avete lasciato andare?» le chiese
allora, senza fiato.
La
Regina strinse la
presa sulla sfera e Yuri era sicuro che se fosse stata di un materiale
normale
sarebbe già finita in mille pezzi.
«Mi
ha abbandonato, si
è ripreso la sua anima, me l’ha rubata!
Mi fidavo di lui, e lui me l’ha
rubata.» la voce della donna si incrinò e lei
chiuse gli occhi, come se solo il
ricordo le procurasse dolore. Però Yuri sapeva che non era
vero, sapeva che la
Regina non poteva provare niente, che il suo era solo un capriccio
dettato
dalla mente ormai disabituata a qualunque emozione.
Rise
forte, Yuri,
perché quella risposta era stata ridicola. «TU!
Tu l’hai rubata a lui!
Così come l’hai rubata a me! E adesso la
rivoglio!»
La
Regina gli afferrò i
capelli con forza, una treccia si disfece e lui mugolò di
dolore mentre le
unghia si conficcavano nel cuoio capelluto. «Non osare, non
osare rivolgerti a
me in questo modo. Io non ho rubato niente. Io ti
ho raccolto quando per
te non c’era altra speranza, ti ho donato una nuova vita e
poteri che altri
bramano da un’eternità. Come al mio Vitya, non ti
ho chiesto nulla in cambio,
se non la tua fedeltà e adesso tu mi stai tradendo per un
futile umano!»
Yuri percepì il veleno in quelle parole e strinse i denti.
«Io
non vi avrei
tradito, se voi non aveste fatto tutto questo, io non vi avrei
tradito.» sputò,
respirando a fatica.
«E
avresti rinunciato
al tuo umano per me?»
Yuri
non rispose, le
labbra strette. La risposta era palese, pericolosa, e ovvia. No, non
avrebbe
rinunciato ad Otabek, e forse, anche se la Regina non avesse scoperto
il
diario, sarebbe stata solo questione di tempo prima che le crisi
avessero avuto
la meglio su di lui, prima che si fosse reso conto che non era
più la vita che
voleva e a quel punto avrebbe avuto due sole possibilità:
rinunciare a quello
che lo legava alla Regina o lasciarsi morire, dilaniato da un
sentimento che si
sarebbe fatto strada dentro di lui, fino a consumarlo. Non era
difficile
immaginare cosa avrebbe scelto; non gli interessavano i poteri, non gli
interessava l’immortalità, non gli erano mai
importati neanche prima, quando
era ancora del tutto umano, ed erano diventati solo un piacevole
effetto collaterale.
Da troppo tempo aveva creduto che stare lì, al fianco della
Regina, nel
castello, nella foresta, a vivere tra i lupi, sarebbe sempre stato il
suo unico
scopo, il suo unico destino. Eppure, da quando
aveva incontrato Otabek,
in lui si era risvegliata la voglia di avere di più da
quella vita, di trovare
una strada che fosse la sua, scelta, e non offerta.
La
Regina sorrise,
condiscendente, melliflua. «Vedi, Yurochka? Mi avresti
lasciata sola.»
«Avete
ancora
Seung-gil.» provò, in ennesimo tentativo di farla
ragionare.
«Lo
so, e gli sono
grata. Ma tu proteggi il bosco, la mia amata foresta, i miei animali e
non
posso lasciarti andare.» Gli sussurrò. La presa
sui suoi capelli si fece più
debole, quasi una carezza, e la Regina gli alzò il mento.
«Sai che non posso
far altro, vero?»
Si
allontanò da lui e
prese di nuovo la sfera, che brillava ancora, accecante. La
portò di fronte a
lui, e Yuri faticò a tenere gli occhi aperti e di nuovo
quella sensazione di
pace gli rilassò le membra, nonostante la paura cieca che
sentiva nel petto.
Si
spinse all’indietro
con la schiena, cercando di sfuggire alla stretta magica, si
guardò intorno, in
cerca di qualcosa. Sapeva benissimo di non poter
fare più nulla, ma non
smise di lottare. Non smise di lottare quando la Regina gli
posò una mano sul
petto, non smise di lottare quando con un rapido movimento del dito
aprì la
sfera. La bruma dorata volteggiò, prima di riversarsi
totalmente nel suo petto
e Yuri si sentì completo, una gioia
incontenibile gli squarciava il
petto, seguita da un dolore forte, una sensazione d’abbandono
che non aveva mai
realmente dimenticato ed infine un bruciore lungo
tutta la gola e nello
stomaco. Era un calore diverso da quello delle crisi, era sano, era
piacevole e
semplicemente meraviglioso. Sentì all’improvviso
un freddo gelido al corpo,
poiché il suo sangue si era appena riscaldato e risentiva di
più del ghiaccio
sotto le gambe e tutto intorno a lui. Voleva gridare, piangere,
correre, mentre
il turbinio di emozioni a lungo rimaste rinchiuse nella sfera si
faceva
strada in lui. Non aveva ancora smesso di lottare.
Poi
la mano della
Regina si ritirò dal suo petto e tutto svanì. Il
freddo scomparve, il calore
con esso, lasciandolo come un guscio vuoto, come quelle strane
conchiglie che
trovava incastonate nella roccia. Non aveva più nulla,
né la gioia, né il
dolore, nemmeno il più piccolo briciolo di
umanità. I suoi occhi spenti erano
fissi sulle dita della Regina, ricoperte di nebbia dorata, splendeva
forte e
pulsava piena di energia, tendendosi verso di lui. Non provò
nulla mentre lei
la costringeva all’interno dell’ampolla, dove
riprese a volteggiare furiosa;
spingeva contro le pareti, e Yuri non ebbe nemmeno tempo di vederla
vibrare
un’ultima volta, prima che scomparisse nell’aria,
come se non fosse mai
esistita.
Socchiuse
le palpebre,
avvertendo le catene sciogliersi ed il proprio corpo cadere in avanti,
sorretto
solo dalla presa salda della Regina.
Yuri
alzò il viso.
Non
sentiva niente,
solo il vuoto freddo del suo cuore che quasi non batteva
più, la solitudine dei
suoi pensieri slegati da qualunque emozione.
I
suoi occhi
incrociarono quelli della Regina, che lo mise in piedi, prendendogli il
viso
tra le mani. «Rimarrai con me, mio caro Yurochka.»
Yuri
non rispose, si
limitò a lasciarsi abbracciare dalla donna. Adesso non
sentiva più il freddo
delle sue braccia, anzi, gli sembravano tiepide; lei lo strinse e poi
gli parlò
all’orecchio. «Adesso devi solo disfarti
dell’umano.»
«Lo
farò, mia signora.»
le rispose, atono. Non era più importante, non sapeva
nemmeno perché avrebbe
dovuto esserlo.
«Bravo,
Yurochka.» gli
carezzò i capelli e Yuri abbandonò la testa sulla
spalla di lei. Si sentiva
stanco, privo di qualsiasi proposito, ma si limitò a restare
in silenzio,
mentre la Regina mormorava contenta che adesso sarebbero rimasti
insieme.
Chiuse
gli occhi, le
palpebre pesanti. Non aveva più voglia di lottare.
Note
finali:
SCUSATE!
Sparisco
per un sacco di tempo e mi ripresento con un capitolo del genere, sono
pessima.
Mi
dispiace di essere riuscita ad aggiornare solo adesso, ma sono stata
impegnata
con l’università (e giovedì ho
l’ultimo esame, uccidetemi pls) e lo è stata
anche la mia beta, quindi non ha potuto aiutarmi con il capitolo se non
praticamente questo pomeriggio.
Che
dire su questo capitolo se non SCUSATEMI DI NUOVO TANTO.
È
stato difficile arrivare a questo punto, perché chi mi
conosce sa che io e l’angst
non andiamo molto d’accordo, però ehi, se non ci
provo mai non posso
migliorare! Vorrei anche poter dire che dal prossimo capitolo le cose
miglioreranno, ma non prendiamoci in giro lol
“Seung-ah”
è un vezzeggiativo coreano, stando a quanto dice internet,
perché la regina
chiama i suoi sottoposti con soprannomi affettuosi :)
Detto
ciò, spero che il capitolo, anche se corto ed in ritardo, vi
sia piaciuto e che
vorrete lasciarmi un commento! Mi fanno sempre molto felice!
Un
enorme ringraziamento va a Silvar Tales e ZevisLovers
che hanno
recensito lo scorso capitolo <3 e ovviamente a Kiarana
che ha fatto questo
aesthetic per me e io piango ancora T_T
E
come sempre ringrazio la mia meravigliosa beta che mi deve sopportare e
lowkey
mi odia ma non vuole ammetterlo
Adesso
credo che andrò a cercare di dormire *risata isterica* e
alla prossima
(sperando che non sia tra altri due mesi)
LysL
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