Salve popolo di EFP!Emh...come state?Spero bene!E' la prima fanfiction che scrivo su questo fandom,dopo molto...MOLTO tempo in cui non ho più pubblicato nulla su EFP,già...e nulla,spero che la storia vi piaccia e che abbiate voglia di lasciare una piccola,minuscola recensione per farmi sapere cosa ne pensate. Ciaoooo! ;)
--
Quando
Grecia riaprì finalmente gli occhi,tutto ciò che vide fu la sagoma
sfocata del suo amato Partenone che diventava sempre più piccola,
sempre più lontana. Allungò la mano,come per aggrapparsi alle sue
colonne in cerca di salvezza, ma inutilmente. Dopo averlo raggiunto
all'acropoli di Atene,a Turchia non era servito molto per
catturarlo:Grecia era sfiancato dai numerosi disastri messi in atto
dai soldati dell'Impero Ottomano. Aveva lottato valorosamente,ma all'Impero
era bastato un pugno ben assestato per riuscire a battarlo. Heracles
cercó di pensare velocemente:aveva capito che si stavano
allontanando da Atene,ma non sapeva dove lo stava conducendo.
-Lasciami
andare-
disse,la voce roca ed affaticata. Sadiq non gli
rispose,continuando a camminare come nulla fosse.
-Lasciami
andare!- Ripeté Grecia, più forte.
-Mi
spiace,Heracles- disse infine Turchia -ma dopo tutto quello che ho
dovuto passare per trovarti,non posso permetterti di sfuggirmi.-
Grecia
in risposta emise un verso di frustrazione,divincolandosi nel
tentativo di riconquistare la libertà. Di nuovo,inutilmente. La presa di
Turchia era ben salda sulle sue gambe,e
lui era troppo piccolo per riuscire a batterlo. -Lasciami.
Posso camminare da solo.- Disse allora il greco,in tono stanco ma
intriso d'orgoglio. Turchia scosse la testa:-sei talmente messo male
che sverresti dopo due passi. Ma non temere,ragazzino:fra poco ci
imbarcheremo e non sarò più costretto a portarti in spalla.-
-Dove
stiamo andando?- Chiese Heracles,mentre un nodo d'angoscia gli
serrava lo stomaco:ragazzino. Era così che lo
considerava?Alla stregua di un moccioso? La sconfitta bruciava sulla sua
pelle come una ferita cosparsa di sale,e non
riusciva a non pensare a ciò che era successo al suo
popolo,soprattutto essendo conscio del fatto che Sadiq Adnan non
riservava alcuna clemenza a coloro che gli si opponevano. Turchia
alzò gli angoli della bocca in un accenno di sorriso. -Lo vedrai-
disse solamente. Rimasero in silenzio per il resto del viaggio.
Poi,improvvisamente,Sadiq lo rimise in piedi.
-Ti
do il benvenuto sulla mia nave,Heracles- disse la nazione,in tono
compiaciuto.
Grecia
alzò gli occhi:di fronte a lui si stagliava un'enorme galea,che ben
presto sarebbe diventata la sua prigione.
-Resta
qui,io tornerò più tardi.- Gli ordinò Sadiq,aprendo la porta di
una cabina. Si voltò e fece per andarsene,poi-come ripensandoci-si
girò e gli lanciò un'occhiata penetrante:quella maschera bianca,
nonostante non lo desse a vedere,dava ad Heracles i brividi. -Non ti
conviene provare a fuggire- gli comunicò -perché verrei a
cercarti,e come ben sai quando due nazioni si danno battaglia chi ne
paga le conseguenze è sempre il popolo.- Poi,tranquillamente, si
voltò ed uscì.
Grecia
rimase
a fissare quella porta serrata con un groppo in gola e,senza
che potesse impedirlo,una lacrima scivolò lungo la sua guancia.
Nonostante
avesse cercato di non cedere,Grecia si ritrovò ben presto a crollare
addormentato su una brandina.
Si
sveglió
sentendo qualcuno che cercava di sollevarlo,e scalció con
forza,gridando in greco. La sua gamba venne però prontamente
bloccata,e la voce infastidita di Turchia raggiunse le sue orecchie.-Hey,moccioso.
Ancora
non hai imparato la lezione?-
Heracles
aprì gli occhi,confuso,ed indietreggió fissando con diffidenza
l'uomo.
Turchia
rimase stupito dall'ostilità che quegli enormi occhi verdi gli
riservarono:Grecia era soltanto un bambino. L'ultima volta che lo aveva
visto,era poco più che un neonato,e sua madre era ancora padrona del
mediterraneo. Ma nessuna nazione poteva vivere per sempre:neppure
Antica Grecia,che ben presto si era ricongiunta al suo
compagno-Impero Romano-lasciando il suo unico figlio da solo. Un
ragazzino, costretto da invasori e nemici a crescere in fretta per
poter sopravvivere. Eppure, non aveva potuto nulla contro di
lui:Impero Ottomano era stato più forte,e lo aveva sopraffatto.
Grecia si era difeso bene,Sadiq doveva dargliene atto: ci aveva messo
diverso tempo prima di scovare il suo rifugio, ed anche quando gli si
era parato di fronte Heracles aveva combattuto.
Possedeva
pur sempre lo stesso sangue di sua madre,dopotutto.
-Non
desidero farti del male,Heracles- disse l'Impero,in un moto di
compassione: dopotutto,ricordava bene cosa si provava ad essere così
piccoli e soli.
Ma
quelle iridi smeraldine continuarono a scrutarlo,diffidenti e
sospettose. Non ci fu alcuna risposta da parte del minore.
Turchia
sospirò,voltandosi nuovamente verso la porta:-siamo giunti a
destinazione. Scendi da quel letto, dobbiamo...-
Prima
che riuscisse a terminare la frase,Heracles approfittò di quel
momento e gli si gettò addosso,buttandolo a terra e stringendo le
mani sul suo collo. Turchia si maledisse mentalmente:avrebbe dovuto
sapere che la resa di Grecia non sarebbe stata facile da ottenere.
Avrebbe
potuto scrollarselo di dosso in meno di un secondo,invece rimase
immobile sotto di lui, rivolgendo a quel viso dai lineamenti ancora
fanciulleschi un sorriso beffardo.
-Avanti,Grecia-
lo incitò,quasi perdendosi in quello sguardo verde e carico di rabbia.
-Finiscimi. Dammi il colpo di grazia e vá,torna nella tua amata
città. Dimostra che sei esattamente come tutte le
altre nazioni...che sei come la tua preziosa madre. E' quello che
vuoi,no?-
Un
guizzo:Grecia esitò,e la stretta su di lui si allentò un poco.
Turchia
sogghignó. -Come pensavo- disse,e ribaltò le posizioni. Lo inchiodò
a terra prima di afferrarlo per i polsi e tirarlo su con la
forza,ignorando le sue grida di rabbia e il dimenarsi disperato. Alla
fine,smise di muoversi nella sua stretta:rimase fermo,immobile, il
capo chino in avanti e i capelli in disordine che gli oscuravano la
visuale.
-Guardami-
gli ordinò Sadiq,ma Grecia non lo ascoltó.Turchia
serrò la mascella:era stanco di quei capricci. -Guardami!-
Ripeté,scrollandolo con forza. Ma Grecia non sembrava intenzionato
ad obbedire:con la mano libera,quindi,gli afferrò il mento e lo
costrinse a sollevare il viso.
-La
mia pazienza ha un limite,ragazzino- sibiló -non tollereró più
alcuna impertinenza da parte tua. Spero di essere stato
sufficientemente chiaro,altrimenti ne subirai le conseguenze. Ora,ti
conviene muoverti.-
Gli
strinse il braccio e lo obbligò a camminare,dritto verso la città.
Heracles
non ebbe alcuna difficoltà a riconoscerla,nonostante la devastazione
che regnava sovrana fra le strade:uomini feriti e sanguinanti,donne
smagrite,bambini dai volti scavati e sofferenti. Nessuno emetteva un
fiato,nessuno guardò lui o il "Sublime Stato": erano
troppo spaventati.
Quella,quella
era...
-Costantinopoli-
disse Sadiq -l'antica Bisanzio, la Città d'Oro,ora parte dell'Impero
Ottomano.Come Atene, d'altronde.-
Quelle
parole lo fecero sussultare violentemente.
No
pensò non saranno mai veramente tue.-
Ma
non lo disse ad alta voce,troppo impegnato a constatare con i propri
occhi la miseria in cui i suoi abitanti erano caduti.
Il
tempo passava,ma le cose non cambiavano:Grecia si rifiutava di
ammettere la propria appartenenza all'Impero Ottomano,ostinandosi a
disobbedire ed a indossare lo stesso chitone greco con cui era stato
catturato,ormai diventato logoro.
-Per
quanto
ancora pensi di continuare in questo modo,Heracles?- Gli
chiese una volta Turchia,dopo che la nazione aveva rifiutato per
l'ennesima volta di mangiare il suo cibo ed indossare abiti Ottomani.
-Non otterrai la libertà smettendo di nutrirti,né tantomeno
scomparirai:fattene una ragione, bambino: sei nelle mie mani ora. Ti
conviene accettare la realtà.-
Grecia però non lo aveva fatto:almeno finché,una notte,qualcosa cambiò.
Heracles
stava dormendo,quando sentì una mano familiare sfiorargli il viso.
Aprì gli occhi,ma ciò che vide non aveva senso: una donna dai lunghi
capelli castani,raccolti in un
severo chignon,lo scrutava con amore. Aveva gli occhi verdi, proprio
come i suoi.
Heracles
rimase fermo per qualche secondo,troppo stupito per fare qualsiasi
cosa che non fosse guardarla,poi gli gettò le braccia al
collo.
-Madre...-
mormorò, singhiozzando -sei qui,allora non mi hai abbandonato...-
Antica
Grecia scosse la testa:-non avrei mai potuto farlo. Sei mio
figlio,Heracles,avrei dato qualsiasi cosa pur di vederti felice.
Purtroppo,il destino non conosce indulgenza.-
Le
mani della donna lo accarezzarono sulla schiena, amorevolelmente. Erano
esattamente come le ricordava:morbide e calde,ma allo stesso tempo
decise.
Avrebbe voluto che quel momento durasse in eterno,ma
poi lei si staccò,prendendogli il viso fra le mani:i suoi occhi erano
colmi di preoccupazione. -Heracles- disse -ora devi
ascoltarmi,d'accordo? Non abbiamo molto tempo. So che quello che stai
passando è duro da affrontare. Tu sei forte,d'accordo? Ma Turchia lo
è di più:ha più esperienza in battaglia, è più vecchio. Però
hai qualcosa che lui non ha:astuzia,ed una buona dose d'intelligenza.
Basta semplicemente portare pazienza, bambino mio.-
Grecia
aggrottó le sopracciglia, sorpreso da quell'ultima frase.
-Cosa
intendete dire,madre?- Chiese,titubante. Antica Grecia sospirò: in
quel momento,Heracles si accorse che i suoi occhi sembravano molto
più vecchi di come li ricordava:carichi di
saggezza,si,ma anche di stanchezza.
-Troverai
il momento giusto, Heracles- disse la donna -ma prima dovrai
crescere,sopravvivere. E per farlo...-
Non
continuò la frase,non ce ne era bisogno. Heracles
strinse i pugni,facendo vagare lo sguardo sulla stanza dove si
trovava:ogni cellula del suo corpo fremeva dalla voglia di
riprendersi ciò che era suo,e che Impero Ottomano gli aveva
sottratto senza alcun remore.
-Heracles-
la voce dolce di Antica Grecia lo richiamò, invitandolo a prestarle
nuovamente attenzione -farai come ti ho chiesto?-
Silenzio.
Esitò: che alternativa aveva,oltre ribellarsi inutilmente e
rischiare di farsi uccidere?
-Si-
soffiò. Le sue iridi si accesero di determinazione,mentre
mormorava:-eleftheria,i thanatos.-
Sua
madre sorrise,mentre le sue braccia si tendevano per donargli un
ultimo abbraccio.
-libertà,o
morte.- Ripeté, commossa.
Quel
giorno,le fiamme che divampavano nel cuore di Heracles Karpusi si
attenuarono,divenendo docili,in attesa del momento in cui avrebbero
bruciato la tirannia.
Epidauro,1
gennaio 1822
Tutto
taceva:nel tempio sacro di Asceplio,non si udivano più il clangore
delle armi e i rumori della guerra.
Gli
occhi
di Heracles lo scrutavano duramente da sotto l'elmo,mentre
impugnava con fierezza l'Oplon nella mano sinistra,e con l'altra
una Dory,arma a cui sua madre era stata tanto fedele.
Nonostante la sua influenza,l'orgoglio di Grecia e la sua voglia di
libertà non erano mai svaniti in quegli anni. Era cresciuto,fino a
quando non aveva deciso che era giunta l'ora di mettere fine a
quell'oppressione,ed il suo popolo era insorto con lui. Mentre Sadiq
proibiva ai cittadini qualsiasi cosa che facesse riferimento alla
loro cultura madre,reprimendo le insubordinazioni col sangue,i monaci
organizzavano vere e proprie scuole clandestine in cui insegnare
lingua e tradizioni greche:l'intelletto aveva vinto sulla forza bruta.
Sadiq
non poté far altro che rimanere immobile sotto quello sguardo
granitico,mentre la punta di quella lancia di bronzo gli pungolava
gola ed orgoglio.
-Turchia-
disse infine Heracles,in tono che non lasciava scampo -in nome del
mio popolo insorto,mi dichiaro di nuovo indipendente. Elefthería,í
Thánatos.-
Libertà,o
morte.
Sadiq
non poté impedire ad un sorriso amaro di increspare il suo
volto,guardando negli occhi quella giovane nazione,diventata
adulta:aveva perso.
|